Saturday 3 March 2012

Discorso al Palazzo Vidoni di Roma, 7 aprile 1926


di Benito Mussolini

Colleghi del Governo! Camerati del Direttorio e delle provincie!

La cerimonia dell'insediamento del nuovo Direttorio del partito ha due tempi: il primo si svolge in questa sala oggi, il secondo si svolgerà domani, sulla plancia di una nave da guerra. Ho voluto che la cerimonia dell'insediamento del nuovo Direttorio avesse un certo rilievo ed una certa procedura, perché penso che d'ora innanzi tutte le nostre manifestazioni, dalle piccole alle maggiori, debbano avere una forma o, per dirla con una frase che è di moda in questo momento, uno stile.

Il Direttorio è quello che si potrebbe chiamare il Ministero del partito. Il Direttorio è l'anima del partito, è l'elemento che dirige, controlla, coordina il partito. La sua funzione è quindi importantissima. Ora, non solo bisogna mantenere il partito in piena efficienza ma questa efficienza deve essere la nostra fatica quotidiana. Chiunque pensi che la rivoluzione fascista possa da questo momento fare a meno del partito è un illuso o un suicida.

Già nell'ordine del giorno del Gran Consiglio si è chiaramente detto quali sono i cómpiti del partito. Il partito è la riserva politica e spirituale del regime, mentre le Corporazioni sono la riserva economica, mentre la Milizia è la salvaguardia militare. Il partito deve fascistizzare la Nazione dal basso all'alto e dall'alto al basso; il partito deve, finalmente, dare le classi dirigenti fasciste per tutte le istituzioni maggiori e minori del regime. Sono cómpiti di una importanza enorme, che bastano per il lavoro di tutti e, se volete, per la gloria di tutti.

Il trapasso dal vecchio al nuovo Direttorio non deve essere drammatizzato. Io sono nemico dei drammi, anche di quelli che mi riguardano, quindi tutto deve essere considerato alla stregua di un fatto che interessa la vita del partito e deve essere considerato con quella calma, quel sangue freddo, quella chiara visione degli avvenimenti, che debbono contraddistinguere la mentalità fascista. Del resto, non c'è nulla di nuovo. Ci può essere un cambiamento di temperamenti, ed i temperamenti sono le faccende personali; ma non c'è nulla di spostato per quello che riguarda le linee generali dell'attività del partito. Cioè, si continua ad essere intransigenti. Intransigenti, perché non si può fare a meno di essere intransigenti, quando si è fascisti; perché non si può fare a meno di essere intransigenti contro tutti i residui del vecchio regime, perché soprattutto non si può fare a meno di essere intransigenti contro le forze democratiche, massoniche, demagogiche, plutocratiche che tentano di accerchiare il partito.

Quindi niente mollezze; anche se gli avversari sono ridotti al lumicino non bisogna mai farsi illusioni o credere che il proprio cómpito sia esaurito o che vi siano parole definitive nella storia degli uomini.

Secondo punto. Gli uomini del nuovo Direttorio sono in parte appartenenti a quello di prima, a quello dimissionario, in parte sono vecchi fascisti delle provincie che ognuno di voi deve conoscere.

Disciplina. Bisogna intendersi: la disciplina non può essere una cosa soltanto formale, deve essere una cosa sostanziale. Cioè non si può essere disciplinati soltanto quando ciò è facile o fa comodo, perché quella non é vera disciplina. Bisogna essere disciplinati soprattutto quando la disciplina costa sacrificio e rinunzia. Quella è la vera disciplina, la disciplina fascista.

Alcuni mesi fa ricevendo un fiero fascista di Toscana, l'onorevole Scorza, io gli fissai quattro punti, non quattordici, per le direttive di azione. Io dicevo che bisogna bandire dalle nostre file i litigiosi, quelli che hanno bisogno costantemente di piantare la grana, quelli che non vivrebbero, che non potrebbero vivere senza seminare intorno a sé litigio e discordia. Noi siamo così numerosi e il regime è così solido, così potente che noi possiamo completamente liberarci di questa zavorra umana. Bisogna che il fascismo nelle provincie, ovunque, ritrovi la sua tranquillità fraterna, e bisogna che i fascisti in quanto uomini, sappiano tollerarsi a vicenda. Questo è l'equilibrio dei partiti, questo è l'equilibrio morale che può dare la forza ai partiti. Quindi disciplina rigida, che si esplichi dall'alto al basso e dal basso all'alto. Disciplina sentita, sostanziale, profondamente morale. Bisogna poi che il partito si liberi di tutte le posizioni provinciali che sono ancora incerte. Altrimenti si adotterà, per talune località irriducibili, dove la bega è allo stato cronico, una punizione tipica, che consiste nel bandire i fascisti indisciplinati e litigiosi. Come abbiamo bandito moralmente gli avversari, così noi, d'ora innanzi, bandiremo quelle località dove il Fascismo continuasse a dare indegno spettacolo di se stesso!

