Sunday, 25 May 2014

La nota italiana alla Grecia, 28 ottobre 1940

Il Ministro d'Italia ad Atene, Grazzi, ha rimesso alle ore 3 del 28 ottobre, la seguente nota al Governo greco:

Roma, 28 ottobre 1940
Ore 3:00

Il Governo italiano ha dovuto ripetutamente constatare come nel corso dell'attuale conflitto il Governo greco abbia assunto e mantenuto un atteggiamento che è in contrasto non solamente con quelle che sono le normali relazioni di pace e di buon vici­nato tra due Nazioni, ma con i precisi doveri che al Governo greco derivano dalla sua condizione di Stato neutrale. A più riprese il Governo italiano si è trovato nella necessità di ri­chiamare il Governo greco all'osservanza di  questi doveri, e di protestare contro la loro sistematica violazione, violazione particolarmente grave per avere il Governo greco tollerato che le sue acque territoriali, le sue coste e i suoi porti fossero utiliz­zati dalla flotta britannica nel corso delle sue operazioni di guerra, favorito i rifornimenti delle forze aeree britanniche, permesso l'organizzazione di un servizio di informazioni mili­tari nell'Arcipelago greco ai danni dell'Italia. Il Governo greco è perfettamente al corrente di questi fatti che hanno formato più volte oggetto di passi diplomatici da parte dell'Italia, ai quali il Governo greco — che pure avrebbe dovuto rendersi conto delle gravi conseguenze del suo atteggiamento — non ha ri­sposto con alcuna misura di protezione della propria neutralità, ma anzi intensificando la sua azione di favoreggiamento delle Forze armate britanniche e la sua collaborazione con i nemici dell'Italia.

Il Governo italiano ha le prove che tale collaborazione era stata dal Governo greco prevista e regolata con intese di carattere militare, navale ed aeronautico. Il Governo italiano non si rife­risce solamente alla garanzia britannica, accettata dalla Grecia come parte di un programma di azione diretta contro la sicu­rezza dell'Italia, ma agli espliciti e precisi impegni assunti dal Governo greco per mettere a disposizione delle Potenze in guer­ra con l'Italia importanti posizioni strategiche su territorio gre­co, comprese tra queste le basi aeree della Tessaglia e della Ma­cedonia, destinate ad un attacco contro il territorio albanese.

Il Governo italiano — a questo proposito — deve ricordare al Governo greco l'azione provocatrice svolta verso la Nazione al­banese con la politica terroristica da esso adottata nei riguardi delle popolazioni della Ciamuria e con i persistenti tentativi di creare disordini oltre le sue frontiere. Anche per questi fatti il Governo italiano è stato — ma inutilmente — nella necessità di richiamare il Governo greco sulle inevitabili conseguenze che tale politica avrebbe avuto nei riguardi dell'Italia.

Tutto questo non può essere dall'Italia ulteriormente tollerato. La neutralità della Grecia è andata diventando sempre più una mera parvenza. La responsabilità di questa situazione risale in primo luogo alla Gran Bretagna e al suo proposito di coinvol­gere sempre altri paesi nella guerra. Ma è ormai manifesto che la politica del Governo greco è stata ed è diretta a trasformare il territorio greco, o almeno a permettere che il territorio greco sia trasformato in una base di azioni belliche contro l'Italia. Questo non potrebbe portare che ad un conflitto armato tra l'I­talia e la Grecia, conflitto che il Governo italiano ha tutta l'intenzione di evitare.

Il Governo italiano è venuto pertanto nella determinazione di chiedere al Governo greco — come garanzia della neutralità della Grecia e come garanzia della sicurezza dell'Italia — la facoltà di occupare con le proprie forze armate, per la durata del presente conflitto con la Gran Bretagna, alcuni punti stra­tegici in territorio greco. Il Governo italiano chiede al Governo greco che esso non si opponga a tale occupazione e non ostacoli il libero passeggio delle truppe destinate a compierla. Queste truppe non si presentano come nemiche del popolo greco, e in nessun modo il Governo italiano intende che l'occupazione tem­poranea di alcuni punti strategici dettata da necessità contin­genti e di carattere puramente difensivo, porti pregiudizio alla sovranità e alla indipendenza della Grecia.

Il Governo italiano chiede ai Governo greco che esso dia immediatamente alle autorità militari gli ordini necessari perché tale occupazione possa avvenire in maniera pacifica. Ove le truppe italiane dovessero incontrare resistenze, tali resistenze saranno piegate con le armi e il Governo greco si assumerebbe la responsabilità delle conseguenze che ne deriverebbero.

Note of the Italian Government to the Greek Government, October 28, 1940

The Minister of Italy in Athens, Sig. Grazzi, remitted the following note to the Greek Government at 3 a.m. on October 28th:

Rome, October 28, 1940
3:00 A.M.

The Italian Government has repeatedly noted how, in the course of the present conflict, the Greek Government assumed and maintained an attitude which was contrary not only with that of normal relations of peace and good neighborliness between two nations, but also with the precise duties which were incumbent on the Greek Government in view of its status as a neutral country. On various occasions the Italian Government has found it necessary to remind the Greek Government to observe these duties and to protest against their systematic violation, particularly serious since the Greek Government permitted its territorial waters, its coasts and its ports to be used by the British fleet in the course of its war operations, aided in supplying the British Air Forces and permitted the organization of a military information service in the Greek archipelago to the detriment of Italy.

The Greek Government was perfectly aware of these facts, which several times formed the basis of diplomatic steps on the part of Italy, to which the Greek Government—which should have taken consideration of the grave consequences of its attitude—failed to respond with any measure for the protection of its own neutrality, but, instead, intensified its activities of aiding the British Armed Forces and its collaboration with Italy's enemies.

The Italian Government has proof that this collaboration was planned for by the Greek Government and was regulated by agreements of a military, naval, and aeronautical character. The Italian Government does not refer only to the British guarantee, accepted by Greece as a part of the program of action directed against Italy's security, but also to explicit and precise commitments undertaken by the Greek Government to put at the disposal of the powers at war with Italy important strategic positions on Greek territory, including air bases in Thessaly and Macedonia designed for an attack on Albanian territory.

In this regard, the Italian Government must remind the Greek Government of the provocative activities carried out against the Albanian Nation, together with the terroristic policy it has adopted toward the people of Chameria and the persistent efforts to create disorders beyond its frontiers. For these reasons, also, the Italian Government has constantly—but to no avail—found it necessary to remind the Greek Government of the inevitable consequences of its policy toward Italy.

All of this can no longer be tolerated by Italy. Greek neutrality has been continuously becoming a mere shadow. The responsibility for this situation lies primarily on the shoulders of Great Britain and its aim to involve ever more countries in the war. But now it is obvious that the policy of the Greek Government has been and is directed toward transforming Greek territory—or at least permitting Greek territory to be transformed—into a base for war operations against Italy. This could only lead to armed conflict between Italy and Greece, a conflict which the Italian Government has every intention of avoiding.

The Italian Government, therefore, has reached the decision to ask the Greek Government—as a guarantee of Greek neutrality and as a guarantee of Italian security—for permission to occupy with its own armed forces several strategic points in Greek territory for the duration of the present conflict with Great Britain. The Italian Government asks the Greek Government not to oppose this occupation and not to obstruct the free passage of the troops carrying it out. These troops do not come as enemies of the Greek people, and the Italian Government does not in any way intend that the temporary occupation of several strategic points, dictated by special necessities of a purely defensive character, should compromise Greek sovereignty and independence.

