Saturday 3 March 2012

Discorso di Roma, 3 agosto 1926

In onore di Umberto Nobile

di Benito Mussolini

Camerata Nobile!

In nome del Governo Fascista, in nome vostro, romani, in nome di tutto il popolo italiano io porgo all'intrepido generale Nobile e ai suoi compagni di volo il saluto entusiasta e la espressione della ammirazione, dell'amore, della riconoscenza nazionale.

Gli uomini che voi vedete oggi al mio fianco, partirono, nell'aprile, per tentare quello che fino a ieri pareva vietato alle audacie umane, essi osarono affrontare il supremo degli ostacoli: quello che non ha volto e non ha nome.

L'Ignoto.

Gettarono sulla bilancia del destino la loro anima, rinunciarono nel momento stesso in cui posero piede sulla nave aerea, a tutta l'umanità delle loro vite e partirono.

Milioni e milioni di cuori in tutto il mondo, seguirono la trasvolata che, da Roma, da questa Roma immortale il cui solo nome dà un fremito alle genti civili, puntava direttamente alla meta. Ma fra tutti il cuore più ardente di speranza era quello del popolo italiano.

Vanamente si tenta da taluni di offuscare la vostra gloria incomparabile, o generale, o di alterare le proporzioni dei protagonisti di questo grande evento nella storia del mondo.

Giova riaffermare qui una volta per sempre, e vorrei che la mia voce avesse la potenza del tuono, che pur riconoscendo con equità romana i giusti meriti dei vostri compagni di altre nazioni, gli onori del trionfo spettano a voi, perché voi italiano avete ideato la nave, voi italiano con altri italiani l'avete costruita, voi italiano con altri l'avete guidata sapientemente, fino al termine del viaggio straordinario.

Generale camerata Nobile!

In uno dei vostri discorsi d'America voi avete voluto ricordare la mia certezza che sareste tornato. Sì, ricordo, io ero sicuro che sareste tornato e ve lo dissi, avevo riconosciuto nel vostro sguardo quella metodica tenacia, quella sicura intrepidità che devono diventare gli attributi fondamentali del popolo italiano.

Sapevo bene le enormi difficoltà che avreste dovuto affrontare, ma sapevo anche che c'era in voi e nei vostri compagni una prima condizione per superarle.

Il coraggio.

Quando per due giorni mancarono vostre notizie, Roma fu triste, un velo di melanconia sembrava coprire le cose e gli uomini, ma poi, quando la radio, dovuta al genio italiano, annunciò che la meta era raggiunta, i trepidanti si calmarono, Dio vi aveva assistito.

Generale, camerati, oggi la Patria, fiera di voi, vi accoglie in Roma e incide i vostri nomi nei suoi fasti memorabili, la vostra gesta appare sotto la specie del prodigio, ma v'è in essa l'insegnamento che non va, che non deve andare perduto.

Come voi, così il popolo italiano è pronto a tutte le fatiche, a tutte le prove e a tutti i sacrifici pur di attingere il suo destino di potenza e di gloria!