Saturday 3 March 2012

Discorso di Roma, 7 agosto 1924

Sintesi della lotta politica

di Benito Mussolini

Crederei di commettere un peccato di nerissima ingratitudine se io non vi manifestassi, in termini di assoluta sincerità, il godimento intimo che questa nostra riunione mi ha procurato.

Io vi manifesto il mio alto plauso non solo per la serietà con cui avete manifestato le vostre idee, ma anche per la discrezione che avete messo in una discussione che, svolgendosi alla presenza del Capo del Governo, è sempre di carattere assai delicato. Voi avete superato brillantemente questa prova tanto che oggi io deploro che il Consiglio Nazionale non sia stato convocato prima. Erano tre anni che il Partito non parlava. Se voi ricordate, l'ultimo Congresso fu tenuto a Roma nel 1921. Da allora giammai ebbe luogo un'Assemblea così seria, così imponente e così feconda come quella che in questo salone si è svolta, tanto che io opino in senso favorevole circa la possibilità di tenere, in tempo non lontano, un Congresso nazionale che potrebbe svolgersi, per esempio, a Firenze, dove c'è un grande teatro capace di accogliere i rappresentanti degli 8000 Fasci italiani. Vi sono delle difficoltà di ordine pratico da superare, ma la possibilità esiste ed io credo che il nuovo Direttorio nazionale, fra gli altri suoi cómpiti, dovrà avere anche questo: preparare il quarto grande Congresso Nazionale del Partito Fascista.

Questo Consiglio è stato importante perché ha dimostrato prima di tutto che non esistono tendenze. Il Fascismo non le ha mai avute né le avrà mai. Ognuno di noi ha il suo temperamento, ognuno ha le sue suscettibilità, ognuno ha la sua individuale psicologia, ma c'è un fondo comune sul quale tutto ciò viene livellato; e siccome noi non promettiamo qualche cosa di definito per l'avvenire ma lavoriamo per il presente con tutte le nostre forze, così credo che il Partito Nazionale Fascista non sarà mai tediato, vessato e impoverito dalle interminabili discussioni tendenziali che facevano, una volta, nella piccola Italia d'ieri, il piccolo trastullo della non meno piccola borghesia italiana.

Queste parole di revisionismo, estremismo, terribilismo, ecc., sono state sepolte in una maniera che si può dire definitiva. Credo che non se ne parlerà per un pezzo. Del resto era più una esercitazione dei nostri avversari che una cosa per sé stante. In realtà mi pareva impossibile che l'amico Bottai che è un fascista del '19, che è più giovane di me, che è un ardito di guerra, volesse impaludare il suo intelletto, nelle acque più o meno acquitrinose di un pantano sia pure neoliberale. E mi pareva impossibile, d'altra parte, che Farinacci, che a sua volta ha un temperamento ed un cervello, e fascista del '19, volesse sul serio chiedere cose che non sono possibili, giacché abbiamo tutto: Governo, Provincie, Comuni, abbiamo le forze armate dello Stato, arricchite di recente da un'altra forza armata, che è entrata di fatto e di diritto nella Costituzione. La seconda ondata non avrebbe che dei bersagli fuggenti ed effimeri.

Se nel 1922 ci fu un fatto rivoluzionario, la Rivoluzione deve continuare attraverso un'opera legislativa, attraverso l'opera dei Consigli fascisti, del Gran Consiglio fascista, del Governo fascista.

