Sunday, 4 March 2012

Discorso di Milano, 6 ottobre 1934

Agli operai di Milano

di Benito Mussolini

Camicie Nere di Milano! Camerati operai!

Con questa formidabile adunata di Popolo si chiude il ciclo delle mie tre giornate milanesi. Hanno cominciato i rurali. I loro ingenti doni serviranno ad alleviare i disagi di molte famiglie in ogni parte d'Italia. Addito alla Nazione questa stupenda prova di civismo e di solidarietà nazionale offerta dai rurali della provincia di Milano. (Applausi).

Oggi il cuore di questa sempre giovane e gagliardissima Milano (applausi vivissimi), là quale è avvinta indissolubilmente alla mia vita (altissime acclamazioni), rallenta un poco il suo forte pulsare.

Voi siete qui in questo momento, protagonisti di un evento che la storia politica di domani chiamerà il « discorso agli operai di Milano ». (Applausi prolungati). Attorno a voi sono in questo momento milioni e milioni di italiani. Ed anche oltre i mari e oltre i monti altra gente sta in ascolto.

Vi chiedo alcuni minuti della vostra attenzione. Pochi minuti, ma che forse daranno motivo a più lunghe meditazioni.

L'accoglienza di Milano non mi ha sorpreso: mi ha commosso. Non stupitevi di questa affermazione. Il giorno in cui il cuore non fosse più capace di vibrare, quel giorno significherebbe la fine. (Scroscianti acclamazioni).

Cinque anni fa, in questi stessi giorni, le colonne di un tempio che pareva sfidare i secoli, crollavano con immenso fragore. Innumeri fortune si annientavano, molti non seppero sopravvivere al disastro.

Che cosa c'era sotto a queste macerie? Non solo la rovina di pochi o molti individui, ma la fine di un periodo della storia contemporanea, la fine di quel periodo che si può chiamare dell'economia liberale-capitalistica. (Applausi vivissimi).

Coloro che guardano sempre più volentieri al passato, hanno parlato di crisi. Non si tratta di una crisi nel senso tradizionale, storico della parola, si tratta del trapasso da una fase di civiltà ad un'altra fase. Non più l'economia che mette l'accento sul profitto individuale, ma l'economia che si preoccupa dell'interesse collettivo. (Acclamazioni).

Davanti a questo declino constatato e irrevocabile vi sono due soluzioni per dare la necessaria disciplina al fenomeno produttivo.

La prima consisterebbe nello statizzare tutta l'economia della Nazione. È una soluzione che noi respingiamo, perché fra l'altro non intendiamo moltiplicare per dieci il numero già imponente degli impiegati dello Stato.

L'altra soluzione è la soluzione che è imposta dalla logica e dallo sviluppo delle cose: è la soluzione corporativa; è questa la soluzione dell'autodisciplina della produzione affidata ai produttori. (Applausi calorosissimi). Quando dico produttori non intendo soltanto gli industriali o datori di lavoro: intendo anche gli operai. (Approvazioni). Il Fascismo stabilisce l'uguaglianza verace e profonda di tutti gli individui di fronte al lavoro e di fronte alla Nazione. (Applausi). La differenza è soltanto nella scala e nell'ampiezza delle singole responsabilità. (Applausi).

Parlando alle folle della popolosa ed ardimentosa Bari ho detto che l'obiettivo del Regime nel campo economico è la realizzazione di una più alta giustizia sociale per tutto il Popolo italiano. Tale dichiarazione, tale impegno solenne io riconfermo dinanzi a voi e questo impegno sarà integralmente mantenuto. (Acclamazioni entusiastiche).

Che cosa significa questa più alta giustizia sociale? Significa il lavoro garantito, il salario equo, la casa decorosa, significa la possibilità di evolversi e di migliorarsi incessantemente.

Non basta: significa che gli operai, i lavoratori, devono entrare sempre più intimamente a conoscere il processo produttivo e a partecipare alla sua necessaria disciplina.

Le masse degli operai italiani dal 1929 ad oggi si sono avvicinate alla Rivoluzione fascista. Che atteggiamento potevano tenere? Forse quello della ostilità o della riserva? Ma come si può essere ostili ad un movimento che raccoglie la parte migliore del Popolo italiano ed esalta la sua inesausta passione di grandezza? O forse era l'atteggiamento dell'indifferenza? Ma gli indifferenti non hanno mai fatto, né mai faranno la Storia. (Acclamazioni: « Duce! Duce! »).

Non restava che il terzo atteggiamento: quello che le masse operaie hanno già accolto, realizzato: quello dell'adesione esplicita, chiara, schiettissima allo spirito ed agli istituti della Rivoluzione fascista (grida: « Viva il Duce! »). Se il secolo scorso fu il secolo della potenza del capitale, questo ventesimo è il secolo della potenza e della gloria del lavoro. (Ovazioni).

Io vi dico che la scienza moderna è riuscita a moltiplicare le possibilità della ricchezza; la scienza, controllata e pungolata dalla volontà dello Stato, deve risolvere l'altro problema: il problema della distribuzione della ricchezza (applausi) in modo che non si verifichi più l'evento illogico, paradossale ed al tempo stesso crudele, della miseria in mezzo all'abbondanza.

