(Pubblicato in « Famiglia fascista », giugno 1939)
di Carlo Ravasio
1. La prima cellula della razza è la famiglia. Gli individui da soli, non rappresentano che atomi dispersi, capaci forse, di vivere, incapaci di far vivere e di trasmettere la vita.
2. La famiglia è l'unità di misura della potenza morale e materiale della nazione; è il popolo ridotto al suo minimo divisore. Al di sotto, non vi è che l'individuo. L'individuo, anche se conteggiato a milioni, non fa né popolo né storia.
3. Lo Stato Fascista rifiuta il principio della nazione-complesso di cittadini; concepisce la nazione soltanto come complesso di famiglie.
4. Il giovane cittadino non ha che doveri; e il primo dovere è quello di crearsi la famiglia. Fatta la famiglia cominciano a maturare i diritti.
5. Bisogna abbandonare la vecchia concezione «borghese» secondo cui occorre conquistare la cosiddetta «posizione» prima di pensare alla famiglia. Secondo questa concezione i poveri non dovrebbero mai sposarsi. Lo Stato fascista può invece impedire la conquista della posizione a coloro che non hanno ancora famiglia: buona misura sociale, morale e razziale.
6. La famiglia non nasce col matrimonio; nasce solamente col primo figlio.
7. La famiglia è lo Stato nella sua più minuscola espressione; è la corporazione in miniatura.
8. La prima e più alta responsabilità dell'uomo è la responsabilità della famiglia; la prima e più alta gerarchia della razza è la gerarchia dei capi-famiglia.
9. La famiglia è il tempio e l'altare della razza; l'amore è la sua religione e la sua luce.
10. Quando diciamo famiglia dobbiamo soggiungere «fascista»; questo aggettivo completa e garantisce il sostantivo.