Saturday 10 March 2012

Realtà del Comunismo

(Pubblicato in « Corrispondenze Repubblicane », 3 giugno 1944)

di Anonimo

L'ultimo discorso di Franco, pur affermando la neutralità della Spagna di fronte all'attuale conflitto, ha ribadito il carattere anticomunista che caratterizza tutto l'atteggiamento della Falange. Con il comunismo la Spagna è ancora e sempre in guerra. Lo dimostra il sangue sparso dai valorosi combattenti della Legione Azzurra, che hanno continuato in Russia la tradizione creata in tre anni di lotta civile; lo confermano le dichiarazioni dei giornali spagnoli, come quella dell'Arriba, che precisa:
« L'atteggiamento della Spagna è governato soprattutto dall'opposizione al comunismo, contro cui esiste un deciso e immutato antagonismo ».
Non si tratta solo di guerra ideologica o di dissenso teorico. La Spagna ha conosciuto, per tre anni, il comunismo nel suo territorio; sa che cosa esso significhi concretamente. Ha subito la dominazione del Fronte popolare, dominato, a sua volta, dagli emissari dell'U.R.S.S. e dagli agenti del Comintern; ne ha sperimentato gli orrori.

Sono i fatti che parlano. E parlano di stragi, di distruzioni, di miserie senza nome. I documenti recentemente raccolti in volume dal ministerio de Justicia sono, nella loro paurosa sobrietà, altrettanti atti di accusa.

Parlano e accusano le 85.940 vittime del terrore rosso, che imperversò in Spagna prima con l'anarchia riconosciuta e gli assassini le galizzati delle Ceke e dei Comitati rivoluzionari, poi con l'organizzazione scientifica, di schietta marca russa, della Polizia del D.E.D.I.M.E. e del S.I.M. Parlano i caduti e i mutilati della guerra civile, le famiglie stroncate e disperse, la case saccheggiate.

I tribunali « regolari » condannavano e uccidevano, ma il grosso del lavoro era fatto al di fuori di essi, con quei metodi silenziosi, illegali e definitivi, che sono tanto cari al comunismo di ogni luogo e tempo. In tutte le Ceke riconosciute (duecentoventisei nella sola Madrid) erano tribunali segreti (quello della Ceka di Fomiento « lavorava » giorno e notte, con turni di otto ore, sbrigando migliaia di « pratiche » in pochi mesi, quasi tutte concluse con la morte), celle, strumenti di tortura, reparti di esecutori. Esecutori segreti stavano addetti ai tribunali regolari col compito di far scomparire tutti gli imputati assolti sul cui atto di scarcerazione fosse un segno speciale (un puhto accanto alla « l » di « liberare »). Si poteva così dare prova di generosità ufficiale e insieme mettere in atto, nel modo più tragico e decisivo, la parola d'ordine del Governo: « né prigionieri né feriti; no, solo morti ». Del resto, non c'era neppure bisogno di pagare gli esecutori: essi si pagavano da sé, con il bottino fatto nelle tasche e nelle abitazioni delle vittime.

Come ricordare i singoli episodi? Famiglie completamente distrutte, persone impalate, bruciate, sepolte vive, come i sacerdoti di Burguillos del Cerro; gettate ai tori, come Antonio Diaz del Moral; deposte legate ad annegare nelle acque dei fossi, come le vittime del S.I.M. di Almeria; linciate, strozzate, mutilate in modo sconcio; accecate, come a Villacana; seviziate, come quell'Angelo Marin che ebbe il piede tagliato per avere involontariamente pestato quello di uno dei carnefici che Io conducevano al luogo dell'esecuzione; i cadaveri dissepolti, squartati e bruciati per supremo oltraggio, come a Colmenar de Oreia; le bare scoperchiate ed esposte alla derisione pubblica, come nella chiesa dei salesiani di Barcellona e in moltissimi monasteri; gli oltre cento bambini uccisi nella sola Madrid; le madri costrette ad assistere alla tortura o alla uccisione dei figli, come a Caspe; i mariti costretti ad assistere alla violazione delle mogli, come ad Almeria; i prigionieri torturati con i ferri roventi, con i congegni elettrici, con lo strappo delle unghie prima dell'uccisione; i pozzi di mina riempiti" fino all'orlo di cadaveri, come a Largarta o a Cantavieja.

Nel leggere i documenti relativi a questi fatti, da cui abbiamo tratto alcune esemplificazioni soltanto all'aprire di pagina, viene fatto soprattutto di notare come nessuna distinzione esista di sesso o di età ·o di posizione sociale. Nelle liste si trovano, una di seguito all'altra, indicazioni di questo genere: « anni settantadue, anni sette, anni ventuno »; oppure: « avvocato, contadino, forgiatore, guardia civile, religiosa, massaia ».

