(Pubblicato in « Gerarchia », 1934)
di Aldo Fiaccadori
La nazione ha accolto con entusiasmo la costituzione delle corporazioni. Il popolo italiano sa che il corporativismo, oltre a realizzare quella giustizia sociale invano tentata con le soluzioni unilaterali del liberalismo, del socialismo e marxismo, sarà un poderoso strumento, che aiuterà il paese a vincere la grande crisi. Questa non ha risparmiato la nostra economia. Essa, però, è stata energicamente combattuta, nei limiti del possibile, dal governo. I provvedimenti si sono susseguiti ai provvedimenti sempre tempestivi, sempre adeguati allo scopo a cui miravano. Lo stato fascista è intervenuto energicamente per potenziare organismi industriali e bancari meritevoli, per controllare e disciplinare la vita economica della nazione in attesa che il Capo ritenesse giunto il momento per la costituzione delle corporazioni.
Bisognava impedire che l'economia nazionale si svolgesse in compartimenti stagni, senza, cioè, la necessaria coordinazione fra le varie branche dell'attività economica. Era necessario che il capoverso della II dichiarazione della carta del lavoro si traducesse in realtà. Ma le corporazioni non erano ancóra costituite e, perciò, bisognava creare strumenti, che ne esercitassero le funzioni. Gran parte dei compiti delle future corporazioni furono devoluti ad alcuni organismi che potremmo chiamare precorporativi. Così l'articolo 1 della legge 16 giugno 1932 stabilisce che « può essere disposta la costituzione di consorzi obbligatori tra esercenti uno stesso ramo di attività economica allo scopo di disciplinare la produzione e la concorrenza »; mentre l'articolo 1 della legge 12 gennaio 1933 stabilisce che « allo scopo di adeguare l'attrezzatura industriale della nazione alle condizioni economiche generali è data facoltà al governo del Re di disporre che l'impianto di nuovi stabilimenti, nonché l'ampliamento di stabilimenti industriali esistenti, siano sottoposti ad autorizzazione governativa ».
Appare, quindi, evidente come lo spirito di queste disposizioni non si differenzi notevolmente da quello dell'art. 8 della legge 5 febbraio 1934, che attribuisce alle corporazioni l'elaborazione delle « norme per il regolamento collettivo dei rapporti economici e per la disciplina unitaria della produzione ».
Oggi le corporazioni esistono. Esse rappresentano organismi più perfetti di quelli istituiti precedentemente. Organismi più perfetti non solo perchè nelle corporazioni sono rappresenate tutte le categorie interessate nell'attività economica per cui esse sono costituite, ma, soprattutto, perchè in esse è inserita la rappresentanza del partito nazionale fascista.
Se il presidente della corporazione è, oggi, il ministro per le corporazioni, il vice-presidente è scelto fra i rappresentanti del partito, che in numero di tre fanno parte della corporazione. Onde si vede come al partito sia stata assegnata una funzione fondamentale nell'assetto corporativo del paese; funzione che è stata recentemente studiata da Dino Gardini in un ampio articolo pubblicato su Commercio (aprile 1934).
Il partito ha una funzione educatrice, etica, che gli deriva dalla spiritualità, che è racchiusa nella dottrina fascista.
Pertanto una prima funzione del partito nel corporativismo si manifesta nella missione educatrice che esso svolge e svolgerà sempre più intensamente. Come bene ha messo in evidenza Gherardo Casini (Gerarchia, aprile 1934), l'attuazione della nuova economia corporativa sarà possibile solo se il popolo avrà piena coscienza dei nuovi compiti e se esso sarà animato da una fede ardente. « Ora chi può creare nel popolo la coscienza capace di apprezzare una siffatta missione che non è soltanto economica, ma è soprattutto ed essenzialmente politica, se non il partito? ».
Noi non ammettiamo alla stregua del liberalismo che l'uomo eia quello che è e che niente possa modificarlo. La coscienza dell'uomo si perfeziona e si nobilita continuamente. Il progresso non consiste soltanto nell'invenzione di nuove macchine, nei miglioramenti della tecnica produttiva, nell'elevazione del tenore di vita, ma consiste anche e soprattutto nel perfezionamento spirituale dei popoli. Quanta strada è stata fatta dall'umanità dai tempi della preistoria ad oggi! L'uomo è diventato un essere sempre più etico. L'animo del popolo, per virtù del genio degli uomini spiritualmente ed intellettualmente superiori, si è plasmato e gli istinti primitivi sono venuti via via attenuandosi. Era, però, necessaria l'esistenza di questi uomini, di questi eroi, come li chiama Carlyle o profeti, come li chiama Schuré. Ora tali uomini sono mancati nei vari paesi durante il periodo in cui trionfò lo sciatto demoliberalismo ed il materialistico socialismo. Ma oggi l'Italia ha un nuovo eroe. Per virtù della dottrina di quest'uomo, il fascismo compirà e compie opera grandiosa di educazione morale.
