Saturday, 3 March 2012

Discorso di Milano, 26 aprile 1922

Ai funerali di Ugo Pepe

di Benito Mussolini

Siamo venuti tutti a renderti l'estremo onore e l'estremo rimpianto, o nostro eroico compagno caduto! Non i soli fascisti milanesi, ma i fascisti di Genova, di Venezia e di altre città sono accorsi qui a te, quasi a dimostrare che nelle grandi ore la grande famiglia fascista italiana non ha che un palpito solo. Ci sono i veterani poiché tu eri un veterano, uno della prima ora, uno della vigilia. E ci sono anche quelli che sono venuti a noi nel secondo tempo, e attorno c'è stato tutto il popolo milanese. Anche il piccolo popola che ci ha visto sfilare ed ha avuto ancora una volta lo spettacolo della nostra invincibile potenza. Noi vorremmo piangere in quest'ara; ma noi non ti consideriamo alla stregua di tutti i morti. Tu eri un soldato. Noi siamo dei soldati della tua causa. Possiamo ascoltare e raccogliere il grido di tua madre: « Non vendetta, ma giustizia ». Una prima, una grande, una significativa rappresaglia morale è stata quella che noi abbiamo compiuto oggi; ma se i nemici della nazione non desistono dal loro criminale sistema di lotta, noi crediamo, o. nostro compagno caduto, di onorare degnamente e santamente la tua memoria accettando la battaglia sul terreno che i nostri avversari ci impongono.

È triste; ma è fatale. Doloroso; ma è necessario. Sono forze in contrasto; sono forze tese. Una di esse deve scomparire. Come veramente ancora una volta il massimo Poeta di nostra gente coglieva nel segno quando parlava di una « virtù che scende per li rami », non è senza un profondo significato, o amici fascisti, che il nipote di quel generale che nel 1848-'49 corse a difendere Venezia, il nipote di questo purissimo e grande patriota sia venuto nelle nostre file, sia accorso sotto i nostri gagliardetti. Evidentemente sentiva la voce del sangue che gli diceva che un discendente da una famiglia di nobili patrioti non aveva altra bandiera da scegliere che non fosse quella sulla quale sta inciso il romano e superbo fascio littorio. Non abbiamo bisogno che i morti rivendichino le nostre virtù e la nostra probità, anche se parole di scherno e di ingiuria sibilano nell'atmosfera infuocata delle passioni. Qui, al cospetto di questo nostro caduto, caduto compiendo non il grande dovere ma l'umile dovere, poiché, qualche volta, bisogna sapere compiere l'umilissimo dovere, noi possiamo affermare che il fascismo, nella sua anima, nella sua struttura, nella sua volontà, nella sua religione, è il movimento più puro che fiammeggia sotto il cielo della Patria.

Compagno caduto, noi ti facciamo due promesse. La prima è questa nessuno di noi procederà alla piccola vendetta o a piccole rappresaglie. I nostri nemici cospirano nell'ombra e tramano qualche altro colpo contro la nazione! Sarà quella l'ora in cui noi impegneremo il combattimento di massa.

Noi ti promettiamo di conservare nei nostri cuori viva e vigile la tua memoria; ci ripromettiamo di seguire il tuo esempio.

Ti collochiamo sull'altare del martirio fascista insieme ai cento e cento giovinetti che hanno saputo consacrare, che hanno voluto celebrare la loro purissima fede con il loro purissimo sangue.

Addio, o compagno! Questa parola mi strazia profondamente, perché ho raccolto, si può dire, il tuo ultimo anelito di vita. Ma tu vivi in noi. Ma tu ci precedi, tu ci insegni, tu ci sproni a compiere ora e sempre, con nobiltà, con purezza, con sincerità il nostro dovere verso il fascismo e verso la Patria.