Monday 5 March 2012

Discorso di Milano, 29 novembre 1931

Per l'inaugurazione della Scuola di mistica fascista di Milano (Coscienza e dovere)

di Arnaldo Mussolini

Giovani camerati,

mi è avvenuto piú volte di parlare in pubblico, in diverse vicende, su temi differenti; e pur sentendo sempre l'alta responsabilità del mio compito, non ho mai provato la minima inquietudine. Debbo invece riconoscere che, contrariamente al solito, questa conferenza inaugurale mi ha tenuto e mi tiene tuttora trepidante per l'uditorio d'eccezione, per il tema delicato é per il momento in cui viene pronunciato il mio discorso.

La Legge del Dovere

Voglio parlare a voi con cuore aperto, vorrei dire con cuore paterno. Senza asprezza ma senza indulgenza: questo mi ispira il nome sacro sotto la cui egida avete posto la vostra scuola; questo voi stessi sono certo desiderate da me. Molti fra voi uniscono alla nobiltà dell'ingegno un senso critico già acuto e aperto. Voi conoscete già una letteratura che vi riguarda e che troppe volte non vi soddisfa. Vi sentite a volte umiliati o adulati, raramente conosciuti a fondo di quella conoscenza che è, secondo la vivida espressione dell'Alighieri, "intelletto d'amore." Si tratta di disorientamento in cui piú d'uno di noi si può trovare tentando di giudicare una generazione come la vostra, sorta dopo la duplice esperienza della Guerra e della Rivoluzione fascista. Sul tessuto della tradizione che spostava in : forma impercettibile il corso della Storia, è entrato, come una vampata, il rinnovamento della Nazione a cui s'univa una certa tendenza nel distruggere le vecchie concezioni della vita. Il piccolo mondo d'altri tempi si è dilatato, come oggi si dilata lo spirito per assorbire ed elaborare tutto quello che di nuovo s'impone all'attenzione ed all'esame critico dell'ingegno. In questa nuova atmosfera voi siete cresciuti, e porre, oggi, davanti a voi il binomio "coscienza e dovere," può sembrare voler ribattere quei principii d'altri tempi, statici ed irrigiditi. Non è cosí. La nostra coscienza non rinnega niente del nuovo che s'avanza. Il dovere costituisce una legge che s'inquadra nel nostro secolo facendosi piú forte per le nuove esperienze, e la coscienza che lo regge è coscienza nuova resa piú ricca e piú vitale dal crogiolo di sacrifici e di eroismi da cui è nata la vostra generazione.

Prima di addentrarmi sul tema che mi sono prefisso, è bene eliminare alcune riserve di principio e chiarire alcune posizioni. Si è detto che la vostra scuola di mistica fascista non ha titolo appropriato. Mistica è una parola che si addice a qualche cosa di divino, e quando viene portata fuori dal campo rigidamente religioso si adatta a troppe ideologie inquiete, vaghe, indeterminate. Diffidate delle parole e sopra tutto delle parole che possono avere parecchi significati. Certo che qualcuno può rispondermi che con la parola "mistica" si è voluto porre in evidenza i rapporti necessari fra il divino e lo spirito umano, che ne è la sua derivazione. Accetto questa tesi senza indugiarmi in una questione di parole. In fondo non sono queste che contano: è lo spirito che vale. E lo spirito che vi anima è in giusta relazione al correre del tempo che non conosce dighe, né ha dei limiti critici; mistica è un richiamo a una tradizione ideale che rivive trasformata e ricreata nel vostro programma di giovani fascisti rinnovatori.

Un'impronta di nobiltà e di forza

Altro elemento preliminare ma fondamentale ai fini della mia lezione, è la ragione del movimento giovanile fascista e gli interrogativi che molti si fanno parlando dei giovani. Tanti si chiedono: Perché questo valore e questa forza preminente nella vita dei giovani? Non sappiamo forse che tutta l'umanità è passata attraverso il periodo della gioventú? Non vi è forse del sano, dell'ottimo, dell'esperienza nell'età virile, quando la mente è già temprata ed i muscoli sono ben saldi? Non viene con questa sopravalutazione dei giovani alimentato uno squilibrio naturale fra giovani e anziani?

