Sunday 4 March 2012

Discorso di Roma, 15 maggio 1937

Alla III Assemblea delle Corporazioni

di Benito Mussolini

Camerati!

A che punto siamo col piano regolatore dell'economia italiana, che fu tracciato nel mio discorso del 23 marzo XIV in questa stessa sala e al quale rimando coloro che nel frattempo lo avessero - per caso - dimenticato? Il piano regolatore tendeva e tende al raggiungimento di un obiettivo: il massimo dell'autonomia economica della Nazione, presupposto necessario e garanzia fondamentale della sua indipendenza politica e della sua potenza. Procederemo quindi a un giro d'orizzonte per vedere quanto è stato fatto e quanto resta da fare.

Cominciamo dal sottosuolo e precisamente dai combustibili solidi. Il carbone di qualità sopraffina non s'è ancora trovato in Italia, ma vi sono alcune centinaia di milioni di tonnellate di ottimo carbone che può e deve sostituire in moltissimi impieghi quello straniero. Il carbone minerale della A.C.A.I. estratto dai bacini dell'Istria e della Sardegna ha incontrato il generale favore. La produzione di quest'anno solare supererà il milione di tonnellate, ma noi tendiamo a raggiungere, e raggiungeremo, i quattro milioni almeno, cioè un terzo del consumo totale annuo che si valuta tra i dieci o i dodici milioni di tonnellate. In questo settore, anche elettrificando tutte le ferrovie, non raggiungeremo, forse, la totale autonomia. Ma non vi è da preoccuparsene oltre misura, perché ci sarà sempre una Nazione o molte Nazioni disposte a rifornirci del nostro residuo fabbisogno di carbone. (Applausi).

Dal carbone si passa al ferro. Qui mi sia permesso di dire che la nostra siderurgia fa troppo assegnamento sui rottami di ferro stranieri che ci vengono in maggioranza dalle Nazioni occidentali o non ci vengono affatto, o con prezzi proibitivi a seconda degli umori politici dominanti in quei Paesi. (Applausi).

Una siderurgia che lavora per il cinquanta per cento sui rottami altrui, è una siderurgia artificiosa, che può mancare ai suoi scopi proprio nel momento più necessario. Basti ricordare che nel 1935 il totale dei rottami di ferro importati superò il milione di tonnellate che discesero nel 1936 a 400.000 tonnellate. Per confortarci aggiungerò che la produzione di minerali ferrosi nazionali è in aumento: da 551.000 tonnellate del 1935 siamo saliti a 900.000 nel 1936, toccheremo il milione e centomila nell'anno in corso.

Ciò significa che la siderurgia tende all'autarchia, cioè ad utilizzare al massimo le risorse nazionali di minerali di ferro.

A quanto ammontano tali risorse? Secondo le valutazioni dell'Ispettorato delle Miniere delle Corporazioni, il nostro patrimonio ferrifero disponibile toccherebbe i 30 milioni di tonnellate; secondo 1'E.N.C. italiana la massa ferrosa esistente in Italia sarebbe di 40 milioni di tonnellate, con una riserva di oltre 100 milioni di tonnellate. Alle stesse cifre arrivano il professore Villavecchia del laboratorio chimico delle Dogane e il professore Stella. Il nostro patrimonio di minerali ferriferi è relativamente modesto, se lo si confronta coi patrimoni di altre Nazioni, ma è sufficiente ai nostri bisogni per un lungo periodo di anni, anche se si raddoppiasse, come si dovrà raddoppiare, la produzione attuale.

Ai minerali bisogna aggiungere le piriti. Se ne prevede una produzione nel 1937 di 900.000 tonnellate che daranno 500.000 tonnellate di ferro, al 50 %.

Durante la Grande Guerra l'Italia bastò al suo fabbisogno di manganese per 30.000 tonnellate; nel 1934 eravamo discesi a 7000 circa. L'A.M.M.I. ha ripreso le ricerche e mi annunzia nel consueto rapporto mensile che nell'isola di San Pietro e nella costa occidentale sarda esiste un complesso veramente notevole di minerale di manganese: sono stati impiantati dieci cantieri di costruzione e un impianto capace di trattare 350 tonnellate al giorno, che arriveranno, in un secondo tempo, a 1000-1500, con che sarà colmata una notevole parte del fabbisogno nazionale.

Molto difficili i lavori avviati nelle alte valli novaresi, per la ricerca e l'estrazione del nichelio: si sono dovute costruire strade, filovie e gallerie, il tutto a quote superiori ai duemila metri. I risultati sono tali che permettono la costruzione di un impianto pilota a Varallo Sesia, per il trattamento del minerale.

Per quanto concerne il rame si lavora nel bacino di « La Duchessa » in Sardegna, ma ogni previsione sarebbe avventata.

Sono positive, viceversa, le previsioni per quanto concerne lo stagno: le miniere di Montemannu in Sardegna e soprattutto quelle di Monte Valerio in provincia di Livorno, ci faranno raggiungere, tra poco, l'autonomia completa per i fabbisogni di pace e di guerra.

