Saturday 7 April 2012

Pensieri pontini e sardi (1943)


di Benito Mussolini

1. Tutto quel che è accaduto doveva accadere, poiché se non fosse dovuto accadere non sarebbe accaduto.

2. Per quel che concerne la gratitudine, le bestie sono superiori agli uomini perché hanno l'istinto e non la ragione.

3. Sembra che i dittatori non abbiano nessuna alternativa: essi non possono declinare, devono cadere, eppure la loro caduta non provoca alcun piacere. Anche quando non sono più temuti, continuano ad essere odiati o amati.

4. Ciò che noi chiamiamo « vita » non è che un punto quasi rmpercettibile fra due eternità: il passato ed il futuro. Pensiero consolante!

5. Due libri mi hanno molto interessato in questi ultimi tempi: La vita di Gesù di G. Ricciotti e Giacomo Leopardi di Saponara. Anche Leopardi è stato un po' crocifisso!

6. Secondo Delcroix la mia vita dovrebbe essere divisa in cicli settennali contraddistinti da avvenimenti decisivi: 1908-1909, espulsione dall'Austria; 1914-1915, intervento; 1922, marcia su Roma; 1929, riconciliazione fra Stato e Chiesa; 1936, fondazione dell'impero; 1943, caduta; 1950, già morto. Finalmente!

7. I pensieri di Ponza sono terminati, poiché stanotte, verso l'una, sono stato svegliato con le seguenti parole: « Pericolo in vista! Dobbiamo partire! ». Mi sono vestito in tutta fretta, ho raccolto i miei oggetti e le mie carte e mi sono recato su un incrociatore che mi attendeva. Sono salito a bordo ed ho incontrato l'ammiraglio Maugeri, che mi ha detto che la nuova tappa era l'isola della Maddalena, presso la Sardegna.

Oggi [7 agosto 1943] i miei pensieri vanno a Bruno. È il secondo anniversario della sua morte. Nelle circostanze attuali sento ancor più profondamente la sua perdita. Caro Bruno! Ho davanti agli occhi la sua immagine mentre scrivo queste parole nella casa dell'esilio, nel secondo anniversario della sua morte.

Il viaggio è durato dodici ore con mare tempestoso. La villa nella quale sono stato condotto apparteneva ad un cittadino inglese, Weber, e si trova in posizione dominante. È circondata da una grande pineta. Di fronte vi è il mare ed al di là, molto lontano, le montagne frastagliate della Sardegna. Un anno fa visitai la Maddalena fra l'entusiasmo della popolazione. Oggi arrivo clandestinamente. Chi sa se oggi vi è qualcuno che ricorda mio figlio e quel che egli ha compiuto nella sua breve e meravigliosa vita.

Venti anni di lavoro sono stati distrutti in poche ore. Mi rifiuto di credere che non vi siano più fascisti in Italia. Forse ve ne sono più di prima. Ma come è amaro dover constatare che ciò è stato provocato da fascisti e realizzato da gente che portava il distintivo del Partito. Il fascismo era una iniziativa che ha interessato il mondo ed indicato nuove strade. È impossibile che tutto sia crollato. Quando ripenso oggi ai compiti, alle realizzazioni, al lavoro ed alle speranze di questi venti anni mi chiedo: Ho forse sognato? Era tutta un'illusione? Era tutto superficiale? Non vi era nulla di profondo?

8. Una profonda malinconia mi prende alla fine di questo primo giorno di esilio alla Maddalena. Sento che mio figlio Bruno è ora veramente morto.

9. Il ricordo di me e del mio destino sarà cancellato fra pochi anni e si estinguerà subito dopo.

10. Dal 25 luglio mattina non ho letto più nessun giornale. È degno di nota che non senta questa mancanza, dato che ero un infaticabile lettore di dozzine di quotidiani al giorno.

11. Scherzi del destino: dal sommo del potere alla completa impotenza, dalla folla acclamante alla completa solitudine.

12. Fin dall'ottobre 1942 ho avuto un presentimento continuamente crescente della crisi che mi avrebbe travolto. La mia malattia vi ha molto contribuito.

13. Negli ultimi tempi la richiesta di mie fotografie era molto diminuita e la mia avversione a firmarle era aumentata in misura eguale se non superiore. (Le firmavo ogni domenica pomeriggio). Sentivo che queste fotografie sarebbero state stracciate o nascoste un giorno. In questi giorni ciò deve esser accaduto in modo « totalitario » nelle vetrine e nelle abitazioni. I meno coraggiosi le hanno stracciate, i più coraggiosi le hanno nascoste in qualche armadio per poter dichiarare in caso di sorpresa di averle dimenticate. Sic transit gloria effìgiei.

14. Noi tutti seguimmo con grande attenzione a villa Torlonia la proiezione del film Sant'Elena, piccola isola. Così fini un uomo molto grande. Perché un uomo molto più piccolo non dovrebbe avere un destino eguale o simile?

15. Dopo quattordici giorni non so ancora cosa « sono » o meglio cosa sono diventato.

16. Secondo l'ammiraglio Maugeri in un anno non vi sono che venti giorni senza vento alla Maddalena. Oggi, 10 agosto 1943, ne abbiamo uno. Il mare sembra una tavola, gli alberi sono immobili.

17. Talete ringraziava gli Dei di averlo fatto nascere creatura umana e non bestia, uomo e non donna, greco e non barbaro.

18. Quando una piramide sociale o politica precipita, se ne sentono le conseguenze fin nelle basi. Sorge un piccolo problema anche per i ragazzi che giocavano al tennis.

19. Stamane il sole cerca di penetrare attraverso una coltre di nubi grigia che si alza da oriente. Il mare è color del piombo. C'è nell'aria il primo presentimento dell'inverno. La mia sentinella ha detto infatti: « Agosto, inizio dell'inverno ».

20. Si chiama Felice Da Nunzio ed è originario della provincia di Roma. Le sentinelle di Ponza si chiamavano Torella (di Frosinone), Tizzoni (di Rieti). Penso anche ai due funzionari che mi hanno sorvegliato il primo giorno dopo il mio arrivo: Picazio (di Caserta) e Gentile (di Siracusa). Ricordo anche Vizzini (di Palermo) e Bruni (di Teramo), che vollero un mio autografo.

La dittatura è un'istituzione tipicamente romana (repubblicana). Ciò che nel mondo moderno si designa come dittatura è la dittatura indiretta e collettiva e sembra che non possa durare più di venti anni. Tuttavia stiamo vedendo un'eccezione: la dittatura del bolscevismo sul proletariato.

