Saturday 3 March 2012

Discorso al Consiglio dei Ministri, 1 marzo 1923


di Benito Mussolini

È per me un singolare felice destino che mi è concesso di consegnare a V. E. il brevetto di Duca della Vittoria, riconoscimento solenne di gratitudine da parte di Sua Maestà il re e da parte della nazione. Sono lieto di compiere quest'atto. Sono orgoglioso di essere stato durante la guer.ra, soldato fra i suoi soldati; e sono oggi orgoglioso di presiedere il Governo nazionale, nel quale ella, generalissimo, insieme con l'ammiraglio Thaon di Revel, rappresenta specialmente la gloria e la vittoria dell'Esercito e del popolo italiano.

La situazione nella Ruhr è rimasta in queste ultime settimane stazionaria. Mentre i due contendenti sembrano irrigidirsi nella loro reciproca posizione (di resistenza passiva la Germania e di pressione attiva da parte dei franco-belgi), l'Inghilterra non ha mutato il suo atteggiamento di benevola disapprovazione. L'Italia non ha aumentato, né diminuito, il numero dei suoi elementi tecnici che la rappresentano nella Ruhr. Non c'è stato finora il fatto nuovo, atto ad avviare, in un senso o nell'altro, la crisi verso una soluzione. Il fatto nuovo potrebbe consistere o in una proposta diretta di uno dei contendenti all'altro e in una richiesta di mediazione; o in una modificazione a fondo politico degli scopi che la Francia dice di voler perseguire: scopi econoinici che non escono finora dal terreno del pagamento delle riparazioni; oppure in un aggravamento dell'opposizione inglese, che provocasse un ritiro delle truppe inglesi dalla Renania.

Appare chiaro che, nonostante le sollecitazioni degli elementi di avanzata democrazia, l'Inghilterra si mantiene in una linea di attesa circospetta, senza impazienze e precipitazioni. È una guerra di logoramento quella che ha per teatro in questo momento il bacino della Ruhr. Può durare ancora a lungo, malgrado l'atmosfera generale creatasi in Europa di grande attesa per una rapida fine.

Come già ebbi occasione di dire in Senato ed alla Camera l'Italia non si rifiuterà a nessun tentativo diretto a rendere il più rapidamente normale la situazione nell'Europa centrale, e lo ha dimostrato aiutando, prima di ogni. altro e tangibilmente, l'Austria.

La doverosa solidarietà data dall'Italia alla Francia sul comune terreno delle riparazioni· ha fatto sorgere progetti di più ampia portata che potevano essere interpretati in certi ambienti come diretti contro altre potenze all'infuori di esse.

Una dichiarazione ufficiale del Governo ha ristabilito la realtà delle cose: la campagna di taluni giornali non è stata approvata e meno ancora autorizzata. Che fra Italia e Francia sia molto utile che regnino rapporti di cordiale amicizia è preciso convincimento e aspirazione sincera del mio Governo; che le relazioni economiche tra le due nazioni vicine debbano intensificarsi e completarsi è altamente augurabile ed in questa direzione ha operato il Governo, concludendo un recente accordo commerciale.

Ma tutto ciò non ha nulla a che vedere con un vero e proprio trattato di alleanza, come si veniva prospettando da parte di talune correnti dell'opinione pubblica. Il Governo fascista, in tesi generale, intende seguire una politica estera il più possibile autonoma.

In secondo luogo il Governo fascista non potrà mai aderire ad alleanze che non tutelino nella più grande misura gli interessi italiani e che non costituiscano una solida garanzia di pace, di prosperità per la nazione italiana in particolare e per l'Europa in generale. L'Italia fascista non può aderire, né aderirà ad un sistema di allean·ze che non tenga conto di queste premesse fondamentali.

Impegnarsi comunque in una maniera definitiva mentre l'Intesa è in crisi e permangono molti lati oscuri nella situazione generale mondiale sarebbe imperdonabile avventura.

