Saturday, 3 March 2012

Discorso all'Assemblea del PNF, 28 gennaio 1924


di Benito Mussolini

Il discorso che ho l'onore di pronunziare dinanzi a voi potrà apparirvi piuttosto arido, poiché la materia che imprendo a trattare mi ha sempre scarsamente interessato durante la mia vita politica. Aggiungo, a scanso di illusioni comiziali, che non pronunzierò altri discorsi di genere elettorale dopo questo nei prossimi due mesi che io segno già con « nigro lapillo », perché li considero fra i più mortificanti della mia vita. È bastato l'annunzio elettorale perché affiorasse alla superficie tutto quanto di più torbido, di più vanitoso e di più imbelle fermenta negli spiriti. Di ciò ho disgusto profondissimo. Non bisogna sopravalutare quella che si chiama la battaglia delle urne. Ma errerebbe chi volesse svalutarla. Troppo la lotta che comincia da questa sera è squisitamente politica. Deve essere quindi ingaggiata con la massima serietà,

perché potrebbe avere, a seconda dello sviluppo degli avvenimenti, conseguenze di grande portata. Bisogna accingersi a questa « corvée » elettorale con disciplina e con senso di responsabilità. Anche le « corves » erano necessarie prima, durante e dopo le battaglie, quando o si pulivano i camminamenti o si rifornivano di munizioni le linee o si portavano le plance per i ricoveri o i reticolati per le trincee.

A quindici mesi di distanza dalla Marcia su Roma, noi dobbiamo esaminare la situazione del Paese; né mi sembra superfluo gettare anche uno sguardo su quella che è la situazione europea.

Ci sono, a proposito del Partito, alcune cose sulle quali intendo soffermarmi domani sera, in separata sede, in più raccolta assemblea e presenti coloro che, come segretari provinciali, hanno la responsabilità massima del buono o cattivo andamento dei Fasci nelle loro provincie. Il travaglio del Partito durante tutto l'anno 1923 è stato formidabile. Oggi, che la parola non suscita più emozione si può dire che, sia pure a scaglioni e sia pure in successione di tempi, tutto il Partito è stato sciolto e quindi ricomposto. Sintomatico e confortante è il fatto che questo complesso travaglio di trasformazione non abbia diminuito la efficienza politica del Partito pur determinando degli alti e dei bassi nelle situazioni locali. Quella che si potrebbe chiamare « intelligente selezione del Partito » non ha dato ancora i suoi frutti, perché qua e là permangono crisi locali più o meno importanti: ma li darà. Ci sono però dei luoghi comuni che devono essere tolti immediatamente dalla nostra circolazione. Bisogna dire senza eufemismi che la mania del purismo e del diciannovesimo, a base di vecchie guardie, di fascismo della prima ora o della ventiquattresima, è semplicemente ridicola. Il veteranismo in un movimento che avrà, soltanto fra due mesi, e cioè il 23 marzo 1924, appena cinque anni di vita, pur avendo riempito in sì breve lasso di tempo tanta parte della storia d'Italia, e si potrebbe dire del mondo, il veteranismo, dicevo, non ha alcuna giustificazione. I fascisti della prima ora erano letteralmente poche diecine. Al Congresso di Firenze, che si tenne nell'ottobre dell'infausto 1919, i Fascisti rappresentanti di tutta Italia non arrivavano a 40. Finiamola, dunque, coi fascisti della prima e dell'ultima ora: questo criterio non può bastare e non basta nella pratica dei casi a distinguere i migliori dai peggiori. Così pure deve essere bandito il concetto del purismo fascista, del quale sarebbero banditori e portatori certi spiriti privilegiati, specie di asceti frigidi e incorrotti della politica. Certo puritanesimo è altamente sospetto. Non è la prima volta che accade, strappando la maschera, di trovare invece che il volto dell'apostolo, la faccia ambigua e sorniona del mistificatore.

Un altro punto sul quale conviene fermare il discorso è l'antitesi che si vuole creare tra Fascismo e Mussolinismo. Io mi spiego il fenomeno, ma dichiaro che non lo accetto. Me lo spiego, dicevo, pensando che questi Mussoliniani si dividono in due categorie, una delle quali, quella in mala fede, supera di gran lunga l'altra dei mussoliniani in buona fede. In realtà il Mussolinisino dovrebbe essere per certa gente una specie di viatico e di passaporto per poter in un primo tempo combattere Mussolini, il quale da persona discretamente dotata di esperienza politica, diffida di questi Mussoliniani e dichiara che il più deciso degli anti-mussoliniani è Mussolini. Certi dissidenti sono pregati di non abusare più oltre del mio nome.

