Saturday, 3 March 2012

Discorso di Roma, 5 ottobre 1923


di Benito Mussolini

Il ringraziamento che mi avete portato, io avrei preferito che fosse rinviato. Io desidero scarsamente di essere ringraziato; in ogni modo ad opera compiuta, perché allora le coscienze sono tranquille. Indubbiamente non si può fare per la vostra regione in un anno quello che non si è fatto in mezzo secolo. Non andiamo ora a stabilire le responsabilità degli uomini del passato. Non si tratta di giudicare il passato, che è morto; si tratta piuttosto di spianare la strada all'avvenire, che è nostro.

Il Governo fascista, promulgando delle leggi in vostro favore, non compie nessuna azione miracolosa o speciale: compie semplicemente il suo dovere. Se i tempi non fossero così ardui, se le casse dell'Erario non fossero esauste per motivi che voi conoscete, il dovere del Governo sarebbe stato compiuto in proporzioni ancora maggiori. Quello che il Governo ha fatto deve essere pertanto considerato come una specie di forte anticipazione. Bisogna mettere le regioni dimenticate al passo con tutte le altre regioni d'Italia.

Tutto ciò non può essere soltanto opera del Governo; deve essere anche opera dei cittadini, delle vostre amministrazioni, dei vostri rappresentanti, dei vostri Fasci, dei vostri gruppi economici e politici. Deve essere insomma frutta della collaborazione viva e continua fra quello che i buoni e virtuosi cittadini fanno in provincia.

Se io vi dico che le regioni del Mezzogiorno d'Italia mi stanno particolarmente a cuore, vi dico una cosa che è profondamente vera e sentita. L'Italia ha superato la fase dei luoghi comuni. Tutto ciò che poteva spiritualmente dividere l'Italia è scomparso. Spiritualmente, io affermo che non esiste più un nord ed un sud: esistono soltanto degli italiani devoti alla patria.

Ma l'economia esiste. Esiste cioè un nord, che ha uno sviluppo economico assai avanzato e le regioni meridionali ancora arretrate per quanto è soddisfacimento dei bisogni più elementari della vita. Abbandonate a se stesse, queste regioni impiegherebbero malto tempo a mettersi al passo con le altre regioni d'Italia.

Sorrette dall'opera del Governo, io penso e credo che si metteranno rapidamente alla stessa altezza delle altre regioni. Voi avete delle virtù preziose, siete laboriosi, non siete ancora tocchi da certi mali che sono propri della più progredita civiltà industriale. Siete prolifici e sobri. Ci sono invece delle regioni che consumano troppo alcool. Ciò aumenta il numero degli inquilini dei manicomi e degli ospedali.

Voi, infine, rappresentate un elemento di equilibrio, di riserva, un elemento che domani può essere di salvezza. Ed aggiungo anche che, mentre in talune regioni d'Italia si è dato alla guerra il braccio applicato ai torni e alle macchine, voi avete dato il vostro applicato al fucile. Il che è leggermente diverso. Per tutte queste ragioni, io non ho bisogno di ripetere che vi manifesto tutta la mia simpatia più cordiale di capo, di italiano, di fratello. E prego voi, signori sindaci, di portare alle popolazioni dei vostri comuni la espressione di questi miei sentimenti, di dire che io non sono un padrone, ma piuttosto un servo, molto orgoglioso di servire quella santa realtà che è l'Italia.