Per questa grande creazione sono necessarie tutte le energie e tutte le volontà. Per questa creazione, che ha portato l'Italia all'avanguardia di tutti i Paesi del mondo è anche necessario che dal punto di vista internazionale l'Italia sia lasciata tranquilla. (Applausi).

Le due cose si tengono. Ecco perché io farò innanzi a voi un rapido giro d'orizzonte, limitandolo ai Paesi che confinano con noi e coi quali bisogna avere un atteggiamento che non può essere quello dell'indifferenza: o è quello dell'ostilità o è quello dell'amicizia. (Applausi). Cominciamo dall'Oriente. È evidente che non vi sono grandi possibilità di migliorare i nostri rapporti con la vicina di oltre Nevoso e di oltre Adriatico, finché continueranno ad imperversare sui giornali polemiche che ci feriscono nel più profondo della nostra carne. (Applausi). Prima condizione di una politica di amicizia che non resti frigoriferata nei protocolli diplomatici, ma scenda un poco verso il cuore delle moltitudini, prima condizione è che non si metta menomamente in dubbio il valore di quell'Esercito italiano (applausi) che ha lottato per tutti; che ha lasciato brandelli di carne (applausi) nelle trincee del Carso, in quelle della Macedonia e in quelle di Bligny; che ha dato oltre seicentomila Morti alla Vittoria comune; Vittoria che cominciò ad essere « comune » soltanto nel giugno e sulle rive del Piave. (Acclamazioni).

Tuttavia noi, che ci sentiamo e siamo forti, possiamo offrire ancora una volta la possibilità di una intesa per la quale esistono condizioni precise di fatto. Noi abbiamo difeso e difenderemo l'indipendenza della Repubblica Austriaca (bene), indipendenza che è stata consacrata dal sangue di un Cancelliere che era piccolo di statura, ma grande di animo e di cuore. (Applausi).

Coloro i quali affermano che l'Italia ha delle mire aggressive e che vuole imporre una specie di protettorato su quella Repubblica o non sono al corrente dei fatti o mentiscono sapendo di mentire. (Applausi).

Questo mi dà l'opportunità di affermare che non è concepibile lo sviluppo della storia europea senza la Germania, ma che è necessario che talune correnti e taluni circoli tedeschi non diano l'impressione che è la Germania che vuole estraniarsi dal corso della storia europea.

I nostri rapporti con la Svizzera sono ottimi, e tali rimarranno non solo nei prossimi dieci anni, ma per un periodo che si può prevedere di gran lunga maggiore.

Noi desideriamo soltanto che sia conservata e potenziata l'italianità del Canton Ticino (bene) e ciò non soltanto nell'interesse nostro, ma soprattutto nell'interesse e per l'avvenire della Repubblica Svizzera.

Non vi è dubbio che da almeno un anno a questa parte i nostri rapporti con la Francia sono notevolmente migliorati. (Bene, applausi).

Lasciatemi aprire una piccola parentesi: il vostro contegno davanti a questa esposizione è così finemente intelligente (applausi), che mi dimostra, e mi riprova, che mentre i metodi di lavoro della diplomazia devono essere riservati, si può benissimo parlare direttamente al popolo, quando si vogliano segnare le direttive della politica estera di un. grande Paese come l'Italia. (Applausi scroscianti).

L'atmosfera è migliorata e se raggiungeremo degli accordi, il che noi vivamente desideriamo, questo sarà molto utile e molto fecondo per i due Paesi e nell'interesse generale dell'Europa.

Tutto ciò si vedrà tra la fine di ottobre ed i primi di novembre (commenti). Il miglioramento dei rapporti fra i popoli d'Europa è tanto più utile in quanto che la Conferenza del disarmo è fallita. (Risa, ovazioni intense).

Nessun dubbio che il cittadino Henderson, come ogni inglese che si rispetti, è tenace, ma non riuscirà in nessun modo a far resuscitare il Lazzaro disarmista, che è profondamente schiacciato e sepolto sotto la mole delle corazzate e dei cannoni. (Applausi).

Così stando le cose voi non vi sorprenderete che noi oggi puntiamo decisamente sulla preparazione integrale e militare del popolo italiano.

Questo è l'altro aspetto del sistema corporativo. Perché il morale delle truppe del lavoro sia alto come è necessario, noi abbiamo proclamato il postulato della più alta giustizia sociale per il popolo italiano, poiché un popolo che non trovi nell'interno della Nazione condizioni di vita degne di questo tempo europeo, italiano e fascista, è un popolo che nell'ora del bisogno può non dare tutto il rendimento necessario.

L'avvenire non può essere fissato come un itinerario o un orario. Non bisogna fare delle ipoteche a troppo lunga scadenza (risa), noi lo abbiamo detto, riaffermato, perché noi siamo convinti che il Fascismo sarà il tipo della civiltà europea ed italiana di questo secolo. (Acclamazioni).

E per quanto riguarda l'avvenire certo od incerto, una cosa sta come base di granito che non si può né scalfire, né demolire: questa base è la nostra passione, la nostra fede e la nostra volontà. (Applausi, ovazioni).

Se sarà la pace vera, la pace feconda, che non può non essere accompagnata dalla giustizia, noi potremo adornare le canne dei nostri fucili col ramoscello d'ulivo. Ma se questo non avvenisse, tenetevi per certi che noi, noi uomini temprati nel clima del Littorio, orneremo la punta delle nostre baionette col lauro e la quercia della Vittoria. (Ovazioni imponentissime).