Wednesday 7 March 2012

Fascismo e sindacalismo

(Pubblicato in « Gerarchia », maggio 1925)

di Benito Mussolini

I.

I grandi scioperi metallurgici di Lombardia del marzo scorso, le polemiche che vi fiorirono in margine, le recenti mozioni del Gran Consiglio nella sua sessione di aprile, e le notizie indiscrete sul lavoro della Commissione dei Diciotto, hanno rimesso sul primo piano delle discussioni il Sindacalismo Fascista. Per ben tre anni l'esistenza di un Sindacalismo Fascista, cioè di un Movimento Sindacale guidato da Fascisti e orientato verso le Idee del Fascismo, fu ostinatamente negata. Ci voleva, per dissuggellare gli occhi dei ciechi volontari e fanatici, il fatto clamoroso: lo sciopero che mettesse in campo le Forze Sindacali del Fascismo e che desse in pari tempo allo stesso Sindacalismo Fascista una più risoluta nozione della sua forza e delle sue possibilità di azione. Prospettati da questo punto di vista, gli scioperi del marzo hanno una loro particolare importanza: si tratta di Scioperi Fascisti, effettuati dopo quasi tre anni di Governo Fascista; si tratta di scioperi che documentano l'esistenza di un "fatto" e di una realtà imponente. Il Sindacalismo Fascista è oramai una realtà nazionale attuale, dalla quale non si può prescindere. Le « Corporazioni » non sono entità astratte, ma entità concrete.

Per quanto altri l'abbiano già fatto, vale ancora la pena di proporsi di studiare, come, quando e dove sia nato il Sindacalismo Fascista; quali siano gli elementi fondamentali della sua ideologia; quali le sue forze presenti; quali le sue possibilità future.

Mi piego volentieri a questa fatica perché vedo nel Sindacalismo Fascista un grande serbatoio di forze umane per il Fascismo, un mezzo potente di elevazione morale e materiale delle vaste masse che stanno alla base della società nazionale.

Mi prefiggo inoltre di interessare i Fascisti allo studio e all'amore di questo movimento che costituisce una delle "novità" della Rivoluzione Fascista e una delle sue massime garanzie.

II.

Per tutto il 1919 non si può parlare di un Sindacalismo Fascista, nemmeno in embrione. C'erano fra i gregari dei cinquanta Fasci di Combattimento rappresentati al primo memorabile Congresso di Firenze dell'ottobre 1919, molti operai, quasi tutti superstiti dei Fasci d'Azione Rivoluzionaria Interventista del 1915, ma non potevano costituire alcun nucleo Sindacale, nemmeno interno. La situazione Sindacale non migliorò durante tutto l'anno 1920, quantunque i Fasci si moltiplicassero e si spingessero anche assai lontano dai centri principali. È solo nel 1921, quando il Fascismo irrompe – dopo gli agguati socialisti di Bologna, Modena, Ferrara – nella Valle Padana e vi sommerge ad uno ad uno tutti i fortilizi materiali e morali delle organizzazioni socialiste; è solo allora che il Fascismo, diventato fenomeno di masse e di masse rurali, come già a suo tempo dimostrai in queste stesse pagine, vede quasi scoppiare dinanzi a sé il fenomeno sindacale, in tutta la sua vastità, con tutti i suoi problemi tecnici e umani. L'esodo delle masse dai vecchi ai nuovi Sindacati fu tumultuaria, come la fiumana di un torrente che si rovescia in un altro alveo. Riconosco che il rapido declinare della potenza dei rossi fu dovuto in primo luogo all'azione bellicosa del Fascismo, alla quale i "parolai" di quell'altra rivoluzione non erano moralmente preparati e anche a due fatti quasi contemporanei e di vaste ripercussioni politiche e morali: il fallimento della occupazione delle fabbriche in Italia sul finire del 1920 e la carestia in Russia. Il 1921 fu un anno decisivo per il Fascismo italiano: esso si trovò di fronte e risolse tre poderosi problemi: l'organizzazione armata delle squadre; il Movimento Sindacale; la trasformazione del "Movimento" in partito politico, trasformazione che fu ratificata dal grande congresso del novembre a Rorna.