Camerati, vi è un altro punto che bisogna chiarire con parole schiettissime. La più alta espressione del regime è il Governo; quindi, tutto ciò che dal Governo dipende e discende è fascista. I fascisti debbono essere doppiamente disciplinati: come fascisti e come cittadini. Che non si crei il dissidio anacronistico, grottesco ed assurdo di credere che l'autorità dello Stato fascista sia autorità dalla quale si può prescindere, cadendo cioè in quella mentalità demagogica, stolta ed anarcoide, che noi abbiamo cauterizzata col ferro e col fuoco.

Lo Stato fascista è il Governo fascista, e il Capo del Governo fascista è il Capo della rivoluzione.

Abbiamo dei cómpiti gravissimi, camerati, dei cómpiti che misureranno la nostra validità morale. Mi spiego: viviamo nello Stato fascista, abbiamo sepolto il vecchio Stato demo-liberale: siamo cioè in uno Stato che controlla tutte le forze che agiscono in seno alla Nazione. Controlliamo le forze politiche, controlliamo le forze morali, controlliamo le forze economiche, siamo quindi in pieno Stato corporativo fascista. Il cómpito è grave. Noi abbiamo innalzato un edificio potente. Il partito ha assunto una tremenda responsabilità storica. Ora camerati, si è o non si è fascisti, cioè si ha o non si ha il senso religioso e tragico di questa necessità: se lo si ha, il cómpito diventa facile relativamente. Allora i problemi non si presentano complicati: allora le volontà umane soccorrono per vincere le difficoltà obbiettive.

Insisto. Vi prego di considerare anche che noi abbiamo vinto la nostra battaglia all'interno. Oggi noi possiamo veramente dire che i vecchi partiti sono sgominati e il vecchio regime è putrefatto; ma la nostra battaglia all'estero è diventata dura e sempre più difficile, e per circostanze obbiettive e per circostanze volontarie. Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo la antitesi, netta, categorica, definitiva di tutto il mondo della democrazia, della plutocrazìa, della massoneria di tutto il mondo per dire, in una parola, degli immortali principi dell'89.

Sismondi, il grande storico, diceva che i popoli che, in un certo momento della loro storia prendono l'iniziativa politica, la conservano per due secoli. E, difatti, il popolo francese, che nel 1789 prendeva la iniziativa politica, l'ha conservata per 150 anni. Quello che nel 1789 ha fatto il popolo francese, ha fatto oggi l'Italia fascista, che prende l'iniziativa nel mondo, che dice una parola nuova al mondo e che conserverà questa iniziativa.

Stando così le cose e stando realmente così, poiché quest'affermazione è il prodotto di incessanti e severe meditazioni, stando così le cose, non sarete stupiti che tutto il mondo degli immortali principi, della fraternità senza fratellanza, della uguaglianza disuguale, della libertà con i capricci sia coalizzato contro di noi. Ecco, siamo veramente sul piano dove la battaglia diventa difficile, seducente, importante, perché battere i vecchi residui dei partiti d'Italia è stata una fatica ingrata, ma agitare un principio nuovo nel mondo e farlo trionfare, questa è la fatica per cui un popolo e una rivoluzione passano alla storia.

Non sono per abitudine ottimista, non amo coloro che, imitando Pangloss, trovano che tutto va bene. Vedo un periodo difficile. Ma questo, invece di deprimerci, ci deve inorgoglire. È fatale, è bellissimo che ogni rivoluzione che trionfa in un Paese abbia contro di sé tutto un vecchio mondo. Noi spezzeremo il cerchio eventuale con una triplice azione, mantenendo intatta la nostra unità morale, e quella del popolo italiano, facendo lega sul sistema corporativo, per cui nessuna, dico nessuna, energia del lavoro e della produzione italiana deve andare dispersa. Finalmente; se sarà necessario, spezzeremo anche il cerchio politico, poiché l'Italia esiste e rivendica pienamente il diritto di esistere nel mondo.

Domani mattina salirete a bordo della « Cavour ». Ho dato ordine che i gerarchi provinciali del fascismo siano salutati al loro arrivo da salve di 13 colpi di cannone. Vi avverto che quando spara il cannone è veramente la voce della Patria che tuona. Bisogna scoprirsi e tenersi in posizione di attenti. Domani vi darò un piccolo, quasi microscopico supplemento al discorso di oggi. Poi ritornerete alle vostre provincie, con la persuasione fortissima che si, cammina e si camminerà a qualunque costo, con la decisione di estirpare tutte le beghe e le possibili discordie, con la convinzione che tutto quello che accade intorno a me mi lascia indifferente. Io non per nulla ho prescelto a motto della mia vita: « Vivi pericolosamente », ed a voi dico, come il vecchio combattitore: « Se avanzo, seguitemi; se indietreggio, uccidetemi; se muoio, vendicatemi ».