The Italian Government asks that the Greek Government give immediate orders to the military authorities that this occupation may take place in a peaceful manner. Wherever the Italian troops may encounter resistance, this resistance will be met by armed force, and the Greek Government would have the responsibility for the resulting consequences.

Saturday, 24 May 2014

Comunicato Stefani, 26 ottobre 1940

(Pubblicato in « Relazioni internazionali », 1940)

Il 26 ottobre l'agenzia « Stefani » ha diramato da Tirana il seguente comunicato:

Tirana, 26 ottobre

Una banda armata greca ha stamane attaccato con tiri di fucileria e bombe a mano posti di vigilanza albanesi nei pressi di Coritza e precisamente nella zona compresa fra i cippi 30 e 31, immediatamente a sud del varco di Kapestiza.

La pronta reazione della pattuglia albanese e il successivo intervento di altri reparti hanno valso a respingere immediatamente il nucleo avversario che era penetrato in territorio albanese. Sei degli attaccanti greci sono stati catturati. Le perdite albanesi sono due soldati morti e tre feriti.

Ieri sera tre bombe sono esplose nei pressi della sede del R. Ufficio Luogotenenziale italiano di Porto Edda. Si lamentano due feriti leggeri. Gli agenti greci o inglesi ai quali si deve l’attentato vengono attivamente ricercati.

Sono in corso attive indagini sui due episodi, mentre nelle due zone è subito tornata la calma.

Report of the Stefani Agency, October 26, 1940

(Published in Relazioni internazionali, 1940)

On October 26th the Stefani Agency issued the following press release from Tirana:

Tirana, October 26, 1940

This morning an armed Greek band attacked Albanian watchtowers with rifle shots and hand grenades near Coritza, more precisely in the area between posts 30 and 31, just south of the Kapestiza pass.

The prompt reaction of the Albanian patrol and the subsequent intervention of other units enabled the successful immediate repulsion of the enemy nucleus that had penetrated Albanian territory. Six of the Greek attackers were captured. Albanian losses are two dead and three wounded soldiers.

Yesterday evening three bombs exploded near the headquarters of the Italian Lieutenant-General at Porto Edda. Two persons were slightly wounded. The authorities are conducting an active search for the Greek or British agents who perpetrated the attack.

There are ongoing investigations into the two incidents. In the meantime, tranquility has been restored to the two areas.

Monday, 12 May 2014

Informazione Diplomatica n. 18, 5 agosto 1938: Sulla questione ebraica

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 6 agosto 1938)

di Benito Mussolini

Negli ambienti responsabili romani si fa notare che molte delle impressioni e deduzioni estere sul razzismo italiano sono dettate da una superficiale cognizione dei fatti e in qualche caso da evidente malafede.

In realtà il razzismo italiano data dal 1919, come potrebbe essere documentato. Mussolini nel discorso al Congresso del Partito tenutosi a Roma nel novembre del 1921 – ripetiamo 1921 – dichiarò esplicitamente: « Intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza: i fascisti devono preoccuparsi della salute della razza colla quale si fa la storia ».

Se il problema rimase, per alcuni anni, allo stato latente, ciò accadde perchè altri problemi urgevano e dovevano essere risolti. Ma la conquista dell'impero ha posto in primissimo piano i problemi chiamati complessivamente razziali, la cui sconoscenza ha avuto drammatiche, sanguinose ripercussioni, sulle quali non è oggi il momento di scendere a particolari.

Altri popoli mandano nelle terre dei loro imperi pochi e sceltissimi funzionari; noi manderemo in Libia e in Africa Orientale Italiana, con l'andare del tempo e per assolute necessità di vita, milioni di uomini.

Ora, a evitare la catastrofica piaga del meticciato, la creazione cioè di una razza bastarda, né europea, né africana, che fomenterà la disintegrazione e la rivolta, non bastano le leggi severe promulgate e applicate dal fascismo; occorre anche un forte sentimento, un forte orgoglio, una chiara, onnipresente coscienza di razza.

Discriminare non significa perseguitare; questo va detto ai troppi ebrei d'Italia e di altri paesi, i quali ebrei lanciano al cielo inutili lamentazioni, passando con la nota rapidità dall'invadenza e dalla superbia all'abbattimento e al panico insensato.

Come fu detto chiaramente nella nota numero 14 dell'Informazione Diplomatica e come si ripete oggi, il Governo fascista non ha alcun speciale piano persecutorio contro gli ebrei in quanto tali. Si tratta di altro: Gli ebrei in Italia, nel territorio metropolitano, sono 44.000, secondo i dati statistici ebraici, che dovranno però essere controlllati da un prossimo speciale censimento. La proporzione sarebbe quindi di un ebreo su mille italiani.

È chiaro che, d'ora innanzi, la partecipazione degli ebrei alla vita globale dello Stato dovrà essere e sarà adeguata a tale rapporto. Nessuno vorrà contestare allo Stato fascista questo diritto, e men di tutti gli ebrei, i quali, come risulta in modo solenne anche dar recente manifesto dei rabbini d'Italia, sono stati sempre e ovunque gli apostoli del più integrale, intransigente, feroce, e, sotto un certo punto di vista, ammirevole razzismo; si sono sempre ritenuti appartenenti ad un altro sangue, a un'altra razza; si sono autoproclamati « popolo eletto » e hanno sempre fornito prove della loro solidarietà razziale, al disopra di ogni frontiera.

E qui non vogliamo parlare dell'equazione, storicamente accertata in questi ultimi venti anni di vita europea, fra ebraismo, bolscevismo e massoneria.

Nessun dubbio quindi che il clima è maturo per il razzismo italiano, e meno ancora si può dubitare che esso non diventi, attraverso l'azione coordinata e risoluta di tutti gli organi del regime, patrimonio spirituale del nostro popolo, base fondamentale del nostro Stato, elemento di sicurezza per il nostro impero.

Diplomatic Dispatch No. 18, August 5, 1938: On the Jewish Question

(Published in Il Popolo d'Italia, August 6, 1938)

By Benito Mussolini

Responsible circles in Rome note that many foreign opinions and impressions concerning Italian racism are dictated by a superficial knowledge of the facts and, in some cases, by obvious bad faith.

In reality, as can be proven by documents, Italian racism dates back to 1919. Mussolini, in his speech to the Party Congress, held in Rome in November 1921 — we repeat 1921 — explicitly declared: "I want to make it clear that Fascism must deal with the problem of race. Fascists must occupy themselves with the health of the race, which is what makes history."

If the problem has remained dormant for many years, this happened only because of other more urgent problems that had to be solved. But the conquest of the Empire placed racial problems at the top of the agenda, because the lack of race consciousness had dramatic and bloody consequences, the details of which we shall not go into today.

Other nations send only a few, carefully-chosen officials to the lands of their empires; but in the course of time we will send millions of men to Libya and Italian East Africa, because it is absolutely necessary for us.

Now, to avoid the catastrophic calamity of miscegenation, that is, the creation of a bastard race that is neither European nor African, which will foment disintegration and revolt, the strict laws promulgated and enacted by Fascism are not enough. A strong feeling, a strong sense of pride, a clear and ever-present consciousness of race are also required.

