Saturday, 3 March 2012

Discorso di Milano, 4 ottobre 1922

Al gruppo rionale fascista « Antonio Sciesa »

di Benito Mussolini

Ho accettato di venire a parlare questa sera al Gruppo Sciesa per un triplice ordine di motivi: un motivo sentimentale, un motivo personale ed un motivo politico. Un motivo sentimentale, perché volevo tributare il mio attestato di ammirazione e di devozione profonda ai nostri indimenticabili magnifici Caduti, Melloni, Tonoli e Crespi: i primi due della vostra squadra; il terzo della Sauro, io li ricordo perfettamente. Poi ho accettato di parlare per il carattere che il Gruppo ha voluto dare a questa celebrazione. Finalmente, data l'attesa generale che tiene sospesi gli animi di tutti gli italiani nel presagio di qualche avvenimento che dovrà arrivare, non volevo mancare l'occasione di precisare alcuni punti di vista; precisazione necessaria nel tormentoso periodo che attraversiamo.

Voi sentite, a giudicare dal vostro atteggiamento austero e silenzioso, che se la materia è corrompibile, lo spirito è immortale. Voi sentite, stasera, che in questo piccolo ambiente aleggia ancora lo spirito dei nostri Caduti. Sono presenti. Noi sentiamo la loro presenza. Poiché l'anima non può morire. E sono caduti nell'azione più eroica compiuta dal Fascismo italiano nei quattro anni della sua storia. Poiché molte volte, quando i fascisti si sono precipitati a distruggere col ferro e col fuoco i covi della ribalda e vile delinquenza social-comunista, non hanno visto che le schiene in fuga; ma gli squadristi della Sciesa ed i due Caduti che qui ricordiamo e tutti gli squadristi dei Fascio milanese, sono andati all'assalto dell'Avanti! come sarebbero andati all'assalto di una trincea austriaca. Hanno dovuto varcare dei muri, spezzare dei reticolati, sfondare delle porte, affrontare del piombo rovente che gli assaliti gettavano con le loro armi. Questo è eroismo. Questa è violenza. Questa è la violenza che io approvo, che io esalto. Questa è la violenza del Fascismo milanese. Ed il Fascismo italiano — io parlo ai fascisti di tutta Italia — dovrebbe farla sua. Non la piccola violenza individuale sporadica, spesso inutile, ma la grande, la bella, la inesorabile violenza delle ore decisive. È necessario, quando il momento arriva, di colpir con la massima decisione e con la massima inesorabilità. Non dovete credere che qui mi facciano velo i sentimenti di simpatia fortissima che io ho per il fascismo milanese: ma è soprattutto l'amore che io porto alla nostra causa. Quando una causa è santificata da tanto sangue purissimo di giovani, questa causa non deve venire in nessun modo ed a nessun costo infangata. Eroi sono stati i nostri amici! La loro gesta è stata guerriera. La loro violenza santa e morale. Noi li esaltiamo. Noi li ricordiamo. Noi li vendicheremo. Non possiamo accettare la morale umanitaria, la morale tolstoiana, la morale degli schiavi. Noi in tempo di guerra adottiamo la formula socratica: Superare nel bene gli amici, superare nel male i nemici!

La nostra linea di condotta è correttissima. Chi ci fa del bene, avrà del bene; chi ci fa del male, avrà del male. I nostri nemici non potranno lagnarsi se, essendo nemici, saranno trattati duramente, come duramente devono essere trattati i nemici. Siamo in un periodo storico di crisi che accelera ogni giorno i suoi tempi. Lo sciopero generale, che fu stroncato dal sacrificio di sangue dei fascisti, è un episodio che si inquadra nella crisi generale. Il dissidio è fra Nazione e Stato. L'Italia è una Nazione. L'Italia non è uno Stato. L'Italia è una Nazione, poiché dalle Alpi alla Sicilia c'è una unità fondamentale della nostra razza, c'è una unità fondamentale dei nostri costumi, c'è una unità fondamentale del nostro linguaggio, della nostra religione. La guerra combattuta dal '15 al '18 consacra tutte queste unità e se queste unità formidabili bastano a caratterizzare la Nazione, la Nazione italiana esiste: piena di risorse, potentissima, lanciata verso un glorioso destino.