21. Stanotte le sentinelle hanno fatto fuoco per dei rumori « sospetti ». Stamane, 12 agosto, allarme aereo e colpi della contraerea alle otto. Ho visto soltanto due caccia isolati che volavano dietro l'isola. Il tutto è durato tre o quattro minuti.

22. L'ambasciatore giapponese, che ricevetti ancora il 15 luglio, alle tredici, deve esser stato sorpreso più di tutti gli altri dagli avvenimenti.

23. Le zanzare sono gli altoparlanti della notte: qui ve ne sono troppe!

24. Anche gli uomini che compongono il mio presidio (carabinieri e funzionari) devono avere molte domande nelle loro menti: Che razza di uomo è questo?

25. Nel giugno 1940, dopo lo scoppio della guerra, si costrul il primo rifugio aereo di villa Torlonia in alcune grotte; la cantina si trova nelle vicinanze del teatro. Si riteneva che fosse assolutamente sicuro. Ma, dopo un sopraluogo, le competenti autorità dichiararono che era una trappola. Le cantine dell'edificio della villa dovevano essere rafforzate. Ma nell'ottobre 1942, dopo gli attacchi aerei su Torino, Milano e Genova, si disse che si doveva costruire un ricovero antiaereo a « tutta prova », cioè un rifugio che avrebbe potuto sopportare anche le bombe più pesanti. Fu incaricato della costruzione il maggior Parisella, il preventivo fu di lire duecentoquarantamila, la durata dei lavori tre mesi dall'inizio, nel dicembre 1942. Come sempre, a Roma, accadde che il posto scelto nelle vicinanze della villa era vuoto e si dovette scavare ad una profondità doppia di quella prevista. I lavori divennero più estesi e la loro durata si prolungò. È da rilevare che la mia ripulsione verso il rifugio antiaereo crebbe col procedere dei lavori, a mano a mano che essi si avvicinavano alla fine (fine luglio), e ciò non a causa del costo, che era raddoppiato, ma a causa di un oscuro presentimento che sentivo in me. Avevo l'esatta sensazione che questo rifugio antiaereo sarebbe stato completamente inutile quando fosse stato finito, che non ce ne saremmo mai serviti. Infatti! Si deve ascoltare la voce del subcosciente.

26. Per la prima volta dal 1940 il bollettino delle Forze Armate italiane parla dell'attività del nemico sul fronte di terra senza menzionare minimamente la nostra attività. Ciò può essere interpretato come un preavviso alla comunicazione che è suonata la nostra ultima ora in Sicilia.

27. Un partito sciolto, cioè proibito, diventa interessante per molti italiani. Provano piacere ed essere fascisti se in tal modo sono « sovversivi », Atteggiamento psicologico strano ma disprezzabile.

28. Ho ricevuta una seconda lettera da Rachele, che è senza notizie di Vittorio. Il tenente Faiola che lo conosce da bambino dice che non può essergli capitato nulla di male.

29. Nel Partito si trovava anche il fiore dei combattenti di tutte le guerre. Si sono mutati in autentici nemici dello Stato.

30. Stamane si annunziava come novità la partenza del colonnello Meoli, del tenente colonnello Di Lorenzo e di altri trenta carabinieri.

31. È strano che negli ultimi tempi il lavoro nella grande sala di palazzo Venezia mi era venuto a noia. Avevo già deciso di trasferirmi al ministero della Marina o in un altro posto della periferia più concentrato di palazzo Venezia di fronte all'altare della Patria. Un sintomo della mia malattia.

32. I primi giorni di una nuova esistenza, nel mio caso da prigioniero, sono veramente senza fine. Poi essi si riempiono di piccole cose e cominciano a scorrere più velocemente.

33. Oggi, 13 agosto, sono stato preso da una strana e continua inquietudine. Forse altre sgradevoli novità. Infatti, alle diciassette, mi è stato dato il bollettino delle Forze Armate, che, assieme all'attacco aereo su Torino e Milano, comunica anche il secondo bombardamento di Roma. Il mito della « città del papa », che sarebbe stata risparmiata in quanto tale, è crollato, al pari dell'altra leggenda secondo cui Roma era stata bombardata perché era la sede del fascismo.

34. È andato tutto così liscio come si vorrebbe far credere? Come è possibile che un capitano di aviazione come Vittorio non possa dar notizie di sè dopo ventuno giorni dal « cambio della guardia »?

35. Gli argomenti di conversazione fra me ed i miei rari visitatori si esauriscono e fra breve varrà la regola dei trappisti: silentium.

36. Non mi sono mai interessato di parole incrociate, sciarade ed altri indovinelli. Oggi, data la mancanza di libri, ho avuto grazie ad essi la possibilità di ammazzare il tempo, come si dice, prima che il tempo mi ammazzasse. Qui tutto tende a normalizzarsi per diventare definitivo.

