Saturday 3 March 2012

Discorso alla Camera, 18 novembre 1925

Sintesi della politica fascista

di Benito Mussolini

Onorevoli Colleghi!

Quando alcuni mesi or sono noi ci separammo in quest'aula dopo una memorabile seduta notturna, io vi dichiarai che il Governo non avrebbe preso le vacanze. Ho l'orgoglio di dire che non le ha prese.

Dissi che il Governo avrebbe impegnato alcune battaglie necessarie allo sviluppo e alla vita della Nazione. Prima battaglia quella della lira. Voi sapete che questa battaglia energicamente condotta ha già dato dei risultati altamente apprezzati ed altri ne darà in seguito. La battaglia del grano ha sollevato un entusiasmo indicibile in tutta Italia.

Finalmente la questione per il pagamento dei debiti ha avuto una prima ottima soluzione nelle trattative recenti, e dico ottima soluzione perché realmente l'accordo di Washington è soddisfacente dal punto di vista degli interessi materiali reciproci e soddisfacentissimo dal punto di vista morale.

Gran merito indubbiamente spetta alla deputazione e soprattutto al capo di essa, che è un negoziatore espertissimo ed è profondamente versato nelle discipline finanziarie, ma il merito di questo accordo, il merito profondo e fondamentale spetta al regime fascista ché finalmente comincia ad essere conosciuto ed apprezzato nella sua essenza in tutti i paesi del mondo.

C'era un trattato di commercio che interessava vivamente l'economia nazionale e dopo 11 mesi di lunghe discussioni, di delicate discussioni, questo trattato è stato concluso, e quel che più conta nei riflessi interni ha sanato quel dissidio che pareva fatale fra nord e sud, fra economia industriale ed economia agricola: alludo al trattato con la Germania.

Questa non è tutta l'opera del Governo. Il Governo che, come già dissi alla Scala, si considera lo stato maggiore della Nazione, la quale a sua volta è considerata come un esercito in marcia, ha anche nella politica interna ottenuto dei risultati notevoli.

A questo punto io voglio dire una parola di elogio ai miei collaboratori. Non l'ho mai fatto pubblicamente in quest'aula e debbo, dunque, dopo tre anni di regime fascista, mentre ci, avviamo al quarto dei 60 preventivati, la mia parola di plauso fraterno ai miei collaboratori.

E in prima linea voglio mettere il ministro degli Interni on. Federzoni che tiene con solido pugno le redini della politica interna; e coi suoi disegni di legge, specialmente con quello del podestà, ha dato un altro colpo mortale a 30 o 40 anni di miserabile pratica suffragista!

Voglio dopo di lui ricordare il guardasigilli onorevole Rocco, il quale ha la grande ventura di applicare da ministro tutto ciò che egli ha maturato da studioso. A lui si deve in massima parte lo sviluppo legislativo della rivoluzione fascista.

Poi viene il navigatore di Buecari che, continuando nella saggia politica instaurata dal Governo fascista, in soli tre anni ha dato questi risultati al mondo civile, e il mondo civile li medita: da un miliardo e 250 milioni di deficit nelle Ferrovie, siamo oggi a 176 milioni di attivo.

Nelle colonie noi continuiamo l'opera di sviluppo delle iniziative economiche. Il quadrunviro De Vecchi sta ponendo le solide basi della potenza italiana nella Somalia del Nord; la Tripolitania è pienamente pacificata; la Cirenaica è una colonia di grande sviluppo.

Ora dovrei parlare degli altri ministri, ma voi mi consentirete che per modestia non ne faccia cenno.

Però debbo una parola di fraterna simpatia ai tre sottosegretari all'Esercito, alla Marina e all'Aviazione, che sono qualcosa di più di semplici sottosegretari e che mi danno il loro valido, cordiale, quotidiano aiuto.

Riassumendo: la situazione all'interno è nettamente dominata dal partito fascista, tutto il resto non conta se non come materiale di archeologia. Rispettabile materiale, se volete, col quale è forse possibile di indagare i misteri della storia passata, ma non è certamente possibile costruire l'edificio possente della storia futura.

Che cosa importa allora del colle che porta sfortuna fino dai tempi dell'antichità? Che cosa importa che qualche sciagurato, ebbro di disperazione e di vendetta, pensi a qualche colpo sinistro?

Tutto ciò, per me personalmente, ha una scarsa importanza. Vado più in là, ed affermo che se anche i tentativi si ripetessero a catena, come a catena si ripetevano le ignobili campagne scandalistiche, il regime è così solido ormai, così infrangibile nella coscienza del popolo italiano, che può fare a meno anche degli uomini, me compreso. (Grida: « No! No! Viva il Duce! Viva Mussolini! ». Vivissimi applausi, cui si associano anche le tribune).

Qui debbo forse alzare la voce, perché non parlo soltanto a voi, intendo di parlare al mondo.

Dopo alcuni secoli, assistiamo a questo fenomeno che intorno ad una idea italiana il mondo si divide pro e contro.

Da Tokio a New York, dal nord al sud, in tutti i continenti, in tutti i paesi, si discute pro e contro il Fascismo. E mentre io affermo che non è possibile all'estero di copiare il Fascismo, perché diverse sono le condizioni storiche, geografiche, economiche e morali, affermo però che ci sono nel Fascismo fermenti di vita il cui carattere universalistico non può essere negato.