To discriminate does not mean to persecute. This must be said to the too many Jews in Italy and in other countries who cry useless lamentations to the heavens, passing with typical swiftness from intrusiveness and arrogance to demoralization and senseless panic.

As was clearly stated in Diplomatic Dispatch No. 14 and as is repeated today, the Fascist Government has no special plan to persecute the Jews as such, but only to discriminate against them, which is a different matter. According to Jewish statistics, there are 44,000 Jews in the metropolitan territory of Italy. However, this number must be confirmed by a special census in the near future. The proportion therefore is supposedly one Jew for every one thousand Italians.

It is clear that, from now on, the participation of the Jews in the overall life of the State should be — and will be — adapted to such a ratio.

No one would dispute the right of the Fascist State to do this, least of all the Jews who (as is clear from the most recent manifesto of the rabbis of Italy) have always and everywhere been the apostles of the most total, intransigent, ferocious — and from a certain point of view even admirable — racism; the Jews have always thought of themselves as a "chosen people"; they claim to belong to a separate race with unique blood; and they have always demonstrated their racial solidarity with each other beyond all territorial borders.

This is not the place to discuss the relationship — which is clearly proven by the past twenty years of European history — between Judaism, Bolshevism and Masonry.

There is no doubt, however, that now is the right time for Italian racism. Moreover, there is no doubt that it will become — through the coordinated and determined actions of all the members of the Regime — the spiritual heritage of our people, the fundamental basis of our State and the element of security for our Empire.

Sunday, 5 January 2014

Legge 28 settembre 1940, n. 1459: Integrazioni alla legge 13 luglio 1939, n. 1055


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volonta della nazione
Re d'Italia e di Albania
Imperatore d'Etiopia

Il Senato e la Camera dei fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Articolo 1

Gli articoli 3 e 4 della legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1055, recante disposizioni in materia testamentaria, nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica, sono sostituiti dai seguenti:
Art. 3 « I cittadini italiani, nati da padre ebreo e da madre non appartenente alla razza ebraica, che ai termini dell'art. 8, ultimo, comma, del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 274, non sono considerati di razza ebraica, possono ottenere di sostituire, al loro cognome, quello originario della madre, salvo quanto è disposto dall'art. 158, ultimo comma del R. decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile. Nel caso che il cognome originario della madre rientri tra le ipotesi indicate nel citato art. 158, ultimo comma, del Regio decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, gli interessati possono ottenere di cambiare il proprio cognome con altro non compreso tra dette ipotesi ».
Art. 4 « I cittadini italiani non appartenenti alla razza ebraica, che abbiano cognomi notoriamente diffusi tra gli appartenenti a detta razza, possono ottenere il cambiamento del loro cognome con altro, osservato il disposto dell'art. 158, ultimo comma, del R. decreto 9 luglio 1939-XVII, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile ».

Ordiniamo

che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dato a San Rossore, addì 28 settembre 1940-XVIII
Vittorio Emanuele
Mussolini - Grandi - Di Revel
Visto il Guardasigilli: Grandi

Legge 28 settembre 1940, n. 1403: Abrogazione del contributo statale a favore degli asili infantili israelitici contemplati dalla legge 30 luglio 1896, n. 343


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volonta della nazione
Re d'Italia e di Albania
Imperatore d'Etiopia

Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Articolo 1

Il contributo annuo di L. 11.500 spettante agli asili infantili israelitici a norma dell'art. 11 della legge 30 luglio 1896, n. 343, cessa con effetto dal 1° luglio 1938-XVI.

Articolo 2

La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

Ordiniamo

che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a San Rossore, addì 28 settembre 1940-XVIII
Vittorio Emanuele
Mussolini - Di Revel
Visto, il Guardasigilli: Grandi.

Legge 13 luglio 1939, n. 1055: Disposizioni in materia testamentaria nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volonta della nazione
Re d'Italia e di Albania
Imperatore d'Etiopia

Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Articolo 1

È nulla la condizione che subordina il conseguimento di un'eredità o di un legato alla appartenenza del beneficato alla religione israelitica o che priva questi dell'eredità o del legato nel caso di abbandono della religione medesima. Questa disposizione non si applica ai nati da genitori appartenenti entrambi alla razza ebraica.

La predetta nullità ha effetto anche nei riguardi delle successioni aperte prima dell'entrata in vigore della presente legge e per le quali non sia ancora intervenuta convenzione o sentenza definitiva in ordine alla decadenza dell'erede o del legatario.

Articolo 2

I cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica non discriminati ai termini dell'art. 14 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 274, che avessero mutato il proprio cognome in altro che non riveli l'origine ebraica, debbono riprendere l'originario cognome ebraico. Tali cambiamenti possono essere disposti anche d'ufficio.

Articolo 3

I cittadini italiani, nati da padre ebreo e da madre non appartenente alla razza ebraica, che ai termini dell'art. 8, ultimo comma, del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, non sono considerati di razza ebraica, possono ottenere di sostituire, al loro cognome, quello originario della madre.

Articolo 4

I cittadini italiani non appartenenti alla razza ebraica, che abbiano cognomi notoriamente diffusi tra gli appartenenti a detta razza, possono ottenere il cambiamento del loro cognome.

Articolo 5

I cambiamenti di cognome, previsti dagli articoli 2, 3, e 4, sono disposti dal Ministro per l'interno, di concerto con quello per la grazia e giustizia, prescindendo dalla procedura stabilita dal R. decreto 15 novembre 1865, n. 2602, sull'ordinamento dello stato civile e con esenzione, in ogni caso, dalla tassa di concessione governativa.

I provvedimenti adottati nei casi di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono pubblicati per estratto nella Gazzetta Ufficiale del Regno e nel Foglio annunzi della provincia di residenza del richiedente; contro di essi è ammessa opposizione, da chiunque vi abbia interesse, nel termine di trenta giorni dalla data dell'ultima pubblicazione.

Sull'opposizione decide il Ministro per l'interno, di concerto con il Ministro per la grazia e giustizia, con provvedimento insindacabile.

Se non è stata proposta opposizione nel termine anzidetto, ovvero se l'opposizione è stata respinta, il provvedimento è annotato nei registri dello stato civile e della popolazione.

Articolo 6

La presente legge entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

Ordiniamo

che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a San Rossore, addì 13 luglio 1939-XVII
Vittorio Emanuele
Mussolini - Solmi - Di Revel
Visto, il Guardasigilli: Grandi.

Regio decreto-legge 29 giugno 1939, n. 1054: Disciplina dell'esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volonta della nazione
Re d'Italia e di Albania
Imperatore d'Etiopia

Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:


Capo I. — Disposizioni generali

Articolo 1.

L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni.

Articolo 2.

Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore le disposizioni di cui agli Articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15 Novembre 1938-XVII, n. 1779.

Articolo 3.

I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini dell'Art. 14 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728, saranno iscritti in "elenchi aggiunti", da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge. Sono altresì istituiti, in appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti dei professionisti di razza ebraica discriminati. Si applicano agli elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina degli albi professionali.

Articolo 4.

I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'Art. 1, esclusa quella di giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del Capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa.

Articolo 5.

Gli iscritti negli elenchi speciali professionali previsti dall'Art. 4 cessano dal far parte delle Associazioni sindacali di categoria giuridicamente riconosciute, e non possono essere da queste rappresentati. Tuttavia si applicano ad essi le norme inerenti alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro.