37. Stamane, 14 agosto, è venuto in viaggio di ispezione l'ispettore di Pubblica Sicurezza Polito, oggi capo della Polizia militare col grado di generale di brigata. Gli ho fatto chiedere di venirmì a trovare. È infatti venuto assieme all'ammiraglio Brivonesi, che ha preso parte al colloquio. Ecco quanto mi ha detto Polito.
« Ho accompagnato donna Rachele alla Rocca. Il viaggio ha avuto luogo in auto senza incidenti. Romano ed Anna si trovavano già alla Rocca. Di Vittorio non so nulla. Si trovava a disposizione di Casera ed il 26 ha avuto una licenza. Per quanto concerne la promessa di Badoglio sarebbe stato impossibile mantenerla nel suo caso, poiché telegrammi concordanti del prefetto, del questore e del comandante della zona militare prevedevano gravi disordini nel caso che lei fosse andato alla Rocca. Sul posto mi hanno confermato tutto ciò. Deve pensare che il cambiamento è stato radicale. Non solo in Italia non si vedono più distintivi del Partito, ma tutti i fascisti sono più che dispersi: sono volatilizzati. Le manifestazioni di odio contro di lei sono innumerevoli. Io stesso ho visto un suo busto in un cesso pubblico ad Ancona. A Milano la folla ha preso d'assalto Il Popolo d'Italia. Il personale si è barricato. Vito si è difeso. Non so altro.
Sono stati eseguiti molti arresti, ma i capi del fascismo sono quasi tutti liberi, compreso il tanto odiato Starace. Il 26 luglio il conte Ciano è stato visto in uniforme da ufficiale. Credo che si sia recato a Livorno. Grandi, Bottai e gli altri sono spariti dalla circolazione.
Per quel che concerne la guerra, il popolo agogna la sua fine, per quanto sappia anche chiaramente di trovarsi in un vicolo cieco. Esso è oramai indifferente alla possibilità di una disfatta e considera già come una vittoria quella di poter essere liberato dal fascismo e poter respirare liberamente.
Tutto il suo edificio è crollato. Le basti sapere che oggi Bruno Buozzi è il capo dei lavoratori. I prefetti sono stati quasi tutti sostituiti da loro colleghi che si trovavano a riposo.
Le incursioni aeree degli ultimi giorni sono state molto dure. Specialmente quella su Milano, che, ad eccezione del Duomo, ha distrutto il centro della città. Non meno duro è stato il bombardamento di Roma, che ha colpito i quartieri che avevano costituito il bersaglio del primo attacco. Il papa ha di nuovo abbandonato il Vaticano. Non meno duri sono gli effetti degli attacchi aerei sulle città tedesche. Le vittime si contano a decine di migliaia.
Dopo la conquista della Sicilia, gli inglesi sbarcheranno nell'Italia meridionale. Tutti i porti della Sicilia sono pieni di navi e mezzi da sbarco. Un altro sbarco, diretto contro il Dodecanneso, si prepara in Siria. Sembra che non verrà intrapreso nulla contro la Sardegna e la Grecia.
Anche sul fronte terrestre va male per i tedeschi. La superiorità aerea degli angloamericani è schiacciante. Alle centinaia dì aerei attaccanti, la nostra caccia non può opporre che un numero irrisorio di apparecchi. A quel che sembra gli inglesi si propongono di ottenere mediante gli attacchi terroristici la completa paralisi morale e materiale del paese e con ciò la resa senza condizioni.
Questa guerra pesa più sulla popolazione civile che sull'esercito, pesa sui vecchi, le donne ed i fanciulli, e così si spiega la stanchezza generale e l'odio contro gli uomini responsabili ».
L'ammiraglio Brivonesi si è mischiato di tanto in tanto al colloquio per sottolineare che la rapidità con la quale si è sciolto il fascismo sarebbe stata ritenuta impossibile ancor pochi giorni prima, per quanto fosse palese che esso era già marcio.

Il generale Polito m'ha consigliato di starmene tranquillo, mi ha chiesto come stessi prima e adesso, ed ha aggiunto che quando le passioni si fossero calmate, sarebbe stato possibile un più giusto giudizio, poiché « nessuno può negare che la sua intenzione era quella di rendere il paese grande e ricco ». Ed inoltre: « Nessuno l'aveva informato? Cosa facevano i suoi intimi? ».

Per quel che concerne la posta, l'ammiraglio ha detto che a causa della situazione sarebbe giunta irregolarmente. Ha aggiunto che sarebbe tornato da me se lo avessi desiderato.

Il colloquio è durato circa un'ora e mezzo. Anche volendo tener conto del « colore » che i funzionati di Pubblica Sicurezza usano dare ai loro rapporti, sono giunto a due conclusioni: 1) il mio sistema è disfatto; 2) la mia caduta è aefinitiva.

Sarei veramente un ingenuo se mi meravigliassi delle manifestazioni della massa. A prescindere dagli avversari che hanno atteso per venti anni nell'ombra, a prescindere dai colpiti, dai delusi, ecc., la massa è stata pronta in tutte le epoche ad abbattere gli idoli di ieri, anche a costo di pentirsene domani.

Ma nel mio caso non sarà così. Il sangue, la infallibile voce del sangue, mi dice che la mia stella è tramontata per sempre.

38. Calma giornata di agosto: il mare è immobile, non il minimo venticello. Tutto sembra immobile sotto il sole, anche il mio destino.

39. Nel pomeriggio è venuto a visitarmi il colonnello medico direttore del Sanatorio militare, dottor Mondini, di Cerea (Verona). Un uomo simpatico, colto, veneziano nel senso migliore della parola, uno di quei veneziani (della provincia veneta) che ho sempre considerato come la miglior stirpe italiana. Mi ha prescritto varie medicine, fra cui iniezioni, vitamine C, carbonati a gocce. Gli ho chiesto: « Ne vale ancora la pena? ». Mi ha risposto: « Come uomo e come medico dico di sì. ». La stessa domanda l'avevo rivolta alcuni mesi fa al professar Frugoni, che mi dette la stessa risposta. I fatti mi hanno dato ragione. Forse non ne valeva la pena.

40. Quando un uomo crolla col suo sistema, la caduta è definitiva, soprattutto se quest'uomo ha passato i sessant'anni.

41. Dio mi è testimone per i tentativi disperati ed angosciosi - dico disperati ed angosciosi - che feci nel fatale agosto 1939 per salvare la pace. Gli sforzi fallirono. Di ciò sono colpevoli in parti presso a poco eguali inglesi e tedeschi: gli inglesi per aver garantita la Polonia, i tedeschi per aver preparata una potente macchina militare e non essere stati in grado di resistere alla tentazione di metterla in movimento.

42. Oggi, 16 agosto, ho ricevuto per la prima volta Radio-Navi del 14 agosto, con notizie da Berlino, Tangeri, Lisbona, Madrid, Istanbul e Stoccolma.

43. Gli avvenimenti militari e lo sfacelo del regime stanno nel rapporto di causa ed effetto. È chiaro che oggi non mi troverei su questa isola, se il 10 luglio gli anglosassoni avessero subita una Dieppe in grande stile nella baia di Gela.

44. Come sempre, anche nel mio destino si vorrà « cercare la donna ». Ora le donne non hanno mai esercitato la sia pur minima influenza sulla mia politica. Forse è stato uno svantaggio. Talvolta, grazie alla loro fine sensibilità, le donne sono più lungimiranti degli uomini.

45. Crispi e quel complesso fenomeno chiamato il « crispismo » caddero in seguito alla disfatta di Adua e Felice Cavallotti divenne estremamente popolare. Anche allora il popolo cambiò improvvisamente opinione e seguirono quattro anni drammatici, che trovarono la loro conclusione alla fine del secolo nel parco di Monza.

46. Si giunge dall'apice degli onori, al punto culminante della giustizia capitale.

Delle tre anime di Platone, le masse posseggono le prime due: la vegetativa e la sensitiva; manca loro la più alta, l'intellettiva. Non mi riesce difficile credere che milioni di italiani che mi hanno glorificato fino ad ieri, mi detestino oggi e maledicano il giorno in cui sono nato ed il paese dove ho visto la luce e tutta la mia razza, forse anche i morti, certamente: i vivi!