III.

Nel dicembre del 1921, il Partito precisa il suo programma di lavoro; e prende questa posizione di fronte al Sindacalismo:
« Il Fascismo – è detto nel Programma-Statuto – non può contestare il fatto storico dello sviluppo delle Corporazioni, ma vuole coordinare tale sviluppo ai fini nazionali. Le Corporazioni vanno promosse secondo due obiettivi fondamentali, e cioè come espressione della Solidarietà Nazionale e come mezzo di sviluppo della produzione. Le Corporazioni non debbono tendere ad annegare l'individuo nella collettività livellando arbitrariamente le capacità e le forze dei singoli, ma anzi a valorizzarle e a svilupparle ».
In questa schematica dichiarazione non vi sono tutti gli elementi di una dottrina ma gli spunti di una dottrina. Ci sono dei germi. C'è l'accettazione del fatto sindacale e il suo coordinamento ai "fini nazionali". C'è la considerazione della "produzione" di cui le Corporazioni devono essere elemento creatore. C'è – infine – la ripulsa dell'egualitarismo socialistico e l'adesione al concetto delle necessarie varietà e gerarchie. Non vi si parla del "metodo" di attuazione del Sindacalismo Fascista. Lo si ritiene di competenza specifica delle Corporazioni. Segue invece nello stesso capitolo programmatico un elenco dei postulati, che il Partito Nazionale Fascista si proponeva di agitare a favore delle classi lavoratrici e impiegatizie. Vale la pena di riprodurlo per documentare che tali postulati sono stati realizzati dalla Rivoluzione, attraverso l'opera del Governo Fascista.
« 1. La promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i salariati la giornata legale media di otto ore, colle eventuali deroghe consigliate dalle necessità agricole ed industriali ».
Tale Legge dello Stato esiste sino dal 1923 ed è merito esclusivo del Governo Fascista l'averla adottata, in omaggio a quelle convenzioni sociali di Washington, nella ratifica delle quali – compresa quella delle otto ore – l'Italia Fascista è in testa a tutte le Nazioni del Mondo. È di ieri il voto della Camera dei Comuni, contraria alla ratifica della convenzione delle otto ore, il che deve avere provocato qualche scompiglio al Bureau International du Travail e qualche pena all'anima di Alberto Thomas, che del B.I.T. è il massimo « lama ».
« 2. Una Legislazione Sociale aggiornata alle necessità odierne, specie per ciò che riguarda gli Infortuni, l'Invalidità e la Vecchiaia dei Lavoratori sia agricoli che industriali o impiegatizi, sempre che non inceppi la produzione ».
Se volessi elencare tutte le Provvidenze d'Ordine Sociale adottate dal Governo Fascista, riempirei alcune pagine con la semplice numerazione dei Decreti. Ricorderò solo l'ultima: l'erezione in Ente Morale e la concessione di un milione all'Opera Nazionale del Dopolavoro, la cui importanza ai fini dell'Educazione Fisica ed. Intellettuale delle Classi Lavoratrici è già grandissima e più aumenterà nel futuro.
« 3. Una Rappresentanza dei Lavoratori nel funzionamento di ogni industria limitatamente per ciò che riguarda il personale ».
Questo postulato deve essere considerato da una parte come un riflesso dei tempi in cui il Governo di allora nominava una specie di Commissione per effettuare un'inchiesta sulla produzione e per determinare eventualmente le modalità di un controllo sulle fabbriche e dall'altra parte esso postulato segna chiaro il limite della competenza e dell'intervento dei Lavoratori nel funzionamento delle industrie.
« 4. L'affidamento della gestione di industrie o di servizi pubblici ad organizzazioni sindacali che ne siano moralmente degne e tecnicamente preparate ».
Con che sì veniva a porre un principio, ma se ne determinavano subito le condizioni di possibilità.
« 5. La diffusione della piccola proprietà in quelle zone e per quelle coltivazioni che produttivamente lo consentono ».
Anche qui il postulato Sindacale-Fascista si poneva sul solido terreno produttivista. Non la piccola proprietà per la piccola proprietà – come l'arte per l'arte – con fini di semplice conservazione sociale, ma la piccola proprietà, là dove e quando essa aumenti il patrimonio della effettiva ricchezza e potenza nazionale.

