Saturday 3 March 2012

Discorso di Ferrara, 4 aprile 1921

Al popolo di Ferrara

di Benito Mussolini

Popolo di Ferrara! Dico « popolo » con intenzione, perché quella che mi sta dinnanzi è una meravigliosa adunanza di « popolo », intesa la parola nel senso romano ed italico; e perché io vedo fra di voi i fanciulli che sono sull'aurora della vita e poco fa ho abbracciato e baciato un vecchio garibaldino, un superstite di quell'Italia eroica che nacque nel 1821, quando due ufficiali di cavalleria inalberarono a Nola lo stendardo della libertà contro il Borbone ed ebbe fine a Vittorio Veneto con la nostra grande e magnifica vittoria di popolo italiano. Vedo fra voi gli operai delle officine e vedo fra voi i fratelli operai dei campi. Noi fascisti abbiamo un grande affetto per la classe operaia, per la classe lavoratrice. Ma il nostro amore, in quanto è puro, è seriamente disinteressato ed intransigente. Noi amiamo non bruciando grani di incenso, non creandoci nuovi idoli o nuove maestà. Noi amiamo dicendo sempre e dovunque, schiettamente, la verità; tanto più è ingrata questa verità e tanto più bisogna dirla apertamente. Ebbene, se questo è il nostro amore per le cose laboriose, noi fascisti, calunniati fino a ieri, diffamati fino a ieri, noi abbiamo voluto continuare la guerra per ottenere il diritto di libera circolazione in Italia.

Noi fascisti siamo i primi a riconoscere, non già per cedere ad un senso di vile demagogia, che i diritti delle classi laboriose della nazione sono sacri e che tanto più sacri sono i diritti di coloro che lavorano la terra. E qui mi è grato porgere un vivo plauso ai fascisti ferraresi, i quali hanno intrapreso, coi fatti e non con le chiacchiere insulse dei politicanti, quella rivoluzione agraria che deve dare ai contadini, gradualmente, senza trapassi epilettici, il possesso definitivo della terra. Io incoraggio vivamente i fascisti ferraresi a proseguire su questa strada e ad essere all'avanguardia del movimento agrario fascista in tutta Italia. Come si fa a dire che noi siamo dei venduti alla borghesia, al capitalismo ed al Governo? Già gli stessi avversari non osano più sostenere questa accusa, tanto è ribalda e ridicola. Questa vostra adunata imponentissima, che commuoverebbe un cuore anche più indurito del mio, mi dimostra che voi avete fatto giustizia di queste turpitudini messe in circolazione da gente che credeva alla eternità delle sue fortune, mentre in realtà troneggiava in un castello che doveva crollare al primo soffio della rivolta fascista. E questa rivolta fascista, e potremmo usare anche la parola più sacra e più grave, questa rivoluzione fascista si ispira ai motivi eterni, indistruttibili della morale e niente affatto a moventi di indole materiale. Noi fascisti diciamo che, al di sopra di tutte le competizioni, al di sopra di tutti i dissidi che dividono gli uomini (e che sono quasi naturali e quasi fatali perché l'umanità sarebbe straordinariamente noiosa se tutti pensassero nello stesso modo); noi fascisti diciamo che, al di sopra di competizioni e dissidi, c'è una realtà unica, come a tutti quanti, ed è la realtà della nazione, ed è la realtà della Patria, alla quale siamo tutti legati come l'albero attraverso le sue radici è legato alla terra che lo ha fecondato.

Così, lo si voglia o non lo si voglia, la Patria è una unità indistruttibile, eterna, immortale, che può avere - come tutte le idee, le istituzioni e i sentimenti di questo mondo - delle eclissi; ma ad un dato momento essa ristoppia dal profondo delle anime come il seme gettato nel solco ristoppia quando la primavera diffonde il suo tepore. Così noi abbiamo, con le nostre martellate. furiose, spezzato la crosta indegna che copriva l'anima del proletariato. C'erano dei proletari che si vergognavano di essere italiani; ce ne erano di quelli che, imbestiati da una tristissima propaganda, gridavano « Ben vengano i tedeschi! »; ed anche « Viva l'Austria! ». Erano in gran parte incoscienti, qualche volta malvagi. Ebbene, noi fascisti vogliamo portare in tutte le città, in tutte le campagne, fino ai casolari più remoti, la passione, l'orgoglio di appartenere alla nobilissima razza italiana; e, se le plebi non conoscono ancora questo orgoglio, noi fascisti faremo in modo che questo avvenga, noi fascisti faremo in modo che tutti gli italiani abbiano l'orgoglio di appartenere alla razza che ha dato Dante Alighieri, che ha dato Galilei, che ha dato gli artisti sommi di tutti i capolavori dell'arte, che ha dato Verdi, che ha dato Mazzini, che ha dato Garibaldi, che ha dato D'Annunzio e che ha dato il popolo di Vittorio Veneto. (Applausi vivissimi).