47. Una volta un papa, il rappresentante di Dio sulla terra, mi chiamò « l'uomo della Provvidenza ». Quello era il tempo felice!

48. Se gli uormm rimanessero sempre sugli altari, finirebbero per credersi dei superuomini o degli esseri divini. La caduta nella polvere li riconduce all'umanità, a quella umanità che sì potrebbe definire « elementare ».

49. Quanto più opprimente diventava l'atmosfera, tanto più numerose erano le proposte di riforma dell'amministrazione interna che mi venivano fatte. La riforma più radicale fu quella di febbraio, quando cambiai tutti i ministri salvo due. Ne derivò un ministero meno compatto e quindi più debole del precedente. Il disfattismo vi fu rappresentato da Cini, il quale prevedeva che l'Italia non avrebbe potuto resistere oltre il giugno. L'effetto del cambiamento durò soltanto poco tempo. Altri provvedimenti interni, come la nomina di nuovi ministri per i portafogli tenuti interinalmente da me ed il trasferimento di particolari competenze ad altri organi, ecc., avrebbero dovuto aver luogo dopo un successo militare, dopo quel giorno che io chiamavo un « giorno di sole » e che non è venuto.

Il popolo attendeva solo questo e poneva ogni cosa in secondo piano, anche l'altrettanto difficile problema dell'alimentazione.

Anche la nomina di Scorza sollevò all'inizio un certo interesse, ma poi gli avvenimenti lo smontarono. Cosl al suo discorso del 5 maggio, che era troppo lungo ed in fondo grigio, mancò l'effetto a causa della perdita della Tunisia. Altre misure di carattere disciplinare, moralizzatore ed organizzativo furono poco o nulla osservate. L'effetto dell'ultimo discorso alla radio, il 18 luglio, fu annullato dal bombardamento dì Roma, che ebbe luogo immediatamente dopo.

Il popolo, che aspettava almeno un arresto all'avanzata nemica, non si contentò più dei « punti » che Scorza continuava a fissare. Perfino negli ambienti fascisti si ebbero dei leggeri dubbi sulle direttive di Scorza, ed io stesso cominciai a dubitare della sua lealtà. Un giorno di vittoria su terra o nell'aria o sul mare avrebbe consolidata di nuovo la situazione. Ciò fu dimostrato dall'entusiasmo del 10 e 11 luglio, quando si sparse la voce che lo sbarco era stato respinto. Voce che trovò la sua conferma nel celebre e vergognoso bollettino del 12, e fu smentita in modo spaventoso dal bollettino del 13, che rese nota la perdita di Siracusa e di Augusta. Quel giorno ebbe inizio il quinto atto del dramma. L'atmosfera fu avvelenata da accuse e contro-accuse. Si parlò del tradimento degli ammiragli, dapprima a Pantelleria, poi ad Augusta. I « dodici » che dovevano parlare nelle principali città italiane furono a loro volta sbalzati di sella dalla disfatta. Scorza li convocò e li riunì presso il Partito per esaminare cosa si dovesse fare. Poi vennero quasi tutti da me ed ebbe luogo uno scambio di idee, che finl senza conseguenze pratiche, a parte la mia decisione di convocare il Gran Consiglio. Il venerdì ed il sabato furono impiegati a stendere l'ordine del giorno, a raccogliere le firme ed a preparare l'attacco o meglio la manovra. Tre o quattro persone sapevano quel che volevano e quel che avrebbero raggiunto. Gli altri non capirono nulla e non pensarono che con quell'ordine del giorno avrebbero messo in gioco l'esistenza del regime.

50. Di tutti i cosiddetti Stati « totalitari », sorti dopo il 1918, quello turco sembra essere il più forte. In quel paese vi è un solo partito, quello del popolo, il cui capo è presidente della Repubblica.

51. È possibile che alcuni commentatori stranieri abbiano sottolineato l'incostanza del popolo italiano nei confronti delle convinzioni politiche.

52. 16 agosto. Ancora una mattinata in grande agitazione. Il mio sangue ribolle.

53. Penso oggi a tre uomini che pur provenendo dal nazionalismo hanno dato al fascismo la grande luce della dottrina, il fervore della fede e la realizzazione delle leggi: Alfredo Rocco, Enrico Corradini, Forges Davanzati.

54. Saranno rispettati i « sacrari » delle Case del Fascio? Ci si ricorderà ancora degli uomini che sono morti per il fascismo, come Costantino Marina, Oscar Tellini, Walter Vannini, Borg-Pisani ed infiniti altri?

C'è stata una « congiura » contro di me? Si. Altrimenti non vi sarebbe nessuna spiegazione per la lettera che il maresciallo Badoglio mi inviò nella notte dal 25 al 26 luglio tramite il generale Ferone e nella quale parlava di un « serio » complotto contro la mia persona.

Fin dal 23 ottobre 1942 la fortuna mi aveva voltato decisamente le spalle. Le feste del ventennale furono disturbate da bombardamenti e dall'offensiva nemica in Libia. Perciò rinviai un discorso che avrei dovuto tenere all'Adriano e per il quale si erano compiuti grandi preparativi. Al discorso del 2 dicembre davanti alla Camera seguirono gli infelici avvenimenti in Libia. Il 5 maggio, in occasione dell'ultima adunata davanti a palazzo Venezia, dichiarai che saremmo tornati in Mrica e proprio allora perdemmo in Tunisia l'ultimo lembo di quel continente. Il 10 luglio passai in rivista la divisione M e proprio quel giorno il nemico sbarcò in Sicilia. Il primo bombardamento di Roma ebbe luogo proprio mentre mi trovavo a Feltre a colloquio con il Führer. Tralascio dì enumerare altri colpi meno tipici dopo il cambiamento di fortuna. Eppure credevo che il ritirarsi sarebbe stato un segno di pusillanimità. Ho sperato sino alla fine di afferrare l'ultimo capello che, come si dice, la fortuna porta sulla testa, ma non mi è riuscito. L'ho sperato il 10, 11, 12, 13 luglio e poi ho visto che ogni tentativo era vano.

Ai miei due incontri veneti con Hitler sono seguiti avvenimenti disgraziati.

55. 17 agosto. Il mare somiglia ad un lago alpino. Una incredibile uniformità grava su ogni cosa.