Ma la Nazione deve darsi lo Stato. E lo Stato non c'è. Oggi il giornale che rappresenta il liberalismo in Italia — il giornale più diffuso in Italia, e che perciò qualche volta ha fatto molto male agli italiani sostenendo tesi assurde — constatava che in Italia ci sono due Governi e quando ce ne sono due, ce n'è uno di più. Il Governo liberale e il Governo fascista. Lo Stato di ieri e lo Stato di domani. « Occorre un Governo », diceva oggi il Corriere della Sera. Siamo d'accordo. Occorre un Governo.

Ma ci sono in questi giorni due episodi, sintomatici che dimostrano che lo Stato fascista è infinitamente migliore dello Stato liberale e che perciò lo Stato fascista è degno di ricevere l'eredità dello Stato liberale. Due episodi: uno in cui entra la pietà ed un altro in cui entra la legge.

A San Terenzio di Spezia, se i morti sono stati sepolti tutti, se i feriti sono stati portati tutti all'ospedale, se il paese è stato ripulito dalle macerie, se i mobili ed i beni sono stati salvaguardati dagli sciacalli umani, se San Terenzio potrà rivivere, se il rancio è stato distribuito ai soldati in tempo utile, lo si deve allo Stato fascista. Ed il sindaco di Lerici — che non risulta essere fascista — non manda un telegramma a Facta, ma ne manda uno, traboccante di riconoscenza, a Mussolini, come avrete appreso dal Popolo d'Italia.

Qui siamo nel campo della pietà, della solidarietà nazionale ed umana.

Saltiamo a Bolzano. Siamo nel campo della legge e del diritto italiano. Chi li ha tutelati? Il fascismo. Chi ha imposto l'italianità in una città che deve essere italiana? Il fascismo! Chi ha bandito quel Perathoner che per quattro anni ha tenuto in iscacco cinque ministeri italiani? È stato il fascismo, che ha dato una scuola agli italiani, una chiesa agli italiani, un senso di dignità agli italiani nell'Alto Adige! Chi ha collocato il busto del re nell'aula consiliare? (Il re, passando da Bolzano, se n'era dimenticato: evidentemente non ci teneva!). Il fascismo!

I tedeschi sono meravigliati e stupiti di vedersi dinanzi la gioventù fascista, che è bella fisicamente ed è magnifica moralmente. Hanno l'aria di domandarsi, questi tedeschi che popolano abusivamente il territorio italiano: « Che Italia è questa? ». Noi rispondiamo: « Voi, tedeschi, attraverso i ministeri della disfatta e della mala pace, eravate -abituati all'Italia di Abba Garima: dovete famigliarizzarvi con l'Italia di Vittorio Veneto, che è una Italia di qualità, di forza, di energia, che dice Al Brennero ci siamo e ci resteremo! Non vogliamo andare ad Innsbruck; ma non pensate affatto che Germania ed Austria possano ritornare mai più a Bolzano! ».

Questo è lo Stato fascista quale si rivela agli occhi degli italiani in due momenti tipici della cronaca attuale: il disastro di San Terenzio e la occupazione fascista di Bolzano.

I cittadini si domandano: « Quale Stato finirà per dettare la sua legge agli italiani? ». Noi non abbiamo nessun dubbio a rispondere « Lo Stato fascista! ».

Il Corriere della Sera dice: « Bisogna far presto! ». Siamo d'accordo! Una nazione non può vivere tenendo nel suo seno due Stati, due governi, uno in atto, uno in potenza. Ma quali sono le vie per arrivare a dare un governo alla nazione? Diciamo governo; ma quando noi diciamo Stato intendiamo qualche cosa di più. Intendiamo lo spirito, non soltanto la materia inerte ed effimera! Ci sono due mezzi, o signori: se a Roma non sono diventati tutti rammolliti, dovrebbero convocare la Camera ai primi di novembre, far votare la legge elettorale riformata, convocare il popolo a comizio entro dicembre. Poiché la crisi Facta, come invoca il Corriere, non potrebbe spostare la situazione.