È innegabile che simili interrogativi hanno, ad un esame superficiale, una importanza almeno formale. È meglio rispondere per proposizioni definite chiare e chiamare la logica e la storia in nostro aiuto. Bisogna innanzi tutto rilevare che questa vigile preoccupazione dei giovani è sempre stato il carattere tipico, l'impronta di nobiltà e di forza di tutti i grandi popoli nei momenti del loro maggior sviluppo. Atene e Roma hanno dato esempi indimenticabili. La diversa concezione di vita fra Ateniesi e Spartani, il diverso carattere delle due civiltà elleniche era appunto nel differente modo di risolvere il problema della gioventú: con un raffinarsi delle potenze intellettuali ad Atene, con un potenziamento fisico e volitivo a Sparta. Che dire di Roma? I giovani formarono nella Città Eterna l'assillo costante dei pensatori e dei politici, dei condottieri di popoli e dei condottieri d'eserciti. Si può dire che Roma, per questo carattere della sua civiltà imperiale e universale, stabili le basi fondamentali dell'educazione dei giovani. Oggi la leva fascista ripristina in tutto il suo valore di responsabilità l'antico rito solenne della "assunzione della toga virile." È quindi naturale, e storicamente necessario, che l'Italia fascista senta prima di ogni altra esigenza la necessità di infondere vita nuova nella educazione dei giovani e nel loro compito nel quadro armonico delle attività nazionali.

Il problema religioso

Noi siamo un popolo antico e glorioso; le piú alte tradizioni rivivono in noi, ma come nazione unita ed operante non abbiamo, nell'evo moderno, neanche un secolo di vita. Per questo il nostro lavoro formativo è oggi piú arduo e complesso; la costituzione unitaria non è solo recente, ma si è venuta formando in tempi poco propizi nell'antitesi fra il vecchio ed il nuovo secolo, a traverso l'irrompere dei partiti politici, il frazionarsi dei doveri verso la collettività, l'imporsi - con lo sviluppo del capitalismo - di un nuovo problema, la questione sociale. Durante il periodo grigio della terza Italia le divisioni fra gli anziani si riflettevano per solito nei quadri dei giovani. Non vi era una verità basilare: mancava un denominatore comune a tutta la gioventú. Si cominciava dal governo centrale a dare il triste esempio. A parte le considerazioni elettorali e regionali - assurde e balorde - nell'assegnazione del comando, avveniva il fatto specifico che l'istruzione pubblica e la giustizia dovevano essere amministrate da elementi graditi o proposti dalla massoneria. Cosa fosse la massoneria io non saprei proprio dirvelo. Ma dal momento che non agiva alla luce chiara del sole e che nessuno di coloro che vi hanno appartenuto ha mai avuto il coraggio di gridarlo e di gloriarsene, mi permetto di affermare che fosse una associazione obliqua, sotterranea, a finalità non chiare e soprattutto legata a quel reciproco favoritismo che nel nome della carriera e dell'avanzamento offusca il merito e la giustizia. Quando dai suoi fini pratici la massoneria entrava nel campo dottrinale, cadeva nelle frasi comuni del laicismo e della lotta contro la religione cattolica. Di contro a questo movimento che si diceva moderno ed era sopra tutto arido e utilitarista, si elevava antagonista il movimento della Chiesa. Non bisogna giudicare con superficialità questo assillo millenario della vita religiosa. Se anche qualche spirito elevato può sentirsi incerto o turbato nell'imporsi del problema religioso, questo non impedisce che le chiese siano affollate e che in ogni tempo in ogni secolo in ogni popolo il senso mistico della vita trovi nella religione un interprete definitivo.

Il quadro doloroso del recente passato

È naturale che in questo movimento spirituale cattolico s'innestasse un movimento laico politico. La massoneria deformava i caratteri del Risorgimento a scopo di propaganda libertaria. Il politicantismo cattolico per reazione lo negava. Pervie opposte si conduceva ugualmente la gioventú all'errore e al disorientamento. Eppure il Risorgimento aveva già bandita la via giusta e vera: l'unità politica italiana che in fondo non era che il risultato di uno sforzo volitivo di due grandi correnti: una idealista, volontaria, disinteressata espressa nella concezione repubblicana con a capo Mazzini e Garibaldi; l'altra dalla tradizione, dalla saggezza, dalla visione organica dei problemi, dalla forza coordinata da grandi virtú spirituali della dinastia dei Savoia. Questa unità politica conquistata a traverso quasi un secolo di lotte era insidiata dalle scuole moderne a tinta internazionale e dalle riserve della gioventú ispirata dai cattolici che vedevano il Risorgimento come lo spogliatore dei dominii pontifici e particolarmente di Roma papale. È innegabile che, malgrado il 20 settembre del 1870, sulla Città Eterna era rimasta una ipoteca formidabile che noi avvertivamo alla periferia e che gravava in. ogni contingenza al centro e nei rapporti internazionali. Le scuole politiche e gli 'interessi mal confessati avevano buon gioco da questa posizione ambigua. I giovani ne risentivano la conseguenza. L'Italia tradizionalista, rivoluzionaria, massonica o papalina, regionalista o unitaria, divideva i giovani negli assenti e negli sviati. Gli assenti erano la maggioranza, coloro cioè che non volevano avere noie e stavano come il personaggio manzoniano in coda al corteo per vedere dove sbandavano gli avamposti e regolarsi in conformità. Altri, giovani, gli sviati, erano suddivisi fra istituzioni laiche e cattoliche. L'Italia variopinta che aveva monumenti e città meravigliose, esercitava sullo straniero il fascino della sua storia immortale. Come nazione veniva giudicata un giardino sempre rifiorente, come potenza non era valutata nella sua giusta grandezza.