Il passato ci appàrtiene veramente. Il passato ci appartiene con il suo bene e il suo male, le sue gioie ed i suoi dolori e, secondo la teologia cristiana, neppure Dio può abolire quel che è stato.

Non posso credere che si siano trovati ottanta chili d'oro in casa di Farinacci. Negli ultimi tempi avevo messo un po' in disparte Farinacci a causa del suo atteggiamento di padre nobile del fascismo e del suo ostentato catonismo.

In giugno sono stati tenuti due discorsi: il 5 quello di Delcroix ed il 24 quello di Gentile. Entrambi sono stati molto buoni, ma senza effetto, a causa del precipitare degli insuccessi militari. Eppure sarebbe bastato un bollettino un po' meno spiacevole di quelli abituali per sollevare di nuovo gli spiriti. Ma questi bollettini divenivano sempre più rari.

Comandante della mia guardia è il tenente Faiola, latino di Segni, che ha un passato militare brillante. Dopo essere stato ferito gravemente presso Tobruk, fu testimone dell'inumano trattamento ai nostri feriti e prigionieri da parte degli inglesi. Odia perciò tutto quello che è inglese. Nel 1935 ha conosciuto in Eritrea Bruno e Vittorio, che vi erano andati, giovanissimi, come volontari aviatori.

Il 24 agosto si sono compiuti otto anni da quando si recarono in Africa. Il maresciallo Badoglio li encomiò e li promosse. Erano gli anni 1935-'36, gli « anni di sole » della storia d'Italia e del regime. Vale la pena di averli vissuti, anche se oggi siamo circondati da polvere e da macerie ed anche se oggi tutte le autorità di Roma non sono in grado di darmi notizie di mio figlio e di mio nipote.

56. Come ho detto nel mio libro, la morte improvvisa di Bruno è stato un favore del destino: come avrebbe sofferto in questi giorni!

57. Una voce mi dice: se tu fossi morto, non avresti lasciato Io stesso palazzo Venezia, villa Torlonia, la Rocca delle Caminate, parenti ed amici, e tutto quel che ti era caro? La voce non considera che io ho abbandonato tutto ciò da vivo. Eppure è come se fossi morto. Eterna filosofia dell'ego.

I morti del fascismo – e sono tanti! – saranno rispettati?

58. Oggi 17 agosto, alle ore diciassette, è venuto da me, su mia richiesta, il parroco della Maddalena, don Capula. È sardo, vive qui da dieci anni e gode della stima incondizionata di tutti, come prete e come italiano. Mi ha detto di aver pensato a me, di avermi fatto un cenno di saluto il giorno prima, quando mi aveva visto sulla terrazza. L'ho intrattenuto brevemente sulle mie faccende e gli ho detto che le sue visite mi avrebbero aiutato a vincere la grave crisi morale provocata dall'isolamento più che da tutto il resto. Ha replicato di essere a .mia disposizione e con la più grande discrezione. « Mi permetta di parlare francamente », mi ha detto. « Lei non è stato sempre grande nella fortuna: sia grande ora nella disgrazia. È da questa che il mondo la giudicherà, da quel che lei sarà a partire da ora e molto .meno da quel che lei è stato fino a ieri. Dio, che vede tutto, la osserva e sono sicuro che lei non farà nulla che possa ferire i principi religiosi, cattolici, dei quali lei si ricorda, anche se dovessero prodursi nuovi colpi del destino ». Gliel'ho promesso. Verrà di nuovo giovedì pomeriggio Mi ha detto pure: « Molti che hanno ricevuto i suoi favori l'hanno dimenticata. Altri provano per lei la stima che si deve ad un caduto e forse un segreto rimpianto ».

59. Il tenente Faiola, venuto dal Comando di Marina, mi ha detto che ... [un nome inglese] gli ha riferito a Roma che Eden ha dichiarato alla Camera dei comuni che la Libia non sarebbe tornata all'Italia e che la radio inglese accusa Badoglio di « seguire le orme di Mussolini ». La stessa radio ha anche reso nota l'occupazione di Messina. Con questa triste notizia si chiude il 17 agosto.

60. Un mese fa a Riccione vidi per l'ultima volta Romano, Anna, Guido ed Adria. Arrivai alle diciannove. Ascoltammo tutti insieme il discorso di Scorza; fu l'ultimo discorso sostanzialmente buono, ma fu pronunciato con un tono uniforme, monotono e con accenti quasi di sconforto.

61. Nelle linee seguenti voglio fissare il comportamento di Dino Grandi, conte di Mordano, dall'inizio del 1943 al mese di luglio. Può essere interessante. Fino al mese di febbraio il suo contegno sembrò chiaro. Dopo la crisi ministeriale divenne ambiguo. In alcuni ambienti lo si chiamava « l'attendista ». In altri passava senz'altro per amico degli inglesi. Quest'ultima accusa era ingiustificata. A quell'epoca Grandi era spesso assente da Roma e si tratteneva a Bologna, dove aveva comperato il Resto del Carlino. Inoltre ne aveva acquistato il relativo complesso industriale per il valore di parecchi milioni. Ai primi di marzo mi chiese un colloquio e mi pregò di proporlo per il conferimento del collare dell'Annunziata. Giustificò la sua richiesta con il fatto di essere stato per molti anni ambasciatore a Londra e di essere presidente della Camera. Gli promisi che ne avrei parlato con il re, e lo feci in una delle due udienze settimanali che il sovrano mi accordava ogni lunedi e giovedi. Sua Maestà mi disse che il primo motivo addotto da Grandi non era sufficente, il secondo si. Circa il momento, Sua Maestà mi disse che il conferimento avrebbe potuto aver luogo in occasione della festa dell'Annunziata, che ricorre il 25 marzo. E così fu. I giornali pubblicarono la notizia senza lunghi commenti. Il presidente del Senato, escluso da questa onorificenza, ne soffri come di una perdita di prestigio.

Nei primi giorni di aprile, la data esatta la si può riscontrare sul registro delle udienze che facevo tenere scrupolosamente in ordine, vidi di nuovo Grandi, che mi ringraziò con flusso di parole e mi disse letteralmente: « Prima di incentrarti non ero che un cronista del Carlino, un modesto giornalista. Sono una tua creazione. Ti devo tutto. Quel che ho raggiunto nella vita è opera tua. La mia devozione verso di te è illimitata, perché, permettimi di dirtelo, ti voglio anche bene ».