Fate trenta crisi al Parlamento italiano, così come è oggi, ed avrete trenta reincarnazioni del signor Facta. Se il Governo, o signori, non accetta questa strada, allora noi siamo costretti ad imboccare l'altra. Vedete che il nostro gioco ormai è chiaro. D'altra parte non è pensabile più, quando si tratta di dare l'assalto ad uno Stato, la piccola congiura che rimane segreta sì e no fino al momento dell'attacco. Noi dobbiamo dare degli ordini a centinaia di migliaia di persone, e pretendere di conservare il segreto sarebbe la più assurda delle pretese e delle speranze. Noi giochiamo a carte scoperte fino al punto in cui è necessario di tenerle scoperte. E diciamo: «C'è un'Italia che voi, governanti liberali, non comprendete più. Non la comprendete per la vostra mentalità arretrata, non la comprendete per il vostro temperamento statico, non la comprendete perché la politica parlamentare vi ha inaridito lo spirito. L'Italia che è venuta dalle trincee è un'Italia forte, un'Italia piena di impulsi, di vita ».

È un'Italia che vuole iniziare un nuovo periodo di storia. Il contrasto è quindi plastico,drammatico, fra l'Italia di ieri e la nostra Italia di oggi.

L'urto appare inevitabile. Si tratta ora di elaborare le nostre forze, i nostri valori, di preparare le nostre energie, di coordinare i nostri sforzi perché l'urto sia vittorioso per noi. E del resto su di ciò non può esservi dubbio.

Ormai lo Stato liberale è una maschera dietro la quale non c'è nessuna faccia. È una impalcatura; ma dietro non c'è nessun edificio. Ci sono delle forze; ma dietro di esse non c'è più lo spirito. Tutti quelli che dovrebbero essere a sostegno di questo Stato, sentono che esso sta toccando gli estremi limiti della vergogna, della impotenza e del ridicolo.

D'altra parte, come dissi ad Udine, noi non vogliamo mettere tutto in gioco, perché non ci presentiamo come i redentori del genere umano, né promettiamo niente di speciale agli italiani. Anzi, può essere che noi imporremo una più dura disciplina agli italiani e dei sacrifici. Può darsi che noi li imporremo tanto alla borghesia quanto al proletariato, perché c'è un proletariato infetto, come c'è una borghesia più infetta ancora.

C'è un proletariato che merita di essere castigato per poi dargli la possibilità di redenzione, e c'è una borghesia che ci detesta, che tenta di gettare la confusione nelle nostre file, che paga tutti i fogli che fanno opera di calunnia antifascista; una borghesia che si è gettata fino a ieri ignobilmente ai piedi delle forze antinazionali; una borghesia verso la quale noi non avremo un brivido di pietà.

Siamo circondati da nemici: ci sono i nemici palesi e quelli occulti. I nemici palesi vivono nei cosiddetti partiti sovversivi, che ormai si sono specializzati nell'agguato e nella imboscata assassina.

Ma ci sono dei nemici ambigui, che, sotto il tricolore e sotto bandiere analoghe, cercano di ferire il movimento fascista, di insinuarsi nelle nostre file, di creare dei simulacri di organismi per indebolire il movimento nostro proprio nella fase in cui è necessario di tenerlo maggiormente compatto ed unito.

Ora bisogna dire che se non avremo remissione per coloro che ci attaccano dietro le siepi, non avremo nemmeno remissione per coloro che ci attaccano con ambiguità. Quando al quadrante della storia battono le grandi ore, bisogna parlare da contadini: semplicemente, duramente, schiettamente e lealmente.