Motivo dell'uccisione una diversità di idee politiche o religiose, o molto spesso soltanto una vendetta pers6pale o il desiderio di rapina.

Del resto chiunque non possedeva un libretto sindacale o di un partito del Fronte popolare di data anteriore al 18 luglio, mancava di personalità giuridica ed era alla mercè di un miliziano qualsiasi.

Più che contro le idee politiche, la furia rossa in Spagna si abbatté contro le idee religiose. Parlano in questo campo i tredici vescovi, i 5255 sacerdoti e i 2669 religiosi e religiose uccisi, sulla cui affrettata sepoltura, o sulle cui salme lasciate insepolte, si poneva un cartello con scritto: « Questo è il parroco », « Io sono un gesuita », parole seguite da frasi blasfeme.

Parlano gli assalti alle chiese, l'incendio dei monasteri, dei conventi, degli ospedali tenuti da religiosi con i loro abitanti dentro (valga per tutti la distruzione dell'asilo di San José, in cui, oltre che i religiosi, furono uccisi anche gli epilettici ricoverati); parlano le cerimonie sacrileghe praticate nelle chiese, la « fucilazione » della statua di Gesù del Cerro de Los Angeles; l'uso dei confessionali come vespasiani a Barcellona; parla soprattutto una frase del giornale comunista Solidaridad Obrera di Barcellona del 26 luglio 1936, che dice testualmente così:
« Non c'è in piedi né una chiesa, né un convento, ma solo il due per cento dei curati e dei monaci è stato soppresso: l'idea religiosa non è morta. Conviene tenere conto di questo per il futuro ».
Del resto la prima documentazione della persecuzione religiosa spagnola è contenuta in un documento ufficiale, la carta collettiva dei prelati spagnoli, compilata il 1º luglio 1937, la cui lettura sarebbe opportuno ricordare in quest'ora ai prelati italiani.

Accanto alle stragi, le devastazioni private e pubbliche e le case saccheggiate j le ricchezze del Banco di Spagna prelevate a vantaggio dei capi del Fronte popolare; i depositi bancari assaliti dai carabineros; la ricchezza privata soppressa. È da ricordare a questo proposito un decreto del ministero delle Finanze rosso in data 23 marzo 1938, così formulato:
« Al fine di salvaguardare gli interessi dei titolari di cassette di sicurezza e di depositi di tutte le banche accreditate nel territorio federale del Governo della Repubblica, si stabilisce che le une e gli altri passino immediatamente allo Stato, cosicché il ministro dell'Economia possa adottare le precauzioni indispensabili per garantire in ogni modo l'integrità del contenuto di dette cassette di sicurezza e depositi ».
Come poi si attuassero queste precauzioni, è dimostrato da un rapidissimo esame delle somme che i capi del Fronte popolare depositarono in quel tempo presso le banche straniere: dai trecentosettanta milioni di franchi che Negrin trovò il modo di collocare nell'Eurobank, alle somme ancora superiori trasferite all'estero da emissari di Azaiia e di Indalecio Prieto.

Mentre i capi ostentavano il lusso e accumulavano tesori, la popolazione si dibatteva nella più nera miseria morale e materiale. I lavoratori perdevano le poche provvidenze sociali che avevano avuto fino allora e venivano costretti ad un lavoro forzato, senza sicurezza di salario e senza alcuna tutela legale. La famiglia si dissolveva sotto l'impulso di una legislazione che autorizzava e favoriva l'aborto (costituzione in Barcellona dei centri sanitari pubblici) e legalizzava la libertà delle forme matrimoniali (decreto del 4 agosto 1939). I divorzi confezionati a macchina dalla celebre « officina giuridica » in Barcellona arrivarono fino a cinquanta in una mattina (1° ottobre 1936); l'infanzia, affidata prima all'organizzazione dei « pionieri » rossi e poi trasferita in Russia a blocchi di migliaia, si avviava alla più sfrenata corruzione.

Il quadro, che è tratto rigorosamente da dati ufficiali, può servire di monito. Dovunque il bolscevismo faccia la sua apparizione, esso è accompagnato dagli stessi fenomeni: stragi, miserie, distruzioni di valori; al suo passaggio non resta che cenere.

Questo è opportuno ricordare in ogni momento della nostra esistenza, perché mai un attimo di sbandamento ci prenda. È bene conoscere sino in fondo chi sono i nostri nemici e di che cosa sono stati capaci, quando ne hanno avuto occasione. Se l'Europa non saprà energicamente reagire, il passato della Spagna sarà il suo futuro.