di Benito Mussolini
Esaminerò con la massima attenzione gli ordini del giorno riguardanti problemi concreti. Data l'ora non posso prendere impegni precisi. Respingo gli ordini del giorno d'ordine politico.
Non faccio alcun discorso. Mi limito a dichiarare all'on. D'Aragona che il mio atteggiamento verso la Confederazione del lavoro è chiaramente definito nella mia linea di condotta nei confronti dei diversi partiti. L'onorevole D'Aragona sa e ricorda che io ho sempre sostenuto la necessità per la Confederazione del lavoro di affrancarsi dalla tutela politica dei diversi partiti che hanno sempre cercato di trarla per vie traverse.
L'on. D'Aragona stia tranquillo. Lui viene dal proletariato; io vengo dal proletariato. L'on. D'Aragona ha conosciuto la dura vita degli emigranti italiani all'estero il sottoscritto l'ha vissuta. Noi riteniamo che non ci possa essere grandezza materiale e morale di nazione dove le masse operaie sono incivili riottose in continua lite tra loro.
Del resto il fatto che uno dei leaders della Confederazione del lavoro non era assolutamente alieno dal partecipare al mio Governo mostra che non ci sono pregiudiziali assolute da nessuna parte. E io vorrei ricordare a quei settori che se gli avvenimenti si sono svolti come si sono svolti la colpa è in grande parte loro. Sedici mesi fa lanciai in quest'aula un'idea che poteva parere paradossale ma alla quale però se voi foste stati previdenti dovevate afferrarvi come il naufrago alla tavola della salvezza. Non l'avete fatto. Gli avvenimenti vi hanno dato torto.
Noi faremo una politica di necessaria severità. Cominceremo da noi stessi. Solo così potremo esercitarla verso gli altri. Del resto il proletariato ha assistito al nostro movimento senza neppure tentare uno sciopero generale che innegabilmente ci avrebbe dato fastidio. Ha capito che bisognava spalancare le finestre perché l'aria di un certo ambiente era appestata. L'intuito profondo che guida le masse e spesso manca ai capi ha consigliato al proletariato un atteggiamento di benevola aspettativa.
Non dite che noi faremo del servilismo verso la classe capitalistica. Siamo stati noi i primi a distinguere tra borghesia e borghesia. C'è una borghesia che voi stessi rimettete nel piano della sua storica necessità tecnica; c'è una borghesia intelligente e produttiva che crea e dirige le industrie di cui non si può fare a meno. Se le classi capitalistiche sperano di avere da noi privilegi speciali tali privilegi non avranno mai. D'altra parte se alcuni ceti di operai già sufficientemente imborghesiti volessero ricattare il Governo per averne favori elettorali si disingannino. Questo non otterranno mai.
Sono in certo senso lieto che la Camera abbia compreso che il mio duro linguaggio di ieri non si riferiva alla generalità e che ho distinto il giudizio da quello dato sul Senato. Il mio linguaggio aveva riferimenti precisi e concreti nettamente individuali. Si trattava di questa Camera di tutto quello che ognuno di noi ha tante volte rilevato con disgusto. Era logico che io dicessi a questa Camera: o ti adatti alla coscienza della nazione o devi scomparire!
On. Cao le sue dichiarazioni non mi toccano. Adesso il Partito Sardo d'Azione va correggendo la sua linea di condotta; adesso sente che veramente ha esagerato. Ma io coi miei propri occhi ho letto su certi giornaliero.
(Cao: « I giornali non sono i partiti! »).
Li rappresentano però. Si parlava in essi di una vaga federazione mediterranea di cui dovevano far parte la Sardegna la Corsica eccetera.
Dico all'on. Cao che ci occuperemo amorosamente della situazione sarda.
Debbo anche rispondere all'on. Rosadi che mi rimproverava per non aver io volutamente individuato quella città dell'Adriatico la cui passione è viva nei nostri cuori.
Ma poi che il mondo balcanico è in fermento intendo mantenere su quest'argomento il massimo riserbo. Tuttavia l'on. Rosadi deve sapere che per Fiume sono stati adottati molti provvedimenti benefici a quella città.
Non posso ammettere che l'on. Wilfan venga alla Camera italiana a tenere un discorso che potrei chiamare sconveniente e mi limiterò a chiamare eccessivo.
Noi possiamo fare nei confronti delle piccole minoranze allogene una politica di equità e di giustizia ma non dobbiamo con questo dimenticare i diritti della grande massa degli italiani. Non dovete dimenticare che se siamo al Nevoso vi siamo per una dura necessità. E se siamo al Brennero vi siamo per un'altra dura necessità.
Vorrei concludere pregando il nostro Presidente di ritirare le sue dimissioni e suggellare con questo gesto il passato per iniziare l'era che noi vogliamo inaugurare.
Non siamo dei miracolisti e nessuno può pretendere da noi che la situazione si capovolga immediatamente. Sarebbe quello che Lenin chiama « infantilismo ».
L'azione è complessa ed ha infinite interferenze d'indole economica politica morale.
Noi non respingiamo nessuna collaborazione e se domani per esempio fosse tratto in ballo un competente adatto a trattare una determinata questione commerciale da quella parte (indica la sinistra) non avrei nessuna difficoltà ad accettarlo.
Noi pensiamo che se la tempesta non avesse avuto lo svolgimento che ha avuto molti che oggi ci fanno il viso dell'armi non avrebbero esitato a prendere posto nella nostra barca.
La quale barca terrà fieramente il mare e vuole giungere al suo porto: la pace la grandezza la prosperità della Nazione!