Saturday 3 March 2012

Discorso al Senato, 10 febbraio 1926

Risposta a Stresemann sull'Alto Adige

di Benito Mussolini

Onorevoli Senatori!

Il lungo ed ondeggiante discorso del signor Stresemann mi impone l'obbligo di una replica immediata, che sarà netta e precisa, come il discorso che pronunciai sabato scorso nell'altro ramo del Parlamento.

Discorso non improvvisato, ma pazientemente - dico pazientemente - meditato, durante i due mesi della ignobile gazzarra anti-italiana; discorso non retorico; anzi, antiretorico all'estremo, ed il fatto che Stresemann, lo abbia potuto interpretare in siffatta guisa dimostra ancora una volta che Stresemann e molti tedeschi con lui, sono perfettamente all'oscuro del profondo rivolgimento spirituale antiretorico operatosi nella coscienza italiana contemporanea. Queste sono le frangie del dibattito. Il fatto è che pochi discorsi hanno avuta una più profonda ripercussione nell'animo italiano e nell'opinione pubblica europea, di quello da me pronunciato. Segno è che questa parola era necessaria per chiarire una situazione che andava progressivamente intorbidandosi, e che avrebbe potuto sboccare in avvenimenti di eccezionale gravità.

Il chiarimento è avvenuto. Il contrasto è storicamente preciso; è il contrasto fra il pieno diritto italiano e l'assurda pretesa germanica.

Ho appena bisogno di dire che confermo nello spirito e nella lettera il mio precedente discorso, non escluso l'accenno finale al tricolore sul Brennero, che il signor Stresemann può interpretare come vuole, ma che gli italiani interpretano nel senso che l'Italia non subirà mai violazioni di quei trattati di pace che le garantiscono le frontiere conquistate a prezzo durissimo di sangue.

Del resto, il ministro Stresemann non ha fatto, con il suo, che confermare tutti i punti essenziali del mio discorso. Ha egli forse smentita la mia affermazione che l'Italia ha seguito, nel dopoguerra, una politica temperata nei confronti della Germania? No, perché non lo poteva. Ha egli smentito l'esistenza d'una campagna germanica di stampa che per mesi e mesi ha superato i limiti della più elementare decenza, nell'offendere le istituzioni ed i sentimenti più cari degli italiani? No, perché questa campagna di stampa è stata organizzata e trovava ospitalità anche nei fogli governativi, come nella Taegliche Rundschau, che ha fama non usurpata di essere ufficiosa del Ministero degli Esteri germanico.

Ha forse l'on. Stresemann smentito la esistenza di una campagna per indurre al boicottaggio commerciale e turistico dell'Italia? No, perché questa campagna è stata fatta e continua e si acutizza, come risulta da notizie che ho ricevuto non più tardi di stamane. L'onorevole Stresemann ha voluto attenuare l'importanza di questa campagna, facendola apparire come il prodotto di piccoli gruppi di irresponsabili. L'on. Stresemann ignora dunque che la propaganda per il boicottaggio anti-italiano in Baviera è stata fatta nelle Università, negli Uffici, nelle Poste, nei mercati pubblici, sui treni? L'on. Stresemann ignora dunque che del Comitato di Sorveglianza per l'esecuzione del boicottaggio anti-italiano, fanno parte un deputato liberale, un ispettore scolastico, due professori universitari, un ex ministro della giustizia? Il signor Stresemann dunque ignora che il 29 gennaio, alcuni deputati populisti hanno presentato al Landtag prussiano la proposta di chiudere le scuole private italiane esistenti in Prussia?

Non una parola l'on. Stresemann ha dedicato a quella parte del mio discorso, nella quale riferivo gli assurdi progetti ventilati dai capi del pangermanismo nel giugno 1918, quando, nella salda sicurezza della vittoria, riuniti in assemblea nell'Alto Adige, a Vipiteno, chiedevano non il confine tedesco a Salorno, ma ai Sette Comuni, a Desenzano, a Peschiera, alla chiusa di Verona, con l'idea di snazionalizzarne il territorio.

Affermo, con precisa cognizione dei fatti, che in vasti circoli della popolazione germanica non si è definitivamente rinunziato a questi sogni pazzeschi, anche se il governo germanico si limita oggi a semplici rivendicazioni di ordine culturale, comunque intollerabili con il pieno esercizio della sovranità italiana.