Nessuna notizia sicura è giunta sino ad oggi èirca le intenzioni del Governo di Angora, relativamente all'accettazione o meno del progetto di trattato presentato dagli Alleati alla delegazione turca a Losanna.

Le informazioni sono contraddittorie, poiché mentre da un lato si afferma che, malgrado l'opera moderatrice di Mustafà Kemal e Ismet Pascià, l'Assemblea di Angora si è dimostrata contraria anche a tal une condizioni già accettate dalla delegazione turca a Losanna ed intende ridiscutere il progetto di trattato, articolo per articolo, d'altra parte esplicitamente, da fonte britannica, si continua a ripetere che le disposizioni dei turchi sembrano favorevoli alla pratica conclusione della pace.

Quali che siano le decisioni del Governo di Angora è però da ritenersi che, una volta terminate le deliberazioni dell'Assemblea, i turchi trasmetteranno agli Alleati, per il tramite del segretario generale della Conferenza, che rimane tuttora a Losanna, una definitiva risposta contenente eventuali richieste o propòste.

Fra i Governi di Roma, Londra e Parigi è quindi in corso un'attiva corrispondenza diplomatica per stabiJire previamente la linea comune di condotta che gli Alleati dovranno seguire, tanto in certi importanti quesiti, come quelio deiie capitolazioni e delle clausole economiche, quanto per la procedura da adottare nell'eventuale ripresa di lavori della ·, nel caso che le richieste turche siano tali da poter fornire una seria base di discussioni.

II Governo britannico si mostra molto rigido su questo punto e non vorrebbe ammettere discussioni che sui tre seguenti punti: formula delle riparazioni, formula delle garanzie giudiziarie per gli stranieri, clausole economiche.

Circa il primo, si tratterebbe di rinviare ad una commissione arbitrale i reciproci reclami dei due paesi, mentre i turchi non ammettono neanche la possibilità che la Grecia abbia dei reclami da presentare.

Circa il secondo, si tratta di trovare una formula che dia più efficace garanzia agli stranieri, per quanto concerne le perequazioni.

Circa il terzo, si tratta di riprendere la discussione ed il negoziato su tutta la materia economica o rinviarla ad ulteriore sede, stralciandola dal trattato di pace.

II Governo italiano è sempre convinto della necessità di giungere alla conclusione della pace per evitare gravi pericoli, che potrebbero derivare dall'attuale situazione orientale e per ristabilire condizioni normali e favorevoli al libero esercizio dei traffici e dell'industria. Pure essendo fermi nell'esigere dalla Turchia l'accettazione delle condizioni veramente moderate proposte dagli Alleati, noi pensiamo però che non si dovrebbe escludere a priori ogni e qualunque richiesta turca fuori dei tre punti summenzionati, ma considerare invece la possibilità di esaminarla senza preconcetti, sempreché si trattasse di qualche limitata e ben delineata proposta.

Quanto alla procedura il Governo britannico propenderebbe per una ripresa delle discussioni a Costantinopoli, mentre il Governo italiano, conscio dei pericoli che presenterebbe per il buon successo dei negoziati l'ambiente della capitale turca, preferirebbe che ciò avvenisse a Losanna, mediante una ristretta riunione di delegati tecnici.

Ad ogni modo non sarà possibile prendere su ciò una decisione definitiva prima di conoscere la risposta del Governo turco, la quale sarà determinata dal voto della Grande Assemblea.

La questione di Memel è stata risolta in principio e non è da ritenersi che nel campo pratico si dovranno incontrare soverchi ostacoli, visto che nella soluzione è stato tenuto debito conto dei diritti lituani e degli interessi polacchi. Tale avvenimento ha dato occasione di esaminare in genere la situazione della Polonia, ancora incerta nei riguardi dei propri confini.

È sembrato al regio Governo che un tale stato di cose fosse gravido di pericoli e che apparisse del massimo interesse giungere al più presto al riconoscimento delle frontiere, la delimitazione delle quali è riservata alle potenze alleate del trattato di Versailles.