Non solo noi non intendiamo di portare le masse laboriose in posizioni arretrate. Tutto ciò che i lavoratori hanno conquistato è sacro. Tutto quello che conquisteranno è sacro. Ma devono conquistarlo attraverso ad un miglioramento non soltanto materiale, ma morale, delle anime. Noi fascisti non parliamo soltanto di diritti; parliamo anche, come voleva Giuseppe Mazzini, di doveri. (Applausi vivissimi). Noi fascisti non abbiamo soltanto il verbo « prendere »; abbiamo anche il verbo « donare », perché in certe ore, quando la Patria chiama, sia essa minacciata da un nemico interno o da un nemico esterno, noi allora esigiamo dai nostri aderenti e da coloro che sono nostri simpatizzanti di essere pronti anche al sacrificio supremo. E voi, o fascisti ferraresi, voi avete consacrato col martirio l'idea fascista.

Se l'idea fascista non avesse in se stessa una potenza grandissima, una nobiltà, una linea di bellezza, pensate voi che si sarebbe diffusa con impeto così travolgente? Pensate voi che ci sarebbero dei giovani i quali rischiano la vita semplicemente per l'orgoglio di dirsi fascisti? Pensate voi che avremmo avuto sette morti, i morti sacri che noi portiamo nel profondo del nostro cuore, i morti che ci additano le vie della perseveranza e della vittoria?

Poco fa io mi sono recato al vostro cimitero. Ad una ad una abbiamo visitato tutte le tombe ed abbiamo gettato su di esse i nostri fiori. Erano attimi pesanti di silenzio i nostri. Ognuno di noi sentiva che dentro a quelle bare, sotto quelle pietre, c'erano dei corpi in disfacimento, dei giovani ai quali era sorrisa la vita, dei giovani che erano certamente amati, che certamente amavano, che avevano dinanzi a sé tutta la grande strada della vita. Sono morti! Sono caduti! Ma noi, in questa grande ora della tua storia, o popolo ferrarese, noi questi morti li chiamiamo all'ordine del giorno, uno per uno; e siccome non sono morti, perché la materia mortale di cui erano composti si trasforma nel gioco infinito delle possibilità dell'universo, così noi chiediamo a questo sangue purissimo e vermiglio della gioventù ferrarese l'ispirazione profonda ad essere fedeli alla nostra idea, ad essere fedeli alla nostra nazione.

E saremo soddisfatti e contenti quando tutti i nostri gagliardetti, dopo avere salutato i morti, sorrideranno alla vita, perché il popolo lavoratore di Ferrara e di tutta Italia avrà ritrovato la vera strada che aveva dimenticato, avrà spazzato via tutti gli ignobili politicanti che gli avevano infarcito il cranio di favole menzognere. Noi, o italiani di Ferrara, non abbiamo bisogno di andare altrove, oltre i confini ed oltre i mari, per trovare la parola della saggezza e della vita; non abbiamo bisogno di andare in Russia per vedere come si assassina un grande popolo; non abbiamo bisogno di sfogliare i vangeli moscoviti sui quali gli stessi apostoli stanno sputando perché li rinnegano, sopraffatti dalla realtà della vita. Noi non abbiamo bisogno di copiare, perché in Italia ci sono gli originali brillanti di tutta la civiltà e di tutte le dottrine. E se socialismo ha da farsi, non può essere il socialismo bestiale, tirannico e liberticida di ieri; non può essere che il socialismo di Carlo Pisacane, di Giuseppe Ferrari e di Giuseppe Mazzini.

Qui, o popolo di Ferrara, è la tua storia. Qui, o popolo di Ferrara, è la tua vita. Qui, o popolo di Ferrara, è il tuo avvenire. E noi, che abbiamo impegnata questa dura battaglia, che ci è costata decine e centinaia di vittime, noi non ti chiediamo stipendi, non ti chiediamo voti. Noi ti chiediamo una sola cosa. Grida con noi: « Viva l'Italia! ».