IV.

Il Sindacalismo Fascista, prima di essere nazionale fu provinciale e regionale. L'unità nazionale delle Corporazioni venne assai dopo: quando tutte le file furono riordinate, quando attraverso discussioni di congressi e di giornali apparvero definite le linee programmatiche del Sindacalismo Nazionale. Le linee che distinguono il nostro Sindacalismo dall'altrui sono le seguenti: accettazione dell'idea di Patria come realtà tangibile e intangibile, il che esclude gli internazionalismi impegnativì e politici destinati a rifrantumarsi alla prima occasione, ma non esclude gli utili contatti internazionali, dove sia dato difendere il Lavoro Italiano, come le Corporazioni hanno fatto e faranno nei congressi ginevrini. L'accettazione dell'idea di Patria, significa la subordinazione consapevole delle Masse Sindacali Fasciste alle esigenze pacifiche o guerresche della Nazione. L'importanza di questa accettazione è ovvia ed immensa. In secondo luogo il Sindacalismo Fascista considera l'elemento Capitale, non come un elemento da sopprimere – il che è praticamente e storicamente assurdo – ma come un elemento da liberare e da potenziare. Qui la posizione del Sindacalismo Fascista è originale. Liberare e potenziare il capitale, soprattutto in Italia, dove il capitale – essendo di formazione recentissima – trova maggiori difficoltà ad espandersi, perché i buoni posti sono occupati dalle Nazioni che già da un secolo sono capitalistiche, mentre la nostra storia capitalistica si può dire che comincia con la guerra e con il dopoguerra. Le Corporazioni hanno un interesse diretto a che il capitale italiano sia il più possibile libero da ceppi interni od esterni. L'antitesi diretta – capitalismo-proletariato – di origine marxista esula completamente dal Sindacalismo Fascista, il quale l'ha praticamente superata nel campo agricolo e ha tentato di superarla col famoso "Patto di Palazzo Chigi", anche nel campo industriale. Le Corporazioni possono sperare di migliorare le sorti dei loro Sindacati, se il capitalismo è potente, non già se il capitalismo è debole, statico, pauroso. Da queste premesse scaturisce la posizione del terzo elemento tecnico-operaio. La sua sorte particolare è legata, in primo luogo, alla sorte generale della Nazione. Se la Nazione è oppressa, la massa operaia è oppressa. Se la Bandiera della Nazione è rispettata, anche gli operai che appartengono a quella Nazione sono rispettati. La gerarchia delle Nazioni si riverbera sulla posizione delle loro classi operaie. Gli organizzatori di una Nazione vittoriosa hanno una posizione di preminenza anche nel campo operaio. È il caso classico della Germania dal 1870 al 1914. Il centro dell'attività proletaria, dopo la disfatta della Francia, va da Parigi a Berlino. Oggi è in America. L'American Federation of Labor occupa un posto di privilegio nell'organizzazione mondiale.

Né può l'elemento tecnico-operaio disinteressarsi della sorte del capitale e del capitalismo, il primo considerato come strumento, il secondo come sistema sociale. Le condizioni della classe operaia sono legate alle condizioni di sviluppo del suo proprio capitalismo. Un sistema di dazi doganali che restringa – ad esempio – le possibilità di espansione del capitalismo italiano, si ripercuoterà fatalmente sulle condizioni delle masse lavoratrici. Meno lavoro, meno salario, meno benessere. Un'industria battuta dalla concorrenza estera, è un disastro per gli operai che vi sono impiegati. Il Sindacalismo sa che le rivendicazioni operaie salariali spinte oltre un certo limite, incontrano ostacoli insuperabili di ordine obiettivo, che non si possono superare se non coll'artificio, foriero di crisi.

