Alle Camicie nere della Brigata Nera « Aldo Resega »
di Benito Mussolini
Rivedo con gioia volti di camerati che mi furono familiari nei tempi della vigilia, quando, come oggi, avevamo di fronte un mondo che, attraverso dure battaglie e cruenti sacrifici, fu sgominato. Anche allora tutto e tutti, dai più rossi ai più neri, erano contro di noi e la nostra causa appariva condannata. Se trionfò, ciò significa che portava in sé le ragioni del suo sorgere e della sua affermazione. Rivedo dei camerati che, nonostante il passare degli anni e i molti tradimenti dell'estate infausta, sono rimasti fedeli alla bandiera e tali in ogni evento intendono rimanere.
La vostra brigata nera si intitola al nome intemerato di Resega, un combattente valoroso, un cuore generoso, un cittadino esemplare, che consacrò nel sangue la sua fede. Si può dire di lui che veniva dal popolo e morì per il popolo, poiché i sicari che al soldo del nemico lo spensero erano fuori della comunità popolare. Tutti voi, dal capo all'ultimo gregario, siete strettamente impegnati a un contegno irreprensibile secondo la legge formale e il costume fascista, perché niente possa offuscare il nome e la memoria di questo soldato della patria e del fascismo. Dai rapporti che mi sono giunti traggo la conclusione che la vostra brigata si compone di solidi e coraggiosi camerati, nei quali il « combattimento » è una seconda natura, e l'amore per l'Italia un dato fondamentale delle anime. La struttura militare data al Partito nel giugno scorso è in perfetta relazione coi compiti del Partito stesso nell'attuale periodo della storia nazionale, che è dominato dal fatto guerra, in relazione col nero, inqualificabile, obbrobrioso tradimento dell'8 settembre.
Quale pace è stata data al popolo con la resa a discrezione? Quale pace, se il 13 ottobre fu dichiarata la guerra agli alleati di ieri e se oggi si pensa di dichiararla al Giappone e di aggiungere, quindi, alla guerra che si è svolta e si svolge in Italia un'altra, nelle lontane distese del Pacifico, dove i marinai italiani dovrebbero morire per le plutocrazie anglosassoni e per saldare il debito di riconoscenza verso l'America per i suoi recenti e troppo stamburati « aiuti » di natura puramente elettorale, vera goccia nell'arido deserto della miseria e della disperazione italiane?
Nella riunione di Verona il Partito Fascista Repubblicano fissò i suoi postulati. Se le vicende della guerra hanno ritardato l'applicazione di alcuni di essi, ciò non significa che siano cambiati. Essi rimangono.
Nei momenti di alta tensione morale e politica bisogna ché le parole d'ordine siano poche ed estremamente chiare.
A chi ci domanda ancora « che cosa volete ? », rispondiamo con tre parole, nelle quali si riassume il nostro programma. Eccole: Italia, Repubblica, socializzazione.
Italia, per noi, nemici del patriottismo generico, concordatario e in fondo alibista, quindi inclinante al compromesso e forse alla defezione, Italia significa onore e onore significa fede alla parola data, indispensabile titolo di reputazione così per gli individui come per i popoli; e la fede alla parola data significa collaborazione con l'alleato, nel lavoro e nel combattimento.
Ognuno ricordi, sull'esempio della storia, che i traditori, sia nella politica come nelle guerre, sono utilizzati ma disprezzati.
Ora è proprio in questo momento, nel quale la Germania è impegnata in una lotta suprema e ottanta milioni di tedeschi stanno diventando ottanta milioni di soldati, tesi in uno sforzo di resistenza che ha del sovrumano, è proprio in questo momento, nel quale i nemici anticipano, nelle speranze e nelle illusioni, una vittoria che essi non raggiungeranno, perché la Germania non capitolerà mai, perché capitolare per la Germania sarebbe politicamente, moralmente, anche fisicamente « morire », è in questo momento che noi riaffermiamo la nostra piena, totale solidarietà con la Germania nazionalsocialista, che è la Germania combattente con un coraggio e una virtù che potrebbe dirsi « romana » e che strappa riconoscimenti di ammirazione anche a quei nemici che non siano completamente accecati e abbrutiti dall'odio.
Ciò sia ben chiaro per tutti. Questo è l'atteggiamento inflessibile dell'Italia repubblicana. La serie dei tradimenti nei quali i Savoia, da Carlo Alberto a Vittorio Emanuele III, si squalificarono, è finita con la caduta della monarchia. La nostra Italia è repubblicana. Esiste a nord dell'Appennino la Repubblica Sociale Italiana. E questa Repubblica sarà difesa palmo a palmo, sino all'ultima provincia, sino all'ultimo villaggio, sino all'ultimo casolare. Quali si siano le vicende della guerra sul nostro territorio, l'idea della repubblica, fondata dal fascismo, è oramai entrata nello spirito e nel costume del popolo.