Tuttavia non possiamo ancora ammettere che l'uomo abbia raggiunto un grado di perfezione tale d'aver completamente dimenticato la sua primitiva natura. È sempre possibile che gli interessi particolaristici abbiano il sopravvento. L'uomo è una creatura fragile, preda di passioni e di ambizioni e non potrebbe escludersi che anche nella corporazione gli interessi di parte avessero qualche volta il sopravvento. Senonchè esiste il partito, che tutela gli interessi di tutte le categorie ed ha « l'alta funzione di rappresentare al di sopra di ogni contrasto gli interessi generali della collettività nazionale ». Questa funzione si esercita, secondo noi, principalmente in tre modi: 1) rappresentando i consumatori; 2) impedendo il predominio di classi; 3) impedendo formazioni monopolistiche.
Procediamo con un esempio e prendiamo fra le tante corporazioni quella dei cereali. Le categorìe interessate sono gli agricoltori (cerealicoitori), gli industriali (mugnai, risieri, pastai, panificatori, industria dolciaria), i commercianti e le rispettive classi dei lavoratori. Tutte queste categorie hanno la relativa rappresentanza nella corporazione. Ma i consumatori non sono in essa rappresentati. È logico che sia cosi in quanto la rappresentanza presuppone il sindacato. Ora, evidentemente, non esiste un sindacato consumatori. Eppure questi sono una categoria interessata nell'attività economica cerealicola; anzi, essi rappresentano la categoria più numerosa. I consumatori sono il popolo, quindi lo stato, perchè « nel concetto fascista il popolo è lo stato, e lo stato è il popolo ». Chi meglio del partito può rappresentare il popolo? « Il partito che oggi è lo strumento formidabile ed al tempo stesso estremamente capillare che immette il popolo nella vita politica generale ». Ecco come i consumatori attraverso il partito hanno anch'essi nella corporazione la loro rappresentanza. Vero si è che gli interessi dei consumatori potrebbero essere in parte tutelati dalle categorie commerciali, le quali avendo interessi contrastanti a quelli delle classi produttrici tutelando i loro tutelano quelli dei consumatori. Questa, tuttavia, non è che una rappresentanza indiretta, assai utile, ma non sufficiente. Il partito solo è in grado di tutelare efficacemente gli interessi dei consumatori rappresentando il necessario elemento equilibratore nel fenomeno economico, che si inizia con la produzione e si esaurisce nel consumo.
In secondo luogo il partito evita il predominio di una classe su di un'altra. Si sa che il principio fondamentale del corporativismo è la perfetta uguaglianza fra datori di lavoro e lavoratori. Tuttavia la pratica non potrebbe svolgersi sempre in modo conforme al suddetto principio. È vero che i rappresentanti dei cerealicoitori, degli industriali e dei commercianti trattano sullo stesso piede di uguaglianza con le rispettive rappresentanze dei lavoratori, ma è anche vero che i primi potrebbero imporre la loro volontà ai lavoratori come accadeva per il passato. Oppure potrebbe succedere, in altri casi, quanto è avvenuto in Inghilterra. È accaduto sovente, infatti, in quel paese che i rappresentanti degli industriali si siano incontrati con quelli delle Trade-Unions ed abbiano dovuto cedere di fronte alla forza di queste ultime. Si badi che noi non diciamo che questo debba accadere nella corporazione. Il genio di Mussolini, tuttavia, ha pensato anche a questa eventualità ed è per questo che nella corporazione è stato inserito uno strumento atto ad eliminare questo inconveniente: il partito, li partito garantisce effettivamente la perfetta uguaglianza delle classi e può intervenire obbiettivamente nel supremo interesse della collettività in favore della classe economicamente e politicamente meno forte ristabilendo, così, il necessario equilibrio e realizzando la pariteticità completa delle classi.