D'altra parte, la Nazione, intesa nel suo complesso di forze politico-morali, non può prescindere dal destino delle moltitudini che lavorano, poiché il suo interesse immediato e mediato è di inserirle – come più volte fu detto – nel suo organismo e nella sua Storia. Altrettanto dicasi dei Datori di Lavoro, i quali hanno un interesse obiettivo a tenere il più possibile alto lo standard of life dei loro operai, poiché ciò significa maggiore tranquillità nelle officine, maggiore e migliore rendimento delle prestazioni, quindi maggiori possibilità di vincere la concorrenza altruì. Un capitalista intelligente non può sperar nulla dalla miseria. Ecco perché i capitalisti intelligenti non si occupano soltanto di salari, ma anche di case, scuole, ospedali, campi sportivi per i loro operai.

Da quanto sopra risulta chiaro che le tre forze storiche da noi prese in esame – nazione, capitale, corporazioni – non sono in antitesi irriducibile come predicarono – con imprecisa visione dei fenomeni econonici – i socialisti, ma sono in rapporto di stretta interdipendenza fra di loro, dalla quale interdipendenza scaturisce la necessaria coordinazione. In questa chiara nozione è il nocciolo del sindacalismo fascista per il quale la collaborazione è regola e la non collaborazione l'eccezione. Tale concezione del Sindacalismo Fascista trovò la sua espressione nell'«Ordine del Giorno votato a Palazzo Chigi il 19 dicembre del 1923», in una riunione tenutasi sotto la mia Presidenza fra i rappresentanti delle Corporazioni e quelli della Confederazione dell'Industria. Vale la pena di riprodurre quell'ordine del giorno:
« La Confederazione Generale dell'Industria Italiana e la Confederazione Generale delle Corporazioni Sindacali Fasciste; intendendo armonizzare la propria azione con le direttive del Governo Nazionale che ha ripetutamente dichiarato di ritenere la concorde volontà di lavoro dei dirigenti le industrie, dei tecnici e degli operai come il mezzo più sicuro per accrescere il benessere di tutte le classi e le fortune della Nazione; riconoscendo la completa esattezza di questa concezione politica e la necessità che essa sia attuata dalle forze produttive nazionali; dichiarano che la ricchezza del Paese, condizione prima della sua forza politica, può rapidamente accrescersi e che i lavoratori e le aziende possono evitare i danni e le perdite delle interruzioni lavorative, quando la concordia fra i vari elementi della produzione assicuri la continuità e la tranquillità dello sviluppo industriale; affermano il principio che l'Organizzazione Sindacale non deve basarsi sul criterio dell'irriducibile contrasto di interessi tra Industriali ed Operai, ma ispirarsi alla necessità di stringere sempre più cordiali rapporti fra i singoli datorí di lavoro e lavoratori e fra le Organizzazioni Sindacali, cercando di assicurare a ciascuno degli elementi produttivi le migliori condizioni per lo sviluppo delle rispettive funzioni ed i più equi compensi per l'opera loro, il che si rispecchia anche nella stipulazione di Contratti di Lavoro secondo lo spirito del Sindacalismo Nazionale; e decidono:

a) che la Confederazione dell'Industria e la Confederazione delle Corporazioni Fasciste intensifichino la loro opera diretta ad organizzare rispettivamente gli industriali ed i lavoratori con il reciproco proposito di collaborazione;