Davanti a questa Assemblea è altresì necessario sfatare diverse leggende attorno alle quali si fantastica, specialmente in provincia: la leggenda, ad esempio, dei reticolati che circonderebbero la mia persona per impedirmi ogni contatto col mondo fascista in ispecie, e col mondo esterno in genere. Questa favola dei reticolati è di una stupidità desolante. Durante quindici mesi posso dire che a Palazzo Chigi è passata tutta Italia in quella che è la sua espressione politica ed amministrativa. Sono venute da me Commissioni a centinaia, migliaia di rappresentanti di tutti i ceti e di tutti i valori professionali della Nazione. Mi vanto di non aver respinto nessuno, nemmeno quelli che venivano a parlarmi di cose assolutamente personali o ad espormi questioni di una evidente futilità.

Con quella dei reticolati va smontata l'altra favola che consiste nel dipingermi come un buon dittatore che sarebbe tuttavia circondato da cattivi consiglieri, dei quali subirei la misteriosa e nefasta influenza. Tutto ciò, prima ancora di essere fantastico, è idiota. Una ormai lunga esperienza sta a dimostrare che io sono individuo assolutamente refrattario a pressioni di qualsiasi nafura. Le mie decisioni maturano, spesso, di notte, nella solitudine della mia vita piuttosto arida perché scarsissimamente socievole. Quelli che sarebbero i cattivi consiglieri del buon tiranno sono cinque o sei persone che vengono da me tutte le mattine al quotidiano rapporto per farmi conoscere tutto quanto succede in Italia, dopo di che se ne vanno. Questo rapporto, salvo casi eccezionali, non dura mai più di mezz'ora. Ad ogni modo devo dichiarare che a questi che sono i collaboratori più diretti della mia fatica quotidiana e che specialmente spartiscono con me il pane salato della diretta responsabilità del Governo Fascista, esprimo qui in vostra presenza tutti i sensi della mia amicizia e della mia gratitudine.

In questi ultimi tempi si è parlato ancora di illegalismo e di ritorno alla normalità assoluta. Bisogna avere il coraggio di dire che l'illegalismo di cui si parla, pur essendo ormai ridotto a proporzioni minuscole e sporadiche e -pur dovendo i fascisti obbedire ai moniti del Partito per finirlo, sarebbe definitivamente scomparso se non fosse provocato da certa opposizione incosciente e criminale, e se la cronaca non fosse troppo spesso costellata da agguati e da uccisioni in cui cadono ancora una volta i Militi fascisti, come in questi giorni è avvenuto in Piemonte, in Toscana ed in Sardegna.

Quanto alla normalità bisogna intenderci. Se la cosiddetta normalità costituzionale deve, come sembra, risolversi in una gigantesca truffa all'americana ai danni del Fascismo sino a farne qualche cosa di incolore e di insapore,. senza più rispondenza nell'animo delle nuove generazioni, senza più capacità di ripercussioni nel mondo, dichiaro che questa normalità non è nei miei gusti e non è nei miei scopi.

Se, per spiegarmi chiaro, per normalità si intende lo scioglimento della Milizia che non è di Partito, ma è nazionale e che deve servire a tenere a bada tutti coloro che abbiamo risparmiato, dichiaro fin da questo momento che non cadrò mai vittima di questo trucco della normalità, che non per nulla è avanzato dai signori della opposizione costituzionale, i quali devono essere considerati tra i più pericolosi e i più torbidi nemici del Governo e del Partito Fascista. Tanto più che tale richiesta di un ritorno alla normalità si associa a lamentazioni che noi conosciamo: lamentazioni funerarie per la libertà che sarebbe calpestata dalla mia bieca tirannia. Conosco molti Paesi dove queste lamentazioni per le libertà conculcate sarebbero pienamente giustificate.

La Rivoluzione fascista non si è inghirlandata con sacrifici di vittime umane: non ha creato finora tribunali speciali: non c'è stato crepitìo di plotoni di esecuzione. Non si è esercitato il terrore, non si sono promulgate le leggi eccezionali. Così dovevasi fare; ma sarà forse per questo che diecine e diecine di latitanti, i quali parevano scomparsi dalla circolazione, oggi rispuntano sotto le specie più diverse nelle riviste, nei giornali, nella diffamazione sotterranea, nella congrega segreta, nella vociferazione clandestina ed anonima. Nessuna di quelle libertà che lo Stato assicura ai cittadini è stata manomessa. Naturalmente il Governo si vale dei suoi poteri per prevenire e reprimere non le manifestazioni della libertà contemperata dalla disciplina, ma le espressioni di una licenza che il Fascismo non può tollerare e che io non tollererò mai.