Era sincero? In quel momento credetti di si. Menzionai i servizi da lui resi quale ambasciatore, ministro degli Esteri e fascista. Tornò a Bologna. Lo rividi il 5 maggio a palazzo Venezia dopo il discorso di Scorza all'Adriano. Era apparentemente raggiante: « Duce! Che nobile discorso! Ci siamo tutti ritrovati. Siamo tornati alla vecchia atmosfera. Abbiamo ritrovata la giusta strada », ecc. Di nuovo tornò a Bologna. Le accuse per il suo « attendismo » aumentarono ancora.

A fine giugno era a Ferrara per la commemorazione di Balbo, tenuta da Scorza. Al suo ritorno, Scorza mi disse che Grandi non aveva voluto prender posto nella tribuna degli oratori ed aveva tenuto per tutta la giornata un contegno più che riservato. (Durante il suo soggiorno a Londra, Grandi aveva violentemente calunniato Balbo, anche dal punto di vista del valore personale).

Arriviamo a luglio. Nella settimana dall'11 al 18 Scorza scelse dodici uomini rappresentativi del regime che avrebbero dovuto parlare nelle principali città italiane. Fra i prescelti si trovava anche Grandi. Egli telegrafò al Partito e chiese di essere esonerato da questo incarico. Scorza ripeté la sua richiesta attraverso il segretario federale. Ma il segretario federale telegrafò che Grandi rifiutava categoricamente di parlare. Scorza avrebbe voluto adottare una misura disciplinare contro Grandi. Lo sconsigliai e gli raccomandai di non creare in quel momento un « caso » Grandi.

Poiché Grandi in una delle sue lettere a Scorza aveva menzionata la necessità di una « unione sacra », feci chiamare Grandi per chiedergli di quale « unione sacra » intendesse parlare; se, cioè, pensasse di richiamare in vita i vecchi partiti che avevo soppresso ed i loro capi. Mi disse che pensava all'« unione sacra » di tutti gli italiani per togliere alla guerra il suo carattere di partito. « È il momento – affermò – che si finisca di dire che questa è la guerra di Mussolini. Questa è la guerra di tutti. È ora che la Corona esca dal suo riserbo. Il territorio nazionale ha subito una invasione e la Corona non l'aria.

Essa si sottrae al suo dovere. Deve assumere le sue responsabilità. Questa è anche e soprattutto la guerra di Vittorio Emanuele III. Il paese vuole che la Corona esca dal suo atteggiamento riservato e che la guerra assuma perciò il suo caratte.re nazionale ».

Gli spiegai che in tutte le guerre si formano due partiti: quello di coloro che vogliono la guerra e quello di coloro che non la vogliono. La guerra del 1915-18 fu chiamata la guerra degli « interventisti »; quella di oggi la guerra dei fascisti. Unioni sacre fra elementi opposti sono impossibili. Lo dimostrano i tentativi francesi. In Francia, ad un certo momento, Clemenceau si levò al di sopra dell'« unione sacra ». Il colloquio si svolse in forma cordiale. Ma ebbi la chiara sensazione éhe quell'uomo stesse già sull'altra sponda. Si trovava già dall'altra parte della barricata.

Scorza parlò la sera del 18 luglio. Il giorno seguente Grandi telegrafò a Scorza da Bologna: « Il tuo discorso è stato magnifico; così parlavano i grandi uomini del Risorgimento », ecc.

In un ulteriore colloquio, del quale in questo momento non ricordo la data precisa, ma che ebbe luogo nei primi giorni della settimana dal 18 al 25 luglio, Grandi mi disse che anche Scorza lo aveva deluso e non gli piaceva più. Il giovedi ed il venerdi tornò da me e mi scongiurò di non convocare il Gran Consiglio, mentre in quel momento il « piano » era già fissato. Con l'ultima parte del suo ordine del giorno, Grandi voleva costringere la Corona ad una decisione. O la Corona avrebbe accettato e avrebbe quindi assunta la responsabilità della guerra, oppure non avrebbe accettato dimostrando in tal modo la sua debolezza. In questo dilemma la Corona ha scelto la prima alternativa con tutto quel che ne è derivato e su cui per il momento non voglio fare alcuna considerazione. Nel Gran Consiglio Grandi dichiarò che quest'ordine del giorno avrebbe potuto rimanere segreto. Ma la mattina tutta Roma lo conosceva e tutta Roma aveva la sensazione che si preparasse qualcosa di grosso.

62. Poiché sto scrivendo sul passato degli uomini che si trovavano vicino a me, parlo anche di Bottai, che è un soldato valoroso ed un acuto scrittore. Ma tutto quello che inizia resta incompiuto. Come uomo politico egli è un inquieto, ma anche un coraggioso. Deve essere un sangue misto. Il suo viso è piuttosto una maschera. Il suo sguardo è spesso sfuggente. Non è limpido sino in fondo. Arricchito? Si dice di sì. È poco popolare. Alla riunione dei vecchi fascisti di Roma, al Quirino, il 21 aprile, fu fischiato o quasi.

Quando lasciò il ministero per il quale aveva elaborato la « Carta della scuola », sbatté la porta dietro dì sé. Dopo un mese venne da me e mi disse: « Non posso rimanere più a lungo senza far nulla. Propongo le seguenti soluzioni: o il posto di Bevione all'Istituto nazionale delle assicurazioni, o quello di Giordani all'Istituto ricostruzioni industriali, oppure temporaneamente un'ambasciata ». Gli risposi: « Non è adatto per te prendere il posto di Bevione, che egli ha il diritto di occupare fino al 15 giugno. Si direbbe che ti sei fatto mettere in un angolino tranquillo con duecentomila lire l'anno. Quale exministro delle Corporazioni sei più adatto per l'Istituto ricostruzioni industriali. Ma a prescindere dal fatto che Giordani non ha espresso affatto l'intenzione di ritirarsi, anche n vi sono troppi miliardi in ballo. Voglio vedere piuttosto se vi sia la possibilità di darti un'ambasciata, per esempio quella di Berlino, dove Alfieri si è veramente esaurito ». Fu d'accordo. Dopo un paio di mesi Bottai venne di nuovo da me e mi disse di aver trovato un'altra soluzione e precisamente la presidenza della Camera, in vista dell'imminente fine della sessione. Gli risposi che preferivo questa soluzione a tutte le altre, premesso che Grandi fosse d'accordo. Poco dopo Bottai venne ancora una volta da me con una breve lettera di Grandi, con cui questi si dichiarava felice che Bottai fosse stato scelto a suo successore. Il resto è noto.