Né l'on. Stresemann ha detto verbo in risposta alla mia affermazione, che mentre milioni di tedeschi sono stati aggregati in altri Stati, è solo per l'Alto Adige che si è scatenata artificiosamente un'agitazione, a base di consapute menzogne. Non è di ieri l'ordinanza del governo di Praga che impone a tutti i cittadini di quella repubblica, compresi i tre milioni e mezzo di tedeschi, l'uso obbligatorio della lingua ceca in tutte le amministrazioni dello Stato?

In fine l'on. Stresemann ha difeso con assai deboli argomentazioni la inaudita affermazione del ministro Held, rivolta a sollecitare « la liberazione dei fratelli del Tirolo meridionale ». Questa frase figura nel testo stenografico. Sofisticazioni estensive e pietose mistificazioni non fanno che aumentarne il rilievo e la gravità eccezionale. Non basta dire che la politica estera germanica si fa a Berlino e non a Monaco. Ci interessano anche gli uomini che ne parlano dal punto di vista della loro responsabilità e posizione.

L'on. Stresemann ha girato intorno alla sostanza del mio discorso e si è piuttosto attaccato a dettagli dei quali non ha afferrata la profonda ironia e sui quali tornerò fra poco.

Ma prima voglio replicare a talune specifiche affermazioni del discorso di Stresemann.

Il parallelo che egli fa tra il trattamento reciproco delle minoranze italiane e jugoslave è completamente infondato per ragioni evidenti. Bilateralità di minoranze non esiste fra noi e l'Austria. Così i precedenti storici che Stresemann cita - come il proclama di Pecori Giraldi ed il discorso della Corona - tornano a favore della tesi italiana nel senso che si è « alla prova » rivelata l'inefficacia totale di una politica di longanimità eccessiva, che i tedeschi sono stati sempre portati ad interpretare come un segno di debolezza.

Lo stesso governo fascista nei primi tre anni continuò « press'a poco » la politica di attesa e di indulgenza, ma fu pronto a cambiare vigorosamente questo atteggiamento, quando vide, nella primavera del 1925, gli enormi pericoli ai quali poteva andare incontro, in un avvenire più o meno immediato, il popolo italiano.

Ma vi è un'affermazione nel discorso Stresemann che io debbo smentire nella maniera più formale: quella, cioè, che il Governo italiano abbia in qualsiasi modo e in qualsiasi tempo sollecitato un patto supplementare di garanzia per le frontiere del Brennero.

La verità invece è che il Governo italiano non solo non ha sollecitato, ma ha scrupolosamente respinto ogni suggestione positiva in tale materia, prima e dopo Locarno; convinto come è, allo stato attuale, che la più solida garanzia del Brennero sta nella forza morale e materiale dei trattati del popolo italiano.

Vengo ora con poche parole alla confutazione di talune minori affermazioni contenute nel discorso del signor Stresemann.

Egli si è lagnato che io abbia dichiarato all'ambasciatore Neurath che il Governo italiano avrebbe risposto td boicottaggio con il contro-boicottaggio.

E che cosa si pretenderebbe? Che l'Italia accetti passivamente il boicottaggio delle sue merci e lasci liberamente entrare le merci germaniche? Il signor Stresemann ha protestaio contro quello che io ho detto a proposito dei turisti germanici. Riconfermo che siamo e resteremo un popolo ospitale, ma non tolleriamo che gli ospiti assumano le arie altezzose dei padroni e ci buttino in faccia il loro denaro come se l'Italia non avesse, per vivere, altre risorse. Molti tedeschi ignorano, forse, l'Italia dei campi, delle officine, dei cantieri, l'Italia che può vivere benissimo anche se nell'avvenire non un solo tedesco varcherà più le Alpi.

Così io ho rispettato Walter nel monumento e nella memoria, ma ho trovato grottesca l'idea di farne un antagonista di Dante.

Non rinnego quello che io scrissi nel 1920 sulle possibilità germaniche, ma l'Italia che io rappresento in un regime che non è un episodio, ma un'epoca, non si inchina più alla sufficienza ed alla boria di chicchessia e non ammette amicizie se non sul piede della perfetta parità politica e morale.

Quanto alla snazionalizzazione dell'Alto Adige, l'on. Stresemann volutamente confonde la snazionalizzazione che non si fa, coll'applicazione pura e semplice delle leggi italiane.

