Wednesday 7 March 2012

La razza bianca muore?

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 4 settembre 1934)

di Benito Mussolini

Quando nell'oramai lontano 1926, in un mio discorso, lanciai il primo grido d'allarme sulla decadenza demografica della razza bianca, decadenza che non risparmiava come non risparmia sia pure in forma attenuata nemmeno la nazione italiana, taluni poterono ritenere intempestivo o esagerato il mio richiamo. Sono passati otto anni, durante i quali il fatale declino è continuato, si è, anzi, aggravato ed ecco i gridi d'allarme sorgere in tutte le parti del mondo. Nell'Ungheria si deplora dall'alto il costume oramai invalso della famiglia a figlio unico; nella Repubblica Argentina, grande dieci volte l'Italia e dove potrebbero comodamente vivere da 80 a 100 milioni di uomini, la denatalità fa strage, il supero delle nascite è così meschino che si prevede dal 1939 un arresto della popolazione sugli attuali dodici milioni di abitanti, i quali diventeranno dodici milioni di vecchi. Eminentemente drammatico è l'appello che venti alte personalità della politica, della scienza e dell'arte francese, hanno indirizzato al popolo, per metterlo faccia a faccia contro il destino che lo attende.
« Il numero delle nascite — dice il manifesto — è diminuito in Francia di quarantamila unità dal 1932 al 1933; esso è caduto a 682.000, mentre prima del 1870 superava il milione. Domani si manifesterà anche una diminuzione considerevole nel numero dei matrimoni, conseguenza inevitabile della nostra denatalità passata e in particolare di quella del tempo di guerra. Per questo solo fatto noi ci troveremo ben presto con una diminuzione di oltre 80.000 nascite all'anno. Inoltre, se la fecondità delle giovani coppie francesi continuerà a diminuire col ritmo medio degli ultimi sei anni, è matematicamente certo che la Francia non avrà più di 550.000 nascite fra dieci anni.

Il numero dei decessi sarà, allora, di gran lunga superiore a quello delle nascite. Già lo spopolamento ha impoverito numerosi dipartimenti, dove i villaggi periscono e le fattorie cadono in rovina. Lasciare che la denatalità si accentui ancora e e si estenda a tutto il territorio significa accettare che il popolo francese diventi un popolo di vecchi e condannare la Francia ad un indebolimento progressivo. In seguito allo spopolamento, agricoltura, commercio ed industria declineranno sempre più per mancanza di consumatori. Lo Stato diventerà insolvibile per mancanza di contribuenti, ed il Paese sarà incapace di difendere le sue frontiere contro popoli giovani per mancanza di difensori.

Questi pericoli non sono lontani, ma imminenti, e sono le generazioni attuali quelle che si trovano minacciate dalla denatalità nei loro beni e nella loro stessa vita, dalle prospettive di rovine e di guerre che il fenomeno apre dinanzi ai loro occhi.

Non c'è un'ora da perdere per correre ai ripari. Altre Nazioni ci hanno mostrato il cammino; la Germania e l'Italia pur avendo ancora eccedenze di nascite che rispettivamente sono di 250.000 e di 400.000 unità all'anno, hanno già impegnato una lotta energica contro la denatalità. Altre misure di ordine morale e di ordine materiale che la Germania e l'Italia hanno adottato si sono rivelate efficaci: all'ora attuale, il numero delle loro nascite è in aumento.

Sotto pena di morte, la Francia deve seguire il loro esempio ».
Il manifesto reca le firme di due ex-presidenti della Repubblica quali Poincaré e Millerand, di Herriot, del Cardinale Verdier, del Maresciallo Foch e delle altre grandi personalità.

A sua volta quest'appello viene rincalzato da una pubblicazione dell'Alleanza Nazionale per l'aumento della popolazione francese che dice:
« Il numero delle nascite in Francia è diminuito di un terzo negli ultimi 50 anni. Esso fu di 1.034.000 unità nel 1868 e 722.000 nel 1932. Oggi la caduta precipita. Se questo ritmo continuerà non vi saranno neppure 500.000 nascite entro dieci anni. La Francia perderà 150.000-200.000 abitanti in ogni anno. L'invecchiamento della popolazione è un elemento assai grave. La Francia conta già la più forte proporzione di vecchi di qualsiasi altra Nazione (14 per cento contro il 9 per cento della Germania e il 7 per cento della Russia). Ora la riduzione della mortalità non può compensare quella della natalità. La Francia conta oggi 38 milioni di francesi come nel 1870, ma la loro ripartizione non è più la stessa. Vi sono assai più vecchi e assai meno fanciulli. La Germania rigurgita invece di fanciulli e l'Italia ha 4 milioni di bambini più che la Francia ».
Le conseguenze pratiche della denatalità francese sono in seguito passate in rassegna. Secondo l'Alleanza Nazionale la denatalità francese sarebbe stata la causa fondamentale della guerra del 1914, perché avrebbe potuto far credere alla Germania che la Francia fosse una Nazione moribonda. Infine la pubblicazione rileva le conseguenze disastrose della denatalità così dal punto di vista economico, poiché essa tende a ridurre il numero dei consumatori, come dal punto di vista finanziario e infine di quello sociale. L'importanza di è nella constatazione che i dieci milioni di francesi non nati fra il 1870 e il 1914 hanno creato quel fatale disquilibrio fra le due masse di popolazione al di qua e al di là del Reno, squilibrio demografico e quindi militare, a sanare il quale sono stati necessari il concorso e il sangue di quasi tutti i popoli della terra.

