Saturday 3 March 2012

Discorso di Padova, 1 giugno 1923

Al Congresso Femminile delle Tre Venezie

di Benito Mussolini

Se non m'inganno, questo che oggi in questa sala gloriosa si inaugura è il primo Congresso Femminile delle Tre Venezie.

Il titolo e la estensione di questo vostro primo Congresso sono pieni di un profondo significato. Cinquanta anni fa non si poteva parlare di Tre Venezie: Venezia stessa, dopo gli eroismi magnifici del '48 e del '49, era ancora avvinta nei ceppi della schiavitù straniera. Nel '66 riscattammo Venezia, una delle tre Venezie. Cinquanta anni dopo riscattammo le altre due: quella che confina con il sacro ed intangibile Brennero; l'altra che confina con il non meno sacro e non meno intangibile Nevoso.

I fascisti non appartengono alla moltitudine dei vanesi e degli scettici, che intendono di svalutare l'importanza sociale e politica della donna. Che importa il voto? Lo avrete! Ma anche in tempi in cui le donne non votavano e non desideravano di votare, in tempi lontani, remoti o prossimi o vicini, la donna ebbe sempre un'influenza preponderante nel determinare i destini delle società umane. Così il Fascismo femminile che porta bravamente la gloriosa camicia nera e si raccoglie intorno ai nostri gagliardetti, è destinato a scrivere una storia splendida, a lasciare tracce memorabili, a dare un contributo sempre più profondo di passioni e di opere al Fascismo italiano.

Non credete ai piccoli gufi più o meno impagliati; alle scimmie più o meno urlatrici, a tutta la bassa zoologia che crede di fare della politica e che potrebbe chiamarsi con un nome molto più infamante. Non credete a costoro, a quelli che parlano di una crisi del Fascismo: sono dettagli, episodi nel grande movimento. Questioni di uomini e non questioni di massa. Fenomeno già superato, perché i fascisti quando non hanno da picchiare nel mucchio dei nemici possono permettersi il lusso di litigare fra di loro. Ma se i nemici rialzano un po' la testa e il tono della loro più o meno stupida opposizione, i fascisti torneranno immediatamente a fare il blocco. E allora guai ai vinti!

E giacché l'occasione è propizia, mi piace dire a voi donne fasciste e ai fascisti di tutta Italia che il tentativo di separare Mussolini dal Fascismo o il Fascismo da Mussolini è il tentativo più inutile, più grottesco, più ridicolo che possa essere pensato.

Io non sono così orgoglioso da dire che colui che vi parla ed il Fascismo costituiscano una sola identità. Ma quattro anni di storia hanno dimostrato ormai luminosamente che Mussolini ed il Fascismo sono due aspetti della stessa natura: sono due corpi ed un'anima o due anime ed un corpo solo.

Io non posso abbandonare il Fascismo perché l'ho creato, l'ho allevato, l'ho fortificato, l'ho castigato e lo tengo ancora nel mio pugno: sempre! Quindi è perfettamente inutile che le vecchie civette della politica italiana mi facciano la loro corte gaglioffa: sono troppo intelligente perché possa cadere in questo agguato di mediocri mercanti da fiere da villaggio.

Vi assicuro, miei cari amici, che tutte queste piccole vipere, tutti questi politicanti avranno la più acerba delusione.

Credere che io mi possa abbrutire nella pratica parlamentare è credere l'assurdo. Sono, in fondo, un discendente di gente del lavoro, ma uno spirito troppo aristocratico per non sentire il disgusto della bassa cucina parlamentare. Noi continueremo la nostra marcia severamente, perché questo ci è imposto dal destino. Non torneremo indietro, non segneremo nemmeno il passo.

Già dissi che noi non abbiamo voluto proiettare il pendolo all'estremo per non vedercelo dopo ricacciato all'altro estremo. Preferisco, come già dissi in un articolo che sollevò tanto clamore in tutti gli ambienti, preferisco di marciare continuamente, giorno per giorno, alla maniera romana; di Roma che non si rassegna mai a nessuna sconfitta, di Roma che accolse Terenzio Varrone reduce da Canne pur sapendo che aveva impegnato una battaglia contro il parere opposto del Console Paolo Emilio, ed era, in un certo senso, il responsabile della disfatta; di Roma, che proibì alle matrone di uscire dopo Canne perché col loro portamento addolorato non turbassero la forza della cittadinanza — e non ce n'era bisogno —; di questa Roma che riprendeva continuamente i capitoli della sua storia, che trovava in ogni insuccesso i motivi per perdurare, per serrare i denti.

Diceva Giuseppe Mazzini che la potenza non è che la unità; e la costanza di tutti gli sforzi la potenza di tutte le nuove generazioni che sbocciano in questa superba primavera della nostra vita e della nostra storia sarà il risultato della unità dei nostri sforzi, della tenacia del nostro lavoro.

In fondo che cosa domandano i fascisti? Non sono degli ambiziosi, non dei faziosi, hanno il senso dei limiti ed il senso della loro responsabilità.

Io son sicuro di interpretare il vostro pensiero, l'anelito più profondo del vostro spirito, se dico che i fascisti, dal primo all'ultimo, dal sommo dei capi all'estremo dei gregari, chiedono una cosa sola: servire con umiltà, con devozione, con inflessibilità la adorabile nostra Patria: l'Italia.