Saturday 3 March 2012

Discorso di Reggio Emilia, 30 ottobre 1926

Al popolo di Reggio Emilia

di Benito Mussolini

Camicie Nere!

Sono venuto nella vostra città per diversi motivi: prima di tutto volevo ripassare per quei luoghi dove ho trascorso qualche tempo della mia giovinezza; in secondo luogo volevo dare un attestato di simpatia al Fascismo della vostra città e della vostra provincia. Fascismo quadrato, solido, fedele. Infine mi piaceva di cominciare il quinto anno del Regime fascista con l'inaugurazione di opere che onorano il Regime.

Il Regime fascista non si raccomanda alla storia aitraverso ordini del giorno più o meno elaborati e discorsi più o meno eloquenti. Il Regime fascista passa e passerà alla storia attraverso alle sue opere concrete, attraverso alle trasformazioni effettive, fisiche, profonde del volto della Patria.

Abbiamo stamane inaugurato una ferrovia che fu voluta da me e che i vostri costruttori hanno compiuta, così come si deve fare in Regime fascista, nel termine rigorosamente prescritto. Poi ho veduto le terre redente dalla palude: anche questa è un'opera di un'immensa portata e mi è piaciuto di trovare in quelle terre uomini della vecchia nobiltà che sanno però rinverdire il blasone avito attraverso alle pratiche ed attive fatiche dei campi. Così va fatto, o camerati, perché non è più permesso a nessuno di vivere su quello che fu fatto da altri prima di noi.

Bisogna che noi creiamo; noi di questa epoca e di questa generazione, perché a noi spetta il rendere, vi dico, in dieci anni irriconoscibile fisicamente e spiritualmente il volto della Patria. Fra dieci anni, o camerati, l'Italia sarà irriconoscibile! Noi l'avremo trasformata, ne avremo fatta un'altra, dalle montagne che avremo ricoperte della loro necessaria chioma verde, ai campi, che avremo completamente bonificato, alle ferrovie che avremo aumentate, ai porti che avremo attrezzati, perché. l'Italia deve ritrovare la sua anima marinara.

Queste sono le trasformazioni politiche e morali. Creeremo l'italiano nuovo, un italiano che non rassomiglierà a quello di ieri. Sono le generazioni di coloro che hanno fatto la guerra e sono quindi intimamente fasciste. Poi verranno le generazioni di coloro che noi educhiamo oggi e creiamo a nostra immagine e somiglianza: le legioni dei balilla e degli avanguardisti che ho voluto l'altro giorno raccolti nell'austera e solenne maestà del Colosseo.

Questa, o camerati, è l'Italia che noi portiamo nei nostri spiriti, non l'Italia del nostro sogno, ma l'Italia del nostro lavoro.

Camerati!

Voi non dovete credere che la fatica sia terminata: essa è appena incominciata. Ormai tutti si sono convinti che il nostro Regime è imbattibile. Tutti coloro che ne dubitavano sono ormai delle larve, dei fantasmi, dei pallidi uomini di un'altra età, di un altro secolo; costoro non possono più fermare la nostra marcia. Ci sono difficoltà obbiettive, delle difficoltà che sono nella natura stessa delle cose e che noi affrontiamo con grande coraggio, con grande senso di responsabilità ed assoluto spirito tli disciplina. La grande parola che il Fascismo ha detto agli italiani è questa: non v'è diritto senza che prima sia compiuto un dovere. La nostra dottrina prima di essere consegnata in ponderosi volumi è stata vissuta come passione ardente ed operante di tutto il popolo italiano e per questa dottrina sono morti migliaia di fascisti durante l'epoca necessaria e cruenta della lotta civile.

La storia non è dei vili, ma dei coraggiosi; non è dei poltroni, ma degli operanti. La storia è di coloro che sanno prenderla e piegarla alla propria tenace volontà.

Questo è il credo del fascista nell'anno 1926-27, anno quinto del Regime. Il nostro occhio può guardare tranquillo ai cómpiti del domani. Io sento come Capo del Regime fascista che il popolo mi assiste nella mia fatica.

Camicie Nere!

State tranquilli che io vi porterò sempre più in alto, sempre più avanti.