In tale spirito il regio Governo faceva proporre alla conferenza degli ambasciatori, a Parigi, che si passasse subito a tale deliberazione. La proposta, che al primo momento non sembrò incontrare il favore degli altri, è stata ripresentata in questi giorni dal Governo francese. Per coerenza noi vi abbiamo aderito.

Quanto ai confini fra Lituania e Polonia avremmo preferito che fosse stata chiamata a pronunciarsi la Società delle nazioni, nell'intendimento che alla decisione stessa ed a sua garanzia venissero interessati il maggior numero di Stati.

I nostri alleati però, avendoci fatto rilevare che la procedura della Società delle nazioni presenta lungaggini che sul momento è opportuno evitare, abbiamo aderito anche in questo punto alla proposta francese, tendente ad investire della questione la conferenza degli ambasciatori.

Noi vogliamo fermamente sperare che Polonia e Lituania accetteranno la decisione che la conferenza degli ambasciatori nel suo giudizio crederà di adottare. Il questo uno di quei casi tipici in cui Polonia e Lituania debbono rendersi conto della necessità imprescindibile che il sentimento ceda alla ragione.

E veniamo alla questione di Fiume. La delegazione italiana si trova già ad Abbazia, mentre è giunta parte della delegazione iugoslava. Finora non si sono iniziati i lavori, ma ciò avverrà al più presto.

A nostra richiesta il Governo di Belgrado ha sostituito nella delegazione iugoslava l'ammiraglio Priza col signor Rybar. Sono note le accuse mosse al Priza, compartecipe delle responsabilità nel giudizio che condusse alla morte di Nazario Sauro.

Il Governo iugoslavo ha mostrato di apprezzare le ragioni eminentemente morali della nostra abbiezione ed ha acconsentito alla sostituzione, anche a costo di affrontare le critiche della opposizione italofoba, con una buona volontà che sembra di ottimo augurio per il seguito.

Anche la nostra delegazione alla Commissione per lo sgombero della terza zona è già a Zara; .la delegazione iugoslava è arrivata. Sicché i lavori potranno essere subito intrapresi.

A Zara un incidente è avvenuto l'altro ieri notte: da un piroscafo iugoslavo, transitante in vista del porto, sono partite grida ingiuriose per Zara e per l'Italia; ciò ha già dato luogo atle spontanee ed immediante scuse di quel console iugoslavo al nostro prefetto.

Ho interessato vivamente Belgrado acché simili incidenti deplorevoli, sebbene di scarsa importanza, abbiano ad essere impediti. Debbo dichiarare che il Governo iugoslavo finora si dimostra nel complesso animato da ottime disposizioni e cerca di facilitare lealmente il miglior andamento possibile delle cose, in questo periodo, che si inizia così importante e delicato, dei negoziati.

Quanto all'atteggiamento degli elementi nazionali di Zara e di Fiume esso rimane sempre ispirato ad un senso di superiore disciplina ed alla riconosciuta necessità della subordinazione dei singoli agli interessi generali della nazione.

I lavori della conferenza per la riordinazione amministrativa e tecnica della Südbahn sono sufficentemente progrediti. Gli Stati interessati e la Compagnia hanno presentato tutte le loro proposte di emendamenti, che tendono, senza toccare le basi dei progetti in discussione, ad alleggerire gli oneri finanziari.

Il progetto d'accordq sul transito, il quale contiene disposizioni tendenti a garantire la regolarità dell'esercizio, le facilitazioni dei servizi doganali e sanitari, e a disciplinare il funzionamento delle stazioni internazionali, come pure ad evitare intralci al commercio di transito con provvedimenti tariffari, è stato già discusso.

Gli Stati si sono manifestati tutti d'accordo sui concetti contenuti nel progetto, il quale tende a raccogliere in una convenzione speciale le disposizioni che scaturiscono dai trattati di pace e dai progetti concordati a Barcellona e a Porto Torres.

Il progetto tende inoltre, in particolare, a rimettere in vigore la convenzione di Berna per il traffico internazionale.