Articolo 6.

È fatto obbligo ai professionisti che si trovino nelle condizioni previste dagli Articoli 1 e 2, primo comma, ed a quelli iscritti nei ruoli di cui all'Art. 23 di denunciare la propria appartenenza alla razza ebraica, entro il termine di venti giorni dalla entrata in vigore della presente legge, agli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli. I trasgressori sono puniti con l'arresto sino ad un mese e con l'ammenda sino a lire tremila. La denunzia deve essere fatta anche nel caso che sia pendente ricorso per l'accertamento della razza ai sensi dell'Art. 26 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728. Il reato sarà dichiarato estinto se il ricorso di cui al terzo comma sia deciso con la dichiarazione di non appartenenza del ricorrente alla razza ebraica. Ove la denunzia non sia effettuata, gli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli provvederanno d'ufficio all'accertamento. La cancellazione dagli albi o dai ruoli viene deliberata dai predetti organi non oltre il Febbraio 1940-XVIII, ma ha effetto alla scadenza di detto termine. La deliberazione è notificata agli interessati a mezzo di ufficiale giudiziario, e con le forme della notificazione della citazione.


Capo II - Degli elenchi speciali e delle condizioni per essere iscritti

Articolo 7.

Per ogni circoscrizione di Corte di appello sono istituiti, presso la Corte medesima, gli elenchi speciali per le singole professioni previsti dall'Art. 4. Nessuno può essere iscritto contemporaneamente in più di un elenco per la stessa professione; su domanda dell'interessato è ammesso tuttavia il trasferimento da un elenco distrettuale all'altro. Il trasferimento non interrompe il corso dell'anzianità di iscrizione.

Articolo 8.

I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'Art. 1, esclusa quella di giornalista, e che intendano ottenere l'iscrizione nel rispettivo elenco speciale, dovranno farne domanda al primo presidente della Corte di appello del distretto, in cui abbiano la residenza, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Articolo 9.

Per essere iscritti negli elenchi speciali è necessario:

a. essere cittadini italiani;
b. essere di specchiata condotta morale e di non avere svolto azione contraria agli interessi del Regime e della Nazione;
c. avere la residenza nella circoscrizione della Corte di Appello;
d. essere in possesso degli altri requisiti stabiliti dai vigenti ordinamenti professionali per l'esercizio della rispettiva professione.

Articolo 10.

Non possono conseguire l'iscrizione negli elenchi speciali coloro che abbiano riportato condanna per delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione, non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque o, comunque, condanna che importi la radiazione o cancellazione dagli albi professionali. Non possono, parimenti, conseguire l'iscrizione coloro che siano stati o si trovino sottoposti ad una delle misure di polizia previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773.

Articolo 11.

Le domande per l'iscrizione devono essere corredate dai seguenti documenti:

a. atto di nascita;
b. certificato di cittadinanza italiana;
c. certificato di residenza;
d. certificato di buona condotta morale, civile e politica;
e. certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a mesi 3 dalla presentazione della domanda e certificato dei procedimenti a carico;
f. certificato dell'Autorità di pubblica sicurezza del luogo di residenza del richiedente, attestante che questi non è stato sottoposto ad alcuna delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773;
g. titoli di abilitazione richiesti per la iscrizione nell'albo professionale.

Articolo 12.

Le attribuzioni relative alla tenuta degli elenchi di cui all'Art. 4 ed alla disciplina degli iscritti, previste dalle vigenti leggi e regolamenti professionali, sono esercitate nell'ambito di ciascun distretto di Corte di Appello, per tutti gli elenchi, da una Commissione distrettuale. Essa ha sede presso la Corte di Appello, è presieduta dal primo presidente della Corte medesima, o da un magistrato della Corte, da lui delegato, ed è composta di sei membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti ed Artisti.

Articolo 13.

I componenti della Commissione di cui all'articolo precedente sono nominati con decreto del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio.

Articolo 14.

La Commissione distrettuale verifica le domande di cui all'Art. 8 e, ove ricorrano le condizioni richieste dalla presente legge, delibera la iscrizione del professionista nel rispettivo elenco speciale. Le adunanze della Commissione sono valide con l'intervento di almeno quattro componenti. Le deliberazioni della Commissione sono motivate; vengono prese a maggioranza di voti; in caso di parità di voti prevale quello del presidente. Esse sono notificate, nel termine di 15 giorni, agli interessati ed al Procuratore generale presso la Corte di appello, nonché al Prefetto, qualora riguardino esercenti le professioni sanitarie.

Articolo 15.

Contro le deliberazioni della Commissione in ordine alla iscrizione ed alla cancellazione dall'elenco, nonché ai giudizi disciplinari, è dato ricorso tanto all'interessato quanto al Procuratore generale della Corte di Appello, e, nel caso di esercenti le professioni sanitarie, al Prefetto, entro 30 giorni dalla notifica, ad una Commissione Centrale che ha sede presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

Articolo 16.

La Commissione centrale, di cui all'articolo precedente, è presieduta da un magistrato di grado terzo ed è composta del Direttore generale degli affari civili e delle professioni legali presso il Ministero di Grazia e Giustizia, o di un suo delegato, e di altri sette membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici, per l'Agricoltura e per le Foreste e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti. I componenti della Commissione sono nominati con decreto Reale, su proposta del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio. Le adunanze della Commissione centrale sono valide con l'intervento di almeno cinque componenti. Il ministro per la Grazia e Giustizia provvede con suo decreto alla costituzione della Segreteria della predetta Commissione.


Capo III - Disciplina degli iscritti negli elenchi speciali

Articolo 17.

Entro il mese di Febbraio di ogni anno, la Commissione di cui all'Art. 12 procede alla revisione dell'elenco speciale, apportandovi le modificazioni e le aggiunte che fossero necessarie. Ai provvedimenti adottati si applicano le disposizioni degli Articoli 14, ultimo comma, e 15.

Articolo 18.

La Commissione può applicare sanzioni disciplinari:

per gli abusi e le mancanze degli iscritti nell'elenco speciale commesso nell'esercizio della professione;
per motivi di manifesta indegnità morale e politica. Le sanzioni disciplinari sono:

a. censura;
b. sospensione dall'esercizio professionale per un tempo non maggiore di sei mesi; cancellazione dall'elenco.

I provvedimenti di cui al comma precedente sono notificati all'interessato per mezzo dell'ufficiale giudiziario. L'istruttoria che precede il giudizio disciplinare può essere promossa dalla Commissione su domanda di parte, o su richiesta del pubblico ministero, ovvero d'ufficio in seguito a deliberazione della Commissione ad iniziativa di uno o più membri. I fatti addebitati devono essere contestati all'interessato con l'assegnazione di un termine per la presentazione delle giustificazioni.

Articolo 19.

La cancellazione dall'elenco speciale, oltre che per motivi disciplinari, può essere pronunciata dalla Commissione, su domanda dell'interessato. Può essere promossa d'ufficio su richiesta del procuratore generale della Corte di Appello nel caso:

a. di perdita della cittadinanza;
b. di trasferimento dell'iscritto in altro elenco;
c. di trasferimento dell'iscritto all'estero.

Contro la pronuncia della Commissione è sempre ammesso ricorso a norma dell'Art. 15.

Articolo 20.

