Wednesday 7 March 2012

Primo dell'anno prima divagazione

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 1 gennaio 1919)

di Benito Mussolini

Il confronto tra ciò che è avvenuto in questi giorni in Inghilterra e in Francia e quello che è avvenuto in Italia ci riempie di umiliazione profonda. Osiamo credere che questo nostro senso di umiliazione sia condiviso da grandi masse di cittadini.

In Francia e in Inghilterra, nella prima a mezzo del Parlamento, nella seconda a mezzo di una consultazione elettorale a base totalmente universale, i cittadini si sono raccolti con un plebiscito impressionante attorno ai governi che devono, fra poco, imprendere le trattative supreme di pace. I governi stessi si presentano compatti, concordi, forti di questa immensa solidarietà popolare, alle assisi imminenti.

In Italia, invece, quale desolante spettacolo. Noi non sappiamo ancora per quali reali motivi l'onorevole Bissolati abbia rassegnato le dimissioni. L'onorevole Bissolati, che noi abbiamo invitato formalmente a parlare, non ha ancora parlato e forse non parlerà. Straordinari costumi politici! Si direbbe che il gesto interessi soltanto il ministero e due personaggi di questo ministero. Si direbbe che si tratti di una faccenda intima fra l'onorevole Orlando e l'onorevole Bissolati. L'onorevole Orlando ha ricevuto la lettera contenente i motivi del grande rifiuto e se la tiene. « Luce! Luce! » si grida da ogni parte, ma l'oscurantismo prevale e il sistema di tenerci completamente al buio su avvenimenti che turbano così vivamente la coscienza nazionale non è stato ancora abbandonato.

Ebbene, noi disapproviamo nettamente il gesto dell'onorevole Bissolati e dissentiamo non meno nettamente da lui. Se le dimissioni dell'onorevole Bissolati vogliono essere una protesta contro l'imperialismo italiano, egli ha scelto male il bersaglio e tirato peggio il suo colpo; se le dimissioni sono una specie di protesta ideale contro il cosiddetto imperialismo francese e inglese, allora possiamo discutere.

Ciò che accade è veramente fantastico! Da ogni parte si grida contro l'imperialismo italiano. L'imperialismo italiano è diventato il dada di tutti gli Steed e i Gauvain dell'universo, i quali non fanno che ripetere il vecchio trucco del ladro che lancia la folla all'inseguimento... del derubato. Sembra che di imperialisti in questo basso triste mondo non ci siano che gli Italiani...

Tutto ciò è di una stupidità enorme. L'imperialismo italiano non esiste. E non esiste nemmeno l'imperialismo inglese. Nemmeno quello francese. Bisogna intenderci una buona volta su questa parola « imperialismo ». L'imperialismo è la legge eterna e immutabile della vita. Esso in fondo non è che il bisogno, il desiderio e la volontà di espansione che ogni individuo, che ogni popolo vivo e vitale ha in sé. È il mezzo con cui viene esercitato l'imperialismo ciò che distingue, sia negli individui come nei popoli, l'uno imperialismo dall'altro. L'imperialismo non è, come si crede, necessariamente aristocratico e militare. Può essere democratico, pacifico, economico, spirituale.

In un certo senso, il presidente Wilson — e non è difficile dimostrarlo — è il più grande e il più fortunato degli imperialisti.

Ora, io non grido all'imperialismo francese quando sento il capo dei radicali-socialisti reclamare oltre all'Alsazia e la Lorena — senza beninteso l'ombra dei plebisciti — il bacino carbonifero della Sarre, che fu tolto ai francesi cento e tre anni fa. Né grido a Franklin-Bouillon che ha detto « male di Garibaldi » quando sento che egli vuole creare fra la Francia e la Germania, sulle due sponde del Reno, un territorio neutralizzato, che sarebbe dal punto di vista politico una specie di no man's land. Meno ancora io grido all'imperialismo francese quando sento il ministro degli Esteri, Pichon, che dichiara solennemente di « riservarsi piena libertà riguardo alle frontiere dell'Alsazia-Lorena, perché considero non trattarsi affatto di un'annessione » e più sotto di « volere tutte le riparazioni, tutte le garanzie, tutte le soddisfazioni, senza le quali la vittoria degli Alleati non sarebbe che una lustra» e più oltre di « non permettere l'annessione dei tedeschi-austriaci a quelli germanici... ». Io non insorgo contro l'imperialismo francese quando sento dire dall'onorevole Pichon che « la Francia ha diritti incontestabili da tutelare, specialmente nel Libano, nella Siria e nella Palestina e anche nelle colonie ex tedesche e al Marocco ». E dopo Pichon — quale squillo gagliardo di tromba — il discorso di Clémenceau, specialmente quando lo si ponga a raffronto coi balbettamenti senili dei nostri poveri donchisciotte « democratici »!