b) di nominare una Commissione permanente di cinque membri per parte, la quale provveda alla migliore attuazione dei concetti su esposti sia al centro sia alla periferia, collegando gli organi direttivi delle due Confederazioni, perché l'azione sindacale si svolga secondo le direttive segnate dal Capo del Governo ».
Quest'ordine del giorno sollevò allora vivaci polemiche e facili ironie. Il Sindacalismo Fascista veniva intanto riconosciuto come unico rappresentante delle masse operaie industriali. Per tutto il 1924, il Sindacalismo Fascista fu sottoposto a un gioco che consisteva nel gridargli: "schíavista!" se non faceva sciopero e « anticollaborazionista! » se lo faceva. Finalmente questa situazione venne, come accade sempre, risolta dal « fatto » e non dal ragionamento. Il « fatto » degli scioperi del marzo. Con questi scioperi il Sindacalismo Fascista poteva definire nettamente le sue posizioni: movimento collaborazionista di regola, ma senza esclusione pregiudiziale assoluta di lotta.

Già nel 1924 c'erano stati Scioperi Fascisti nel Valdarno e in Lunigiana. Davanti a quelli di Lombardia bisognava oramai dare il diritto di cittadinanza allo sciopero, anche nella concezione del Sindacalismo Fascista: uno sciopero che sia l'eccezione nei rapporti fra Capitale e Lavoro, così come la guerra è l'eccezione nei rapporti fra i popoli. Io stesso presentai ed illustrai gli ordini del giorno che qui ripubblíco, perché restino consegnati a queste pagine:
« Il Gran Consiglio, presente il Direttorio delle Corporazioni, riafferma i suoi postulati di collaborazione fra tutti gli elementi della produzione purché tale collaborazione sia intelligente e reciproca; considera lo sciopero effettuato dalle Corporazioni come un atto di guerra al quale – eccetto per i pubblici servizi – si può fare ricorso quando tutti i mezzi pacifici siano stati tentati ed esauriti, poiché lo sciopero danneggia i datori di lavoro, ma incide sui bilanci operai, e arresta il ritmo della produzione, del che approfittano immediatamente le vigili concorrenze straniere per ostacolare la nostra indispensabile espansione economica nel mondo; stabilisce nettamente la differenza tra lo sciopero Fascista che è una eccezione ed ha in se stesso i suoi obbiettivi definiti, e lo sciopero socialista che fu una regola ed è sempre considerato e praticato come un atto di cosiddetta ginnastica rivoluzionaria a fini remoti ed irraggiungibili; determina che nella eventualità dì una proclamazione ed attuazione dello sciopero deve essere evitato ogni inutile allargamento del movimento e la proclamazione di scioperi di solidarietà i quali, come una lunga, e dolorosa esperienza ha dimostrato, non giovano agli operai in sciopero, e ne aumentano il disagio; stabilisce che chiamandosi le Corporazioni Fasciste ed essendo in realtà una grande ed originale creazione del Fascismo, lo sciopero deve avere l'autorizzazione preventiva degli Organi Supremi delle Corporazioni e del Partito, senza di cui il Partito avrà la facoltà di sconfessare il movimento ed i suoi iniziatori; si dovrà procedere anche ad una revisione dei quadri dei dirigenti del Movimento Sindacale. I Segretari Provinciali devono essere nominati di comune accordo tra le Corporazioni con il Partito e le Federazioni provinciali Fasciste; il Gran Consiglio dichiara che questa mozione é fondamentale ed invita tutti gli Organi delle Corporazioni e del Partito a pubblicarla nei giornali, ad illustrarla ai Sindacati e ad attenervisi rigorosamente con quel senso di consapevole disciplina che é la caratteristica, il privilegio e l'orgoglio del Fascismo Italiano.
Il Gran Consiglio, udite le dettagliate relazioni dei membri del Direttorio delle Corporazioni per le singole industrie, prende atto con vivissima soddisfazione del l'imponente sviluppo organizzativo delle Corporazioni; richiama talune organizzazioni di datori di lavoro al rispetto dei postulati del concordato di Palazzo Chigi, altrimenti il Fascismo prenderà le misure necessarie onde spezzare il monopolio di quelle organizzazioni che anteponessero ciecamente i loro interessi individuali a quelli della produzione e della Nazione.
Il Gran Consiglio, presente il Direttorio delle Corporazioni Fasciste, prese in attento esame le vicende di ordine sindacale culminate nello scorso mese di marzo nello sciopero generale metallurgico in Lombardia, constata, a confusione di tutti gli avversari, che il Sindacalismo Fascista può contare su forze imponenti anche fra le masse operaie urbane, come é documentato irrefutabilmente dai seguenti fatti:

