Saturday 3 March 2012

Discorso di Mantova, 24 ottobre 1925

Al popolo di Mantova

di Benito Mussolini

Camerati!

L'imponenza di questa adunata, il mare senza confini di questa folla mi ricordano l'adunata di tre anni fa a Napoli, quando quarantamila camicie nere ripetevano, con un ritmo solenne ed indimenticabile, la parola fatidica: Roma!

Voi mi avete aspettato in silenzio e disciplina durante tre anni. Qualcuno rileverà che io pronuncio ancora un discorso. Rispondo che i miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore ed i vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il popolo non li comprendeva e non li amava.

Voglio salutare voi, o mantovani, figli di questa terra che ha dato nell'èra antica il poeta dell'impero, che nell'evo di mezzo fiorì nei suoi palagi di un Rinascimento meraviglioso e che durante il Risorgimento offrì alla Patria la primavera del martirio!

Questa tradizione di gloria non è oscurata perché risplende ancora e vi fa militi devoti ed ardenti della causa comune.

Camerati!

Voi avete ascoltato gli ordini dei vostri capi ai quali dovete obbedienza assoluta. Vi siete presentati a me senza armi e senza bastoni. Ma ritenete voi di essere disarmati?

Voi non siete disarmati, se il vostro spirito è armato, se la vostra fede è potente e la vostra disciplina fermissima.

Camerati!

Sono tre anni durante i quali abbiamo avuto il privilegio e la responsabilità di governare la Nazione. Tre anni di duro governo durante i quali non abbiamo lusingato il popolo! Gli abbiamo anzi imposto degli aspri doveri, pur rendendolo partecipe alla vita dello Stato. Ebbene, questo popolo, che non è stato lusingato da me, che non sarà mai lusingato da me, e soprattutto non sarà mai corrotto da me, dopo tre anni mi dà prove formidabili del suo consenso come all'indomani della rivoluzione trionfante che ci condusse a Roma!

Sono io dunque il tiranno, di cui si parla nelle stupidissime cronache giornalistiche? Sono io dunque il dittatore circondato da nugoli di armati che cerca di tenere avvinto il popolo con le catene - così come si va dicendo in talune impudenti gazzette di oltr'Alpe?

Si dice che noi siamo il Partito dominante. Verissimo! E vogliamo dominare ancora, ma per meglio servire la causa del popolo italiano! Questa causa noi la serviremo a qualunque costo, con l'amore o con la forza, con l'ulivo o con la spada, perché intendiamo che l'Italia abbia il suo posto nel mondo.

Camerati!

Vedendo i vostri movimenti, mi sembra di stare su di un oceano dalle possenti ondate e mi pare di essere il pilota di una nave che spiega ai venti tutte le sue vele e le sue bandiere, pronta a tutte le battaglie.

Camerati!

Siete convinti che noi dobbiamo continuare, che dobbiamo marciare, che dobbiamo mantenerci serrati come un esercito formidabile, fino a che tutti i cómpiti non siano stati assolti, fino a che tutte le mète non siano state raggiunte? L'Italia è ormai completamente fascista o fascistizzata; al di fuori delle nostre masse non ci sono che dei melanconici, dei vendicativi, degli impotenti e dei ruderi.

State tranquilli. Con queste parole io chiudo questo che è per me uno dei più memorabili tra i miei discorsi, perché da tre anni non vedevo una folla così ardente come la vostra. State sicuri che il pilota ha il braccio saldo e il cuore che non trema.

Siate sicuri: io condurrà la rivoluzione fascista fino alla sua mèta finale!