Saturday, 3 March 2012

Discorso di Roma, 2 agosto 1924


di Benito Mussolini

Signori!

Mentre mi accingo a parlare innanzi a voi, io sento diretti verso di me, gli stiletti sottili del partito popolare, le rivoltelle nuove fiammanti del liberalismo tripartito, e eziandio i tromboni della social-democrazia.

(L'assemblea ride. Il Duce, dopo una pausa, punta le braccia su la tavola, guarda fissamente la folla e continua ad alta voce):

Perché, voi mi direte, così vasto arsenale di armi? Perché, dinanzi a questi furiosi consumatori d'inchiostro, domani si porrà questo formidabile problema: ha parlato il Capo del Partito o il Capo del Governo? Ebbene, io rispondo che parla l'uno e l'altro. (Bene! Bravo!).

Sì, in quanto che i due elementi non formano che una unità completa, che due aspetti dello stesso fenomeno, due attività della stessa natura. (Applausi).

Voglio portare il mio cordiale saluto a voi, uomini della provincia, della buona, della solida, della quadrata provincia. Vorrei che portaste nelle città troppo popolose e spesso smidollate il vostro spirito pieno di profondità saggia, la vostra rozzezza, il vostro dire chiaramente pane al pane e vino al vino, il profumo delle vostre campagne, l'energia di questo meraviglioso popolo agrario, rurale. (Applausi). Bisogna fare del Fascismo un fenomeno prevalentemente rurale. In fondo alle città si annidano tutti i residui - stavo per dire i residuati - dei vecchi partiti, delle vecchie sette, dei vecchi istituti. Il popolo italiano è prevalentemente rurale: su quattro milioni di combattenti, certamente tre e mezzo erano rurali. I fascisti rurali sono i più solidi; i militi rurali sono i più disciplinati. Si può chiedere a loro la resistenza alla fatica, la sopportazione dei disagi e una disciplina assoluta. E giova dire che in queste ultime settimane la provincia si è fatta fortemente sentire ed è stata un elemento essenziale della situazione. Ora, voi siete qui convocati per dare un governo al partito. Bene. Ma bisogna che questo governo abbia direttive: queste direttive debbono uscire dalla vostra assemblea.

Tante voci e tante parole corrono gli orizzonti. La fortuna delle parole! Varrebbe la pena di scrivere un volume; parole che passano e non lasciano traccia, attorno alle quali ci si affatica. Prima era la libertà, che era tolta al popolo italiano. (Il Duce sorride, incrocia le braccia e, guardando fisso dinanzi a sé, dice): Ma il popolo italiano non me l'ha mai chiesta!

Io sono assai dolente che il Governo, in questi due mesi, per le vicende politiche non abbia potuto fare dell'ordinaria amministrazione, che consiste nel dare delle strade, degli acquedotti, delle case al popolo italiano. (Applausi fragorosi).

Poi è venuto l'argomento della normalizzazione, che nessuno sa ancora che significhi. Poi 1'antirisorgimento. Questa è l'ultima delle trovate. Tutto si può mistificare, anche la storia, ma il Risorgimento è un fenomeno enormemente complesso: c'è di tutto: ci sono anche le bombe di Felice Orsini. È singolare che oggi questo bombardiere sia molto onorato. C'è il nord e il sud, diverse tendenze; probabilmente c'è stata una promiscuità, non veramente una giuntura, fra nord e sud, perché non bastano le ferrovie a determinare l'unità spirituale di un popolo. Nel Risorgimento tutti i fattori entrarono, onde non si potrebbe pensare cosa più ridicola di voler coprire questo grandioso fenomeno, che comincia con una rivolta militare e finisce con un'entrata mediocre a Roma, mettendovi sopra il grande mantello variopinto di un grande partito che allora non esisteva.

Un'altra cosa io debbo ancora dirvi.

Non abusiamo dei casi di coscienza, rendiamoci conto della situazione. Noi siamo un esercito, un partito, una massa accerchiata. Abbiamo delle simpatie diffuse, che subiscono degli alti e dei bassi ma, in realtà, per un fenomeno di cui voi misurate le tappe successive. Tutti coloro che per i più diversi motivi avevano aderito a noi e ora si allontanano, sono quelli con i quali evidentemente non è possibile andare d'accordo; si vede che mancano le condizioni della semplice convivenza. Ma allora quelli che fanno parte di questo esercito che si muove in un ambiente che tutte le opposizioni cercano di rendere più ostile e difficile, tutti coloro che sono in questo partito debbono considerarsi, non dei filosofi alla ricerca dello specifico perfetto, non dei dottrinari che esaminano un problema determinante soluzioni, ognuna delle quali dimostra l'errore degli altri, ma dei soldati.

Quando i tempi duri dell'assedio finiranno, allora i grandi problemi. dovranno essere affrontati e discussi. (Un applauso, interrotto dal Duce con un gesto). Ad ogni modo, evitiamo le manifestazioni che potrebbero impedirci la necessaria libertà d'azione per il futuro: collochiamo pure in soffitta il manganello; ma mi raccomando, non mettiamoci in pantofole e papalina, perché potrebbe darsi il caso che, mentre noi andiamo disarmati con tutti i ramoscelli di una intera foresta d'ulivi, gli altri ci costringessero alla lotta in condizioni di assoluta inferiorità.

Si parla di concordia, di pace, di normalizzazione. Tutti sappiamo a memoria questo vocabolario; ma voi siete testimoni che, da parte dei nostri nemici, non si muove un dito, non c'è una sola parola, non c'è un solo gesto, non c'è neppure un ordine del giorno ed un articolo di giornale che dimostrino una diminuzione della loro preconcetta e irreducibile ostilità. Onde la buona strategia consiglia di seguire la nostra direttiva, che è quella di andare verso il popolo italiano, ma, d'altra parte, di vigilare molto attentamente tutto il lavoro che le opposizioni fanno in pubblico e soprattutto in segreto.

D'altra parte, voi avete visto che questa crisi ha avuto un'utilità, che ha consentito di sceverare i veri amici dai falsi amici, di distinguere i fascisti di volontà, di passione e di fede dai fascisti che sono ombre semivaganti, che hanno sempre le orecchie rizzate per sentire le voci dell'opinione pubblica, e mettere il distintivo a seconda dell'ora che passa. (Applausi). Questo deve finire! (Nuovi applausi). Il nuovo Direttorio avrà delle direttive precise, precisissime. Gli incerti, gli indecisi, tutti coloro che sono già al di là con un piede, saranno respinti perché sono un impedimento, sono una massa che domani ci appesantirebbe nella nostra marcia. Ora, non varrebbe la pena di vivere come uomini e come partito, e soprattutto di dirci fascisti, se non si sapesse tenere testa alla bufera.

Signori, chiunque è capace di navigare in mare di bonaccia, quando i venti gonfiano le vele, né vi sono onde e cicloni. Il bello, il grande, e vorrei dire eroico, è di navigare quando la bufera imperversa. Un filosofo tedesco disse: « Vivi pericolosamente ». Vorrei che questa fosse la parola d'ordine del fascismo italiano: « Vivere pericolosamente ». Ciò deve significare essere pronti a tutto, a qualsiasi sacrificio, a qualsiasi pericolo, a qualsiasi azione, quando si tratti di difendere la Patria e il Fascismo. (Applausi entusiastici).