1. in tutte le città della Lombardia, da Brescia a Varese, da Bergamo a Mantova, le maestranze metallurgiche hanno abbandonato e ripreso il lavoro obbedendo esclusivamente agli ordini delle Corporazioni;

2. nella stessa città di Milano l'ordine di ripresa del lavoro dato dalle Corporazioni dopo l'accordo con gli industriali, fu seguito da ben 5697 operai il primo giorno, che salirono a 9748 nel secondo giorno, come stamparono gli stessi fogli antifascisti, il che consigliò la F.I.O.M. a non insistere in una battaglia già da essa clamorosamente perduta;

3. nello stesso periodo di tempo ed in quello immediatamente successivo le Corporazioni Fasciste stipularono concordati metallurgici nell'Emilia, nel Veneto, nell'Umbria, nella Liguria ed altri concordati nazionali in altre industrie interessanti centinaia di migliaia di operai, nonché l'odierno concordato che interessa tutti gli impiegati metallurgici di Lombardia.

Ciò precisato, il Gran Consiglio, mentre saluta con schietta solidarietà le moltitudini operaie raccolte nelle Corporazioni, riafferma la necessità del Sindacalismo Fascista che deve non solo migliorare le condizioni dei lavoratori manuali, tecnici ed intellettuali, ma preparare la inserzione graduale ed armonica déi Sindacati stessi nella vita dello Stato, onde le masse lavoratrici siano sempre più un consapevole elemento di collaborazione per la prosperità e la grandezza della Nazione ».
Questi ordini del giorno hanno bisogno di postille.

V.

Liquidata da una parte la posizione retrospettiva degli scioperi e precisate le linee del futuro, è necessario ora esaminare la consistenza effettiva delle Forze Sindacali Fasciste. Faccio ammenda di un mio precedente scetticismo in materia. La presa di contatto fra lo Stato Maggiore delle Corporazioni Sindacali Fasciste e il Gran Consiglio, è stata, a tal riguardo, utilissima. Non solo il Sindacalismo Fascista esiste, ma dispone di forze numeriche imponenti tanto fra le masse rurali, come fra le masse urbane. L'ipotesi di un Sindacalismo di eccezione, limitato a talune categorie particolarmente privilegiate di salariati, di tecnici o di professionisti, è stata oltrepassata dalla realtà. Il Sindacalismo Fascista è oramai un fenomeno di masse e tale deve restare. Dalle relazioni che mi furono cortesemente rimesse in sedute del Gran Consiglio dai Segretari delle Corporazioni e che io ho, di poi, attentamente esaminate, risulta non solo l'efficienza numerica delle Corporazioni, ma la documentazione delle notevoli e incessanti conquiste da esse realizzate.

La Corporazione dell'Impiego non ha che due anni di vita, e già conta ben "trentanove Sindacati Nazionali". Essa ha ottenuto per gli impiegati degli Enti Locali miglioramenti che vanno dal 10% al 50% d'aumento sugli stipendi di prima. Per gli impiegati degli Istituti Privati di Assicurazione sono stati conclusi patti di migliorameuto notevoli, quali, ad esempio, quello per la Fondiaria di Firenze, col quale si apportano aumenti medi di circa 300 lire mensili per ogni impiegato; quelli stipulati a Genova con l'Istituto Nazionale Assicurazioni (Agenzia Generale), con l'Istituto Riassicurazioni Generali, e con la Cassa Navale, che portano aumenti medi del 35% sugli emolumenti già percepiti; quello stipulato a Milano che porta aumenti variabili da L. 500 a L. 1400 annue per varie categorie di dipendenti.

