(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 24 aprile 1921)
di Benito Mussolini
Allo scoppio improvviso di gioia che ha salutato l'eventuale e sperato sfasciamento del fascismo italiano, sta subentrando un silenzio grave e carico di delusioni. C'è della gente che comincia a temere o a sospettare di aver corso o precorso troppo nei suoi desideri, che chiamerò necrologici. Il fascismo non si è ancora disperso. C'è una divisione profonda d'ordine passionale-politico, che potrà arrivare — anche — alle conseguenze estreme. Ma le masse che il fascismo ha raccolto e inquadrato non si « volatilizzeranno »; esse potranno aggrupparsi sotto altro nome o bandiera o uomo, ma non diventeranno più preda delle ideologie sovversive, perché la giovinezza rifugge da tutto ciò che è cadaverico e il socialismo è un cadavere, in tutte le sue specie e sottospecie di sinistra e di destra, che non è ancora decomposto. Può darsi che il fascismo liberi il suo organismo dalle scorie malsane e conservi la sua unità di massa e di battaglia. Comunque è questa l'ora nella quale tutti coloro che hanno dato anima e sangue al movimento devono assumere precise responsabilità di fronte al futuro. In altra parte del giornale, uno scrittore fascista, non degli ultimi venuti, affronta un problema fondamentale, che si compendia in questa domanda : il fascismo deve diventare un partito? Dopo lunghe riflessioni e un attento esame della situazione politica italiana, io sono giunto a rispondere in modo affermativo. Mi si consenta di dire perché. I Fasci sono già un partito, anche se ripudiano questo nome tradizionale. L'organizzazione dei Fasci, che si è in questi ultimi tempi perfezionata assai dal punto di vista politico colla creazione delle federazioni provinciali e regionali, è già un partito. Respingere a priori questo nome significherebbe inchiodarsi in una pregiudiziale, il che è eminentemente contrario allo spirito animatore del fascismo. D'altra parte uno dei peculiari e originari caratteri del fascismo è scomparso totalmente.
In principio si trattava veramente di un fascio; cioè di una specie di convegno spirituale o di palestra politica, per uomini venuti da diverse scuole e da diversi partiti. Oggi non più. Salvo alcuni nuclei di liberali o di nazionalisti, gli uomini provenienti dagli altri partiti ci sono, quasi automaticamente, ricascati; e oggi l'enorme maggioranza dei Fasci è composta da fascisti, puramente e semplicemente fascisti. È da questo concluso processo di selezione che balza il « partito ». Gli ultimi avvenimenti hanno rivelato le deficienze della nostra organizzazione cosi come è venuta caoticamente ed impetuosamente a formarsi. Un dilemma è stato imposto dalle origini e dal corso della crisi fascista: o si costituisce un partito o si fa un esercito. Solo in questo secondo caso si può riconoscere un capo o un duce. Ma chi è l'uomo che possa oggi assumersi la personale responsabilità di guidare e sorreggere un movimento così complesso, ricco e difficile, qual è il movimento fascista? Un esercito? Basta gettare sulla carta questo interrogativo perché un tumulto di problemi si affacci alla coscienza. A mio avviso, il problema va risolto in questi termini : bisogna costituire un partito così solidamente inquadrato e disciplinato, che possa, quando sia necessario, tramutarsi in un esercito capace di agire sul terreno della violenza, sia per attaccare, sia per difendersi. Bisogna dare un'anima al partito, cioè un programma. I postulati teorici e pratici devono essere riveduti ed ampliati; taluni di essi aboliti. Le settimane che ci separano dall'adunanza nazionale di Roma dovrebbero essere e saranno dedicate alla elaborazione delle tavole programmatiche del Partito Fascista Italiano. Ma l'anima non basta: il partito dovrà organizzarsi in modo tale da permettergli di trasmutare immediatamente i suoi iscritti in tanti soldati, pronti a lottare sul terreno della violenza contro le organizzazioni antinazionali che esaltano e preparano l'avvento di un regime di violenza e di dittatura. Non occorrono lunghe dissertazioni per convincersi che l'attuale organizzazione dei Fasci ha rutti i difetti dei partiti senza averne i vantaggi. Persistendovi, si finirebbe nell'immobilità antifascista di un apriorismo. Dal momento che il fascismo è già un fatto, è inutile e quasi puerile di non volerlo riconoscere nella esteriorità del titolo. Il nome del partito può essere dibattuto, quantunque una parola non debba mancare che ricordi chiaramente le origini; ma sulla questione di massima dissensi profondi non ci devono essere. Questo argomento dovrà essere posto all'ordine del giorno del congresso di Roma.