(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 11 gennaio 1921)
di Benito Mussolini
Zara ha festeggiato, unica fra tutte le città adriatiche redente, il giorno della sua annessione definitiva alla madrepatria. Il telegrafo ci ha dato notizia di imbandieramenti, luminarie, discorsi, campane a festa e fuochi a salve.
Se la tragedia fiumana non avesse avuto a Zara le ripercussioni che sappiamo, è certo che il popolo zaratino avrebbe offerto manifestazioni ancora più vibranti del suo patriottismo.
Di tutte le città italiane della Dalmazia, solo Zara è stata salvata. Ora il problema che zaratini e italiani devono risolvere è questo: come garantire la vita e lo sviluppo di Zara, come tramutare Zara in un punto solido per l'applicazione della nostra forza d'espansione nel resto della Dalmazia e oltre le Dinrtariche. La posizione di Zara è difficile. Davanti ci sono isole slave e mare slavo; a pochi chilometri dalla città comincia il retroterra slavo. Se i negoziatori jugoslavi di Rapallo ci hanno concesso Zara, gli è perché — è lo Stojanović che lo ha esplicitamente confessato — ritenevano e ritengono che Zara italiana non possa vivere e sia costretta ad un dato momento a chiedere l'incorporazione nel regno dei tre nomi. Ora noi, pur non nascondendoci le difficoltà certe ed eventuali, riteniamo che Zara può vivere ed assolvere il suo grande compito storico. Quando si parla dell'avvenire dell'italìanità dalmata non bisogna mai dimenticare che l'Italia d'oggi non è più quella che aveva i confini all'Iudrio, ma quella che ha portato i confini al Nevoso e riscattato Fiume. L'Italia è vicina a Zara. Può immettere nella città dalmata vasti, continui getti di buon sangue spirituale ed economico.
A nostro avviso, la vita economica di Zara è legata alle comunicazioni terrestri e marittime. Bisogna evitare nelle ulteriori trattative che alle spalle di Zara sorga una specie di muraglia cinese o jugoslava; bisogna stabilire celeri e rapidissime comunicazioni marittime fra Zara e Ancona, Zara e Trieste e gli altri punti della sponda orientale dell'Adriatico. I navigatori, specialmente triestini, devono assolvere il loro compito, che è quello di rialzare le sorti marittime di Zara e fare del porto di Zara un emporio di merci italiane per la Dalmazia,
Altre iniziative d'ordine locale, che devono garantire l'avvenire economico di Zara, sono allo studio e speriamo che daranno proficui risultati. Dall'ordine economico, passando a quello spirituale, Zara deve rappresentare la fiaccola viva della bimillenaria civiltà italiana per tutta la Dalmazia e il mondo slavo. Ci sono delle scuole secondarie a Zara, ma non bastano. Noi vorremmo che la nazione dotasse la piccola città redenta di una grande « Università adriatica », classica e moderna. Le facoltà tradizionali di lettere, filosofia, diritto, medicina, ecc., dovrebbero essere integrate da una specie di seminario itala-slavo, che dovrebbe funzionare da punto d'incrocio, d'intesa delle due razze e delle due civiltà. Le facoltà scientifiche dovrebbero essere attrezzate superbamente, in modo da invogliare gli studenti slavi e balcanici in genere a disertare a poco a poco le università tedesche. Per una iniziativa del genere occorrono molti milioni, ma i risultati compenserebbero tutti gli sforzi.
Noi sognamo — e da gran tempo! — l'« Università adriatica» a Zara. L'influenza di questa università sull'italianità dalmatica e sullo slavismo dalmata sarebbe in breve tempo enorme e preparerebbe quella conquista spirituale dei territori che è meno sanguinosa e infinitamente più duratura dì ogni conquista militare.
L'Italia ufficiale e, soprattutto, l'Italia commerciale, marinara, industriale, deve fare tutto il possibile per garantire l'avvenire economico di Zara. L'« Università adriatica » farebbe il resto nel campo dello spirito.
Abbiamo l'impressione che Zara redenta saprà superare tutti gli ostacoli e saprà assolvere la sua missione: rappresentare l'Italia e costituire un punto d'appoggio formidabile per la difesa dell'italianità dalmata. Gli italiani di Sebenico, di Curzola, di Traù, di Spalato, di Ragusa guardano ora il tricolore italiano che garrisce libero al vento su Zara e, malgrado il trattato di Rapallo, che non è l'ultima parola della storia italiana, le speranze si ravvivano e la fede si ritempra.
Viva Zara! Viva la Dalmazia italiana!