Non abbiamo grandi ostacoli da superare, perché la nazione attende, la nazione spera in noi. La nazione si sente rappresentata da noi. Certamente non possiamo promettere l'albero della libertà sulle pubbliche piazze; non possiamo dare la libertà a coloro che ne profitterebbero per assassinarci. Qui è la stoltezza dello Stato liberale: che dà la libertà a tutti, anche a coloro che se ne servono per abbatterlo.

Noi non daremo questa libertà. Nemmeno se la richiesta di questa libertà fosse avvolta nella vecchia carta stinta degli immortali principi!

Infine, quello che ci divide dalla democrazia non sono gli ammennicoli elettorali. La gente vuole votare? Ma voti! Votiamo tutti fino alla noia e fino alla imbecillità! Nessuno vuol sopprimere il suffragio universale. Ma faremo una politica di severità e reazione. Questi termini non ci fanno paura. Se si dirà dagli organi rappresentativi della democrazia che noi siamo reazionari, non ci adonteremo affatto. Perché quel che ci divide dalla democrazia è la mentalità, è lo spirito. La storia non è un itinerario obbligato: la storia è tutta contrasti, è tutta vicende; non ci sono secoli di tutta luce e secoli di tutte tenebre. Non si può trasportare il fascismo fuori d'Italia, come non si è potuto trasportare il bolscevismo fuori dalla Russia.

Dividiamo gli italiani in tre categorie: gli italiani « indifferenti », che rimarranno nelle loro case ad attendere; i « simpatizzanti », che potranno circolare; e finalmente gli italiani « nemici », e questi non circoleranno.

Non prometteremo nulla di speciale. Non assumeremo atteggiamenti di missionari che portano la verità rivelata. Non credo che i nemici ci opporranno ostacoli seri. Il sovversivismo è a terra. Voi vedete il congresso di Roma. Quale cosa pietosa è stata! Quando leader di un congresso diventa un Buffoni qualunque, come quel avvocato di Busto o di altro paese che sia, voi capite che siamo già all'ultimo gradino della scala. C'era un socialismo. Oggi ce ne sono quattro, con tendenza ad aumentare. E quel che più conta, ognuno di costoro intende essere il rappresentante dell'autentico socialismo. Il proletariato non può che sbandarsi. E sfiduciato, schifato dal contegno dei socialisti. Ho già detto, del resto, che il socialismo non è soltanto tramontato nel partito è tramontato nella filosofia e nella dottrina. Ci vogliono gli italiani ed in genere gli occidentali a bucare con gli spilli della loro logica le grottesche vesciche del socialismo internazionale.

Forse, vista la cosa sotto l'aspetto storico, è una lotta fra l'Oriente e l'Occidente: fra l'Oriente famoso, caotico, rassegnato (vedi la Russia) e noi, popolo occidentale, che non ci lasciamo trasportare eccessivamente dai voli della metafisica e che siamo assetati di concrete, dure realtà.

Gli italiani non possono essere a lungo mistificati da dottrine asiatiche, assurde e criminose nella loro applicazione pratica e concreta. Questo è il senso del fascismo italiano, il quale rappresenta una reazione all'andazzo democratico per cui tutto doveva essere grigio, mediocre, uniforme, livellatore; in cui, dal capo supremo dello Stato all'ultimo usciere di Pretura, si faceva di tutto per attenuare, nascondere, rendere fugace e transitoria l'autorità dello Stato.

Dal Re, troppo democratico, all'ultimo funzionario, noi abbiamo subìto le conseguenze di questa concezione falsa della vita.

La democrazia credeva di rendersi preziosa presso le masse popolari e non comprendeva che le masse popolari disprezzano coloro che non hanno il coraggio di essere quello che devono essere. Tutto questo la democrazia non ha capito. La democrazia ha tolto lo « stile » alla vita del popolo. Il fascismo riporta lo « stile » nella vita del popolo: cioè una linea di condotta; cioè il colore, la forza, il pittoresco, l'inaspettato, il mistico; insomma, tutto quello che conta nell'animo delle moltitudini.