Segue nella relazione dell'avv. Lusignoli, che è il solerte e diligente Segretario della Corporazione, un lungo elenco di concordati in centinaia di località per tutte le diverse categorie di impiegati. Secondo il doti. Luigi Razza, la Corporazione del Teatro, divisa in 16 Sindacati Nazionali, conta 21.427 aderenti. Si sono conseguiti miglioramenti in misura variabile fra il 10% e il 30%. Il Sindacato Nazionale Fascista « Monopoli Industriali » ha 12.000 inscritti divisi nelle 24 manifatture. Il Sindacato Nazionale delle « Comunicazioni Secondarie » sorto sin dal 1921, raccoglie buona parte dei ferrotranvieri italiani. Esso superò brillantemente la prima prova nell'agosto del 1922, quando contribui al fallimento dello sciopero generale antifascista proclamato dall'Alleanza del Lavoro. Sotto l'egida del Sindacato, egregiamente diretto da un vecchio e provetto organizzatore qual'è il Ciardi, si sono stipulati concordati di miglioramento ai ferro-tranvieri nelle città di Trieste, Milano, Livorno, Messina, Brescia, Parma, Verona, Bologna, Genova, Montevarchi, Firenze, Bergamo, Ancona, Lucca, Mestre, Pisa e in data 22 aprile scorso veniva firmato il Concordato Nazionale fra la Corporazione e la Federazione Industriale, con un aumento medio del caro-viveri del 12%.

Sempre in tema di inscrizioni il Sindacato Nazionale dei Lavoratori dei Porti contava alla data del 28 febbraio scorso 22.369 soci. Questo spiega anche il ritorno operoso dei porti italiani.

La Corporazione Nazionale Sanitaria, diretta dal dott. Arnaldo Fioretti, conta 20.525 soci, dei quali 7200 medici condotti, 2400 veterinari, 2000 farmacisti, circa 7000 infermieri e altri gruppi minori.

La Corporazione delle Professioni Intellettuali raccoglie un numero imponente di Professionisti, circa 45.000, divisi in 14 Sindacati. È una delle meglio inquadrate. Vi dedica la sua attività l'avv. Di Giacomo.

La Corporazione dell'Ospitalità Nazionaale, che comprende il personale d'albergo, il personale dei ristoranti e quello dei caffè, bar e affini, conta circa 47.000 soci. In ogni provincia sono stati stipulati Contratti di Lavoro con aumenti del 25% e si è per la prima volta stipulato un Concordato Nazionale per i Lavoratori d'Albergo. In questa Corporazione, Liberato Pozzoli ha preso il posto del compianto Armando Casalini.

La Corporazione Nazionale degli Addetti alle Industrie delle Costruzioni, diretta dal vecchio sindacalista pugliese Enrico Meledandri, conta 42 Corporazioni provinciali ripartite in 610 Sindacati, con un complesso di 127.000 soci. Un'idea dei miglioramenti conseguiti è data da queste cifre: a Gallarate lire 6,60 al giorno; 4,80 a Milano; 3,20 a Bologna; 2,80 a Roma; 2,20 a Pisa e in tutta la Toscana. Gli aumenti ottenuti dai fornaciai variano tra il 15% e il 25%. La Corporazione degli Addetti alle Industrie Tessili ha un bell'attivo di concordati che migliorano le condizioni dei suoi Sindacati fra il 14% e il 37%.

La Corporazione che raccoglie il maggior numero di aderenti è quella dell'Agricoltura, creata e guidata dall'on. Mario Racheli, tempra sicura di solido organizzatore. Gli agricoltori inscritti sono 31.319; i tecnici 2592; i coloni 116.981; i braccianti 364.255; totale 515.147. I patti colonici e concordati agricoli in genere hanno notevolmente migliorato la condizione dei lavoratori rurali.

