Tuesday 5 February 2013

Lettera ad Alfredo Rocco, 4 maggio 1926

Il capo del governo e ministro degli esteri, Mussolini, al ministro della giustizia e degli affari di culto, Rocco

Roma, 4 maggio 1926-IV

Caro Rocco,

richiamo la tua attenzione sulla lettera che il Santo Padre ha indirizzato a Sua Eminenza il Cardinale Gasparri, intorno alle relazioni fra lo Stato e la Chiesa, a proposito della progettata riforma della legislazione ecclesiastica.

La lettera, non solo per l'autorità altissima di chi la scrisse, ma per le cose che contiene, è di capitale importanza, e ci costringe a meditare alquanto su quel programma di politica ecclesiastica che il Governo Fascista si è proposto fin dai primi giorni del suo avvento al potere.

Il documento odierno è stato preceduto da altre manifestazioni della Santa Sede, che ne rendono sufficientemente chiaro il significato. La Santa Sede, pur apprezzando il profondo mutamento di indirizzo, che il trionfo del Fascismo ha segnato nella politica religiosa dello Stato italiano, reputa che una sistemazione soddisfacente dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato in Italia non possa conseguirsi, se non per via di accordo bilaterale, e che un accordo di tal fatta presuppone risoluto, d'intesa tra le due Potestà, il problema della sistemazione giuridica della Santa Sede, come organo centrale, e pertanto, di sua natura supernazionale, della Chiesa, il quale, per decreto della Provvidenza Divina, ha sede in Italia.

Il regime fascista, superando in questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberalismo, ha ripudiato cosi il principio dell'agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia. Con profonda fede nella missione religiosa e cattolica del popolo italiano, il Governo Fascista, ha proceduto metodicamente, con una serie di atti amministrativi e di provvedimenti legislativi, a restituire allo Stato e alla Nazione italiana quel carattere di Stato cattolico e di Nazione cattolica che la politica liberale si era sforzata, durante lunghi anni, di cancellare. E ciò il regime fascista ha fatto con piena spontaneità e con assoluto disinteresse, senza esitazioni, nè deviazioni, anche quando i suoi sforzi erano misconosciuti o scarsamente riconosciuti, solo come adempimento di un alto dovere, non come strumento o, peggio ancora, come espediente politico.

È logico pertanto che il Governo Fascista giudichi con piena serenità le attuali manifestazioni della Santa Sede, e le reputi degne della più attenta considerazione.

Non si può certo negare a priori la possibilità di un migliore assetto giuridico dei rapporti tra la Santa Sede, considerata come organo centrale e supernazionale della Chiesa Cattolica, e lo Stato italiano, allo scopo di meglio garantirne la libertà e l'indipendenza, anche per via di accordi bilaterali, e anche se da tali accordi dovesse derivarne una revisione della legge delle guarentigie. Questa sistemazione non potrebbe avere in via pregiudiziale altri limiti che quelli della esclusione di ogni straniera ingerenza nei rapporti tra la Santa Sede e l'Italia, e il rispetto della unità nazionale e della integrità dello Stato.

Giunte le cose al punto, in cui e il tempo e il procedere della storia, e l'evoluzione spirituale e politica del popolo italiano le hanno condotte, reputo non inutile che tu, coi mezzi di informazione di cui disponi, prenda riservatamente notizia del punto di vista odierno della Santa Sede, intorno alle forme che potrebbe assumere una soddisfacente sistemazione giuridica dei suoi rapporti con lo Stato italiano.

Ho sempre ritenuto il dissidio tra la Chiesa e lo Stato funesto per entrambi, e storicamente fatale, in un tempo più o meno lontano, il suo componimento. Se le notizie che stai per ricevere, lo annunzieranno prossimo, ne avrò profonda gioia. Se altrimenti fosse, continueremo, in attesa di tempi migliori, a compiere, come per l'innanzi, con ferma coscienza, il nostro dovere di italiani e di cattolici.

MUSSOLINI