Che nell'Alto Adige regnino la violenza ed il terrore, come ha affermato nel suo discorso il primo ministro Held, e come ha - sia pure in forma attenuata - ripetuto Stresemann, è falso. Che la stampa tedesca abbia mentito, lo dimostrano i voti dei maestri, degli albergatori, dei mutilati allogeni alto-atesini che hanno - senza pressioni di sorta - manifestata la loro simpatia al Governo italiano ed espressa la loro indignazione contro le manovre e le fantasie di oltre Brennero.

Ho appena bisogno di ripetere che la nostra politica nell'Alto Adige - politica che io ho chiamata della « romana equità » - sarà continuata in quelle terre che - molto audacemente - si vogliono chiuse nella cerchia della comunità culturale germanica, mentre per noi l'Alto Adige è e rimarrà sempre nella cerchia politica, storica, geografica, economica, morale, italiana.

L'on. Stresemann ha promesso che la Germania modificherà il suo atteggiamento nei confronti delle minoranze allogene che sono nei confini del Reich. Prendo atto per il futuro, ma oggi come oggi la verità è che i tedeschi non tollerano scuole in lingua polacca nei territori dove esistono minoranze polacche. E nemmeno dove esistono minoranze danesi.

È recentissima la notizia che le varie associazioni danesi dello Schleswig avrebbero indirizzato al primo ministro di Prussia un memoriale con il quale lo invitano a considerare: che le popolazioni danesi dello Schleswig da sei anni attendono che venga ad esse concessa la libertà culturale che possa, nel campo scolastico, paragonarsi a quella di cui usufruiscono le minoranze tedesche in Danimarca.

Onorevole Stresemann, prima di rintracciare la pagliuzza nell'occhio italiano, levate la trave che sta nel vostro!

Questo dimostra che, se gli austro-tedeschi avessero vinto, tutto quello che è italianità sarebbe stato brutalmente annientato dal Brennero al Garda!

Onorevoli Senatori!

Il breve dibattito di questi giorni non ha posto di fronte due ministri, ma due punti di vista di una complessa e delicata situazione.

Di qui l'interesse, l'emozione suscitata nel mondo. Ora che i velari sono caduti, la situazione appare straordinariamente illuminata.

La Germania intende dunque assumersi, entro e fuori la Società delle Nazioni, la tutela spirituale di tutti i tedeschi nel mondo, anche di quei pochi dell'Alto Adige, che non appartennero prima della guerra al Reich. Di ciò bisogna prendere atto e farne oggetto di attenta meditazione. Ma io dichiaro non meno esplicitamente:

1°) che la popolazione allogena dell'Alto Adige esula in modo assoluto dal numero di quelle minoranze che nei trattati di pace furono oggetto di speciali accordi;

2°) che l'Italia non accetterà nessuna discussione in materia in nessuna assemblea o consiglio e che quindi il voto della Dieta Tirolese è affatto inutile;

3°) che il Governo fascista reagirà colla massima energia a qualsiasi piano di tale natura, perché si riterrebbe colpevole di vero e proprio delitto di lesa Patria se per centomila tedeschi - calati in terra italiana - dovesse essere in qualsiasi modo compromessa la sicurezza e la pace di quarantadue milioni di italiani che formano certamente il blocco nazionale più omogeneo e compatto che esista in Europa.

Queste non sono minacce per le quali valgano ambigui dilemmi di sorta; queste sono affermazioni di dignità e di forza che i fatti non potranno mai smentire, come è nel costume della nuova Italia, che troppi germanici rimasti ai vecchi luoghi comuni hanno il grave torto di non conoscere ancora.

Onorevoli Senatori!

Nel vostro squisito senso di responsabilità civile, voi sentite che la discussione di questi giorni ha toccato questioni fondamentali. Fondamentale e vitale è la questione non solo dell'intangibilità del Brennero, che Stresemann - bontà sua - ci riconosce giuridicamente in base ai trattati di pace, ma tutto il resto che da quella intangibilità discende.

Voi ricordate che dal 1866 al 1915 la Nazione ha sofferto dell'assurdo vecchio confine trentino come di un coltello nemico che dalle Alpi spingeva la sua lama fino alle rive del Po. Questo confine è stato uno degli aspetti più angosciosi del nostro dramma nazionale, interrotto nel '66, ripreso e concluso felicemente nel 1918, con la Vittoria delle nostre armi.

Questa parola è definitiva. Inviolabile. Ciò dicendo credo di essere veramente l'interprete di tutto il popolo italiano.