La condanna o l'applicazione di una delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato col Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773, importano la cancellazione dall'elenco speciale. L'iscritto che si trovi sottoposto a procedimento penale, ovvero deferito per l'applicazione di una delle misure di cui al comma precedente, può essere sospeso dall'esercizio della professione. La sospensione ha sempre luogo quando è emesso mandato di cattura e fino alla sua revoca.


Capo IV - Dell'esercizio professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi speciali

Articolo 21.

L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:

a, salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica;
b. la professione di farmacista non può essere esercitata se non presso le farmacie di cui all'art. 114 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con Regio decreto 27 Luglio 1934-XII, n. 1265, qualora l'Ente cui la farmacia appartiene svolga la propria attività istituzionale esclusivamente nei riguardi di appartenenti alla razza ebraica;
c. ai professionisti di razza ebraica non possono essere conferiti incarichi che importino funzioni di pubblico ufficiale, ne può essere consentito l'esercizio di attività per conto di enti pubblici, fondazioni, associazioni e comitati di cui agli Articoli 34 e 37 del Codice Civile o in locali da questi dipendenti. La disposizione di cui alla lettera c) del presente articolo si applica anche ai cittadini italiani di razza ebraica iscritti negli "elenchi aggiunti".

Articolo 22.

I cittadini italiani di razza ebraica non possono essere iscritti nei ruoli degli amministratori giudiziari, se già iscritti, ne sono cancellati.

Articolo 23.

I cittadini di razza ebraica non possono essere comunque iscritti nei ruoli dei revisori ufficiali dei conti, di cui al Regio decreto-legge 24 Luglio 1936-XIV, n. 1548, o nei ruoli dei periti e degli esperti ai termini dell'Art. 32 del testo unico delle leggi sui Consigli e sugli Uffici provinciali delle corporazioni, approvato con Regio decreto 20 Settembre 1934 XII, n. 2011, e, se vi sono già iscritti, ne sono cancellati.

Articolo 24.

I professionisti forensi cittadini italiani di razza ebraica, che siano iscritti negli albi speciali per l'infortunistica, perdono il diritto a mantenere l'iscrizione negli albi stessi a decorrere da 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Articolo 25.

È vietata qualsiasi forma di associazione e collaborazione professionale tra i professionisti non appartenenti alla razza ebraica e quelli di razza ebraica.

Articolo 26.

L'esercizio delle attività professionali vietate dall'Art. 21 è punito ai sensi dell'art. 348 del Codice Penale. La trasgressione alle disposizioni di cui all'Art. 25 importa la cancellazione, secondo i casi, dagli albi professionali, dagli elenchi aggiunti, ovvero dagli elenchi speciali.


Capo V - Disposizioni transitorie e finali

Articolo 27.

I cittadini italiani di razza ebraica possono continuare l'esercizio della professione senza limitazioni fino alla cancellazione dall'albo. Avvenuta la cancellazione e fino a quando non abbiano ottenuto la iscrizione nell'elenco speciale, non potranno esercitare alcuna attività professionale. Con la cancellazione deve essere esaurita, o, comunque, cessare, qualsiasi prestazione professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica non discriminati a favore di cittadini non appartenenti alla razza ebraica. è tuttavia in facoltà del cliente non appartenente alla razza ebraica di revocare al professionista di razza ebraica non discriminato l'incarico conferitogli, anche prima della cancellazione dall'albo.

Articolo 28.

I cittadini italiani di razza ebraica, ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari o superiori in virtù dell'Art. 10 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728, nonché tutti coloro che, conseguito il titolo accademico, non abbiano ancora ottenuta la relativa abilitazione professionale, a norma delle leggi e regolamenti vigenti, ove sussistano i requisiti e le condizioni previste dalle predette leggi e regolamenti per l'iscrizione negli albi, nonché dalla presente legge, potranno ottenere la iscrizione negli elenchi aggiunti o negli elenchi speciali.

Articolo 29.

I notari di razza ebraica, dispensati dall'esercizio a norma della presente legge, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge da parte della Cassa nazionale del notariato. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di esercizio; negli altri casi, è concessa una indennità di lire mille per ciascuno anno di servizio.

Articolo 30.

Ai giornalisti di razza ebraica non discriminati, che cessano dall'impiego per effetto della presente legge, verrà corrisposto dal datore di lavoro l'indennità di licenziamento prevista dal contratto collettivo di lavoro giornalistico per il caso di risoluzione del rapporto d'impiego per motivi estranei alla volontà del giornalista. L'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Arnaldo Mussolini" provvederà alla cancellazione dei predetti giornalisti dagli elenchi dei propri iscritti, alla liquidazione del fondo di previdenza costituito a suo nome e al trasferimento al nome dei medesimi della proprietà della polizza di assicurazione sulla vita, contratta dall'Istituto presso l'Istituto Nazionale delle assicurazioni.

Articolo 31.

Con disposizioni successive saranno regolati i rapporti tra i professionisti di razza ebraica e gli enti di previdenza previsti dalla legislazione vigente, escluse le categorie contemplate negli Articoli 29 e 30 della presente legge. Verranno inoltre emanate le norme speciali riflettenti la cessazione del rapporto d'impiego privato tra i professionisti di razza ebraica e i loro dipendenti.

Articolo 32.

Il Ministro per la Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri interessati, è autorizzato ad emanare le norme per la determinazione dei contributi da porsi a carico degli iscritti negli elenchi speciali, per il funzionamento delle commissioni di cui agli Articoli 12 e 15.

Articolo 33.

Agli effetti della presente legge, l'appartenenza alla razza ebraica è determinata a norma dell'Art. 8 del Regio Decreto - legge 17 Novembre 1938 - XVII, 1728, ed ogni questione relativa è decisa dal Ministro per l'Interno a norma dell'Art. 26 dello stesso Regio decreto - legge.

Articolo 34.

Per tutto quanto non è contemplato dalla presente legge, si applicano le leggi ed i regolamenti di carattere generale che disciplinano le singole professioni.

Articolo 35.

Con decreto Reale saranno emanate, ai sensi dell'Art. 3, n. 1, della legge 31 Gennaio 1926 - IV, n. 100, le norme complementari e di coordinamento che potranno occorrere per l'attuazione della presente legge.

Ordiniamo

che la presente legge, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a San Rossore, addì 29 giugno 1939-XVII

Vittorio Emanuele

Mussolini - Starace - Solmi -
Di Revel - Cobolli-Gigli -
Rossoni - Lantini - Alfieri

Visto, il Guardasigilli: Grandi.

Regio decreto-legge 17 novembre 1938, n. 1728: Provvedimenti per la razza italiana


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere; Visto l'Art., n. 2, della legge 31 gennaio 1936 - IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; Sentito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni; Abbiamo decretato e decretiamo:


Capo I – Provvedimenti relativi ai matrimoni

Articolo 1. – Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenete ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.

Articolo 2. – Fermo il divieto di cui all'Art. 1, il matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministro per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.

Articolo 3. – Fermo sempre il divieto di cui all'Art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'Art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.

Articolo 4. – Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.

Articolo 5. – L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall'Art. 1, non procederà né alle pubblicazioni né alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.

Articolo 6. – Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'Art. 5 della legge 27 maggio 1929 - VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'Art. 1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto è disposto dal primo comma dell'Art. 8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.