A coloro che vorrebbero che il Fascismo si svirilizzasse e procedesse per la strada con le braccia ricolme di ramoscelli di ulivo, io metto sotto gli occhi la lista di tutte le aggressioni consumate in questo mese a danno dei fascisti:

6 gennaio 1924, Caltanissetta. - A Villarosa, durante una dimostrazione contro il Commissario prefettizio, vennero esplosi vari colpi di arma da fuoco contro i Militi accorsi per prestare man forte ai due soli carabinieri presenti.

7 gennaio 1924, Treviso. - Nella frazione Frangenico di Gaiarine un gruppo di comunisti armati aggredì e percosse per la pubblica via principale un decurione della Milizia e poi cinque fascisti. Da ambo le parti vi furono feriti per colpi di rivoltella esplosi. Indi gli stessi comunisti recatisi alla abitazione di un altro fascista lo percossero a sangue, producendogli contusioni e ferite in tutto il corpo con prognosi riservata.

11 gennaio 1924, Pisa. - In Asciano ignoti lanciarono contro la sede del Fascio una bomba che esplose producendo rottura di vetri senza altre conseguenze.

13 gennaio 1924, Spezia. - In Falcinelle di Sarzana un sovversivo, per odio politico, sparò un colpo di rivoltella contro un fascista diciassettenne producendogli gravi lesioni al viso.

14 gennaio 1924, Alessandria. - In Antignano d'Asti alcuni sconosciuti spararono colpi di rivoltella contro l'abitazione di un fascista che vi si trovava insieme ad alcuni compagni.

15 gennaio 1924, Modena. - Nella località Cetro di Montese alcuni socialisti, precedentemente invitati ad uscire da un pubblico esercizio per l'orario di chiusura, aggredirono tre fascisti ferendoli con corpi contundenti e lanciarono mattoni contro l'esercizio.

15 gennaio 1924, Sondrio. - In Chiavenna, durante la notte, ignoti lordarono lo stemma del Fascio ed affissero strisce contenenti invito all'allontanamento di quel R. Commissario.

15 gennaio 1924, Milano. - In Legnano alcuni sovversivi spararono un colpo di rivoltella, senza conseguenze, contro un gruppo di fascisti.

18 gennaio 1924, Alessandria. - A Cisterna di Asti, dopo un comizio contro l'Amministrazione comunale, furono aggrediti alcuni fascisti, dei quali uno rimase ferito da un colpo di rivoltella ed un altro da arma da taglio.

20 gennaio 1924, Torino. - Ad Inverno Pinasca alcuni fascisti vennero fatti segno a colpi di arma da fuoco da sovversivi appiattati. Rimase ucciso un fascista ed altri due gravemente feriti.

21 gennaio 1924, Lucca. - In Gragnano alcuni fascisti furono fatti segno a due colpi di fucile da uno sconosciuto datosi alla fuga. Rimasero feriti due fascisti.

21 gennaio 1924, Roma. - Nella località Ponte Colemindo di Rieti due militi della M. V. vennero fatti segno a quattro colpi di arma da fuoco da un gruppo di sovversivi che, identificati, furono arrestati.

25 gennaio 1924, Cagliari. - Sulla strada provinciale di Serrenti Samassi è stato rinvenuto assassinato a pugnalate il fascista Salvatore Talloru presidente della sezione mutilati. Il Talloru pare sia stato ucciso in paese e trasportato sulla strada provinciale ed abbandonato.

E passo alla seconda parte del mio discorso. Qualcuno si è meravigliato come io non abbia chiesto la proroga dei pieni poteri sapendo che io avrei potuto averli con facilità: appunto per questo. Non è nel mio costume chiedere ciò che si può ottenere senza sforzo, né prorogare situazioni storiche una volta che siano storicamente liquidate.