I nostri giacimenti di bauxiti e di leuciti sono illimitati. Si può quindi raggiungere il fabbisogno nazionale per l'alluminio metallo e attivarne l'esportazione.

La produzione dell'alluminio metallo è passata da 14.000 tonnellate alle 20.000. Tendiamo alle 40.000. Altrettanto dicasi per il piombo e lo zinco. Insieme con quest'ultimo, il magnesio può diventare un metallo tipicamente italiano. I giacimenti italiani di magnesio sono praticamente inesauribili. Le nostre industrie chimiche marciano all'avanguardia e non hanno più nulla da imparare dalle altre.

Per quanto riguarda i combustibili liquidi vi è dall'anno scorso una novità: la creazione dell'A.N.I.C. (Azienda nazionale idrogenazione combustibili), tipico esempio di quelle società miste statali-private, cui feci allora cenno: questa Società ha in costruzione a Bari e a Livorno due grandi stabilimenti che tratteranno i petroli albanesi e le ligniti con un procedimento tecnicamente aggiornato.

Il camerata ministro Benni mi assicura che nel secondo semestre del 1938, sarà raggiunta la totale autonomia per quanto concerne il fabbisogno nazionale di benzina e di lubrificanti. (Applausi).

Dissi l'anno scorso che avremmo avuto fra poco la cellulosa nazionale. È entrato in funzione, dopo gli stabilimenti di Mantova e di Tolmezzo, lo stabilimento di Foggia e altri sono preventivati. È possibile, e quindi si deve ridurre a zero l'importazione di cellulosa.

Per la produzione della gomma sono previste coltivazioni del guayle, ma gli studi per ottenere la gomma sintetica sono già così avanzati e promettenti che una seconda Società statale-privata è alle viste per raggiungere anche in questo settore l'autarchia.

La marcia verso questo supremo obiettivo è stata rapida e decisiva nel settore dei tessili. Siamo giunti al tessile nazionale. Misoneismi, diffidenze, scetticismi e qualche ambigua manovra di interessati: tutto è scomparso dopo la mostra di Forlì, che sarà seguita da quella di Roma. La genialità italiana degli sperimentatori e degli industriali ha trionfato e ha trionfato la fede sotto lo stimolo del dovere nazionale e della necessità. (Applausi).

In fatto di autarchia nel campo tessile mi piace ricordare un precedente che ho trovato in una delle mie più recenti letture: (ho ancora l'abitudine di leggere di quando in quando), il precedente di Enrico IV che proibì l'entrata in Francia delle stoffe straniere di seta, ordinò di piantare nelle Tuileries e nei parchi di Madrid e Fontainebleau 20.000 gelsi e creò tredici commissari per propagandare la coltura dell'albero della seta.

L'impulso autarchico di Enrico IV, fu continuato e perfezionato dal grande Colberi con le sue « Manifatture di Stato ». Un secolo dopo, nella sola regione di Lione, si contavano 60.000 telai e lo sviluppo economico della Francia aveva già raggiunto proporzioni considerevoli, tanto che nell"89 alla borsa di Parigi, fondata nel 1724, si quotavano 307 titoli per un valore di 30 miliardi.

Queste cifre dimostrano che la nascente borghesia doveva eliminare le residue strutture feudali della società. Ma il precedente dimostra anche che tutti i grandi popoli, ivi compresi quelli che detengono colossali riserve di materie prime, hanno sempre teso e tendono all'autarchia, la quale - sia detto fra parentesi - non diminuisce affatto, come è stato dimostrato, il volume degli scambi internazionali.

All'agricoltura italiana è affidato il cómpito di darci quanto occorre al fabbisogno alimentare della Nazione. Notevoli progressi sono stati fatti, ma vi sono dei settori, come quelli delle carni e dei grassi dove molto resta ancora da fare.

Vi parlai l'anno scorso della costituzione in grandi unità parastatali di talune industrie-chiave e ve ne spiegai i motivi. Il tempo non è passato invano. Nessuna monopolizzazione dell'economia da parte dello Stato, e quindi nessuna funzionalizzazione della medesima da parte dello Stato. Lo Stato interviene a norma della Carta del Lavoro, là ove l'interesse pubblico è prevalente o è deficiente l'iniziativa privata, la quale ha dei limiti che possono essere superati soltanto dalla forza politica ed economica dello Stato.

Attraverso l'applicazione della legge del 12 marzo XIV è stato sistemato e si va gradualmente bonificando il settore del credito, il che eviterà qualsiasi ingrata sorpresa per il domani e darà piena fiducia al pubblico risparmio.

Sono passate sotto il controllo dello Stato le grandi compagnie di navigazione, ma non tutte le compagnie di navigazione. Recentemente i cantieri, ma non tutti i cantieri. Lo Stato fascista non vuole assorbire tutte le innumerevoli, varie, mutevoli, complesse manifestazioni della vita economica di un popolo, perché non vuol diventare elefantiaco e paralitico come accade nel bolscevismo. (Applausi).

