(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 28 novembre 1925)
di Benito Mussolini
Il più alto genio alla poesia, con Dante; il più audace navigatore agli oceani, con Colombo; la mente più profonda alle arti ed alla scienza, con Leonardo; ma l'Italia, con San Francesco, ha dato anche il più santo dei santi al cristianesimo ed all'umanità. Perché, insieme con l'altezza dell'ingegno e del carattere, sono della nostra gente la semplicità dello spirito, l'ardore delle conquiste ideali, e, ove occorra, la virtù della rinunzia e del sacrifizio. È anzi col santo di Assisi, primo di tempo fra quei grandi, che l'Italia, pur se trattenuta ancora nel rude travaglio medioevale, rivela, si può dire, i primi segni della sua rinascita ed afferma le sue rinnovate qualità di gentilezza e di umanesimo.
San Francesco, già partecipe delle lotte comunali, si leva ad un tratto, come transumanato, sul corrusco alzando, con la croce nella mano scarna, le insegne gloriose della carità e della pace. Restauratore della religione di Cristo, egli è anche uno dei primi poeti nostri, e certo il primo che alla poesia delle origini dà un contenuto caratteristico, profondo ed universale. Nella lingua in cui, un secolo dopo, Dante scriveva la Commedia, egli, il santo della Povertà, compone il Cantico delle creature. Il fervore degli apostoli rivive, improvviso e travolgente, nella sua anima di italiano, schiva di riposi e insoddisfatta dei confini della sua terra, troppo brevi alla sua ansia di prodigarsi.
La Nave, che porta in oriente il banditore dell'immortale dottrina, accoglie sulla prora infallibile il destino della stirpe, che ritorna sulla strada dei padri. Ed i seguaci del santo che, dopo di lui, mossero verso Levante, furono insieme missionari di Cristo e missionari di italianità. Mentre sulla tomba venerata alle pendici del Subasio, che accendevasi di una luce senza tramonti, si affrettarono le nascenti arti italiane ad erigervi, in un magico impeto di reazione, il tempio di ogni più suggestiva bellezza. Sorsero così l'attività e l'arte francescana, che, improntate di forme italiche, si irradiarono nel mondo. Ed ovunque oggi, per tutte le terre di ogni continente, è splendore od umiltà di opere nel nome del santo costruite e sofferte, ivi è un'orma della patria nostra. Nel 1926, si compiono settecento anni dalla morte di San Francesco, e l'Italia, con anima nuova, più pronta a sentirlo, si rivolge al ricordo del sublime suscitatore. Gli italiani all'estero che si dispongono ad esaltarlo nelle loro imponenti adunate, nei santuari e nelle scuole, nelle Associazioni e nei ricoveri della carità, siano fieri di potere accompagnare, nel superbo rito, la celebrazione dell'Italia donde sorse al mondo una così meravigliosa aurora.