Se un anno di esercizio di pieni poteri, durante il quale si tennero ben 77 Consigli dei Ministri, non mi aYesse permesso di portare a realtà le riforme che costituivano il bagaglio dottrinale del Partito Fascista, io avrei chiesto la proroga dei pieni poteri: ma sta di fatto che durante l'esercizio dei pieni poteri, il Governo fascista non ha perduto il suo tempo: ed esso ha profondamente rinnovato tutta la compagine della Nazione: ha profondamente riformato le istituzioni militari, ha sistemato gli ufficiali usciti dall'Esercito, i combattenti venuti dalle trincee, i mutilati e gli invalidi che nelle trincee stesse avevano lasciato brandelli delle loro carni. Il Fascismo ha rinnovato radicalmente gli ordinamenti delle amministrazioni civili, dei servizi pubblici, degli esteri, dell'economia nazionale, ecc.

I risultati di questo enorme cumulo di riforme, che in sintesi costituiscono una rivoluzione grandiosa, si vedranno in tutta la loro plasticità fra qualche tempo. Ma già voi vedete che tutto il ritmo della vita italiana si è accelerato. La ragione fondamentale, dunque, della rinunzia alla richiesta di proroga dei pieni poteri è nella constatazione che l'opera è bene avviata e che ormai non è più possibile tornare indietro. C'è qualche cosa in. Italia che è morto e ben morto.

Va da sé che rifiutandomi di chiedere questa proroga, io non potevo più oltre prolungare la vita d'una Camera la cui maggioranza era ostile a me ed al Fascismo, di una Camera che veniva considerata come una specie di ultima trincea nella quale si erano nascosti tutti i nemici della nostra rivoluzione. Ci sono ancora in tutto il territorio dei centri di infezione, degli uomini che credono di essere immutabili, dei piccoli gruppi di vespe che si illudono che io li abbia dimenticati. Di quando in quando do prova che anche i dettagli non sfuggono al mio controllo. Cosi era urgente a mio avviso di buttar fuori dalla comoda trincea di Montecitorio tutti quelli che vi si erano annidati. In secondo luogo dovevo dimostrare che il Fascismo non temeva di rivolgersi direttamente al Paese per avere un'attestazione consensuale, quantunque la forza di cui gode il Fascismo sia di per se stessa una espressione inequivocabile di consenso. Così avvenne fra la sorpresa generale che io rinunciassi ai pieni poteri, mentre avrei potuto tranquillamente ottenerli. Fin da quei giorni considerai come ineluttabile lo scioglimento della Camera. Il fatto che a metà dicembre, scrivendo al collega Carnazza, io abbia detto che la cosa non era ancora decisa, deve essere considerato come un accorgimento tattico dovuto al desiderio di non mettere anzi tempo in stato di eccitazione elettorale il Paese, considerato che questo stato di eccitazione spesso si riduce ad una specie di masturbazione solitaria a base di ambizioni deluse e di sedicenti ideali infranti.

Non sono mancati in queste ultime settimane i soliti zelatori della costituzionalità i quali si domandavano: « Il decreto di scioglimento verrà prima o dopo l'Assemblea fascista? » Io ho dimostrato ancora una volta coi fatti che so scindere l'azione e la responsabilità di Partito dall'azione e dalla responsabilità di Governo. Il Fascismo ed il Governo sono tutto uno; ma le loro funzioni, e quindi le loro responsabilità sono necessariamente diverse.

Oggi, davanti allo scioglimento della Camera, si impone il problema della nostra strategia elettorale. Prima di tutto diamo uno sguardo alla situazione dei Partiti in Italia.

All'Estrema Sinistra ci sono delle minoranze rumorose e trascurabili. I diversi Partiti socialisti, con le inevitabili loro frazioni e tendenze, non possono costituire una seria minaccia per noi ed un serio impedimento alla nostra vittoria. È da augurare ad ogni modo che essi facciano blocco: che essi rinnovino ancora una volta sul terreno elettorale quella Alleanza del lavoro che il Fascismo stroncò nell'agosto del 1922, ultimo tentativo sovversivo in grande stile compiutosi in Italia a due anni di distanza dalla occupazione delle fabbriche: il che dimostra come non sia vero che il Fascismo sia venuto a reprimere il bolscevismo in ritardo e quindi senza gloria.

Esclusi i Partiti di sinistra, che noi combatteremo col vecchio vigore delle Camicie Nere, restano tutti gli altri Partiti più o meno costituzionali: ebbene, a proposito di costoro la posizione politica del Fascismo è stabilita da quanto, ho il piacere di leggervi e che costituisce la prima parte dell'ordine del giorno che sarà certo, credo io, approvato domani dal Consiglio Nazionale.

