Al popolo di Messina
di Benito Mussolini
Messinesi!
Come ho detto ieri sera ai vostri fratelli di Catania, non è, questo che io compio, un viaggio politico o ufficiale; è semplicemente un pellegrinaggio di devozione e di amore verso la vostra terra, che ancora una volta è duramente colpita.
Ho pensato, tornando da Catania, di fermarmi a Messina per rendermi conto della situazione della vostra città. Già da una prima impressione, che potrei chiamare decisiva, ho avuto la nozione del problema che si esprime in questi molteplici termini: gran parte di Messina attende la sua ricostruzione. Oggi stesso io desidero sentire dalla viva voce dei vostri rappresentanti quali sono gli immediati bisogni della vostra città; devo dichiararvi che il Governo intende di compiere e compirà il suo preciso e categorico dovere. Messina deve completamente risorgere, deve tornare bella, grande, prosperosa come era una volta. Non è soltanto un interesse messinese o siciliano, è un interesse di ordine squisitamente nazionale. Sono qui dunque per porgervi l'attestazione sincera, fraterna, veramente fraterna, del Governo Nazionale, che è, in questo momento, lo affermo in modo solenne, l'interprete sicuro della rinnovata coscienza nazionale italiana.
Il Governo che ho l'onore di rappresentare si è trovato sulle braccia una infinità di problemi arretrati. Non faccio accuse al passato, è una constatazione di fatto. Questi problemi dovranno essere risolti, saranno risolti perché è utile, perché è necessario, perché è doveroso.
Messinesi!
Il tempo in cui le isole che tanto sacrificio di sangue hanno dato alla nostra gloriosa e vittoriosa guerra erano dimenticate o trattate come colonie, questo tempo è ormai lontano, sepolto, sotterrato per sempre. La fraternità e la solidarietà nazionale non devono essere più, d'ora innanzi, soltanto delle parole per le cerimonie, ma devono essere opere concrete di solidarietà nazionale ed umana. L'Italia deve molto alle sue isole; la Sardegna e la Sicilia furono dimenticate purtroppo, ma queste isole dimenticate nell'ora del cimento si sono ricordate superbamente della Patria comune.
Parto da questa vostra terra con una impressione di tristezza per ciò che ho visto a Linguaglossa, ma anche con una impressione di fierezza perché, a Linguaglossa ed altrove, ho visto una popolazione seria, tranquilla, laboriosa, veramente degna della tradizione superba della vostra isola. Ne terrò conto, e mentre vi prego di gradire l'attestazione della mia sincera e fraterna simpatia di compagno, vi invito a levare insieme il grido che riassume la nostra fede di italiani: “Viva il Re! Viva l'Italia! Viva il Fascismo!”