Friday 9 March 2012

Razza e costume

(Pubblicato in « Gerarchia », settembre 1938)

di Scrittore fascista

Gli sviluppi della Rivoluzione dipendono ancora una volta, e su tutti i fronti, dalla sua intransigenza.

Un popolo non è veramente popolo se non ha il senso della Nazione: ma una Nazione non può emergere nel mondo se non possiede il senso della razza.

Quegli Italiani che hanno finto di scandalizzarsi per la politica razzista del Fascismo, insinuando ch'era una imitazione germanica, sono magari gli stessi che si sentono nel cielo della gioia quando s'empiono la bocca di parole anglofranciose, o scimmiottano un costume americano.

Fatta l'Italia e fatti gli Italiani, bisogna fare anche il «costume» italiano.

Gli Italiani che, nel loro primo mezzo secolo di vita, hanno preso dall'estero le materie prime, le macchine, i brevetti, i tecnici, i capitali, le teorie e talvolta anche il costume, debbono ora, a poco a poco, liberarsi da tutte queste schiavitù e crearsi una vita schiettamente e indipendentemente nazionale, autarchica nel vero senso della parola.

Autarchia della razza e del costume, prima, fondamentale, irrefragabile autarchia!

La politica fascista, che ha per base l'idea, è necessariamente una politica d'intransigenza: è quindi intransigente anche sul terreno della razza, dove il transigere e il compromettersi non nuocerebbero soltanto all'idea ma alla stessa integrità fisica e morale del popolo.

Ogni mescolanza giova all'elemento inferiore e nuoce al superiore. Solo chi si stima elemento inferiore, può trovare dignitosa e vantaggiosa tale mescolanza.

Il primo nazionalismo risiede nell'orgoglio del sangue.

Non confondiamo le idee al popolo con un super-razzismo scientifico o filosofico. Al popolo diciamo: Abbi l'orgoglio del tuo sangue; sposa soltanto donne ariane e italiane e infondi nei tuoi figli il senso della razza e la religione della Patria.