di Benito Mussolini
Principi! Triari! Avanguardisti! Balilla! Donne fasciste! Popolo lavoratore di Cremona e provincia!
La realtà ha superato, come spesso accade, le lusinghiere aspettative. La vostra adunata, o fascisti cremonesi, è la più solenne fra tutte quelle alle quali ho assistito. Sono venuto fra voi non per pronunziare un discorso, poiché la eloquenza mi dà un senso irresistibile di fastidio; sono venuto ad esprimervi di persona la mia solidarietà, che va dal vostro magnifico capo Roberto Farinacci all'ultimo squadrista. Qui, in tempi che ormai possono dirsi remoti, furono agitate delle grandi idee: qui sorse una democrazia che ebbe il suo periodo di splendore, prima di diventare slombata e rammollita ai piedi del social-pussismo. E malgrado il fierissimo dissidio che ci separò dopo la guerra, io non posso non ricordare un'altra nobile figura espressa dalla vostra terra, feconda di messi e di spiriti: parlo di Leonida Bissolati.
Coloro che sulla falsariga di informazioni tendenziose e bugiarde parlano di uno schiavismo agrario, dovrebbero venire a vedere coi propri occhi questa folla di autentici lavoratori, di gente del popolo, con le spalle, i garretti, le braccia abbastanza solidi per portare le fortune sempre maggiori della Patria.
Solo da canaglie e da criminali noi possiamo essere tacciati di nemici delle classi lavoratrici; noi che siamo figli di popolo; noi che abbiamo conosciuto la rude fatica delle braccia; noi che abbiamo sempre vissuto fra la gente del lavoro che è infinitamente superiore a tutti i falsi profeti che pretendono di rappresentarla! Ma appunto perché siamo figli di popolo non vogliamo ingannare il popolo, non vogliamo mistificarlo, promettendogli cose irraggiungibili, pure prendendo solenne formale impegno di tutelarlo nella rivendicazione dei suoi giusti diritti e dei suoi legittimi interessi.
Vedendo passare le vostre squadre, disciplinate, fervide di energia, di passione; vedendo passare i piccoli Balilla che rappresentano la primavera ancora acerba della vita; poi gli squadristi che sono nel pieno della giovinezza; finalmente gli uomini dalla solida virilità, non esclusi i vecchi, io mi dicevo che la gamma della razza è perfetta, in quanto abbraccia la fase prima e la fase ultima della vita.
Ebbene, o fascisti, principi e triari! Grandi compiti ci aspettano. Quello che abbiamo fatto è poco a paragone di quello che dobbiamo fare. C'è già un contrasto vivo, drammatico, sempre più palpitante di attualità fra una Italia di politicanti imbelli e l'Italia sana, forte, vigorosa, che si prepara a dare il colpo di scopa definitivo a tutti gli insufficienti, a tutti i ribaldi, a tutti i mestieranti, a tutta la schiuma infetta della società italiana.
Né si illudano gli avversari. Supponevano nell'infausto '19, quando noi, qui in Cremona ed in tutta Italia, eravamo un manipolo di uomini, supponevano, per lusingare la loro immensa viltà, che il Fascismo sarebbe stato un fenomeno passeggero. Orbene il Fascismo vive da quattro anni ed ha dinanzi a sé il compito necessario per riempire un secolo. Né si illudano - gli avversari - di poter fiaccare la nostra compagine, perché noi vogliamo sempre più renderla compatta, disciplinata, militare, affiatata, attrezzata per tutte le eventualità, perché, o amici, se sarà necessario un colpo risolutivo, tutti, dal primo all'ultimo - e guai al disertore od al traditore, ché sarà colpito! - tutti, dal primo all'ultimo, faranno il loro preciso dovere. Insomma, noi vogliamo che l'Italia diventi fascista! (Clamorosi applausi).
Ciò è semplice. Ciò è chiaro. Noi vogliamo che l'Italia diventi fascista, poiché siamo stanchi di vederla all'interno governata con principi e con uomini che oscillano continuamente fra la negligenza e la viltà; e siamo, soprattutto, stanchi di vederla considerata all'estero come una quantità trascurabile.
Che cosa è quel brivido sottile che vi percorre le membra quando sentite le note della Canzone del Piane? Gli è che il Piave non segna una fine: segna un principio! È dal Piave; è da Vittorio Veneto; è dalla Vittoria - sia pure mutilata dalla diplomazia imbelle, ma gloriosissima; è da Vittorio Veneto che si dipartono i nostri gagliardetti. È dalle rive del Piave che noi abbiamo iniziata la marcia che non può fermarsi fino a quando non abbia raggiunto la meta suprema: Roma! (Entusiastici applausi). E non ci saranno ostacoli, né di uomini, né di cose che potranno fermarci!
Ed ora, popolo fascista di Cremona, io voglio ringraziarti per le accoglienze che mi hai tributato. Io so e mi piace di pensare che non a me andavano gli onori, ma all'idea, alla nostra causa che è stata consacrata da tanto sangue purpureo della migliore gioventù italiana, Abbiti, o popolo di Cremona, il mio ringraziamento cordiale e fraterno ed abbracciando il mio vecchio e fedele amico Farinacci, io abbraccio tutto il Fascismo cremonese al grido di « Viva il Fascismo! Viva l'Italia! »