Sunday 4 March 2012

Discorso di Roma, 22 gennaio 1939

Ai vincitori della battaglia del grano

di Benito Mussolini

Camerati rurali!

Durante i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile del 1938, pochi Italiani levarono tante volte gli occhi al cielo, quanto colui che ha l'onore ed il piacere di dirigervi la parola in questo momento. Voi lo ricordate. Non una stilla d'acqua durante quattro mesi, pochissima neve sulle Alpi, quasi niente sugli Appennini, la terra riarsa come nell'estate, il grano, ingiallito, non cresceva, mai l'ombra d'una nube sull'orizzonte implacabilmente sereno. Lo stesso fenomeno si verificava in altri Paesi d'Europa, ma questo non ci riguarda.

Erano lecite le previsioni più pessimistiche sui raccolti, sino al giorno in cui, nella prima dècade di maggio, grandi prolungate piogge caddero benefiche in ogni parte d'Italia. Il grano ne ebbe immediato giovamento. Il raccolto era salvo. Si era però, nel frattempo, delineata la solita speculazione straniera sulla fame, che attendeva il popolo italiano, e sulle combinazioni politiche, che ne potevano nascere. Tutto ciò avviluppato da espressioni di solidarietà e filantropia, che nascondevano a mala pena il più democratico e disgustante cinismo.

Parlando alle forti genti del Cadore io dissi, nel famoso settembre scorso, che gli avversari professionali del Fascismo erano troppo stupidi per essere pericolosi. Lo confermo nella maniera più esplicita. Se io vi dessi lettura dei discorsi e degli scritti contenenti le puerili profezie, le assurde macchinazionì, le calunniose fantasie, le ridicole speranze che gli avversari del Fascismo diffondono sull'Italia, sulle nostre idee, sui nostri uomini e su chi vi parla, io vi farei ridere a lungo e così forte, che, malgrado le Alpi, andrebbero in frantumi molti vetri delle metropoli d'oltre frontiera.

A questo punto il Duce, interrompendo dì seguire le cartelle del suo discorso, dice: Volete sapere l'ultima? Questa notizia che vi dico non l'ho scritta, perché l'ho udita proprio stamattina. Il Vaticano, secondo un prelato francese, avrebbe consigliato la Francia dì tener duro. Io sono assolutamente convinto che siamo dinanzi ad una famosa baggianata. Tener duro è una parola. Ma se domani si trovasse, e certamente si troverà, chi dicesse agli Italiani che devono tener più duro ancora? (La battuta ímprovvisata suscita un immenso clamore di applausi, mentre il pubblico prorompe in altissimi: « Sì! Sì! »).

L'antifascismo straniero è veramente, inguaribilmente, meravigliosamente ignorante delle cose italiane: il che non ci turba affatto. È meglio, in fondo, di non essere troppo conosciuti: la sorpresa agirà, quindi, in pieno.
A coloro che si ripromettevano di piegare l'Italia fascista attraverso il mancato raccolto del grano, io risposi ad Aprilia. Più tardi tutti i nostri nemici rimasero confusi e svergognati quando conobbero la cifra del raccolto: quasi ottantuno milioni di quintali, e in una stagione avversa. Due raccolti consecutivi ottimi. Avremo il terzo? Nessuno può dirlo con assoluta certezza. Ma i rurali italiani lo merìterebbero.

Intanto mi piace annunciare che glì attuali prezzi del grano rimarranno immutabili anche per il raccolto del 1939. Ciò in coerenza con le nostre direttive intese a stabilizzare i prezzi dei fondamentali prodotti agricoli. Come vedete la nostra politica rurale segue il suo corso: bonificare le terre, aumentare il reddito, migliorare le sorti degli agricoltori e dei lavoratori, conservare all'Italia una forte massa rurale che abbia l'orgoglio di vivere sulla terra, di lavorare in Italia e in Africa la terra, di conservare e tramandare le virtù intrinseche della razza, e che sia pronta a difendere con le armi questa terra, ormai identificata storicamente, fisicamente e moralmente con la Patria.