Perché il Fascismo si è rivolto ai giovani

Questo è in breve il quadro doloroso di un recente passato ben noto agli studiosi. Il Fascismo con una forza e una rapidità che hanno tutta l'impronta di un destino storico superiore, ha travolto queste miserie; ha sanato, rinnovato, ridestato gli animi e le coscienze. Saltando un quarantennio di inerzia il Fascismo ha operato sul tronco millenario della stirpe. Su questa base completamente diversa dalle precedenti, il nostro movimento ha impostato come..presupposto dell'unità e della grandezza della Patria il problema della gioventú italiana. Superate le avverse scuole politiche, ricomposto il dissidio storico fra lo Stato e la Chiesa, creata un'atmosfera di simpatia alla scuola italiana, riformati i principii di etica nazionale: ecco il solo modo di trasformare questo giardino arcadico in una Nazione di potenza chiara, solare, mediterranea, che ha quarantadue milioni di abitanti entro le anguste frontiere dall'Alpi al mare ed altri dieci milioni di fratelli che il ventilabro della necessità ha disperso per il mondo. Per compiere questa azione di unità, di concordia, di fierezza, non bisognava rivolgersi che ai giovani. Questo è il tessuto ideale della nostra opera; questo è l'assillo, la speranza, la certezza del Duce.

Se qualcuno ha pensato a questo movimento come una corsa allo stipendio, alla carriera, all'impiego, al favoritismo, deve disingannarsi: non vi sono privilegi se non quello di compiere per primi la fatica e il dovere. Tutta l'opera del Fascismo è tesa a creare la solidità della famiglia, la serenità della scuola; la religione come tessuto spirituale, la Patria come mondo ideale e reale. Ecco il substrato della grandezza e della potenza di un popolo.

Questa è nelle sue linee essenziali l'azione rivoluzionaria del Fascismo. Ma la sua manovra è per quadri vastissimi. Siamo in tempi in cui la buona semente non può essere af fidata alla diffusione di un buon libro o ai maestri singoli. Lo stesso linguaggio mistico ed eroico, severo ed unitario, contingente e storico, bisogna che sia parlato con la stessa forma, con la stessa fede in uno stesso giorno alle moltitudini. Ecco la ragione delle vostre formazioni educative che fondono in sintesi compiuta l'addestramento fisico col senso della disciplina del dovere e della fede. È necessario guadagnare secoli di storia che abbiamo perduto nei dedali del regionalismo e della vana deviazione dottrinale.

Nell'atto stesso in cui ho risposto alle domande preliminari, sono entrato necessariamente nel cuore del nostro tempo. La fatica che il Regime compie per voi implica alte verità ed alti doveri. Vi sono virtú latenti che devono affiorare e potenziarsi; vi sono difetti nella nostra complessa vita di popolo che devono scomparire. La coscienza delle esigenze del nostro movimento storico implica il dovere di adeguarsi alla propria funzione nella vita nazionale. Il problema dei giovani per noi è problema di formazione salda del carattere e per voi giovani si accoglie nell'unità indissolubile di questo binomio: coscienza e dovere.