Lo schema d'accordo per la riorganizzazione amministrativa e tecnica della Südbahn ammette la possibilità di un esercizio diretto da parte dello Stato come quella di un esercizio a mezzo della Compagnia. Esso mira poi a conservare l'unità di direzione commerciale senza ledere la sovranità degli Stati. I lavori della conferenza dureranno probabilmente ancora qualche settimana, a causa della complessità e della difficoltà dei vari problemi tecnici e finanziari da risolvere.

L'accordo commerciale conclusò con la Francia, a Roma, il 13 novembre 1922, già da tempo reso eseguibile e il trattato di commercio italo-svizzero, firmato a Zurigo il 27 gennaio 1923, entrato in vigore il 20 febbraio u. s., hanno costituito un primo notevolissimo passo per la graduale ricostituzione dei nostri trattati di commercio che erano stati denunziati o erano decaduti prima dell'entrata in vigore della nostra nuova tariffa doganale.

Il 4 gennaio del corrente anno è stata pure firmata a Londra una convenzione commerciale con il Canadà sulla base della reciproca concessione della clausola della nazione più favorita.

Fra i negoziati che l'Italia sta per iniziare assumono particolare importanza quelli con il Regno serbo-croato-sloveno la cui delegazione è già arrivata a Roma. I lavori cominceranno subito: è da augurarsi che anche sul terreno economico i due paesi possano giungere ad un completo accordo e che i loro scambi commerciali riceva,no il maggiore impulso.

È stato poi fissato al 10 maggio prossimo l'inizio, pure in Roma, dei negoziati commerciali con l'Austria con i quali i due paesi si aspettano di vedere impostate su più solide basi le reciproche relazioni economiche.

Le trattative con la vicina Repubblica assumono speciale valore anche nei riguardi del Porto di Trieste al quale il regio Governo intende assicurare le correnti di traffico che ad esso affluivano prima della guerra.

Con la Spagna vige attualmente il modus vivendi firmato a Madrid il 15 aprile 1922. Tale accordo, di natura essenzialmente provvisoria, non tutela ormai più la nostra esportazione, 'che è venuta a trovarsi su quel mercato in gravi condizioni di inferiorità, non essendo state estese alle merci italiane le riduzioni doganali concesse dalla Spagna alla Francia, alla Svizzera e all'Inghilterra. Da ciò deriva l'urgenza di sostituire il detto modus vivendi con un altro accordo che assicuri alle merci italiane parità di trattamento con quelle di altre provenienze.

A tale intento è stato fatto conoscere al Governo spagnolo il nostro desiderio di iniziare al più presto opportuni negoziati che, nell'interesse dei due paesi, regolino in maniera più completa i loro scambi e tutte le relazioni commerciali.

Il regio Governo sta inoltre attivamente completando gli studi per accordi di natura commerciale, il cui inizio è pure prossimo, con la Finlandia ed altri paesi baltici, con l'Ungheria, con la Cecoslovacchia, con l'Albania e con vari altri Stati.

Per quanto specialmente riguarda l'Albania tutto fa ritenere che un accordo potrà essere facilmente raggiunto, visto che il detto paese e l'Italia possono, con utile reciproco e senza alcun danno, concedersi notevoli vantaggi nel campo commerciale ed anche in quello economico.

L'organico e complesso piano di accordi commerciali a due propostosi dal Governo fascista viene adunque traducendosi in atto con la maggior rapidità, nell'intento di assicurare all'espansione economica del Paese le più favorevoli condizioni su tutti i mercati mondiali.

Come da accordi presi coi Presidenti della Camera e del Senato, il Parlamento si aprirà il 16 maggio per discutere insieme con le tariffe doganali la riforma dei codici e l'esercizio provvisorio anche il problema della riforma elettorale. (Il Consiglio approva).