63. Nella mia vita non ho mai avuto nessun « amico » e mi sono spesso chiesto se ciò fosse un vantaggio o uno svantaggio. Oggi sostengo che è stato un bene. In tal modo molta gente è esentata dal « compatirmi », cioè dal « patire con me ».

64. Chissà se nel Museo della guerra di Milano sono ancora esposti e si onorano i ricordi di Bruno.

65. Albini, un errore ed una delusione! Brutto di faccia e nell'anima. Egli sapeva tutto e non mi diceva niente.

66. Il mattino del 25 luglio Bastianini mi chiamò per dirmi che Goering voleva venire in Italia in occasione del mio sessantesimo compleanno. Risposi che andava bene. Il 30, Goering mi inviò un telegramma, che mi fu portato a Ponza da un maggiore dei carabinieri. Lo traduco a titolo di documentazione:
« Duce! Poiché le circostanze non mi hanno permesso di portarvi personalmente i miei voti augurali, conformemente alle mie intenzioni, ve li invio con questo mio in occasione del vostro compleanno, assieme ai sensi della mia più profonda stima. Animato dal sentimento di una sincera amicizia e di una fedeltà incondizionata, sento il bisogno di ringraziarvi per l'amichevole accoglienza che mi avete riservato così spesso ed amichevolmente in passato e per le dimostrazioni della inalterabile amicizia. Mia moglie ed io vi inviamo i nostri cordiali auguri per il vostro personale benessere in occasione del vostro compleanno. Possano la forza e la personalità' di Vostra Eccellenza esercitarsi anche in futuro a beneficio dei combattenti delle nazioni europee, malgrado le dure prove ed i gravi avvenimenti di quest'epoca. Quale segno tangibile della mia stima, vi invio un busto di Federico il Grande. Con immutabile cameratismo, con la più profonda e cordiale stima e i sensi della mia incondizionata fedeltà, rimango il vostro devoto Goering, Reichsmarschall des Grossdeutschen Reiches ».
Questo telegramma mi ha convinto ancora di più che Goering è un amico dell'Italia. Mi era consentito rispondergli, ma non l'ho fatto, perché non volevo dare una risposta necessariamente banale ad un telegramma così commovente e fraterno.

67. Questa sarebbe dunque la mia posizione giuridica: ex-capo del Governo in stato di arresto protettivo contro la furia popolare!

68. 17 agosto (1937 o 1938?): volo da Roma a Pantelleria e ritorno.

69. È difficile misurare la gravità del trauma psichico da cui è stata colpita, nella notte dal 25 al 26 luglio, la gioventù organizzata nella Gioventù italiana del Littorio. Particolarmente grave deve essere stato questo trauma nell'Accademia maschile della Farnesina ed in quella femminile di Orvieto, nonché negli istituti premilitari per l'Esercito, la Marina e l'Aviazione di Brindisi, Venezia, Forlì e Bolzano, che erano delle organizzazioni perfette come disciplina e avevano riportato grandi successi. Questa gioventù, che era ammirata in quasi tutte le nazioni europee, questa gioventù, che aveva compiuto delle manifestazioni sportive e ginniche indimenticabili, che con la divisione Giovani fascisti aveva dato da Bir el Gobi al Mareth splendide prove del suo valore, meritava di essere trattata con maggior rispetto. Questa gioventù, che ha subito tale scossa improvvisa, dove si dirigerà domani? A sinistra, verso le idee estremiste, oppure, sfiduciata e delusa, non crederà più a nulla e a nessuno.

70. Un maresciallo, un certo Daini della Ciociaria, è tornato dalla penisola e mi sono intrattenuto un poco con lui. È un individuo franco, dì modeste doti intellettuali, e perciò le sue parole hanno una certa base. Si nota, egli ha detto, un rafforzamento del movimento sovversivo. Il popolo è scoraggiato e non ha che un desiderio: finire la guerra a qualsiasi costo. I villaggi del Lazio sono pieni di « sfollati da Roma ».

71. Fra gli uomini modesti che mi hanno servito voglio ricordarne due: Ridolfi e Navarra. Il primo ha cavalcato al mio fianco ogni mattina per quasi vent'anni. Era un maestro di scherma e di equitazione coscienzioso, non calcolatore, e fedele nel vero senso della parola. Gli avranno dato delle noie? Navarra era da venti anni il mio primo usciere. Beneducato, discreto, rispettoso ed egualmente non calcolatore.

Voglio dire una parola di lode anche per il mio autista, Boratto, che negli attentati correva assieme a me un rischio vitale. Ad eccezione di un cane schiacciato a Montefiascone, non è mai incorso nel più piccolo incidente, pur essendo costretto a correre.

72. Perché, dopo gli uomini, non dovrei ricordare anche gli animali? Anch'essi hanno avuto un posto nella mia vita. I nomi dei cavalli: Rusovich, Ziburoff, Ned, Thiene, Eron (un regalo di Dollfuss). Ed i cani: Carlot (bruttissimo ma molto intelligente), Bar, il cane di Bruno. A Riccione rimase accucciato alcuni giorni davanti alla camera in cui vi erano le cose di Bruno. Fedeltà di un animale!

73. 19 agosto. La mia settimana di passione, se mi è lecito chiamarla così, cominciò precisamente un mesè fa col mio incontro col Führer, a Feltre. L'incontro avrebbe dovuto durare quattro giorni, come il precedente di Salisburgo, e si era scelto Feltre per ragioni di sicurezza ed a causa della vicinanza alla frontiera. La data non era stata fissata. A causa degli avvenimenti in Sicilia, si scelse il 19 luglio, e si fissò in un giorno la durata dell'incontro. Troppo poco per esaminare a fondo la situazione in generale ed in dettaglio. La burocrazia insistette per Feltre, mentre l'incontro avrebbe benissimo potuto aver luogo nella prefettura di Treviso, risparmiando cosl quattro ore. La burocrazia non è capace di questa ginnastica intellettuale. Partii in volo da Riccione la mattina del 19 alle sette e giunsi puntualmente all'aeroporto di Treviso, alle otto e trenta. Trovai il solito assembramento di ufficiali e soldati di aviazione, abbastanza grigi. Poco dopo atterravano alcuni aeroplani tedeschi con ufficiali del seguito del Führer, fra i quali il maresciallo Keitel.