Noi suoniamo la lira su tutte le corde: da quella della violenza a quella della religione, da quella dell'arte a quella della politica. Siamo politici e siamo guerrieri. Facciamo del sindacalismo e facciamo anche delle battaglie nelle piazze e nelle strade. Questo è il fascismo così come fu concepito e come fu attuato e come è attuato, soprattutto, a Milano.

Bisogna, o amici, mantenere questo privilegio. Tenere sempre il fascismo magnifico in questa linea meravigliosa di forza e di saggezza. Non abbandonarsi alla imitazione; poiché quello che è possibile in una data plaga agricola, in un dato momento, in un dato ambiente, non è possibile a Milano. Qui la situazione è stata capovolta più per maturazione spontanea di eventi che per violenza di uomini o di cose. Qui il nostro dominio si afferma sempre più solido, sicuro, effettivo. Ed allora, o amici, noi dobbiamo prepararci con animo puro, forte, sgombro di preoccupazioni ai compiti che ci aspettano. Domani, è assai probabile, è quasi certo, tutta la impalcatura formidabile di uno Stato moderno sarà sulle nostre spalle. Non sarà soltanto sulle spalle di pochi uomini: sarà sulle spalle di tutto il fascismo italiano.

E milioni di occhi, spesso malevoli, e milioni di uomini, anche oltre le frontiere, ci guarderanno. E vorranno vedere come funzionano le nostre gerarchie; vorranno vedere come si amministrerà la giustizia nello Stato fascista, come si tutelano i galantuomini, come si fa la politica estera, come si risolvono i problemi della scuola, della espansione, dell'esercito. Ed ognuno che sia colto in fallo riverbererà il suo fallo e la sua vergogna su tutta la gerarchia dello Stato e, necessariamente, del fascismo.

Avete voi, o amici, la sensazione esatta di questo compito formidabile che ci attende? Siete voi preparati spiritualmente a questo trapasso? Credete voi che basti soltanto l'entusiasmo?

Non basta! È necessario però, perché l'entusiasmo è una forza primitiva e fondamentale dello spirito umano. Non si può compiere nulla di grande se non si è in stato di amorosa passione, in stato di misticismo religioso. Ma non basta. Accanto al sentimento ci sono le forze raziocinanti del cervello. Io credo che il fascismo, nella crisi generale di tutte le forze della nazione, abbia i requisiti necessari per imporsi e per governare. Non secondo la demagogia, ma secondo la giustizia.

Ed allora, governando bene la nazione, indirizzandola verso i suoi destini gloriosi, conciliando gli interessi delle classi senza esasperare gli odii degli uni e gli egoismi degli altri, proiettando gli italiani come una forza unica verso i compiti mondiali, facendo del Mediterraneo il lago nostro, alleandoci, cioè, con quelli che nel Mediterraneo vivono, ed espellendo coloro che del Mediterraneo sono i parassiti; compiendo questa opera dura, paziente, di linee ciclopiche, noi inaugureremo veramente un periodo grandioso della storia italiana.

Così ricorderemo i nostri morti; così onoreremo i nostri morti; così li iscriveremo nel libro d'oro dell'aristocrazia fascista.

Indicheremo i loro nomi alle nuove generazioni, ai bambini che vengono su e rappresentano la primavera eterna della vita che si rinnova. Diremo: « Grande fu lo sforzo, duro il sacrificio e purissimo il sangue che fu versato; e non fu versato per salvaguardare interessi di individui o di caste o di classi; non fu versato in nome della materia; ma fu versato in nome di una idea, in nome dello spirito, in nome di quanto di più nobile, di più bello, di più generoso, di più folgorante può contenere un'anima umana. Vi domandiamo di ricordare ogni giorno, con l'esempio, i nostri morti; di essere degni del loro sacrificio; di compiere quotidianamente il vostro esame di coscienza ».

Amici, io ho fiducia in voi! Voi avete fiducia in me! In questo mutuo leale patto è la garanzia, è la certezza della nostra vittoria! Viva l'Italia! Viva il fascismo! Onore e gloria ai nostri martiri!