Articolo 7. – L'ufficiale di stato civile che ha provveduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'Art. 2 è tenuto a farne immediata denuncia all'autorità competente.


Capo II – Degli appartenenti alla razza ebraica

Articolo 8. – Agli effetti di legge: a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica; b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera; c) è considerato da razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre; d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che alla data del 1º ottobre 1938 - XVI, apparteneva a religione diversa da quella ebraica.

Articolo 9. – L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di detta annotazione. Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessioni e autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.

Articolo 10. – I cittadini italiani di razza ebraica non possono: a) prestare servizio militare in pace e in guerra; b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica; c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'Art. 1 del R. decreto - legge 18 novembre 1929 - VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né assumervi, comunque, l'ufficio di amministratore o di sindaco; d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto - legge 5 ottobre 1936 - XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).

Articolo 11. – Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisce ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.

Articolo 12. – Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.

Articolo 13. – Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica: a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato; b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate; c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle di trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi; d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate; e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti o denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo; f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato; g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale; h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.

Articolo 14. – Il Ministro per l'Interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni degli articoli 10 e 11, nonché dell'Art. 13, lett. h): a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista; b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:

1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2) combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, che abbiano almeno la croce al merito di guerra;
3) mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
4) iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919 - 20 - 21 - 22 e nel secondo semestre del 1924;
5) legionari fiumani;
6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'Art. 16.

Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.

Articolo 15. – Ai fini dell'applicazione dell'Art. 14, sono considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al secondo grado.

Articolo 16. – Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'articolo 14 lett. b) n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione composta dal Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.

Articolo 17. – È vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.


Capo III – Disposizioni transitorie e finali

Articolo 18. – Per il periodo di tre mesi di entrata in vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di cui all'Art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona straniera di razza ariana.

Articolo 19. – Ai fini dell'applicazione dell'Art. 9, tutti coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'Art. 8, devono farne denunzia all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.

Articolo 20. – I dipendenti degli Enti indicati nell'Art. 13, che appartengano alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nei termini di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 21. – I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a norma dell'Art. 20, sono ammessi a far valere il diritto di trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.

Articolo 22. – Le disposizioni di cui all'Art. 21 sono estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati dalle lettere b), c), d), e), f), g), h), dell'Art. 13. Gli Enti nei cui confronti sono applicabili le disposizioni dell'Art. 21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità previsti dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.

Articolo 23. – Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1º gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate.

Articolo 24. – Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applica l'Art. 23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia, e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1º gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo 1939 - XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5000 e saranno espulsi a norma dell'Art. 150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931 - IX, n. 773.

Articolo 25. – La disposizione dell'Art. 24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1º ottobre 1938 - XVI: a) abbiano compiuto il 65º anno di età b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 26. – Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere della Commissione da lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.

Articolo 27. – Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e le attività delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.

Articolo 28. – È abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con quelle del presente decreto.

Articolo 29. – Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele
Mussolini - Ciano - Solmi - Di Revel - Lantini

Visto il Guardasigilli: Solmi
Registrato alla Corte dei conti, addì 18 novembre 1938 - XVII
Atti del Governo, registro 403, foglio 76. - Mancini

Law of November 17, 1938: Provisions For the Italian Race


Vittorio Emanuele III
By the grace of God and by the will of the Nation
King of Italy
Emperor of Ethiopia


Chapter I. - Provisions Concerning Matrimony

Article 1

The marriage of an Italian citizen of the Aryan race with a person belonging to another race is prohibited. A marriage celebrated contrary to this prohibition is void.

Article 2

Without prejudice to the prohibition contained in Article 1, the marriage of an Italian citizen with a person of foreign nationality is subject to the prior consent of the Minister of the Interior. Offenders are liable to imprisonment for up to three months and a fine of up to ten thousand lire.

Article 3

In view of the prohibition set forth in Article 1, employees of the civil and military administrations of the State, of the various organizations of the National Fascist Party or those controlled by it, of the administration of the provinces, communes, parastatal bodies, syndical associations and related agencies may not contract marriage with persons of foreign nationality. Except when the gravity of the case requires the application of the penalties set forth in Article 2, violation of the above-mentioned prohibition will result in the loss of one's post of employment and of seniority..

Article 4

For the purposes of Articles 2 and 3, Italians who are not subjects of the Kingdom are not considered foreigners.

Article 5

Upon a request to issue marriage banns, the official of the civil registrar is required to ascertain, independently of the statements of the parties involved, the race and citizenship status of both applicants. Under the circumstances envisaged in Article 1, he shall proceed neither to issue marriage banns nor to perform the marriage. Any civil registrar who violates the provision of this article shall be punished with a fine ranging from 500 to 5,000 lire.

Article 6

A marriage performed in violation of Article 1 shall have no civil legality, and therefore shall not be entered into the public registers. ... Violators shall be punished by a fine ranging from 500 to 5,000 lire

Article 7

The registrar who proceeds to transcribe deeds relating to marriages celebrated without observing the provisions of Article 2 is obliged to immediately report it to the competent authority.


Chapter II. - Of Those Belonging to the Jewish Race

Article 8

For the purposes of this law, the following are considered as belonging to the Jewish race:
a) he who is born to parents both of the Jewish race, even if he belongs to a religion other than Judaism; 
b) he who is born to parents of whom one is of the Jewish race and the other is a foreign national; 
c) he who is born to a mother of the Jewish race and the father is unknown; 
d) he who, despite being born to parents of Italian nationality, of which only one is of the Jewish race, or belongs to the Jewish religion, or both, is a member of a Jewish community, or has in any way made manifestations of Jewishness. He who was born to parents of Italian nationality, of which only one is of the Jewish race, and who on October 1, 1938 belonged to a religion other than Judaism, is not considered Jewish.

Article 9

Membership in the Jewish race must be declared and entered in the public registers. All extracts from these registers and relative certificates which pertain to members of the Jewish race must make explicit mention of such entry. Similar mention must be included in the documents pertaining to exemptions or authorizations by the public authorities. Anyone who violates the provisions of this article shall be punished with a fine of up to 2,000 lire.

Article 10

Italian citizens belonging to the Jewish race may not:
a) perform military service in peace or in war; 
b) exercise the office of teacher or caretaker of minors or disabled persons of non-Jewish race; 
c) be owners or managers of any companies that pertain to national defense, or that employ one hundred or more people; nor can they assume the office of director or auditor; 
d) be owners of land valued at more than 5,000 lire;
e) be owners of urban buildings with a total taxable income exceeding 20,000 lire.
Concerning buildings for which there is no taxable income, it will be established on the basis of inspections carried out for the purposes of applying the extraordinary property tax referred to in Royal Decree-Law n. 1743 of October 5, 1936.

On the proposal of the Minister of Finance and with the concurrence of the Ministers of Interior, Grace and Justice, Guilds and Foreign Exchange, a royal decree will specify the regulations for carrying out the provisions set forth above in letters (c), (d) and (e).

Article 11

Parents belonging to the Jewish race may be deprived of parental authority over children who belong to a religion other than Judaism, if it demonstrated that he or she imparts to them an education which does not correspond to their religious principles or national purpose.

Article 12

Members of the Jewish race may not employ Italian citizens of the Aryan race as their servants. Transgressors will be punished with a fine of 1,000 to 5,000 lire.