Vi sono altre Corporazioni, come quella dei vetrai, dei metallurgici, dei minatori, degli insegnanti, dell'alimentazione, per i quali non ho dati precisi. Quelli, qui raccolti, fanno salire gli effettivi delle Corporazioni ad oltre un milione di aderenti, tenendomi ad una cifra che le statistiche ufficiali delle Corporazioni raddoppiano. Anche facendo le dovute riduzioni, nessuno che sia in buona fede può negare che il Sindacalismo Fascista è un fatto; che il Sindacalismo fascista è un fenomeno di masse e che il Fascismo ha un vasto consenso fra le usasse lavoratrici.

VI.

Si consideri che tutto ciò è stato fatto in tre anni, superando gravi difficoltà di vario ordine. Bisognava prima di tutto spezzare la impermeabilità che in talune zone era il risultato di almeno trent'anni di propaganda socialista. La trapanazione Fascista è avvenuta anche nelle città industriali. La cifra di coloro che a Milano sull'ordine delle Corporazioni ripresero il lavoro, e che figura nell'ordine del giorno del Gran Consiglio più su riportato, è notevolissima. Le nostre avanguardie sono già penetrate nei campi trincerati urbani che l'avversario riteneva imprendibili. Si tratta di mantenere e fortificare le posizioni nelle minori città che noi abbiamo già acquisito e di allargare metodicamente la nostra occupazione in tutte le altre. Sotto questo riguardo gli scioperi hanno favorito la nostra azione di infiltramento, perché hanno disperso montagne di stolide calunnie e molti operai si sono convinti che Fascismo non è sinonimo di schiavismo, che il fascismo non è la guardia del corpo di una determinata classe, ma la guardia del corpo della nazione. Non ho bisogno di dire che la predicazione del Sindacalismo fascista non è o non era la più facile, specie nei primi tempi. La dura verità non piace alle masse, soprattutto se hanno subìto un lungo processo di infezione psicologica.

Grave difficoltà era quella dei quadri, cioè degli organizzatori. Mentre il Sindacalismo socialista dispone di un corpo di organizzatori provetti e selezionati da decenni di battaglie sindacali, i quadri del Fascismo vengono tutti dalla guerra. Ora, gli ex ufficiali, se possono rendere servigi di primissimo ordine nella Milizia e nel Partito, non sono altrettanto idonei a coprire i posti dei Sindacati. Qui si richiedono altre attitudini. Comunque lo Stato Maggiore delle Corporazioni esiste. Grado grado anche i quadri minori andranno a posto. Ultima, ma non ultima difficoltà che il Sindacalismo Fascista ha dovuto superare, è stata quella di far comprendere a taluni datori di lavoro che il collaborazionismo non significa garanzia illimitata per gli egoismi sordidi degli individui. Ciò ha condotto il Sindacalismo Fascista ad una maggiore mobilità di movimenti, perché se il collaborazionismo non è reciproco, esso è una frase o una mistificazione.

VII.

Questo esame del Sindacalismo Fascista è naturalmente sommario. Se l'articolo non fosse già troppo lungo, vi aggiungerei un'ultima parte, dedicata, ai perfezionamenti da realizzare, per fare delle Corporazioni Fasciste uno strumento sempre più valido della Rivoluzione. Bisogna migliorarne lo stile. Renderlo più severo nei gesti, nelle parole, negli individui. Affrontare i problemi gravissimi del riconoscimento giuridico, della Magistratura del Lavoro, delle Corporazioni nello Stato.

È necessario che i fascisti tutti si interessino dei problemi sindacali e amino il sindacalismo e ad esso dedichino la loro energia. Il sindacalismo, insieme con l'azione politica generale del Governo e con quella amministrativa dei comuni, è un mezzo potente per giungere alle masse profonde del popolo italiano e per allargare su di esse la base del regime. Degni di alta lode sono quindi i pionieri del sindacalismo fascista: con la loro oscura, spesso ingrata, ma sempre nobilissima fatica, essi giovano grandemente alla causa della nazione e del fascismo.