Prime basi dello Stato corporativo
di Benito Mussolini
Se in questi ultimi tempi non si fosse fatto un uso eccessivo di parole solenni, si potrebbe forse dire che questa riunione ha un'importanza non dirò storica, ma certamente tale da trascendere il semplice fatto di cronaca politico sociale. Non so se ci sian precedenti del genere, se nella nostra storia della Nazione ci sia stata una riunione come quella che avviene oggi in questa sala: la riunione, cioè, di tutte le forze produttive della Nazione, presieduta dal Capo del Governo. Essa è certamente importante, ma a mio avviso è più importante l'ordine del giorno nel quale si riassume quella che si potrebbe chiamare la dottrina economica del Fascismo. Non vi è dubbio che la situazione psicologica delle classi lavoratrici di oggi è mutata. È certo che sulla psicologia delle masse ha influito l'esperimento russo e l'azione fierissima del Fascismo. L'errore del marxismo è quello di credere che vi siano due classi soltanto. Errore maggiore di credere che queste due classi siano in perenne contrasto fra di loro. Il contrasto vi può essere, ma è di un momento e non è sistematico. L'antitesi sistematica sulla quale hanno giuocato tutte le teorie socialistiche non è un dato della realtà. La collaborazione è in atto; si è visto che c'è un limite per il capitale e un limite per il lavoro. Il capitale, pena il suicidio, non può incidere oltre una certa cifra sul dato lavoro e questo non può andare oltre un certo segno nei confronti del capitale.
Siamo in una situazione difficile e bisogna rendersene conto; non possiamo permetterci il lusso di avere dei capricci. Solo un lungo periodo di pace sociale ci rimetterà completamente in piedi. Nei mercati internazionali si lotta accanitamente, ditta contro ditta, economia contro economia. In sintesi siamo in una condizione di inferiorità e dobbiamo lottare perché dobbiamo vivere. Rinunziare alla lotta significa rinunziare alla vita e ciò è impossibile.
Affermo che è necessario per l'Italia un lungo periodo di pace sociale. Senza di ciò noi saremo irrimediabilmente perduti nel campo della concorrenza internazionale. La pace sociale è un cómpito del Governo prima di tutto e il Governo ha una linea di condotta molto esplicita: l'ordine pubblico non deve essere turbato per nessun motivo, a nessun costo. Questo è il lato politico; ma c'è anche il lato economico, quello della collaborazione. Vi sono poi i problemi della esportazione. Essi riguardano particolarmente l'industria italiana che fino ad oggi è stata individualista. È un vecchio sistema che bisogna abbandonare: bisogna costituire il fronte unico della economia italiana, almeno nei confronti dell'estero, come fanno gli altri che hanno un fronte unico finanziario e un fronte unico industriale-economico. Per quello che riguarda l’interno, bisogna eliminare con reciproche intese tutto ciò che può turbare il processo produttivo.
Non vi è dubbio che tutti i dirigenti delle Corporazioni fanno il possibile perché il movimento segua quei criteri di produttività e di nazionalità che sono alla sua base. Non vi dovete stupire se qualche volta la periferia non risponde esattamente al centro, perché il giuoco si svolge sopra un'area vasta e qualche volta gli interessi locali prendono il sopravvento su quelli generali. D'altra parte devo dire però che l'industria e i datori di lavoro devono andare francamente incontro agli operai: la collaborazione deve essere reciproca. Non deve però verificarsi il caso di datori di lavoro che dicono e pensano che ora che c'è il Fascismo si può fare il proprio comodo. Questo no. Anzi ora che c'è il Fascismo, bisogna orientare l'attività dei singoli e dei gruppi in vista di scopi generali, e soltanto generali. In questo ordine del giorno c'è un riconoscimento concreto. Rossoni non si dorrà se constato che il tentativo del sindacalismo integrale, limitatamente al campo industriale, non è riuscito. E del resto Rossoni ha ben compreso fin dalle prime battute che quel che si può fare, nel campo dell'agricoltura, che ha un'economia speciale, non si può fare nel campo dell'industria, dove il giuoco dell'economia è totalmente diverso. In questo ordine del giorno è constatato che la Confederazione dell'industria deve vivere, prosperare, raccogliere tutti coloro che dell'industria fanno una ragione della loro attività e soprattutto fare di questa Confederazione dell'industria una unità completa, organica, con delle direttive precise e in ispecial modo capaci di costruire quel fronte unico che è la condizione essenziale perché noi possiamo esportare all'estero. Per mettere in pratica le idee, occorre creare un organo di esecuzione. E questo è la commissione permanente di cinque membri della Confederazione e di cinque membri delle Corporazioni, la quale dovrà riunirsi tutte le volte che saranno in discussione questioni di interesse generale, oppure anche soltanto una questione di ordine locale.
Io ho constatato che quando esiste la lealtà reciproca, è possibile discutere e venire a una conclusione. Bisogna considerare gli uomini nella loro realtà e veramente gettare alle ortiche tutto il bagaglio del passato. Bisogna che il sindacalismo operaio e capitalistico si rendano conto della nuova realtà storica: che bisogna evitare di portare le cose al punto dell'irreparabile: bisogna evitare più che sia possibile la guerra fra le classi, perché essa nell'interno di una nazione è distruttiva. Ne abbiamo una esperienza che si potrebbe dire tragica.
D'altra parte, al di sopra di quelli che sono contrasti d'interessi umani e legittimi, c'è l'autorità del Governo, il quale è nella condizione propizia per vedere le cose sotto un aspetto generale. Il Governo non è agli ordini degli uni né degli altri. È al di sopra di tutti in quanto riassume in se stesso, non soltanto la coscienza politica della Nazione nel presente, ma anche tutto ciò che la Nazione rappresenta nel futuro.
Il Governo ha dimostrato in questi primi quattordici mesi di tenere nel massimo conto le forze produttive della Nazione. Un Governo che segue queste direttive ha diritto di essere ascoltato dagli uni e dagli altri. Esso ha un dovere da compiere e lo compirà: la difesa degli interessi morali e materiali della nazione.