Si dice dai giornali, i quali pare ci tengano veramente a non capire nulla delle nostre cose, che io sono prigioniero delle mie soldatesche. Prima di tutto voi non siete soldatesche. Respingo questo termine che vorrebbe essere dispregiativo. In secondo luogo osservo che è sempre infinitamente meglio essere prigioniero delle proprie soldatesche che essere prigioniero delle soldatesche avversarie. (Applausi vivissimi).Avete toccato diversi argomenti sui quali conviene che io mi soffermi. Avete parlato della burocrazia: bisogna distinguere la burocrazia che ordina e la burocrazia che esegue. Tante volte io ho chiesto che si spostassero le pietre della vecchia burocrazia per incastrarvi le pietre della nostra. Tante volte io ho chiesto dei prefetti, dei questori da mettere nei punti più delicati di quello che io chiamo lo scacchiere strategico della politica italiana. D'altra parte la burocrazia è necessaria ed avendo la coscienza della sua necessità è assai difficile a manovrare. Ha una psicologia sensibile a tutte le variazioni atmosferiche; così la burocrazia sente anche le più leggere trasformazioni dell'ambiente sociale che ci circonda. Quando il Governo è forte e dà anche l'impressione di essere forte, allora la burocrazia funziona, esegue, non discute. Il giorno in cui la burocrazia ha l'impressione contraria, o presuppone, o spera un cambiamento, vi accorgete che la macchina ha dei rallentamenti misteriosi; qualche cosa non cammina più. Questo 'è avvenuto nel giugno; nel luglio la situazione era già migliorata; nell'agosto cominceranno a convincersi che non vi sarà nulla di nuovo e tutto funzionerà diligentemente, come del resto fu fatto sin qui.

Insisto su alcune note da voi toccate. Bisogna, quando si è al potere, e non ci sono soltanto io, ma ci siete anche voi tutti, perché la responsabilità è diffusa, comune, e la portiamo tutti insieme in solido, bisogna avere l'ignoranza, se non il disprezzo, dell'affare.

Bisogna proprio essere estranei agli affari e non farne (applausi fragorosi); rifiutarsi persino di sentirne parlare; dichiarare che alla nostra mentalità tutto ciò è estraneo e quando ci siano in ogni caso necessità di ordine nazionale, che impongano di trattare simili faccende, bisogna farlo alla chiara luce del sole ed in termini che non ammettano sofisticazioni o speculazioni di nessun genere.

Altra cosa osservata è questa. Non vi è dubbio che abbiamo un po' peccato di vanità. Ci siamo un po' troppo ingingillati; troppi commendatori, troppi cavalieri; tutto ciò doveva essere fatto per altri. Noi dovevamo magari distribuire le commende ma fuori del campo fascista. Dovevamo avere l'orgoglio di arrivare nudi alla mèta.

Anche per quello che riguarda la condotta privata approvo quanto si è detto pur evitando di cadere in un rigorismo quacquero, che ci condurrebbe fuori della realtà della vita. È evidente ad esempio che, quando si occupano posti eminenti del Partito o del Governo, si deve tenere una condotta che non dia luogo ad osservazioni.

Voi avete appena toccato un argomento: quello più delicato veramente: la tragedia del giugno. Ne parlo a voi con assoluta fraternità, veramente da compagno a compagni. Il 7 giugno pronunciai un discorso alla Camera che aveva letteralmente sgominato le opposizioni. Quale era la base niente affatto paradossale del mio discorso? O voi, signori dell'opposizione, farete l'opposizione in questa linea che vi propongo, o non la farete.

La Camera approva. C'è una distensione di nervi in tutta Italia. Credevo che tutte le cose andassero secondo i piani e secondo le speranze e le possibilità umane. Voi credete veramente che l'emozione, che c'è stata e non vale nasconderlo, sia dipesa soltanto dalla scomparsa di quel deputato? No. L'emozione ha questa origine: prima di tutto il tempo, perché nessuno si aspettava ciò all'indomani di un discorso che aveva sgominato le opposizioni: il modo e soprattutto i protagonisti. Se questi fossero stati lontani dal Governo e fossero venuti su dai bassifondi all'infuori del Partito, l'impressione sarebbe stata minima. Viceversa gli uomini che ho dovuto colpire erano abbastanza vicini a me e su questa vicinanza si è miserevolmente speculato.

