Saturday 3 March 2012

Discorso al Senato, 11 marzo 1926

La legge sindacale

di Benito Mussolini

Onorevoli Senatori!

Di tutte le leggi che durante questi primi quaranta mesi di governo sono state sottoposte al vostro esame, l'attuale è la più coraggiosa, la più audace, la più innovatrice; quindi la più rivoluzionaria.

Il mio amico e collega Rocco ha brillantemente difeso la legge, e l'andamento della discussione, favorevole nel complesso, mi dispenserebbe dal prendere la parola, se non volessi sottoporre all'esame del Senato alcune considerazioni di ordine storico. Questa legge viene dopo quaranta mesi di esperienza politica, viene dopo due anni e mezzo di sindacalismo nazionale fascista.

Come è nato questo sindacalismo? dov'è nato? quando è nato? Atto di nascita: 1921. Luogo: la Valle Padana. Modo: la conquista e la distruzione dei fortilizi sovversivi.

Questa conquista e questa distruzione, necessarie, hanno costato molto giovane sangue fascista. Il primo sindacalismo fu dunque un sindacalismo prettamente rurale, fu la rivoluzione dei taglieggiati, la rivolta dei piccoli proprietari, dei fittavoli, dei mezzadri. In un secondo tempo c'è stata anche l'adesione del bracciantato. Si poneva il problema: che cosa doveva essere questo sindacalismo? Doveva limitarsi ad essere un sindacalismo rurale? No, i dirigenti del Fascismo si preoccuparono di prendere posizione nei servizi pubblici ed allora sorse l'associazione nazionale dei ferrovieri fascisti, che ha purificato l'ambiente ferroviario. Sorsero le analoghe organizzazioni tra i postelegrafonici, che hanno reso un ricordo tutte le agitazioni di altri tempi: ma non bastarono. Bisognava andare anche verso le masse urbane, verso il proletariato industriale.

Quindi il sindacalismo fascista allargava il suo raggio d'azione.

Oggi esso raccoglie non meno di due milioni di individui fra rurali e industriali. È una forza imponente. È una massa grande che il Fascismo ed il Governo controllano in pieno: una massa,che obbedisce. È d'ieri lo scioglimento di una lega, di un sindacato fascista, che aveva proclamato uno sciopero intempestivo. Perché? Perché il sindacalismo fascista è prima di tutto educativo. Vuole una minoranza operaia cosciente, consapevole delle necessità della disciplina nazionale. L'onorevole Loria dirà: Minoranza? Ma sempre nel movimento operaio si è trattato di minoranza.

Io che ho una vasta esperienza che mi ha giovato moltissimo, che mi ha reso possibile di conoscere la psicologia delle masse, e di avere quasi una sensibilità tattile e visiva di quello che le masse vogliono, pensano in un determinato momento, posso dire all'onorevole Loria che sempre si è trattato di minoranze; che le famose masse evolute e coscienti, che poi non erano né evolute né coscienti, erano guidate da minoranze esigue, che si moltiplicavano per un processo di inflazione nel momento in cui si inscenava un'agitazione; e ad agitazione ultimata a sciopero vittorioso o a sciopero sconfitto, si dileguavano. E così accadeva che i quarantamila metallurgici di Milano diventavano quattro mila regolarmente iscritti al Sindacato, dei quali solo seicento in regola con le tessere.

Sindacalismo educativo. La guerra ha dato agli italiani, a tutti gli italiani, la nozione della Nazione. Non è vero, come ha affermato l'onorevole Loria, che il proletariato sia internazionale. Basta aprire i giornali per assistere a questo fenomeno: che i laburisti inglesi non hanno accettato il « settlement » realizzato dal mio amico Volpi, pur sapendo che esso imporrà un grave sacrificio all'economia italiana, e quindi anche al proletariato italiano. Prima inglesi, evidentemente, e poi internazionalisti.

Ma la dottrina e la tattica di Gompers, in America, non erano l'espressione più egoistica, di uno sciovinismo proletario portato a manifestazioni di esclusivismo intransigente di fronte a tutti i popoli e a tutte le razze? E non si assiste continuamente al fenomeno di lotta di operai di Francia e di altri paesi contro la mano d'opera italiana? E ciò, anche se la mano d'opera italiana oggi non si presta a compiere quella che nei bei tempi si chiamava azione di crumiraggio?

La verità è questa: che sono le classi più alte della società le prime ad infrancesarsi, inglesizzarsi, ed americanizzarsi, a prendere i costumi degli altri popoli, spesso la psicologia, molto spesso i difetti.

Le classi umili, quelle che sono radicate alla terra, quelle che sono ancora sufficientemente barbare per non apprezzare tutti i vantaggi del cosiddetto « comfort » moderno sono quelle che restano attaccate disperatamente alla loro Patria di origine.

