Sunday 4 March 2012

Discorso al Senato, 14 maggio 1935

Dichiarazioni al senato per la vertenza italo-etiopica

di Benito Mussolini

Onorevoli Senatori!

Avete ascoltato testé una chiara e documentata esposizione del Sottosegretario di Stato, che vi ha tracciato in termini esatti il quadro della nostra situazione coloniale. Non ho nulla da aggiungere per ciò che riguarda la Libia; reputo invece opportuno aggiungere alcune dichiarazioni per quanto concerne l'Africa Orientale.

Il problema dei rapporti italo-etiopici è all'ordine del giorno, non solo in Italia.

Molto di quanto si dice o si scrive non vale la pena di essere raccolto e meno ancora confutato in questa sede (applausi); ma una voce, diffusa in taluni ambienti stranieri, va smentita formalmente e immediatamente, la voce cioè di passi diplomatici franco-inglesi a Roma. La stessa parola « passo » è sommamente sgradevole, e per quanto taluni, oltre frontiera, abbiano potuto desiderarlo, la verità è che nessun « passo » ci è stato sin qui, e che, dati i rapporti italo-franco-inglesi, è assai probabile che non ci sarà, nemmeno nel futuro, perché non c'è bisogno di procedimenti diplomatici della natura del « passo » per ottenere da noi (qualora lo si desideri, e sulla pura linea dell'amicizia e della cordialità delle relazioni reciproche) l'esposizione del nostro punto di vista ampiamente documentata.

Frattanto, una parola di commosso ringraziamento va indirizzata a coloro i quali sembrano preoccuparsi in maniera più che fraterna della nostra efficienza militare, che potrebbe essere, secondo loro, indebolita da un eventuale conflitto nell'Africa Orientale.

Si può rispondere a questi così solerti e disinteressati consiglieri, i quali considerano la nostra presenza in Europa come indispensabile, che anche noi siamo dell'identico avviso; ma è appunto per essere tranquillamente presenti in Europa che noi intendiamo di avere le spalle completamente al sicuro in Africa. (Applausi). La quale Africa Orientale dista circa 4000 chilometri da Roma, se si tratta dell'Eritrea, e quasi il doppio, se si tratta della Somalia: con queste distanze, dovere preciso e categorico del Governo è di essere previdente e tempestivo.

Giova d'altra parte sottolineare che, finora, il numero degli operai partiti supera forse quello dei soldati; ma voglio aggiungere subito, e nella maniera più esplicita e solenne, che manderemo tutti i soldati che riterremo necessari, e che nessuno può arrogarsi l'arbitrio intollerabile di interloquire su quanto concerne il carattere ed il volume delle nostre misure precauzionali. (Vivissimi e prolungati applausi). Nessuno può essere giudice in siffatta delicatissima materia all'infuori dell'Italia, la quale ha nella sua storia una drammatica, sanguinosa e non dimenticata esperienza al riguardo. Desidero di venire domani rimproverato per eccesso, non mai per difetto, quando siano in gioco la sicurezza delle nostre Colonie e la vita anche di un solo dei nostri soldati metropolitani o indigeni. (Vivi applausi).

Per quanto riguarda lo svolgimento diplomatico della vertenza, è ormai noto che noi non ci siamo rifiutati a conversazioni con i rappresentanti del Governo etiopico, ed abbiamo già da tempo comunicato ad Addis Abebà che siamo disposti, per parte nostra, a nominare i due rappresentanti dell'Italia nel Comitato di conciliazione.

Ma è nostro dovere di non coltivare, e meno ancora diffondere illusioni, dati i notevoli armamenti etiopici, gli avanzati preparativi di mobilitazione etiopica, e dato, soprattutto, lo stato d'animo dominante ad Addis Abebà, specie fra i capi minori, ostili a qualsiasi accordo con l'Italia.

Quanto all'Europa ed alle deprecabili subitanee eventualità che potessero verificarsi, desidero riconfermare al Senato che noi manterremo in armi, per tutto il tempo necessario, le tre classi del 1911, 1913, 1914, più una classe - quella del 12 - di riserva, pronta. Ritengo che un totale di 800-900.000 soldati sia sufficiente a garantire la nostra sicurezza. Sono uomini perfettamente inquadrati, con -un morale che si può chiamare senza esagerazione superbo, e muniti di armi sempre più moderne, fabbricate dalle nostre industrie di guerra, le quali, non svelo un segreto, lavorano da alcuni mesi in pieno.

Appoggiati su questo complesso di forze di terra, di mare e di cielo, continueremo a praticare una politica di collaborazione volitiva, schietta e concreta con tutte le Potenze europee, maggiori e minori, lontane e vicine, allo scopo di realizzare quegli equilibri e quelle intese senza di cui il Mondo e il nostro Continente andranno alla deriva. Il nostro apparato militare, al quale dedichiamo e dedicheremo le nostre più vigilanti cure, non minaccia nessuno, ma assicura la pace.

Onorevoli Senatori!

Credo che queste mie dichiarazioni interpretino il vostro pensiero.