Article 13

The following agencies may not employ persons of the Jewish race:
a) the civil and military administrations of the State; 
b) the National Fascist Party and the organizations subordinate to it or under its control; 
c) the administrations of provinces, communes, public institutions of assistance and welfare, or their trusts; 
d) administrations of municipal enterprises; 
e) the administrations of parastatal incorporated entities, however they may be formed or labeled, of the Opere Nazionali, of the various syndical associations and collateral bodies, and, in general, of all incorporated bodies and institutes of public law, even those with autonomous structures, which are subject to either inspection or control by the State, or to whose maintenance the State provides contributions of an ongoing nature; 
f) the administrations of those enterprises annexed or directly subordinate to the incorporated entities referred to in letter (e) above; or those which derive from it in major degree the necessary means for attaining their specific goals; or companies whose capital is provided at least in half by State participation; 
g) the administrations of banks of national interest; 
h) the administrations of private insurance companies.

Article 14. – The Minister of Interior, upon documented request of the interested parties, may in individual cases declare the provisions of Articles 10 and 11, as well as letter (h) of Article 13, inapplicable in the cases of:
(a) Members of families of those who fell in the Libyan War, the World War, the Ethiopian War and the Spanish Civil War, and of those who fell for the Fascist cause; 
(b) Persons who meet one of the following conditions: 
1) Persons who were mutilated, disabled or wounded, war volunteers, and recipients of decorations for valor in the Libyan War, World War, Ethiopian War and Spanish Civil War;
2) Combatants in the Libyan War, World War, Ethiopan War and Spanish Civil War who have received at least the Cross for War Merit; 
3) Persons who were mutilated, disabled or wounded for the Fascist cause; 
4) Members of the National Fascist Party in the years 1919, 1920, 1921, 1922, and the second half of 1924; 
5) Legionaries of Fiume; 
6) Persons who have earned exceptional merits, to be evaluated in accordance with Article 16.
In the cases envisaged under letter (b) above, the benefit may also be extended to members of the family of the persons listed thereunder, even if they are deceased. The interested parties may request that the decision handed down by the Minister of Interior be entered in the public registers. The decision of the Minister of Interior is not subject to any gravamen, either of an administrative or of a jurisdictional nature.

Article 15

With respect to the application of Article 14, in addition to the spouse, a family shall be considered to include ancestors and descendants up to the second degree.

Article 16

In order to evaluate the special merits referred to above in Article 14, (b), number (6), there shall be established in the Ministry of Interior a committee made up of the Undersecretary of State (who will preside), a Vice-Secretary of the National Fascist Party, and the Chief of Staff of the Voluntary Militia for National Security.

Article 17

Foreign Jews may not establish permanent residence in the Kingdom, in Libya, or in the Aegean possessions.


Chapter III. – Temporary and Final Provisions

Article 18.

For a period of three months from the time this present decree goes into effect, the Minister of Interior is empowered, after consulting the appropriate administration, to exempt in special cases from the prohibition set forth in Article 3 those employees who intend to contract marriage with a foreigner of the Aryan race.

Article 19

With respect to the application of Article 9, whoever finds himself in the conditions set forth under Article 8 must report this to the registry office of the commune of residence within 90 days from the date the present decree goes into effect. Whoever fails to fulfill such obligation within the prescribed time, or furnishes inexact or incomplete data, will be punished by imprisonment up to one month and a fine of up to 3,000 lire.

Article 20

Employees of the agencies mentioned in Article 13 who are members of the Jewish race shall be discharged from service within a space of three months from the date the present decree goes into effect.

Article 21

Regular employees of the State who are discharged from service in accordance with Article 20 are permitted to claim the retirement benefits due them according to law.

[...]

Article 22

Insofar as they are applicable, the provisions referred to in Article 21 are extended to the incorporated entities mentioned in Art. 13, letters (b), (c), (d), (e), (f), (g), and (h).

[...]

Article 23

All concessions of Italian citizenship made to foreign Jews after January 1, 1919 are completely revoked.

Article 24

Foreign Jews and those to whom Article 23 applies, who began their residency in the Kingdom, Libya or the Aegean possessions after January 1, 1919, must leave the territory of the Kingdom, Libya and the Aegean possessions by March 12, 1939. Those who have not complied with this obligation within the aforementioned term will be punished with arrest for up to three months or with a fine of up to 5,000 lire and will be expelled in accordance with Article 150 of Law n. 773 of June 18, 1931 on public security.

Article 25. – The provisions in Article 24 shall not apply to Jews of foreign nationality who, prior to October 1, 1938:
(a) were over sixty-five years of age; 
(b) contracted marriage with persons of Italian citizenship.
For the application of this article, the interested parties must send a documented request to the Ministry of Interior within thirty days from the date the present decree goes into effect.

Article 26

The questions relative to the application of this present decree will be resolved in individual cases by the Minister of Interior after consulting those Ministers who may also be affected and receiving the prior opinion of a committee appointed by him. The provision is not subject to any encumbrances, neither administratively nor judicially.

Article 27

Nothing new is introduced with regard to public worship and activities by Jewish communities according to existing laws, except for modifications that may become necessary in order to coordinate these laws with the provisions of this present decree.

Article 28

Any provision that is contrary to, or in any way incompatible with the present decree, is hereby abrogated.

Article 29

The Government of the King is authorized to issue the necessary provisions for the implementation of this present decree. This decree will be presented to the Parliament for passage into law. The Duce, Minister of Interior and proposer, is authorized to submit the relative bill.

We order that the present decree, bearing the seal of the State, be inserted into the official collection of the laws and decrees of the Kingdom of Italy, mandating everyone to observe it and to make sure it is observed.

Given in Rome on this day of November 17, 1938

Vittorio Emanuele
Mussolini - Ciano - Solmi - Di Revel - Lantini

Seen by the Keeper of the Seals: Solmi
Registered at the Court of Audit on this day of November 18, 1938
Atti del Governo, registro 403, foglio 76. - Mancini

Regio decreto-legge 15 novembre 1938, n. 1779: Integrazione e coordinamento in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia

Veduto il Regio decreto-legge 5 Settembre 1938-XVI, n. 1390;

Veduto il Regio decreto-legge 23 Settembre 1938-XVI, n. 1630;

Veduto il Testo Unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione elementare approvato con Regio decreto 5 Febbraio 1928-VI, n. 877, e successive modificazioni;

Veduto il Regio decreto-legge 3 Giugno 1938-XVI, n. 928;

Veduto l'Art. 3, n. 2, della legge 31 Gennaio 1926-IV, n.100;

Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate;

Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo 1.

A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari.

Articolo 2.

Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.

Articolo 3.

Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. È tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.

Articolo 4.

Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.

Articolo 5.

Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.

Articolo 6.

Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica.

Articolo 7.

Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.

Articolo 8.

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall'abilitazione.

Articolo 9.

Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.

Articolo 10.

In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno.

Articolo 11.

Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1í gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico 1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII.

Articolo 12.

I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII, n.1071.

Articolo 13.

Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938-XVII
Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel

Regio decreto-legge 23 settembre 1938, n. 1630: Istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia

Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla istruzione elementare, post-elementare e sulle opere di integrazione, approvato con il R. decreto 5 febbraio 1928 - VI, n. 577, e successive modificazioni;

Veduto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 - IV, n. 100;

Riconosciuta la necessità assoluta ed urgente di dare uno speciale ordinamento alla istruzione elementare dei fanciulli di razza ebraica;

Udito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo 1

Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite a spese dello Stato speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci.
I relativi insegnanti potranno essere di razza ebraica.