Soldati pronti all'appello, non vanitosi e arrivisti

Guardiamo per un momento agli anziani. Se per poco si considera il fatto della guerra e del dopo-guerra non si può che essere fieri della generazione che fatalmente si avvia al declino. Ma non basta: il domani deve essere migliore dell'oggi. Voi, in una parola, dovete essere migliori di noi. Non mi spiace quando vedo in voi dei giudici severi intransigenti di cose e di persone: mi rammarico solamente quando vedo giudicare in fretta senza preparazione e conoscenza. Bisogna saper accettare con giusto orgoglio incarichi anche gravosi pieni di responsabilità, ma non bisogna darsi attorno, non bisogna smaniare per ottenere questi incarichi e indulgere al mal costume delle piccole transazioni, delle avide lotte per arrivare; bisogna considerarsi soldati pronti all'appello ma non mai degli arrivisti e dei vanitosi. L'arrivismo e la vanità nelle loro forme, nelle infinite sfumature della vita di tutti i giorni, sono vecchie scorie che devono essere bruciate con ferro rovente come miserie ereditate da un tempo di traviamento e di debolezza. Abbiamo abbandonato il provincialismo gretto meschino limitato, ma abbiamo perso per una falsa concezione tanta somma di energie latenti nelle luci della città. Si è determinata nella febbre del tempo una confusione fra modernità e novità. Qualcuno vuol essere originale ad ogni costo. È apparsa con troppa fortuna una letteratura caratteristica dell'epoca di transizione, inadatta al tempo nostro. I romanzieri che avevano come tessuto la gente saggia nella quale si innestava sempre un asceta o un avventuriero nel senso nobile della parola, hanno scelto come soggetto in questi ultimi tempi gli squilibri morali, i dissolvimenti interiori, la mancanza di volontà o gli aspetti piú futili della vita mondana internazionale. Tristi correnti letterarie straniere dedicate alla svalutazione della stessa dignità dell'uomo, hanno trovato eco fra noi nel romanzo e nel teatro con la complicità di una vecchia critica che è fuori della storia e della vita. Bisogna reagire contro tutta questa deviazione barbarica e reagire si deve anche contro un gretto spirito di invidia che si rivela spesso nella nostra vita sociale. Voi non negherete come non nego io la qualità specifica di bontà generosa, di intelligenza del popolo italiano. Un nostro vicino non ci è mai estraneo; le sue difficoltà sono in certo senso anche le nostre. Ma se poi il vicino per fortunate circostanze, per virtú congenita, per sopravvenienze auspicabili prende il volo verso il cielo della notorietà e della gloria, ecco l'Italia vecchia ed anche un po' quella giovane che non perdona questo segno alto della notorietà. Sembra un paradosso, ma i guai veri incominciano il giorno in cui si diventa qualcuno nella vita. Leggete le cronache, le critiche, le polemiche, le diatribe, gli articoli; capirete che è necessario guarire, come siamo guariti in politica, anche nel campo dell'arte e del pensiero. Voi, io lo sento, sarete certamente migliori di noi. La nuova generazione di fronte a problemi cosí vasti che interessano popoli e continenti, non può sminuirsi e sentire la smania della vanità. Le questioni di stile anche nei minimi particolari devono avere per voi una importanza singolare, essenziale. Ogni giovane fascista deve sentire la fierezza della sua gioventú unita al senso dei propri limiti e della propria disciplina gerarchica.

La nostra coscienza sia il piú severo dei giudici

Noi siamo tutti elementi fattivi per collaborare a una grande opera ma dobbiamo dimenticare a tal fine il nostro piccolo io. Il giovane che ha smania di stampare in volume i propri scritti e va raccogliendo elogi e recensioni, pone il ritratto davanti al frontespizio, si perde nelle ostentazioni provinciali; il giovane che crede di affermare la propria personalità con biglietti da visita magniloquenti, che non usa il giusto tono di riguardo verso chi è suo superiore nelle gerarchie ufficiali o nelle gerarchie dell'intelletto e del lavoro; chi si abbandona alla retorica, ai giudizi avventati, alle affermazioni dilettanti: qualunque insomma manchi di stile, sarà sempre fuori dello spirito e fuori del costume fascista. Le miserie non sono degne del secolo ventesimo. Non sono degne del Fascismo. Non sono degne di voi.