Quando hanno visto che io agivo, che la posizione tornava a migliorare, gli oppositori sono passati ad un altro genere di insinuazioni e hanno chiesto il processo al regime.

Certo il Fascismo ha subìto un turbamento, ma ha resistito. Perché? Per una ragione molto semplice: perché aveva simpatie grandissime nella minuta popolazione italiana e poi, in secondo luogo, perché il Governo aveva nel suo bilancio un attivo notevole. Se il signor Turati ed altri da 30 anni.non hanno fatto che scrivere articoli nei giornali e votare ordini del giorno, il Fascismo ha già fatto cose che sono scritte e non si possono ignorare. Se oggi Trieste è il grande emporio che avevamo sognato e sono smentite tutte le fosche profezie dei disfattisti, lo si deve al Governo fascista; se oggi c'è una ripresa nei traffici, se oggi c'è la sicurezza nelle officine, se oggi si creano dei nuovi Istituti, e le Provincie e le città si allargano, se c'è una aeronautica che quando io la presi aveva 85 apparecchi e ora ne ha molti di più, sé c'è un esercito, non perché stia nelle caserme, ma perché è l'anima guerriera della Nazione, se nelle Colonie vi è la sicurezza e se abbiamo potuto aumentare di 91.000 chilometri i nostri possessi oltre il Giuba, se abbiamo potuto ottenere e fare 17 trattati di commercio, questi sono tanti fatti, non tanti ordini del giorno, questo è un enorme attivo che ha sostenuto il Governo e che ha reso vano lo sforzo delle opposizioni più o meno coalizzate. (Applausi vivissimi).

Voi credete che realmente si tratti di normalizzazione, di libertà di stampa, di milizia? No, no. Le opposizioni non sono sul Monte Sacro o sull'Aventino per questo. Non mistifichiamo. Esse sono sull'Aventino e vi restano perché hanno una speranza: credono di potermi agganciare. Se domani questo tentativo riuscirà vano, come riuscirà, allora vedrete questa gente scendere in file disordinate dal loro rifugio. Non sperano altro. Essi sperano che attraverso l'istruttoria arrivi qualche cosa per cui sia possibile mettere in giuoco il Capo del Governo. Non dico nulla di inedito se rivelo il piano strategico delle opposizioni, che è quello di isolare il Fascismo nel Paese, isolarlo moralmente, isolarlo materialmente. Si è giunti fino a proporne l'isolamento fisico: un giornale ha detto perfino che bisognava evitare i fascisti come se fossero dei lebbrosi. Noi dobbiamo rispondere a questo piano tattico e strategico dei nostri avversari cercando di evitare questo isolamento nel Paese, cioè facendo dell'azione amministrativa e del sano sindacalismo che ci avvicini alle masse.

Secondo tempo di questo piano: isolamento del Fascismo nel Parlamento con la disintegrazione della maggioranza parlamentare. Perché oggi qualche giornale prende sotto le sue ali cartacee i combattenti e i mutilàti? Perché li esalta? perché li sprona? perché li schiera in un certo senso moralmente contro il Fascismo? perché, sebbene la maggior parte dei liberali sia fedele al Governo Nazionale ed alcuni tra i migliori di essi gli dànno anzi la loro salda e sincera collaborazione, si spera che sui 350 deputati del listone, dei demo-liberali a un certo momento facciano da sé e siano seguiti da qualche mutilato e combattente indeciso, anche di parte fascista, in modo che a un certo momento si possa dire: « Voi Governo non avete più la maggioranza. Chiedete un voto di fiducia ».

Allora: o il Governo ha un voto di fiducia, e ritorna consacrato e non se ne parla più, ma se non ci fosse questo voto e se avessimo questa defezione, sarebbe subito pronta una successione che non sarebbe nel primo tempo una successione di sinistra, ma di destra con contorno di combattenti e di mutilati: degnissime figure che sarebbero magari disposte a darmi un discreto buonservito.