Articolo 2

Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari, con effetti legali, per fanciulli di razza ebraica.

Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario.

Nelle scuole elementari di cui ai comma precedenti, sono svolti i programmi di studio stabiliti per le scuole di Stato; salvo per ciò che concerne l'insegnamento della religione cattolica.

Articolo 3

Nelle scuole elementari per i fanciulli di razza ebraica sono adottati i libri di testo di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministero dell'educazione nazionale.

Le spese relative sono a carico delle comunità israelitiche.

Articolo 4

Il presente decreto, che andrà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 23 settembre 1938 - Anno XVI
Vittorio Emanuele
Mussolini - Bottai - Di Revel
Visto, il Guardasigilli: Solmi.
Registrato alla Corte dei conti, addì 22 ottobre 1938 - Anno XVI
Atti del Governo, registro 402, foglio 109. - Mancini.

Regio decreto-legge 7 settembre 1938, n. 1381: Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per la volontà della nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;

Visto l'Articolo 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per l'interno;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo 1.

Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimore nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.

Articolo 2.

Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

Articolo 3.

Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate.

Articolo 4.

Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1í gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'Articolo 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l'applicazione delle pene stabilite dalla legge.

Articolo 5.

Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.

Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame nè in via amministrativa, nè in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 7 Settembre 1938-Anno XVI

Regio decreto-legge 5 settembre 1938, n. 1390: Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia

Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;

Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana;

Udito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo 1.

All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; nè potranno essere ammesse all'assistentato universitario, nè al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.

Articolo 2.

Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Articolo 3.

A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari.

Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza.

Articolo 4.

I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.

Articolo 5.

In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.

Articolo 6.

Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

Articolo 7.

Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge.

Il Ministro per l'educazione nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo

che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 - Anno XVI
Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel

Legge 5 febbraio 1934, n. 163: Istituzione delle corporazioni


Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d'Italia

Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:


Costituzione e funzioni delle Corporazioni

Articolo 1. Le Corporazioni, previste dalla dichiarazione VI della Carta del Lavoro, dalla legge 3 aprile 1926, n. 563, e dal R. Decreto I. luglio 1926, n. 1130, sono istituite con Decreto del Capo del Governo, su proposta del Ministro per le Corporeazioni, sentito il Comitato Corporativo Centrale.

Articolo 2. Le Corporazioni sono presiedute da un Ministro o da un Sottosegretario di Stato, o dal Segretario del P. N. F., nominati con Decreto del Capo del Governo.

Articolo 3. Il Decreto istitutivo della Corporazione determina di quanti membri debba esserne formato il Consiglio, e quanti di essi debbano essere designati da ciascuna delle Associazioni collegate.

Le designazioni devono essere approvate con Decreto del Capo del Governo, su proposta del Ministro per le Corporazioni.

Articolo 4. Nelle Corporazioni, ove sono rappresentate categorie di diversi rami dell’attività economica, possono essere istituite speciale sezioni, le cui deliberazioni devono essere approvate dalla Corporazione.

Articolo 5. Il Capo del Governo, per questioni concernenti rami diversi di attività economica, può ordinare che siano convocate insieme due o più Corporazioni.

Le Corporazioni unite hanno, rispetto alle dette quistioni, gli stessi poteri che dagli articoli che seguono sono attribuiti alle singole Corporazioni.

Articolo 6. Il Capo del Governo con suo decreto, su proposta del Ministro per le Corporazioni, sentito il Comitato Corporativo Centrale, può costituire comitati corporativi per la disciplina dell’attività economica riferentesi a determinati prodotti, chiamando a farne parte le rappresentanze delle categorie economiche, delle amministrazioni statali interessate e del Partito Nazionale Fascista. Le deliberazioni dei suddetti comitati corporativi sono sottoposte alla approvazione delle Corporazioni competenti e dell’Assemblea Generale del Consiglio Nazionale delle Corporazioni.

Articolo 7. Le associazioni collegate da una Corporazione diventano autonome nel campo sindacale, ma continuano ad aderire alle rispettive confederazioni, secondo le disposizioni che saranno emanate dal Ministro per le Corporazioni.

Articolo 8. Oltre le attribuzioni ed i poteri già stabiliti dalla legge 3 aprile 1926, n. 563, e dal R. D. I. luglio I926, n. 1130, la Corporazione elabora le norme previste dalla legge 20 marzo 1930, 11. 2.06, per il regolamento collettivo dei rapporti economici e per la disciplina unitaria della produzione.

La Corporazione esercita detta funzione in seguito a proposta dei ministri competenti o su richiesta di una delle associazioni collegate, con l’assenso del Capo del Governo.

Articolo 9. Gli accordi stipulati, ai sensi dell’art. 12 della legge 20 marzo 1930, n. 206, da associazioni sindacali che siano collegate da una Corporazione, devono, prima della approvazione di cui all’art. II della presente legge, essere sottoposti al parere della Corporazione.

Articolo 10. La Corporazione, nel ramo di sua competenza, ha facoltà di stabilire, nei modi di cui al secondo comma dell'art. 8, le tarifie, per le prestazioni ed i servizi economici e quelle dei prezzi dei beni di censumo offerti al pubblico in condizioni di privilegio.

Articolo 11. Le norme, gli accordi e le tariffe di cui agli articoli precedenti sono soggetti alla approvazione dell’Assemblea Generale del Consiglio Nazionale delle Corporazioni e diventano obbligatori quando siano pubblicati con decreto del Capo del del Governo, da inserire nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno.

Per le sanzioni, nei casi di inosservanza di dette norme, accordi e tariffe, da parte dei singoli, si osservano le disposizioni legislative relative ai contratti collettivi di lavoro.

Articolo 12. La Corporazione dà parere su tutte le questioni che comunque interessino il ramo di attività economica per cui è costituita, ogni qualvolta ne sia richiesta dalle pubbliche amministrazioni competenti.

Il Capo del Governo può, con suo decreto, stabilire che, per determinate materie, le pubbliche amministrazioni debbano richiedere il parere delle Corporazioni competenti.

Con il decreto istitutivo della Corporazione o con successivo decreto, da inserire nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno, il Capo del Governo può sopprimere le commissioni consultive esistenti per il ramo di attività economica per cui la Corporazione è costituita, qualunque sia la natura del provvedimento istitutivo di dette commissioni.

Articolo 13. Il tentativo di conciliazione delle controversie collettive di lavoro è esperito dalla Corporazione per mezzo di un collegio di conciliazione, composto di membri della Corporazione stessa, scelti di volta in volta dal Presidente, avuto riguardo alla natura ed all’oggetto delle singole controversie.

Articolo 14. È Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie alla presente legge o con questa incompatibili.

Il Governo del Re ha facoltà di emanare norme per coordinate la presente legge con le leggi 5 aprile 1926, n. 563, 20 marzo 1930, n. 206, 16 giugno 1932, n. 834, 12 gennaio 1933, n. 141, e con le altre leggi dello Stato.

Articolo 15. Con Decreto Reale, su proposta del Capo del Governo, previa autorizzazione del Consiglio dei Ministri, sarà modificata la composizione degli organi del Consiglio Nazionale delle Corporazioni.