Saturday 3 March 2012

Quarto discorso di Tripoli, 15 aprile 1926

Al Convegno agricolo di Tripoli

di Benito Mussolini

Altezza! Signore! Signori!

Come d'abitudine il mio discorso sarà estremamente laconico. Incomincio col dichiarare tutta la mia soddisfazione per essere venuto in Tripolitania. La realtà ha superato le mie previsioni, le mie aspettative. Non solo la colonia tutta deve ritenersi sicura e intangibile dal punto di vista politico e militare, ma io affermo che esistono delle grandi possibilità economiche e che sarebbe un delitto di lesa Patria non svilupparle metodicamente all'estremo. Sta sorgendo in Italia una nuova generazione, la generazione modellata dal fascismo: poche parole e molti fatti. La tenacia, la perseveranza, il metodo, tutte virtù alle quali sembravamo negati, dovranno diventare domani - e non già in parte - virtù fondamentali del carattere italiano. Soprattutto nelle Colonie queste virtù devono rifulgere, soprattutto qui bisogna essere sistematici e perseveranti. Poco fa ho visitato le Concessioni. Addito alla ammirazione della Nazione, pongo all'ordine del giorno quei coloni, quei pionieri che appartengono al patriziato italiano e che sono evidentemente dissimili da quelli che ballano stupidamente negli atrii dei grandi alberghi alla moda.

Questi uomini e queste donne che alla vita forse troppo comoda e confortabile delle nostre città preferiscono la vita sana e dura dei pionieri, sono veramente degni di ammirazione: come degni di ammirazione sono i lavoratori, i piccoli che sono venuti qui fidando sul loro capitale umano rappresentato dalle loro braccia. Io dissi ad uno di questi coloni: « La fede muove le montagne e feconda la terra »; ma la fede non basta; occorrono mezzi. Non bisogna attendere tutto dal Governo; anche questo è un mal costume degli italiani che dobbiamo abolire. Là dove bastano gli individui, nulla si deve chiedere alla collettività, perché il Governo rappresenta la collettività ed il denaro che il Governo dà è il denaro del popolo italiano stremato dal sangue e quindi sacro fino all'ultimo centesimo.

Ma vi sono dei cómpiti per i quali gli individui non hanno forze sufficienti, cómpiti di interesse collettivo che poi si riverberano sull'interesse individuale.

Questi cómpiti spettano al Governo, questi cómpiti sono affrontati dal Governo: questi problemi saranno risolti dal Governo. Vedete che io non amo la forma dubitativa e convenzionale. Io affermo. Quattro anni di Governo fascista hanno dato le prove, non dirò della nostra capacità, il che potrebbe apparire immodesto, ma della nostra tenacia. In Italia abbiamo risolto e stiamo risolvendo decine di problemi, molti dei quali risalivano all'epoca dei Governi passati. Vi sono problemi che si chiamavano con un luogo comune, che era molto di moda: « annosi »; la loro « annosità » si conta a decine di anni.

In un caso io l'ho contata a secoli; si trattava di una questione che si riferiva all'ex ducato di Milanol Ora tutti questi problemi vengono affrontati e risolti e la Nazione è straordinariamente laboriosa e considerevolmente disciplinata. Ora se io vi dico che problemi di interesse generale che concernono Tripoli e la Colonia saranno affrontati dal mio Governo, voi dovete crederlo perché questa sarà la realtà di domani.

Voglio affermare che le direttive del Senatore De Bono sono eccellenti. Noi abbiamo fame di terre perché siamo prolifici e intendiamo restare prolifici.

Bisogna dunque utilizzare la terra: la tecnica agricola moderna è capace di qualunque miracolo, ma soprattutto capace di miracolo è stata in ogni tempo questa nostra razza italiana che mi appare ognora, quando io ne faccio oggetto delle mie meditazioni, un prodigio singolare nella storia umana.

Quando io penso al destino dell'Italia, quando io penso al destino di Roma, quando io penso a tutte le nostre vicende storiche, io sono ricondotto a vedere in tutto questo svolgersi di eventi, la mano infallibile della Provvidenza, il segno infallibile della Divinità.

Così Dio ci protegga e protegga il nostro popolo e protegga il nostro Re e la nostra Nazione; il resto lo dobbiamo fare da noi stessi. Io porterò a Roma i prodotti agricoli di questa terra; additerò a tutti gli italiani l'esempio dei coloni e dei pionieri perché questo esempio sia largamente imitato. Non vi è dubbio che questo mio viaggio è destinato, per ragioni evidenti, ad avere molte profonde ripercussioni nell'animo del popolo italiano, ripercussioni che saranno benefiche perché tale è la nostra volontà incrollabile. Dopo di ciò vi saluto e dichiaro aperto il convegno in nome del Re.