La terza parola del programma, socializzazione, non può essere considerata che la conseguenza delle prime due: Italia e Repubblica. La socializzazione altro non è se non la realizzazione italiana, umana, nostra, effettuabile del socialismo; dico «nostra» in quanto fa del lavoro il soggetto unico dell'economia, ma respinge le meccaniche livellazioni di tutto e di tutti, livellazioni inesistenti nella natura e impossibili nella storia.
Tutti coloro che hanno l'animo sgombro da prevenzioni e da faziosi settarismi possono riconoscersi nel trinomio Italia, Repubblica, socializzazione.
Con questo noi intendiamo evocare sulla scena politica gli elementi migliori del popolo lavoratore. La capitolazione del settembre segna la liquidazione ontosa della borghesia, considerata globalmente come classe dirigente. Lo spettacolo da essa offerto è stato scandaloso. Si sono avuti incredibili fenomeni di abiezione, manifestazioni sordide di egoismo asociale e anazionale.
Come sempre sono appena meritevoli di compassione e, secondo i casi, di disprezzo, coloro che adeguano i loro sentimenti e le loro opinioni in vista degli sviluppi della guerra. Gli alti e bassi negli stati d'animo di molta gente prescindono dall'esame positivo della situazione, la quale, per essere complessa e universale, non può essere giudicata in base alle impressioni del momento, provocate spesso dall'assordante propaganda nemica.
Non solo la Germania non capitolerà mai, perché non può capitolare, dato che i nemici si propongono di annientarla e come Stato e come razza, ma ha ancora molte frecce nel suo arco, oltre a quella che può chiamarsi unanime decisione, ferrea volontà del suo popolo.
I nemici hanno fretta e lo dichiarano. Noi conosciamo i nostri dolori e sono molti, ma vi è qualcuno così volutamente ingenuo da credere che in Inghilterra, in Russia e anche negli Stati Uniti tutto proceda nel migliore dei modi? E voi ritenete che in Inghilterra non vi sia un gruppo abbastanza numeroso di persone intelligenti che si domandano: valeva la pena di scendere in campo contro il cosiddetto imperialismo tedesco, di perdere centinaia di migliaia di uomini oltre a tutte le posizioni dell'Estremo Oriente, per provocare l'affermazione di un imperialismo slavo, che ha già nel suo pugno tutta l'Europa dalla Vistola in là, dal Baltico - nota assai dolente per Londra! - al Mediterraneo? E non si odono già voci proclamanti che l'altezzosa e assurda formula di Casablanca della « resa senza condizioni » va riveduta, se non si vuole che ciò significhi l'ulteriore sacrificio di milioni di vite umane? Poiché il più grande massacro di tutti i tempi ha un nome: democrazia; sotto la quale parola si nasconde la voracità del capitalismo giudaico, che vuole realizzare, attraverso la strage degli uomini e la catastrofe della civiltà cristiana, lo scientifico sfruttamento del mondo.
Realizzare nel proprio spirito queste verità significa rendersi conto che ad un certo momento gli eventi prenderanno un'altra direzione, e che gli sviluppi futuri della guerra, nei quali la scienza avrà una parte di importanza suprema, strozzeranno nella gola dei nemici i troppo anticipati inni di vittoria. A questa fase della guerra noi intendiamo di partecipare: eliminando i complici del nemico all'interno e chiamando attorno a noi quanti italiani accettano il nostro trinomio programmatico. Qualunque cosa accada, noi non defletteremo di una sola linea dal programma che oggi, parlando a voi, o camerati della brigata nera, espressione ed onore del Fascio primogenito, ho voluto illustrare.
Inutilmente, sotto la protezione delle baionette straniere e mercenarie, gli uomini della resa a discrezione, cioè dell'infamia e della codardia, si accaniscono nella persecuzione contro i fascisti e il fascismo. Essi non fanno altro che documentarne la insopprimibile continuità. Ben sei partiti sono artificiosamente cementati da un vincolo solo e negativo: la persecuzione epuratrice ed iconoclastica al fascismo.
Questo fanno perché sentono che il presunto morto è ancora ben vivo, che è ancora nell'aria che essi respirano, nelle cose che esse incontrano ad ogni passo, negli insopprimibili segni materiali e spirituali che esso ha dovunque lasciato. Nessuna forza umana può cancellare dalla storia ciò che nella storia è entrato come una realtà e una fede. All'ombra dei gagliardetti neri sono caduti in un ventennio, in pace e in guerra, in Italia, in Europa, in Africa, decine di migliaia di fascisti, il fiore della razza italiana. Espressione eroica del fascismo, essi ne costituiscono la testimonianza e la salvaguardia imperitura.
Portate ai camerati milanesi, insieme col mio saluto, la eco della mia certezza nella conclusione vittoriosa per l'Italia e per l'Europa di questo colossale urto di civiltà, che prende nome dal fascismo.
(Al termine del discorso, i dirigenti del fascismo repubblicano milanese si sono stretti intorno al Duce, intonando. le vecchie canzoni della vigilia rivoluzionaria. La riunione si è svolta in uno stile prettamente militare e si è conclusa con una manifestazione di acceso entusiasmo).