Considerando l'on. Giuriati come ministro a disposizione, gli affida per il momento vari incarichi dì natura politica: presidente del Consiglio superiore dell'Emigrazione, presidente della Commissione per la riforma delle pensioni, commissario del Governo per la liquidazione dei beni stranieri (quest'ultimo incarico d'accordo col ministro Rossi) ed altri incarichi di partito: presidente del Comitato politico del Fascismo e presidente della Commissione per la rapida unificazione del Partito Nazionalista col Partito Fascista.

L'elenco sarà reso pubblico dopo la firma del relativo decreto reale.

Come sia stata antica aspirazione delle popolazioni e degli enti della provincia di Forlì la rettifica della circoscrizione della provincia stessa, che, nella parte di territorio confinante con la Provincia di Firenze ha un tracciato tanto irregolare da renderne assai difficile la determinazione precisa. In conseguenza della irrazionale delimitazione della Provincia un comune forlivese trovasi isolato nel territorio toscano e l'abitato di altro comune forlivese trovasi in parte sopra suolo toscano ed in parte. sopra suolo romagnolo.

Il difetto della circoscrizione ha radice nella divisione politica dei due antichi Stati, pontificio e toscano, per effetto della quale le popolazioni montane della Romagna toscana furono staccate dal loro centro naturale, la pianura romagnola, della quale facevano, come fanno, parte integrante per identità di condizioni etniche, per esigenze topografiche, per comunanza di interessi e per facilità di comunicazioni. Congiunti i due ex-Stati nell'attuale Regno d'Italia non si ebbe cura di correggere la deformazionè del confine forlivese, ma siccome non c'è alcuna ragione di far dipendere amministrativamente dalla provincia di Firenze la parte montana della Romagna e cioè l'attuale circondario di Rocca San Casciano, con l'unito schema di decreto si provvede a ricongiungere alla provincia di ·Forlì detto circondario, non solo per appagare un antico voto delle popolazioni interessate, quanto per dare alla provincia stessa i sùoi naturali confini.

Vale la pena di ricordare che l'attuale circoscrizione per la provipcia di Forlì fu stabilita dal dittatore Farini nel 1859, ma sette anni dopo, nel 1866, in una monografia statistico-economico-amministrativa della Provincia di Forlì, in tre grossi volumi, fu documentata l'assurdità del confine tra Firenze e Forlì, assurdità che nel comune di Mortano tocca i suoi limiti sommi poiché taglia in mezzo perfino le stanze di una stessa casa.

E quanto ai precedenti, essi esistono ndla nostra legislazione con la legge 3 giugno 1884, con la CJUa.le si staccavano tre comuni dalla Provincia di Ravenna per aggregarli a Bologna.

Questo provvedimento è il primo di una serie destinata a sistemare le circoscrizioni amministrative italiane. In talune regioni d'Italia si sono verificati, dal 1870 ad oggi, mutamenti profondi che reclamano una diversa sistemazione provinciale. Nel caso in questione l'unico motivo che potrebbe essere avanzato per osteggiare l'aggregazione del circondario di Rocca San Casciano alla provincia di Forlì è d'ordine storico, ma questo argomento sarebbe da portare piuttosto a beneficio della tesi aggregazionista, poiché la storia di cui si parla è quella del granduca di Toscana e del potere temporale in Romagna, storia cancellata dal Risorgimento, per cui è superfluo oltreché dannoso farla sopravvivere nella circoscrizione amministrativa delle due provincie.

La regione sabina, nettamente delimitata dall'Alto Appennino e dai fiwni Nera, Aniene e Tevere, costituiva sotto il Governo pontificio la delegazione provinciale di Rieti. Occupate, nel 1860, le Marche e l'Umbria dalle truppe italiane, detta regione fu compresa per gran parte della sua estensione nella circoscrizione della provincia di Perugia e alla provincia medesima rimase anche quando, occupato il Lazio nel 1870, fu costituita la provincia di Roma, mentre interesse della relativa popolazione, fondato su ragioni storiche, affinità etniche, condizioni topografiche e necessità di traffici, era quello di essere unita alla provincia di Roma.