Il Partito Nazionale Fascista per le sue origini, per i suoi metodi, per i suoi scopi ed anche per la sua esperienza vissuta dal 1921 in poi, respinge nettamente ogni proposta di alleanza elettorale e meno ancora politica, con vecchi Partiti di qualsiasi nome e specie, anche perché il loro atteggiamento non è stato mai univoco nei confronti del Partito e del Governo Fascista; decide tuttavia, in conformità coi suoi metodi, di includere nella lista elettorale uomini di tutti i Partiti, ed anche di nessun Partito, i quali per il loro passato, specie durante l'intervento, la guerra ed il dopoguerra o per le loro eminenti qualità. di tecnici, di studiosi, siano in grado di rendere utili servigi alla Nazione.

Questa dichiarazione è di una logica impeccabile ed è di una perfetta coerenza. Se dall'ottobre del 1922 ad oggi non ci fossero stati cambiamenti nella situazione politica dei Partiti, il Fascismo avrebbe potuto considerare la possibilità di accordi o di blocco con quei partiti che diedero i loro uomini al Governo sorto dopo la Marcia su Roma. Quei Partiti sono tre: il Partito Popolare, il Partito Democratico-Sociale ed il Partito Liberale. Ognuno di questi tre Partiti, nel corso della esperienza fascista, si è scisso in due o diverse frazioni. Primo a passare all'opposizione, in questi ultimi giorni compiutamente smascherata, è stato il Partito Popolare, il quale, oggi si presenta diviso in ben quattro frammenti che corrispondono ad una estrema destra, ad una estrema sinistra e ad un centro che a sua volta è diviso in due frazioni.

Anche la democrazia sociale non ci presenta una impronta di atteggiamenti nei confronti col Fascismo. Altrettanto dicasi del Liberalismo. Come si può parlare di contatti e di alleanze con Partiti che hanno la loro organizzazione divisa fra elementi favorevoli al Fascismo ed elementi più o meno decisamente contro il Fascismo? Quali sono i veri democratici sociali? Quelli che appoggiano il Governo Fascista o gli altri che sabotano questo appoggio? E chi sono gli autentici liberali? Quelli che hanno marciato con noi francamente e lealmente, oppure quelli che per quindici mesi, quotidianamente, diabolicamente, hanno suscitato fantasmi, hanno esasperato le opposizioni, hanno diffamato l'Italia in faccia al mondo? E quale è la distribuzione di tutte queste forze sul territorio nazionale? Come si può parlare di alleanze con dei Partiti la cui distribuzione di forze sul territorio è assolutamente disuguale, poiché mentre il liberalismo è discretamente efficiente in talune zone, non è mai arrivato a darsi una organizzazione veramente e nazionalmente unitaria avvalorando la tesi secondo cui organizzazione e liberalismo sono elementi necessariamente, irreducibilmente inconciliabili? Accoglieremo quindi, al di fuori, al di sopra e contro i Partiti, nelle nostre file, tutti quegli uomini che sono disposti a darci la loro attiva disinteressata collaborazione, restando bene inteso che la maggioranza dev'essere riservata al nostro Partito.

Né vale la pena di disputar attorno a nominalismi privi di senso, come la transigenza e la intransigenza. Siamo di una coerenza che si può veramente chiamare perfetta, perché siamo sulla linea che promana dal modo di governo imposta con la entrata vittoriosa delle Camicie Nere in Roma: la costituzione del Governo Fascista al di fuori di tutti i Partiti e al di fuori di qualsiasi designazione di ordine parlamentare. Bisogna ricordare che allora io mi rifiutai di fare un Governo, non dico dittatoriale di pochissimi elementi, non dico composto in. totalità di fascisti, ma feci un Governo di coalizione e fummo allora così spregiudicati in questo nostro criterio di utilizzare gli uomini, che taluni elementi del vecchio Governo entrarono a far parte del nuovo e, aggiungo, che di essi non ho avuto a dolermi. La nostra intransigenza non è formale, è sostanziale; e a questa intransigenza sostanziale, che io chiamerò strategica, non rinunceremo mai.