Gran Bretagna, la decadenza demografica comincia a turbare profondamente gli spiriti. È difficile tenere un impero, quando la metropoli invecchia e agonizza.

Malthus non sembra più di moda. Del resto il Malthus non doveva credere eccessivamente alle sue troppo cervellotiche e catastrofiche previsioni e lo dimostra il fatto che egli ebbe ben 14 figli. A quale punto la decadenza demografica conduca le Nazioni, lo dimostra la Storia. Già Polibio ci parla delle città greche sterili e vuote e quindi facile preda ai conquistatori romani; ma anche Roma andò verso la catastrofe, quando col diminuire della sua natalità, dovette ricorrere alle truppe mercenarie. Vi fu un momento in cui per avere gli uomini alti sufficientemente per la guardia imperiale bisognò ricorrere ai Batavi (olandesi) conquistati da Giulio Cesare. L'aspetto più triste del fenomeno è l'invecchiamento della popolazione. Mentre in molti paesi della Francia si chiudono le scuole per mancanza di scolari e in altri dipartimenti le scuole sono frequentate in maggioranza da figli di stranieri (italiani, polacchi, spagnoli), il carico finanziario per l'umanità invecchiata aumenta ogni anno: sono queste le Nazioni dove un adolescente ha cinquant'anni. Se il fenomeno non avrà un arresto, si può prevedere una Francia che verso la fine del secolo avrà una popolazione inferiore all'attuale spagnola. E ci sono Stati europei dove il livello di natalità è ancora più basso di quello francese. Che il declino delle nascite non abbia alcun rapporto con la situazione economica, lo dimostra il fatto universale che la ricchezza e la sterilità procedono di pari passo, mentre le classi feconde della popolazione sono le più modeste, cioè quelle ancora moralmente sane e che non hanno massacrato il senso divino della vita, sotto il calcolo cerebrale dell'egoismo.

Del resto, il secolo scorso ha smentito in pieno le teorie di Malthus secondo cui l'aumento della popolazione condurrebbe alla fame per la insufficienza delle provviste alimentari. Il mondo può sostenere una popolazione venti volte maggiore di quella attuale. Le risorse degli Stati Uniti d'America sono sufficienti per mantenere una popolazione quintupla di quella attuale. Il Canadà può dar da vivere a un numero venti volte maggiore degli odierni abitanti. Vaste zone del Sud America sono ancora ancora quasi del tutto vergini; ve ne sono altre ancora in Africa, in Australia, persino in Europa e certamente anche in Asia.

La crisi che ora sopportiamo non è una crisi di carestia, come ormai tutti sanno; è invece precisamente una crisi di sovrabbondanza dovuta in parte, come ebbi occasione di dire nel discorso che pronunziai alla Camera italiana il 26 maggio scorso, alla diminuzione della popolazione nei grandi Paesi industriali.

Ciò che è ancor più deprimente è che i cosiddetti elementi intellettuali delle varie Nazioni non sono prolifici. Si accontentano di uno o due figli, quando non preferiscono addirittura di non averne. Se guardiamo alle statistiche dei diplomati nei vari grandi istituti universitari e scientifici, ci accorgiamo che, in proporzione al loro notevole numero, gli intellettuali non si assumono che in ben scarsa misura la responsabilità di dare alla nazione nuovi elementi che possano elevarne il livello intellettuale.

Questo è il quadro: sulle misure da adottare, e soprattuto sui risultati delle medesime, si discute da secoli : ancora oggi c'è chi afferma e chi nega, ad esempio, l'efficacia delle leggi promulgate da Augusto. In un mio discorso ho detto che anche davanti a questo fenomeno terribile, delicato e per certi lati misterioso, la politica peggiore è quella liberale del « lasciar correre e lasciar fare ». Nessun Governo, del resto, l'ha praticata. Oggi, molti Governi fanno una politica demografica. In Italia è dal 1926 che si fa questa politica. È troppo presto per giudicarne i risultati. Comunque per l'Italia, come per gli altri Paesi abitati da popoli di razza bianca, è una questione di vita o di morte.

Si tratta di sapere se davanti al progredire in numero e in espansione delle razze gialle e nere, la civiltà dell'uomo bianco sia destinata a perire.