Qualche volta il cattivo esempio ci viene dai meno giovani. È giusto riconoscerlo, anche per scolpare qualcuno. Vi sono degli avanzi di una vecchia Italia che affiorano ancora in certe mentalità. Vi cito un esempio. Una personalità che non voglio nominare, venne ad offrirmi una intervista al "Popolo d'Italia." Ero dubbioso se accettare l'intervista per vari motivi, compreso anche il soggetto stesso della intervista, ma la sua insistenza mi vinse. Ricevetti il manoscritto che mi aveva già preparato in anticipo; incominciava presso a poco con queste parole: "Siamo riusciti ad ottenere una intervista dal Signor X, vincendo a fatica la sua riluttanza; tutti sanno come egli sia schivo dal far pubbliche dichiarazioni..." Era il caso di sorridere, anzi di ridere. Ma io ne sentii sdegno. La persona di alto grado credeva di non mancare di rispetto ai lettori con quella finzione, per il solo fatto che i lettori non sapevano. Ma faceva di peggio: mancava di rispetto a se stesso. Bisogna ricordarsi che il fatto che un'azione, una parola, un gesto, siano noti o ignoti, nulla toglie od aggiunge al loro valore morale. Noi abbiamo un testimonio da cui nessun segreto potrà mai liberarci: il testimonio della nostra coscienza. E questo deve essere il piú severo, il piú inesorabile fra i nostri giudici. Qualcuno dirà: Sono piccole cose. Non sembra; tutto quello che intacca l'integrità del carattere è assai grave. Voi dovete essere in questo senso intransigenti, domenicani. Siate fermi al vostro posto di dovere e di lavoro qualunque esso sia; siate ugualmente capaci di comandare e di obbedire. Ricordatevi che chi non sa obbedire non è degno del comando. Bisogna saper reggere saldamente su ciò che si è conquistato con rettitudine. È necessario accettare tutte le responsabilità, comprendere tutti gli eroismi, sentire come giovani italiani e fascisti la poesia maschia dell'avventura e del pericolo. Non bisogna rinnegare nessuna virtú ideale di carattere religioso e civile. La nostra filosofia non deve essere quella del pessimismo, ma del sano virile ottimismo; deve superare questa vecchia antitesi nel binomio, della volontà e dell'azione.

Credere fermamente nel bene

La nostra esistenza deve essere inquadrata in una marcia solida che sente la collaborazione della gente generosa ed audace, che obbedisce al comando e tiene gli occhi fissi in alto perché ogni cosa nostra, vicina o lontana, piccola e grande, contingente ed eterna, nasce e finisce in Dio. E non parlo qui del Dio generico che si chiama talvolta per sminuirlo Infinito, Cosmo, Essenza, ma di Dio nostro Signore, creatore del cielo e della terra, e del suo Figliolo che un giorno premierà nei regni ultra terreni le nostre poche virtú e perdonerà, speriamo, i molti difetti legati alle vicende della nostra esistenza terrena.

Se l'Italia avrà questa gioventú salda di volontà, chiara di idee, volitiva nei desideri, la sua storia scriverà pagine immortali e gloriose. Bisogna sdegnare le vicende mediocri, non cadere mai nella volgarità, credere fermamente nel bene. Voi sarete allora anche piú forti contro le avversità inevitabili della vita. Se il dolore batterà alle vostre porte, vi sentirete meglio temprati per affrontare la bufera. Abbiate vicina sempre la verità e come confidente la bontà generosa. La fede nella vita non deve essere soltanto il sussidio delle grandi ore, ma deve essere sempre presente nelle opere quotidiane, nelle azioni di ogni tempo. La fede è un incentivo a progredire; la fede è come la poesia. Sono le forze che ci spingono verso la vita, verso le speranze che consolano gli spiriti doloranti e danno alle anime le ali verso le altitudini. Sentirsi sempre giovani, pieno lo spirito di queste verità supreme è come sentirsi in uno stato di grazia. Solo cosí si può essere pronti a degnamente vivere e degnamente morire.

Un sacro retaggio

Anche per noi oggi, in questo rinnovarsi di tempi e di generazioni, è risorta la stella Diana. Le grammatiche per gli emigranti che servirono agli sventurati fratelli lontani con la traduzione di frasi di questo genere: "Sono italiano, ho fame," sono state distrutte da una vampata di orgoglio fascista. Il mondo oggi ascolta di nuovo con rispetto la voce di Roma. Vi sono valori morali nella nostra vita di oggi che rivelano gli indici sicuri della potenza. La generazione che declina li affida a voi giovani come un retaggio sacro. Sono illuminati da una fede ardente e da una certezza consacrata dal martirio. Io guardo con cuore fermo al vostro domani. Ragioni misteriose, convinzioni politiche e religiose confortano il cammino della nostra esistenza. A voi giovani camerati l'augurio fervido di un lavoro fecondo mentre nel ricordo luminoso e santo di mio Figlio mistico e stoico dichiaro aperto l'anno accademico della Scuola di Mistica Fascista del Fascio di Milano.