Sunday 4 March 2012

Discorso di Littoria, 18 dicembre 1936

Ai coloni dell'Agro Pontino

di Benito Mussolini

Camerati Lavoratori! Camicie Nere!

Sono passati appena dodici mesi dal famoso discorso di Pontinia. Grande giornata il 18 dicembre dell'anno XIV! Le donne di tutta Italia, magnifiche di patriottismo, offrivano i loro anelli nuziali alla Patria, monito allo straniero che, quando il popolo italiano vuole ed è deciso, nessuna forza al mondo può contrastargli il passo.

A Pontinia io pronunciai queste testuali parole: « Siamo impegnati in una prova dura, ma ne usciremo certissimamente vittoriosi ».

Voi mi domanderete: chi ti dava questa sicurezza? Ed io vi rispondo: questa sicurezza mi era data dal popolo italiano.

Così in sette mesi abbiamo conquistato l'Impero, in tre mesi appena lo abbiamo pacificato. Centoquindicimila operai sono al lavoro, per costruire le grandi strade dell'Impero, che ne permetteranno l'immediata valorizzazione.

Tutto ciò è stato fatto contro tutto e contro tutti. Abbiamo lavorato anche nella Madre Patria. Gli edifici, che furono inaugurati stamane a Littoria documentano che, malgrado le sanzioni, in Italia abbiamo continuato a lavorare, a spingerci con tutta la nostra volontà verso il futuro.

Siamo andati verso il popolo. Sul terreno delle conquiste sociali, delle grandi realizzazioni, che devono elevare moralmente e materialmente il popolo, noi non abbiamo nulla da imparare da nessuno. Possiamo insegnare qualche cosa a tutti.

I premi che furono distribuiti ai coloni di questa terra oramai redenta, costituiscono un premio alla loro fatica, ma costituiscono anche un impegno per tutti i lavoratori della terra, di rimanere fedeli alla terra, poiché colui che l'abbandona senza un supremo motivo, io lo considero un disertore dinanzi a sé e dinanzi al popolo italiano.

Il destino dei popoli che si sono inurbati ed hanno abbandonata la terra, è storicamente segnato: è la decadenza che li attende!

Fu questione, nel discorso di Avellino, di sapere se tutti i conti erano stati regolati. Tutti i conti africani sono stati regolati, fino al centesimo. Altri conti esistono, altre questioni, ma io credo fermamente che essi saranno regolati per le vie normali, come noi desideriamo e vogliamo. Poiché mentre noi fascisti respingiamo la favola incosciente di una pace perpetua, che non esisté mai nel mondo e mai potrà esistere, desideriamo il più lungo periodo possibile di pace.

Donne di Minturno, alzate pure l'ulivo: voi sapete con che cosa noi l'accompagnamo!