Se mi fosse concesso di chiudere in sintesi quello che sembra il dato fondamentale di questi ultimi tempi, io direi che essi segnano il declino fatale ed inevitabile di tutte le dottrine e di tutte le esperienze socialistiche. Mentre la Russia attraverso la « Nep » torna al capitalismo e chiede al capitalismo occidentale i mezzi per la sua ricostruzione economica, in Germania gli ultimi conati di sinistra sono ridicolmente falliti senza resistenza di sorta e spesso, come in Sassonia, nello scandalo e nella vergogna: in Francia la lotta tra frazioni sindacali e frazioni politiche ha ormai raggiunto il parossismo: in Inghilterra l'avvento del Labour Party non è destinato a scardinare il mondo e nemmeno l'Impero Britannico. Mac Donald non realizzerà il socialismo e non andrà a sinistra. Il monito agli insorti indiani è di una straordinaria significazione e deve avere gelato il cuore a molti melanconici di casa nostra.

Il Fascismo, come dottrina di potenziazione nazionale, come dottrina di forza, di bellezza, di disciplina, di senso della responsabilità, di repugnanza per tutti i luoghi comuni della democrazia, di schifo per tutte quelle manifestazioni che costituiscono la vita politica e poli ticante di gran parte del mondo, è ormai un faro che splende a Roma, ed al quale guardano tutti i popoli della terra, specie quelli che soffrono dei mali che noi abbiamo sofferto e superato.

Alle nostre giovani generazioni è toccato l'arduo cómpito di vivere e sostenere questa esperienza, il cui interesse ha ormai varcato i confini della nostra terra. Bisogna avere il senso religioso di questa enorme responsabilità storica in tutte le manifestazioni della nostra vita, e privata e pubblica; in tutte le battaglie che la politica impone, non escluse quelle elettorali. Dobbiamo sgominare anche su questo terreno i nostri avversari: quelli che ci insidiano all'interno e quelli che ci insidiano all'estero, aspettando ormai vanamente da cinque anni il nostro tramonto. Sono sicuro che ci riusciremo. I nostri avversari saranno ancora una volta irreparabilmente battuti; perché si ostinano a negare la realtà che li acceca, perché si ostinano a pascersi d'illusioni stolte: le piccole crisi di ordine locale, gli episodi insignificanti che scoppiano qua e là nella penisola, sono elevati a sintomi di crisi mortale del Fascismo. Molte smentite clamorosissime sono venute in questi cinque anni: ma le speranze sono veramente tenaci a morire.

Questa Grande Assemblea che raccoglie il fior fiore del Fascismo italiano, cioè tutti coloro che nel Fascismo hanno un posto di responsabilità politica o militare o sindacale od amministrativa, deve far riflettere i nostri avversari. In un partito di giovani, di impetuosi e di passionali ogni contrasto può assumere forme drammatiche. Ma io credo che se domani si rendesse necessario di lanciare un appello a tutte le forze, i contrasti scomparirebbero. Molti di questi stessi che furono espulsi dal Fascismo e che pure ne hanno serbata l'acuta nostalgia nel cuore, ritornerebbero per chiedere di combattere.

Ondate di consenso avvolgeranno i nostri gagliardetti gloriosi bagnati dal purissimo sangue dei nostri martiri ed il Fascismo apparirà ancora una: volta nel suo maestoso aspetto di movimento travolgente ed invincibile dotato della virtù per affrontare qualsiasi sacrificio, deciso fermamente a tenere ciò che fu conquistato, deciso non meno fermamente a conquistare nuove e più fulgenti vittorie.

Tutti hanno bene meritato. Tutti si sono prodigati ed hanno accettato una disciplina che si può dire soldatesca. I risultati si vedono e più ancora si vedranno. Un elogio particolare è dovuto al popolo italiano; a questo popolo laborioso e prolifico che ha dato e darà molti soldati all'Esercito, marinai alle navi, operai alle officine e molti contadini ai campi; a questo popolo italiano che ha accettato la nostra rude disciplina ed anche i sacrifici della nostra politica.

Quanto a me ho la coscienza di aver compiuto il mio dovere. Mi sono considerato e mi considero come un soldato che ha la consegna: la consegna severa che egli deve osservare a qualunque costo. Questa consegna è sacra ed io le sarò fedele. Il Governo è anche un problema di volontà. Se si vuole, si resta al Governo, e non è già, o Signori, per una piccola soddisfazione che io desidero, che io voglio restare al Governo.

Ho piacere di lavorare parecchie ore al giorno- di essere qualche volta, molto spesso, angosciato da problemi e responsabilità che fanno tremare le vene ed i polsi. Accetto questa servitù come il più alto premio che possa avere. Non credete agli stolti: io sono Fascista e resto fedele al Fascismo. I dissidenti non abusino più oltre del mio nome. Chi è contro il Fascismo, chi è contro il Partito, è necessariamente contro il Governo e contro me.