La legge che decreta al Governo del re i poteri per il riordinamento della pubblica arruninistrazione ha riproposto il problema della rettifica della irrazionale circoscrizione amministrativa e di ciò si sono fatte eco le organizzazioni della Sabina. Tali voti essendo giustificati, si è predisposto uno schema di decreto con cui il circondario di Rieti, conservando l'attuale sua circoscrizione, è segregato dalla provincia di Perugia ed aggregato alla provincia di Roma, della quale farà parte integrante.

La circoscrizione delle due provincie di Perugia e di Roma è analogamente modificata. Con decreto reale saranno approvati i progetti che dovranno concordarsi tra le rappresentanze provinciali di Perugia e di Roma, relativi alla separazione del patrimonio e al reparto delle attività e passività. (Il Consiglio approva).

Specie quelle finanziarie, che sono molto gravi perché mentre il Comune ha, per il fatto di essere sede della Capitale, ingenti spese, non ha i corrispondenti cespiti di entrata, perché per l'assenza in Roma di industrie il ·ceto soggetto a tassazione è povero e quindi scarsamente tassabile. Questa condizione di cose ha già indotto più volte i Governi passati a fare leggi speciali per Roma, sia per migliorare il bilancio, sia per dare incremento ai servizi pubblici e specialmente a quelli della viabilità e delle scuole, che rappresentano per il Comune oneri, allo stato delle cose, insostenibili. Ma i provvedimenti anzidetti portarono al Comune un breve respiro ed ora esso è già giunto al nuovo stato di crisi o meglio di paralisi.

Tale stato di cose è stato esposto dal Comune con un memoriale col quale si chiedono al Governo concorsi finanziari adeguati alle esigenze della Capitale. Naturalmente queste richieste debbono, prima dell'accoglimento, essere studiate attentamente. Per poter fare tale studio con calma e obiettività, è sembrato necessario eliminare l'attuale amministrazione elettiva.

D'altra parte, proprio in questi giorni, l'unione delle forze che sostenevano l'amministrazione stessa si è scompaginata ed ha dato luogo ad una crisi tale che dovrebbe logicamente condurre allo scioglimento del Consiglio comunale. Ciò stante non si può indugiare a prendere un provvedimento. Propone perciò lo scioglimento del Consiglio comunale di Roma e la nomina a regio commissario dell'attuale sindaco gr. uff. Filippo Cremonesi. (Il Consiglio approva).

Il Consiglio dei ministri, preso in esame il progetto di revisione delle pensioni, presentato dal sottosegretario alle pensioni ed all'assistenza militare, ricordato in primo luogo che il postulato di una revisione delle pensioni di guerra fu ripetutamente sostenuto dalle stesse Associazioni dei mutilati per fini di ordine morale, al duplice scopo cioè di coordinare in un testo unico le molteplici disposizioni legislative che regolano la materia e di moralizzare l'istituto del1e pensioni di guerra, eliminando le frodi e gli abusi che si fossero determinati nella fretta delle liquidazioni; considerato che la revisione, più che l'applicazione assoluta di un determinato principio, deve essere diretta a sopprimere eventuali abusi ed a distribuire meglio la giustizia fra tutti i mutilati, invalidi e le famiglie dei morti; considerato che il Governo, nella complessa questione delle pensioni di guerra che ha dato luogo ad una mutevole e difficile legislazione in tutti i paesi del mondo, intende perfezionare la legislazione nostra in materia, perché ciò gli viene dettato dalla sua origine e dal suo stesso carattere di Governo fascista; affida al Presidente del Consiglio l'incarico di nominare una commissione presieduta da S. E. Giuriati, la quale, con l'intervento del sottosegretario alle pensioni e sentite le rappresentanze dei mutilati ed invalidi e dell'Associazione delle madri e vedove dei caduti, presenti al Governo, non oltre il 31 marzo, le sue conclusioni sulla revisione delle pensioni, nonché sugli altri problemi dell'assistenza militare.