Altro punto del sindacalismo fascista: il riconoscimento della funzione storica del capitale e del capitalismo. Qui siamo nettamente antisocialisti. Secondo la dottrina socialista il capitale è il mostro, il capitalista è l'aguzzino, il vampiro. Secondo la nostra dottrina, tutto ciò è della cattiva letteratura; poi che il capitalismo, con le sue virtù o con i suoi difetti, ha dinanzi a sé alcuni secoli di esistenza; tanto è vero che là dove lo si era abolito anche fisicamente, là ritorna.

Falsa era la concezione del socialismo che impersonava il capitalismo in determinati individui e dava ad intendere che questi individui godevano. di sfruttare il povero proletariato. Tutto ciò è ridicolo. I capitalisti moderni sono dei capitani di industria, dei grandissimi organizzatori, uomini che hanno e devono avere altissimo senso di responsabilità e civile ed economica, uomini dai quali dipendono il destino e il salario e il benessere di migliaia e decine di migliaia di operai.

Che cosa possono chiedere questi uomini? Il successo della loro industria è il successo della Nazione. I godimenti individuali? Ma c'è una legge ed è questa: che è possibile di accumulare delle ricchezze all'infinito, ma la possibilità di goderle è limitata.

Una delle cose più burlesche della letteratura socialista era quella di far credere che la felicità degli uomini dipendesse esclusivamente dal soddisfacimento più o meno completo dei loro bisogni materiali; e questo è assurdo. Il capitalismo ha una funzione che il sindacalismo fascista riconosce in pieno.

Così pure il sindacalismo fascista si rende conto che il tutto è legato ai destini della Nazione; che se la Nazione è potente, anche l'ultimo degli operai può tenere alta la fronte; se la Nazione è impotente e disorganizzata, se la Nazione è abitata da un piccolo popolo, disordinato, tutti ne risentono le conseguenze e tutti devono assumere un'aria di umiliazione di rassegnazione come è stato per venti e più anni in Italia.

Collaborazione di classe: altro punto fondamentale del sindacalismo fascista. Capitale e lavoro non sono due termini in antagonismo, sono due termini che si completano; l'uno non può fare a meno dell'altro, e quindi devono intendersi, ed è possibile che s'intendano. Lo dico, perché ho l'esperienza di tre anni di governo. Tutte le crisi di ordine sindacale, che si sono avute in questi anni, hanno avuto la loro soluzione quasi sempre a Palazzo Chigi, attraverso la conciliazione degli interessi. Certo è che lo Stato si assume dei grandi cómpiti; ma nel discorso della Scala io ho dichiarato che nella mia concezione, nella concezione del Fascismo, tutto è nello Stato, nulla fuori dello Stato, e soprattutto, nulla contro lo Stato. Oggi noi veniamo a controllare le forze dell'industria, tutte le forze della banca, tutte le forze del lavoro. Il cómpito è arduo, ma l'esperienza ci conforta e dà a noi stessi la fiducia che l'esperimento riuscirà. Perché il clima storico è cambiato. Riuscirà perché le masse vanno educandosi, perché noi le educheremo, migliorandole qualitativamente, selezionando i quadri, respingendo gli indegni, espellendo i poltroni. Tutto ciò non può essere fatto in un giorno, ma l'importante è che ciò esista e sia applicato.

Vi è un'altra ragione che vi spiega questa legge.

Meditando su quello che accade nelle società contemporanee, io mi sono convinto che si potrebbe forse stabilire questa legge: che la vita moderna ha abolito ogni margine. Non c'è più margine per gli individui e non c'è più margine nemmeno per i popoli. Nessuno, né individuo né popolo, può permettersi il lusso di fare quello che faceva venti anni fa. La lotta per la vita è diventata e sta diventando sempre più ardua. Le società nazionali che un secolo fa erano scarse di numero, oggi sono imponenti di popolazione. La popolazione dell'Europa è aumentata di alcune decine di milioni.

Oggi non vi è individuo che possa permettersi il lusso di commettere delle sciocchezze e non vi è popolo che possa darsi alla pazza gioia degli scioperi ripetuti e permanenti. Un'ora sola, dico un'ora sola di lavoro perduto in un'officina, è già una grave iattura di ordine nazionale. Se ritornate col pensiero a quello che si faceva quando si perdevano dei mesi intieri, quando uno dei più grandi stabilimenti dell'Italia contemporanea, stabilimento che è un vanto dell'economia italiana, ha avuto uno sciopero di 40 giorni semplicemente perché si era spostata la lancetta dell'orologio, voi vi renderete conto che usciamo veramente dal pelago disgraziato per andare verso la riva della saggezza.

Onorevoli Senatori, rinunzio ad altre considerazioni e vi prego, nella vostra alta coscienza, nel vostro squisito senso di responsabilità, di dare il vostro suffragio favorevole a questo disegno di legge.