Sunday 4 March 2012

Discorso di Firenze, 17 maggio 1930


di Benito Mussolini

Camicie Nere fiorentine!

Fierissime ed imbattibili per ardimento e per fede! Io vi chiedo pochi minuti di raccoglimento e di silenzio. Con questa gigantesca adunata delle Camicie nere e del popolo fiorentino, si conclude il mio viaggio per le terre e per le città della Toscana. Da Grosseto rurale, a Livorno marinara, a Lucca artigiana, a Pistoia ferrigna, eccomi qui in questa piazza a contatto spirituale con voi tutti, quasi che io vi riconoscessi. ad uno ad uno, come vi riconosco.

Il vostro saluto giunge a me potente come il rombo dell'uragano. Quando, nel 1922, il Partito, che era allora, come oggi, l'asse del Regime, senza del quale non si può concepire il Regime, come non si può concepire un uomo senza vertebre, quando nel 1922 muovemmo verso Roma e voi foste fra i primi, nel proclama del Quadrumvirato era detto: « il Fascismo snuda la sua spada lucente per tagliare i troppi nodi di Gordio che irretiscono ed intristiscono la vita della Nazione ».

In questi otto anni molti di questi nodi di Gordio sono stati tagliati dalla nostra inflessibile e durissima spada, in tutti i campi, dal politico al morale, al religioso, all'economia. Oggi, dinanzi a noi, non sono che dei problemi di ordine economico nella politica interna; sono importanti, ma in questa città dello spirito io non voglio esagerarne la portata. Si vive di pane, o Camicie nere, ma non soltanto di pane.

Dovrò dunque pensare che il prodigio divino del campanile giottesco fu elevato soltanto per dare del lavoro alla corporazione dei marmorai dell'epoca? Fu invece un profondo bisogno dello spirito, così come per là forza dello spirito sono sorti i vostri palagi e tutta la vostra storia è nata e rinata nei secoli.

Ogni anno segna una data: nel 1925 noi fracassammo irreparabilmente l'Aventino; nel 1926 demmo la legge fondamentale sui Sindacati; nel 1927 la Carta del Lavoro e la riforma monetaria; nel 1928 la bonifica integrale; nel 1929 il plebiscito volontario di tutto il popolo italiano, attorno al simbolo del Littorio e la Conciliazione, evento che raccomanda il Fascismo per i secoli che verranno; nel 1930 il cantiere è sempre sonante di opere, e, se volessi, potrei continuare a fissare il nostro programma anno per anno, almeno ancora per un decennio.

Un decennio, ma intendo il decennio come ordine del giorno, non già come durata, perché oggi, dinanzi a questa moltitudine fremente, nella quale il Fascismo è diventato carne della sua carne, sangue del suo sangue, voglio modificare leggermente il calcolo di piazza Belgioioso a Milano e dico: non 60 anni, ma un secolo intero ci appartiene!

Dopo otto anni di questa dura e quotidiana fatica, io vi domando se voi mi vedete iu qualche cosa cambiato. Non credete, non dovete credere che la necessaria fatica dell'ufficio abbia diminuito in qualche cosa la mia naturale combattività. All'interno non abbiamo più nemici che osino mostrarsi a viso aperto.

Di quando in quando escono dai cimiteri della storia delle pallide larve: noi le guardiamo con un sentimento composto di pietà e di disprezzo. Quanto ai nostri nemici di oltre frontiera, italiani di razza, bisogna distinguere fra i capi e le masse. I primi sono delle spregevoli crete, che ci hanno servito e ci serviranno; quanto agli altri, siamo perfettamente convinti di riconciliarli un giorno colla realtà indistruttibile del Littorio. Ma vi sono altri nemici. Prima di tutto, l'ignoranza famosa nella quale versano tutti coloro di oltre frontiera, che vogliono giudicare il Fascismo: credono che siamo ancora un piccolo popolo e non si avvedono che marciamo verso i 43 milioni di anime. Credono che il nostro movimento sia reazione, mentre è rivoluzione: credono si tratti di una tirannia, mentre è tutto un popolo che governa se stesso; credono che noi non siamo capaci di sacrifici anche più grandi di quelli che abbiamo sostenuti per arrivare a Vittorio Veneto.

Niente di più ingiurioso per la fierezza del popolo italiano del sospetto lanciato che il nostro recente programma navale sia cosa che non sarà realizzata.

Riaffermo, qui, che quel programma sarà realizzato, tonnellata per tonnellata; che le 29 unità del nuovo programma scenderanno in mare, poiché la volontà del Fascismo non è soltanto ferrea e decisa, ma è matematica, poiché la nostra volontà, più che allontanata, è sedotta dagli ostacoli, perché io sono sicuro che il popolo italiano, pur di non rimanere prigioniero nel mare che fu di Roma, sarebbe capace di sacrifici anche eccezionali.

Si è domandato: che cosa intendete per temperatura del popolo italiano? Rispondo: Vi sono, oltre le frontiere, sette, gruppi, partiti, uomini, che, essendo ormai organizzati in una cooperativa di sfruttamento degli immortali principi, cioè della più grande, immane e raffinata truffa che oggi si compia ai danni del popolo, credono di isolare l'Italia fascista e, quantunque democratici, quantunque pacifondai, non sarebbero alieni, magari per interposta persona, di scatenare una guerra contro il popolo italiano, colpevole di identificarsi col Regime del Littorio.

Noi li aspettiamo al varco. Se, per avventura, qualche cosa di ciò si verificasse alle frontiere, allora noi, popolo, Camicie nere, esercito, combattenti, saremmo al nostro posto, con un impeto mai visto, pronti a spezzare il tentativo stolto e vano. L'Italia fascista ormai è tale compagine, così organizzata in tutte le sue forze, che non si può attaccarla senza rischio mortale.

Camicie nere! nel 1919 qui tenemmo il primo Congresso nazionale dei Fasci italiani di combattimento. Era una sfida superba che noi lanciavamo a tutto il vecchio mondo esaurito e decrepito, e che, purtuttavia, non si decideva a morire. Quale prodigioso cammino percorso in questi undici anni! Ma la nostra virtù somma e la nostra capacità di rinnovamento continuano. Noi non possiamo mai metterci a sedere. Questo ci è rigorosamente negato, non solo dai cómpiti interni, ma anche dai fermenti nuovi e impensati, che sorgono a tutti i lati dell'orizzonte.

Domattina, Camicie nere, vedrete qui una rassegna armata imponentissima. Sono io che l'ho voluta, perché le parole sono bellissima cosa, ma moschetti, mitragliatrici, navi, aeroplani e cannoni sono cose ancora più belle; poiché, o Camicie nere, il diritto, se non è accompagnato dalla forza, è una vana parola e il vostro grande Niccolò Machiavelli avvertiva che i profeti disarmati perirono.

Queste lezioni della storia e dell'esperienza sono particolarmente suggestive ed eloquenti. Domani mattina, davanti allo spettacolo delle forze armate, tutti vedranno il volto fermo e guerriero dell'Italia fascista. Solo l'Italia fascista, potentemente armata, porrà la sua semplice alternativa: o l'amicizia preziosa o l'ostilità durissima.