In tutto il mondo si sente che il sistema parlamentare che ha avuto la sua utilità, sistema durato alcuni decenni della storia del secolo decimonono, oggi è insufficiente a contenere l'impeto crescente dei bisogni e delle passioni della civiltà moderna. Si sente ovunque che in questa società moderna è necessario ristabilire severamente i principi dell'ordine, della disciplina della gerarchia, senza i quali le società umane si avviano al caos e alla rovina.

Questi principi non giovano soltanto all'Italia, giovano a tutti i paesi civili.

Ora in alcuni di questi paesi vi sono individui, vi sono gruppi politici i quali pensano assurdamente di stabilire una specie di reticolato morale intorno all'Italia fascista. Vi sono individui oltre i confini i quali, ad esempio, non essendo ancora riusciti ad espellere dalle loro carcasse tutto ciò che di torbido e di abietto vi avevano colato i regimi absburgici, si permettono di insultare nei loro Parlamenti questo regime e questo magnifico popolo!

Orbene, bisogna sapere, e tutti lo sanno qui e fuori di qui, che nessun regime è mai caduto sotto pressioni provenienti dall'estero e che tutti gli italiani quando siano minacciati dall'estero diventano un solo uomo. Domani due milioni di giovani raccoglierebbero la mia parola d'ordine. (Applausi. Una voce: « Tutto il paese! »)

Non intendo di elevare minaccie, ma semplicemente, anche nella mia qualità di capo responsabile del Governo italiano, di elevare un fierissimo monito perché sia inteso dovunque.

Ora, con quella fraternità che voi mi conoscete, anche quando non si esprime attraverso le parole, con quella fraternità di capo e di gregario che ha vissuto in tutte le ore di questi sei anni di formidabile battaglia la nostra passione, vi ringrazio. Voi sapete che io non faccio grandi parole, ma dei fatti. Del resto i miei discorsi sono dei fatti, o li registrano o li annunziano.

I fatti sono i seguenti. In questo fascicolo di carte vi sono delle grandi leggi, delle leggi fondamentali. Con esse il regime fascista da una parte liquida tutto il passato, dall'altra getta le solide basi del suo avvenire. Con queste leggi, mentre si dà finalmente una figura, una responsabilità al Governo, si va incontro al popolo italiano, al popolo che merita di essere amato e difeso e dà esempio quotidiano di una ammirabile disciplina.

Guardate quanto accade in questi giorni. È meravigliosa quest'offerta del dollaro. Non sono soltanto gli agiati, i benestanti che contribuiscono, ma è anche l'umile, la povera gente, la gente che fatica. Genova ha dato l'esempio, una città che è nelle mie simpatie, piena di vita, che è già, in regime fascista, diventata il primo porto del Mediterraneo grazie alla disciplina che abbiamo imposto alla Nazione. Ebbene, a Genova sono gli umili lavoratori del porto che si quotano per un dollaro a proposito del quale lancio un appello alla Nazione. Non voglio cinque milioni di dollari, mi basta un milione di dollari, ma esigo che siano versati prima del primo dicembre. Sono certo che la Nazione darà al mondo questo spettacolo superbo di disciplina.

Ecco i disegni di legge che io presento alla Camera e che la Camera discuterà e approverà. Approverà per ché so e sento che voi ormai avete la piena consapevolezza del vostro cómpito storico. Voi siete l'organo legislativo della rivoluzione fascista. (Approvazioni).

Aumento di appannaggio per Sua Altezza Reale il duca di Genova. (Approvazioni).

Aumento di appannaggio per Sua Altezza Reale il duca d'Aosta. (I deputati sorgono in piedi applaudendo).

Voi intendete a questo proposito che questo disegno di legge non ha un valore finanziario, ma un valore morale di riconoscenza nazionale. (Approvazioni).

Attribuzioni e prerogative del Capo del Governo, primo. ministro segretario di Stato. (Approvazioni).

Pensioni alle famiglie dei caduti per la causa nazionale, dal 1° luglio 1919 al 1° novembre 1922. (Approvazioni).

Modificazioni ed aggiunte alle leggi sulla cittadinanza.

Ampliamenti dei poteri dei prefetti.

Disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro, cioè riconoscimento giuridico dei sindacati, magistratura del lavoro, arbitrato obbligatorio.

Conferimento a titolo d'onore della laurea d'onore al nome degli studenti caduti dopo la guerra per la redenzione della Patria e la difesa della Vittoria.

Istituzione dei Consigli provinciali della economia; trattato di commercio e navigazione italo-germanico, firmato il 31 ottobre 1925.

Questi sono i disegni-legge che io sottopongo al vostro esame. Sono sicuro che li esaminerete con tutta la solerzia e la diligenza necessaria; sono sicuro che non vi attarderete in lunghe discussioni sopra disegni di legge che rappresentano l'espressione giuridica e la volontà precisa della rivoluzione fascista.

Onorevoli colleghi!

Finalmente è dato a noi, di questa generazione provata dalla guerra e dal dopoguerra, a questa generazione che ha sanguinato, e non soltanto nelle metafore, che ha fatto la guerra, che ha fatto il dopoguerra, che ha liberato la Patria da tutte le superstrutture della rinunzia e della viltà, è dato finalmente a questa generazione di vivere una di quelle ore che battono assai di rado nel quadrante della storia dei popoli.

Noi, onorevoli colleghi, la vivremo quest'ora, la vivremo non soltanto con le parole, ma coi fatti concreti: e se sarà necessario ci imporremo nella disciplina un cilicio ancora più duro sino a quando tutto ciò che fu un passato ignobile sia definitivamente scomparso, e sia concesso a noi di gettare le basi immutabili di quel secolo che ho già chiamato e sarà il secolo della potenza italiana!