I caratteri quindi dell'economia statale e parastatale fascista sono nettamente definiti dalla nostra dottrina e dalle nostre realizzazioni, ognuna delle quali si sviluppa secondo il gradualismo tempista che è caratteristica del Regime con obiettivo immutato della progrediente elevazione morale e materiale delle masse lavoratrici, sempre più fuse nella vita della Nazione. (Applausi).

Le ventidue Corporazioni, cioè gli organismi ai quali lo Stato affida il cómpito della autodisciplina delle categorie produttrici, hanno funzionato con un ritmo intenso e fecondo e moltissime delle loro deliberazioni sono divenute leggi dello Stato.

Troppi ondivaghi filosofanti avevano dissertato sulle Corporazioni col risultato di ingarbugliare le idee e rendere astruse delle semplici verità. (Applausi).

Anche le Corporazioni hanno dato - camminando - la dimostrazione più convincente del mondo e, funzionando, hanno dimostrato la loro piena e sempre più promettente vitalità.

In questi ultimi mesi sono state affidate alle Corporazioni funzioni di un'importanza eccezionale e precisamente: l'esame dei nuovi impianti industriali; la determinazione dei prezzi; la fissazione della misura dei salari e degli stipendi.

Ognuna di queste funzioni è tipica ed è di chiara spettanza delle Corporazioni le quali, in síffatto modo, entrano veramente nel vivo della materia economica, controllandola, modellandola, dirigendola secondo i fini del Regime.

È solo in questo modo, con questa grande pacifica e costruttiva Rivoluzione che si supera la lotta di classe, come fenomeno appartenente ad età passate o all'età presente nei Paesi del liberalismo e della democrazia, dove si combatte il Fascismo - per un istinto opaco di conservazione - senza darsi la cura di studiarlo e di comprenderlo. (Applausi).

Camerati!

Quando l'anno scorso nell'anniversario dei Fasci vi parlai, eravamo entrati da poco nel quinto mese dell'assedio societario, organizzato a Ginevra contro l'Italia. In quei giorni, che sono cosi vicini e sembrano già così lontani, Badoglio mi comunicava il suo piano per la battaglia decisiva. Non c'era ancora la vittoria finale quantunque fosse nell'aria e nella certezza del comandante, dei soldati e del popolo. (Applausi).

Eravamo soli contro tutti. Uno schieramento di Potenze quale mai non si vide accerchiava l'Italia. Ma laggiù, fra il Mar Rosso e l'Oceano Indiano, sull'altipiano che gli strateghi delle diverse redazioni europee ritenevano inespugnabile, le nuove generazioni del Littorio avanzavano e sgominavano ad un tempo il nemico africano, e la coalizione ginevrina, mentre gli strateghi pennivori della stampa gialla si nascondevano dalla vergogna. (Applausi vivissimi).

Da allora ad oggi c'è un fatto nuovo, di una immensa portata nella storia dell'Italia e del mondo. Il fatto nuovo è l'Impero, non solo di portata politica, morale e militare, ma anche economica.
Le risorse attuali e potenziali dell'Impero sono eccezionali.

Non lo direi se non ne avessi le prove documentate. Alla lotta per l'autarchia l'Impero darà un contributo decisivo col suo cotone, caffè, carni, pelli, lane, legnami, minerali preziosi a cominciare dall'oro. (Applausi).

Debbo dire però agli eventuali impazienti che questa utilizzazione delle ricchezze dell'Impero presuppone una attrezzatura che non esisteva affatto o esisteva allo stato rudimentale, a cominciare dai porti per finire alla rete stradale, che è in corso di attuazione.

Le difficoltà da superare sono gigantesche e solo chi segue da vicino quotidianamente la vita e lo sviluppo dell'Impero può averne la sensazione diretta.

Ma si superano malgrado tutto con una tenacia che rivela il vero carattere degli Italiani e lavorando tranquillamente, quando è necessario, ore venticinque al giorno. (Applausi).

Da qualche tempo elementi più o meno responsabili delle cosiddette grandi democrazie (su queste democrazie ci sarebbe molto da discutere a cominciare da quella che ignorava e vietava sino a un mese fa il contratto collettivo!) desidererebbero che gli Stati cosiddetti autoritari rinunziassero ai loro piani autarchici, non sappiamo dietro quali contropartite.

Per noi è impossibile. In un mondo come l'attuale, armato fino ai denti, deporre l'arma dell'autarchia significherebbe domani, in caso di guerra, mettersi alla mercé di coloro che possiedono quanto occorre per fare la guerra senza limiti di tempo o di consumo. (Vivissimi applausi). L'autarchia è quindi una garanzia di quella pace che noi fermamente vogliamo, è un impedimento ad eventuali propositi aggressivi da parte dei Paesi più ricchi. Chi ha corso il rischio di essere strangolato dalle corde della guerra economica sa che cosa pensare e come agire. (Applausi).

In questa materia nessuna esitazione è ammissibile, si tratta di assicurare la vita, l'avvenire e la potenza di quel grande popolo che è il popolo italiano.