Alle nove precise arrivò il Führer. Passò in rivista il reparto e poi ci dirigemmo verso la stazione. Prendemmo il treno e dopo circa un'ora scendemmo alla stazione prima di Feltre. Di là proseguimmo in auto per la villa scelta per l'incontro, la villa del senatore Gaggia, un labirinto di sale e salette, della quale mi ricordo come di un incubo. Vi arrivammo dopo un'altra ora in macchina aperta, sotto un sole ardente, e durante il percorso scambiai con il Führer poche parole senza importanza.

Il colloquio ebbe inizio alle dodici. Erano presenti Keitel, il generale Warlimont ed altri ufficiali tedeschi, come pure l'ambasciatore Mackensen; da parte italiana il generale Ambrosio con il suo interprete, Bastianini ed Alfieri. Dapprima prese la parola il Führer e parlò per due ore. Le sue parole furono stenografate ed il testo completo del discorso si trova negli archivi del ministero degli Esteri. Avevo appena cominciato a parlare, quando il mio segretario entrò nella camera e mi consegnò una nota telefonata da Roma, del seguente contenuto: « Dalle undici Roma è, bombardata duramente ». Comunicai la notizia al Führer ed ai presenti. Si creò un'atmosfera opprimente e triste, che divenne ancor più opprimente a causa delle ulteriori comunicazioni telefoniche, con le quali si rendeva noto l'eccezionale lunga durata dell'attacco, il numero degli aerei ed i gravissimi danni riportati dall'Università e dalla chiesa di San Lorenzo.

Dopo le dichiarazioni del Führer ebbe luogo il nostro primo scambio di opinioni a quattr'occhi. Mi comunicò due fatti essenziali: 1) la guerra sottomarina sarebbe stata ripresa con nuovi mezzi: 2) a fine agosto la flotta aerea di rappresaglia avrebbe cominciato ad operare contro Londra, che sarebbe stata cancellata dalla faccia della terra in una settimana. Gli risposi, fra l'altro, che in attesa di questi attacchi, la difesa dell'Italia doveva essere in ogni modo rafforzata. Fui di nuovo chiamato e mi furono comunicate altre notizie; nel frattempo giunse l'ora delia partenza. Fu soltanto durante l'ora trascorsa in treno col Fuhrer che gli feci chiaramente intendere che a quell'epoca l'Italia doveva sostenere il peso totale di due imperi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che sotto questo peso si correva il pericolo di essere schiacciati, che i bombardamenti delle èittà scuotevano non solo il morale della popolazione, ma danneggiavano anche gravemente la produzione bellica ed arrecavano un grave disturbo a tutta la vita sociale. Gli dissi ancora una volta che la campagna africana avrebbe avuto un corso differente se avessimo avuto non la superiorità aerea ma almeno un'aviazione altrettanto forte quanto quella del nemico. Gli dissi inoltre che la tensione degli spiriti all'interno del paese era divenuta grande e pericolosa. Mi rispose che la crisi italiana era una crisi di direzione e che avrebbe inviato altri rinforzi aerei e nuove divisioni per la difesa della penisola. Dichiarò che la difesa dell'Italia era del massimo interesse anche per la Germania. Il tono del colloquio fu sempre amichevole e ci separammo cameratescamente. Poi l'apparecchio del Führer partì. Mentre accompagnavo Keitel al suo apparecchio, gli dissi: « Mandate subito tutto ciò di cui abbiamo bisogno: pensate che siamo sulla stessa nave! ».

Alle diciotto partii in volo direttamente per Roma. All'altezza del Soratte, diminuii la velocità e scorsi una grande nuvola all'orizzonte. Era il fumo degli incendi della stazione del Littorio, che sorvolai dopo alcuni minuti. Centinaia di vagoni bruciavano, le opere in muratura erano distrutte, l'aeroporto inservibile. Lo stesso quadro presentavano il deposito di locomotive e il rione di San Lorenzo. I danni sembravano immensi. Al mio atterraggio erano presenti il prefetto ed alcune altre personalità. Mi recai a villa Torlonia. Per strada incontrai una quantità di gente che si recava in campagna a piedi o con ogni mezzo possibile di locomozione. La città aveva un aspetto tetro. Lunghe code di popolo si affollavano presso le fontane, perché le condutture dell'acqua erano state interrotte. A sera, da villa Torlonia, si vedevano ancora nel cielo i bagliori degli incendi. Roma aveva vissuto una spaventosa giornata di ferro e di fuoco, che aveva distrutto ogni illusione e creata una situazione piena di incognite.

Nei giorni seguenti visitai alcuni dei luoghi più duramente colpiti, soprattutto l'aeroporto e la stazione del Littorio, l'aeroporto di Ciampino e la Città universitaria; ma detti ordine che non se ne parlasse nei giornali.

Nel frattempo i nemici del regime avevano sparso in tutta Roma la voce che l'incontro di Feltre era stato infruttuoso, che la Germania ci piantava in asso, e che dopo la conquista della Sicilia, gli inglesi sarebbero arrivati, più o meno quasi indisturbati, fino a Roma. Tutto ciò accrebbe la tensione nervosa, già prossima al collasso. A Corte dominava un eguale stato d'animo. Ciò mi fu confermato anche dal mio penultimo colloquio col re. L'ultimo fu quello che ebbe luogo a villa Savoia il 25.

74. Stamane 19 agosto è tornato da Roma l'ammiraglio Brivonesi, che attendevo con grande ansia, ed ha rotto il mio isolamento, poiché mi ha portato una lettera di mia moglie in data 13 agosto. Mi dice di essere praticamente isolata anche lei, di non avere un telefono e di vivere in un continuo stato di allarme. Non so se a causa di attacchi aerei o di altro genere. L'ammiraglio mi ha anche portato una grande cassa con le opere complete di Nietzsche meravigliosamente rilegate. Sono ventiquattro volumi inviatimi dal Führer per il mio sessantesimo compleanno tramite il maresciallo Kesselring. L'ammiraglio Brivonesi mi ha infine comunicato, con una lettera trasmessami dal tenente Faiola, che Vittorio si è recato all'estero ed è stato dichiarato disertore, ciò che mi ha procurato un grande dolore; che Vito è alla Rocca e non ha potuto recarsi a Mercato Saraceno, ciò che potrebbe voler dire che l'autorità del nuovo regime in Romagna è dubbia; e che a Milano Il Popolo d'Italia non esce più o è stato distrutto. Documenti personali e libri, da palazzo Venezia, mi saranno consegnati. Nulla di nuovo circa la mia posizione personale.

75. Qui finisce il primo quaderno dei Pensieri pontini e sardi.

19 agosto 1943, ore quindici.

M.