E veniamo al terzo modo con il quale il partito esercita la sua funzione.
In seno alle corporazioni potrebbero essere possibili formazioni monopolistiche. Prendiamo la solita corporazione dei cereali. Da un lato abbiamo le rappresentanze di tutti i produttori, anche i commercianti economicamente parlando sono dei produttori, e dall'altro le rappresentanze di tutti i lavoratori. Sono le une di fronte alle altre ed dn [???] certo qual modo si può pensare a due monopolisti. (Vedremo subito, però, la ragione per cui non siamo nel caso di monopolio bilaterale). Le rappresentanze devono stabilire contratti collettivi, pattuire salari, fissare prezzi eli vendita, ecc. Che cosa potrebbe accadere? Precisamente quello che accade fra due soli produttori di un determinato bene in un determinato mercato, i quali comprendono facilmente che in luogo di farei concorrenza è più conveniente accordarsi. I datori di lavoro, allora, ed i lavoratori, invece di cercare i primi, ad esempio, di fissare il salario minimo ed i secondi il salario massimo, si mettono d'accordo. Il produttore paga un salario elevato pur di poter stabilire un prezzo di vendita superiore a quello richiesto per pagare il sopra- più dei salari. Fra i produttori, verticalmente considerati, inoltre l'intesa non sarebbe difficile. Si formerebbe, quindi in seno alle corporazioni una specie di trust che tornerebbe a grave discapito dei consumatori; cioè dello stato.
Ma nella corporazione fascista i produttori ed i lavoratori non si trovano soli gli uni di fronte agli altri. Fra di loro c'è il partito. Chiunque comprende, ora, quale funzione svolgerebbe il partito nel caso che si verificasse quanto abbiamo esposto sopra.
È per questo terzo e fondamentale elemento della corporazione che non si può parlare di monopolio bilaterale. A proposito l'Einaudi scrive (Riforma Sociale, novembre-dicembre 1933) che egli non sarebbe « pronto ad accogliere senza riserva la configurazione dell'ipotesi di monopolio bilaterale come la più atta a porre i problemi di salario e di prezzo in genere in un mercato in cui intervengono come contraenti non molti datori e prenditori di lavoro, ma le due sole associazioni sindacali rappresentate dalle due patti ».
Se bene abbiamo letto, l'Einaudi non ci ha detto la principale ragione per cui non si può ammettere l'ipotesi del monopolio bilaterale. Questa noi la troviamo nella presenza del partito nella corporazione.
Il partito di fronte ad una possibile intesa dei produttori e dei lavoratori interviene così come interverrebbe nel caso in cui una delle rappresentanze cercasse, avendone la possibilità, di far prevalere la propria volontà. È, dunque, il partito che garantisce il perfetto funzionamento del sistema corporativo e che oltre alle funzioni politiche viene, così, ad avere anche funzioni economiche rappresentando un fattore indispensabile per la formazione dell'equilibrio economico. È il partito che dà la sicurezza al risparmiatore od all'investitore od all'imprenditore od all'operaio di avere quello che giustamente gli spetta.
Evidentemente il partito può esercitare tutte queste funzioni in quanto esso rappresenta direttamente il popolo. Queste funzioni, quindi, non sono che facce di un unico prisma, che è dato dalla posizione assunta dal partito nella vita politica ed economica del paese. Prima di terminare questo nostro scritto, vogliamo prevenire un'obiezione. Il lettore potrebbe pensare che le funzioni del partito cosi come le abbiamo esposte sono esercitate anche dal presidente delle corporazioni, che oggi è il ministro per le corporazioni in quanto si è voluto assicurare in questo primo perìodo la necessaria unità di indirizzo dell'attività corporativa, ma che secondo l'art. 2 della legge 5 febbraio 1934 in avvenire sarà un ministro qualunque, oppure un sottosegretario, oppure il segretario del partito. In quest'ultimo caso vale senz'altro quanto abbiamo esposto precedentemente. Ma anche nel caso che la corporazione sia presieduta da un organo del governo, la funzione del partito non potrà mai essere sostituita. Il partito, che vive quotidianamente a contatto del popolo, ne conosce i bisogni, le esigenze e sa quali sono i suoi interessi. Onde l'azione del ministro o del sottosegretario, che avrà più un carattere tecnico, non potrà che cooperare con quella del partito, ma non potrà mai essere sufficiente a sostituire quest'ultima.