Se il Partito fascista reagisse davanti a questo piano con le sue masse fasciste, essi penserebbero - frase testuale - che poche giornate di sangue basterebbero per dominare le Provincie. Se il Governo non vi riuscisse si farebbe un Governo militare che dovrebbe fiaccare il Fascismo e dovrebbe aprire la strada ad un Governo demo-liberale.

Tutto come prima, anzi peggio di prima. Questo è il piano. Ne consegue che, se per evitare lo scompaginamento del Paese dobbiamo andare verso le masse che lavorano, per evitare l'isolamento nel Parlamento dobbiamo incominciare a contarci fra noi. E se anche un gruppo di deputati demo-liberali e i combattenti passassero dall'altra parte, non si potrebbe fare un Governo perché vi sarebbero sempre 250 fascisti che voterebbero contro. Il Governo dovrebbe ricercare allora l'appoggio della sinistra, ossia di Don Sturzo e di Turati, e non gli baste rebbe. Quanto al Paese, si può schiacciare un focolare di rivolta, ma non si possono schiacciare 75 Provincie dove il Fascismo terrebbe assolutamente le piazze.

Voi vedete che la battaglia è delicata ed esige una strategia assai fine. Bisogna tener conto soprattutto dello stato d'animo del popolo italiano che ha un profondo bisogno di pace. Non bisogna ferire questa sensibilità psicologica delle popolazioni perché altro è muoversi in un ambiente simpatico dove le popolazioni vi accolgono, vi incitano, e diverso è muoversi in un ambiente ostile.

Combattere l'opposizione energicamente, strenuamente non vuol dire respingere tutte le possibilità di collaborazione. A questo si riferiva l'ordine del giorno politico in cui si parlava di un'accettazione leale del Fascismo e del suo avvento insurrezionale. Questo ordine del giorno è ancora un ramoscello di olivo.

In fondo noi diciamo a questi italiani: perché volete negare la realtà, perché non rendervi conto che nell'ottobre c'è stato un tracollo di un determinato regime e perché non accettare il fatto insurrezionale che non si può negare alla luce del sole e della storia? E perché allora non addivenire ad una collaborazione sopra questo terreno di leale accettazione del fatto compiuto anche perché è irrevocabile?

(Applausi vivissimi). Non credo che lo faranno; non mi faccio illusioni: io sono pessimista circa lo sviluppo degli avvenimenti.Noi dobbiamo prevedere che un giorno vi sarà un nuovo tentativo di irruzione contro il Fascismo e siccome lo vediamo, lo possiamo fronteggiare. Se il fattaccio del giugno ci ha sorpreso, quello che potrebbe avvenire in agosto o in settembre non ci sorprenderebbe più. È scontato. Il regime non si processa, quindi. Se le opposizioni pensano di fare il processo al regime mettendo in catena, come si legge nei loro giornali, tutti gli episodi di illegalismo, dichiariamo che ciò non è possibile. Si processerebbe la Marcia su Roma.

Questo Consiglio Nazionale è stato importante prima di tutto perché ha rivelato molta gente, poi perché ci ha fatto conoscere. Non ci si conosceva: ognuno stava chiuso nella sua provincia e lì pareva finire il mondo.

Bisogna mettere in contatto i fascisti, far sì che la loro attività sia anche una attività di dottrina, una attività spirituale e di pensiero. Questo Congresso non ha definito delle dottrine nel senso "teorico della parola, ma ha gettato una serie di semi fecondissimi che ognuno di noi sicuramente elaborerà.
In questo Congresso si sono rivelati degli oratori e soprattutto dei pénsatori fra quei fascisti, che, secondo i nostri avversari, sarebbero tutti degli analfabeti.