La verità è che la Francia non solo vuole conservare la sua posizione nell'Europa e nel mondo, ma vuole, attraverso la vittoria, valorizzarla e fortificarla. Non rinuncia a nulla. L'ideale « democratico », soidisant democratico italiano, come appare meschino, di fronte a questo imperialismo della Francia repubblicana, che non rinnega il famoso trinomio « liberté, egalité, fraternité » ma vuole garantire a se stessa le ragioni e le fonti della vita!

Non io griderò all'imperialismo inglese, a elezioni compiute, quando milioni di elettori e milioni di combattenti hanno votato, non già per quell'Asquith incline alle transazioni con la Germania, non già per quell'Henderson che avrebbe voluto restituire le colonie alla Germania, non già per quei pochi estremisti della « paix quelconque » che sono stati massacrati a colpi di schede, ma per quel Lloyd George, e per quei suoi amici che non vogliono saperne di libertà di mari, intesi nel senso boche, che non vogliono saperne di restituire le colonie ai tedeschi, che meno ancora intendono di rinunciare all'egemonia navale inglese e si preparano a reclamare una discreta indennità di guerra.

Delle due, una; parliamoci chiaro, perché il trucco è durato fin troppo. Il discorso è rivolto ai rinunciatari italiani e agli amici stranieri dei « nostri » rinunciatari. O quello che inglesi e francesi fanno è imperialismo, e allora bisogna insorgere contro il loro, come si insorge contro il nostro, quantunque sia il meno vorace e pericoloso di tutti: o la politica francese e inglese, che ha in questo momento l'adesione quasi unanime delle rispettive nazioni, è semplicemente e saggiamente nazionale e allora è tempo di smettere di condannare l'Italia e soltanto l'Italia, perché fa quello che fanno gli altri.

Se la Francia non intende di rinunciare alla sicurezza strategica sulle rive del Reno, l'Italia non ha forse gli stessi diritti per ciò che concerne il confine alpino e quello adriatico? Se la Francia non ha scrupoli di annettersi anche zone di popolazione prevalentemente tedesca, perché questi scrupoli dovrebbero fermare l'Italia che, nell'eventualità massima, dovrà annettersi, sì e no, mezzo milione fra tedeschi e slavi? Se la Francia e l'Inghilterra non intendono di rinunciare alla conservazione e alla tutela e allo sviluppo delle loro posizioni mediterranee e coloniali, perché solo l'Italia, e soltanto l'Italia, dovrebbe adottare la politica cairoliana che, se non fu saggia nel 1878, sarebbe nel 1919 — oltre che disastrosa — supremamente imbecille?

Sento qualcuno che mi dice: « E la guerra democratica? ». Rispondo che la guerra ha già raggiunto i suoi obiettivi « democratici » e ultra-democratici. Gli imperi centrali, che erano il baluardo della reazione europea, sono crollati e al loro posto sorgono le repubbliche. Sommovimenti più radicali e « democratici » di questi non erano possibili. Ma io mi domando: queste democrazie saranno « pacifiche »?

La repubblica di Zagabria è o sarà pacifica?

Dai preludî, non si direbbe. A ogni modo, quelli che credono di cattivarsi le simpatie dei croati, mollando città e regioni che furono e sono italianissime, sbagliano di grosso. Se voi cedete la Dalmazia, i croati vi saranno ostili per Fiume. Se cederete Fiume, vorranno Trieste e se foste disposti a cedere Trieste, non illudetevi di aver satollato quella tribù: essa vorrà scendere dal Carso Giulio, accampare a Cividale e a Udine, spingersi sino alle rive del Tagliamento, se non a quelle del Piave! È la fertilità delle nostre pianure, è l'azzurro del nostro cielo, che hanno nei secoli scatenate le cupidigie dei barbari!

Società delle Nazioni, disarmo, arbitrato, tutto ciò è oramai patrimonio ideale delle genti, ma questi istituti giuridici che verranno devono consacrare i nostri diritti, non già violarli. La consacrazione dei nostri diritti non esclude — e tanto l'onorevole Pichon come l'onorevole Clémenceau vi hanno accennato — gli accordi e le transazioni sui dettagli.

L'anno che si apre oggi passerà nei secoli col nome di anno della pace mondiale. Il compito del Governo che parteciperà alle « terribili » discussioni di Versailles è arduo quanto mai. Ma perché la pace, oltre che a essere umana, nel senso latino della parola, sia anche come deve essere italiana, e assicuri alla Nazione le condizioni necessarie e sufficienti della vita mondiale, occorre che il Governo abbia idee chiare e precise e che i cittadini — anche ministri — non offrano involontariamente nuovi motivi alla campagna di diffamazione organizzata contro l'Italia.

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ENGLISH

Imperialism is the eternal and immutable law of life. It is, at bottom, nothing other than the need, the desire and the will to expansion which every individual, and every live and vital people, possesses.