Il giuoco dell'opposizione è di negare ogni forza di pensiero ai fascisti. Siccome durante cinque anni abbiamo dovuto prodigarci sempre in un'attività di ordine militare, o sia pure squadrista, così, salvo dei tentativi che sono avvenuti in questi ultimi tempi attraverso delle riviste, non ci siamo mai abbandonati veramente alla trattazione completa di determinati problemi. Così accade che i nostri avversari ci trattino dall'alto in basso.

Non importa che nel Fascismo ci siano degli scienziati come Marconi, dei filosofi come Gentile, dei professori delle migliori facoltà d'Italia. Ora, se i nostri avversari fossero stati presenti alla nostra riunione, si sarebbero convinti che il Fascismo non è soltanto azione, è anche pensiero, anzi, dovendo oggi cambiare il suo fronte di battaglia, bisogna raffinare sempre più la nostra capacità di pensiero, la nostra capacità polemica ed avere non soltanto l'attacco irruento, ma anche l'ironia ed il sarcasmo come accade talvolta nei miei discorsi.

Poi questo Congresso è importante perché ha consolidato l'unità del Partito. Abbiamo discusso per quattro giorni in una maniera fraterna. Ci siamo sentiti veramente come fratelli, non come capi e gregari che venivano da tutte le parti d'Italia, e che venivano a stringere i vincoli di un indistruttibile cameratismo. Ciò è importante perché ha dimostrato che il Fascismo non si può distruggere. Neppure un pazzo frenetico può pensare di cancellare il Fascismo dalla storia italiana.

(Grandi acclamazioni).

Conclusione: bisogna tenersi pronti a tutte le necessítà. Noi non possiamo inibirci nessuna delle possibilità future. Infine se i nostri avversari sono animati da un vero amor di Patria, essi trovano in questo ordine del giorno intransigente la possibilità di demordere dal loro atteggiamento; se viceversa i nostri avversari vogliono mettere la questione sul problema forza, agiremo di conseguenza.

Non rifiutiamoci a nessuna delle possibilità future, prepariamoci; cerchiamo di evitare l'allarmismo nelle popolazioni, cerchiamo di presentarci sotto il nostro aspetto guerriero, ma umano. Non vessiamo i nervi già alterati della popolazione. Cosicché se domani il Fascismo sarà armato di tutto il suo ingegno, di tutta la sua forza morale e spirituale, se potrà dire: noi teniamo la Nazione non per nostro profitto, allora il Fascismo sarà veramente invincibile.

Uno dei grandi meriti del Fascismo è di avere abolito le distanze tra regione e regione. Il nord non deve chiedere troppo perché anche il sud deve fare i suoi progressi. Noi vogliamo unificare la Nazione nello Stato Sovrano, che è sopra di tutti e può essere contro tutti, perché rappresenta la continuità morale della Nazione nella storia. Senza lo Stato non c'è Nazione. Ci sono soltanto degli aggregati umani, suscettibili di tutte le disintegrazioni chela storia può infliggere loro.

Voi tornerete ai vostri paesi, alle vostre città portando l'impressione di questa nostra veramente mirabile adunata: essa segna una tappa che costituisce una data gloriosa di questo Fascismo che ha cinque anni di vita. Credo, in verità, che nessuna Nazione del mondo abbia qualcosa che rassomigli alla storia del Fascismo, un piccolo partito, poche decine di individui che a poco a poco ingrossano come valanga fatale, poi diventano masse, poi osano di assumere il potere. Ma il giorno in cui hanno assunto il potere, e voi ne fate parte, assumono la responsabilità tremenda di governare un popolo di 40 milioni di abitanti.

Se noi concentreremo tutte le nostre energie, se terremo alto, nel nostro spirito, il senso della responsabilità che ci siamo assunta conquistando il potere, cioè il destino presente e futuro delle generazioni italiane, non falliremo la nostra mèta.

Non vogliono più che si dica che siamo pronti ad uccidere ed a morire; ebbene diremo: siamo pronti a morire pur di far grande l'Italia.