Sunday 4 March 2012

Discorso di Roma, 26 maggio 1929

Al congresso dei filosofi

di Benito Mussolini

Signori e signore!

La mia presenza in quest'Assemblea, il mio intervento a questa cerimonia inaugurale e solenne del seitimo Congresso nazionale della filosofia ha un suo significato e tende a sfatare un'accusa che ancora circola in taluni ambienti italiani e stranieri, l'accusa cioè che il Fascismo, con la sua politica intransigente e totalitaria, con la sua tirannia - vedete che le parole non mi spaventano - abbia abbassato il livello intellettuale degli Italiani, abbia cioè portato una depressione nei valori dello spirito e della cultura. Io contesto in pieno quest'accusa e faccio rilevare anzitutto che lamentazioni di questo genere le notiamo anche in altri Paesi.

Non solo in Italia, ma in altre Nazioni di Europa si lamenta che non ci sia più un Dante nella poesia, un Michelangelo nelle arti, un Kant nella filosofia, uno Shakespeare nel teatro, un Beethoven nella musica. Si dimentica che giganti di questa statura non nascono ad ogni anno e ad ogni decennio. Bisogna contentarsi di ammirarli a intervalli di secoli. D'altra parte io penso che la grande fioritura dello spirito non sia lontana. Siamo in un periodo di transizione, siamo in un periodo nel quale, per necessità contingenti, siamo affaticati da problemi di ordine empirico materiale. La lotta per la vita ha oggi un'asprezza e, in genere, talvolta il carattere della civiltà contemporanea è tale che si può giustificare, in un certo senso, il pessimismo di coloro che annunciano il declino dello spirito umano. Io non ci credo. Io credo che fra qualche tempo avremo una grande filosofia, una grande poesia, una grande arte. I materiali per questo si stanno elaborando proprio mentre noi parliamo.

È evidente, tuttavia, che oggi bisogna fare della filosofia in mezzo alla vita contemporanea. Nel tumulto e nel fragore delle nostre città, le torri di avorio sono crollate; anche se, per avventura, un filosofo volesse autosegregarsi sul culmine della montagna più elevata, basterebbe il rombo improvviso del motore di un aeroplano per ricondurlo alla realtà meccanica del mondo contemporaneo. Non doliamoci eccessivamente di questa realtà meccanica perché anche la meccanica, prima di essere movimento di volanti o di leve è proiezione dello spirito, calcolo, giuoco di numeri; e voi mi insegnate che fin dai tempi di Pitagora i numeri hanno una stretta parentela con la filosofia.

Ma è poi vero che il Fascismo si sia disinteressato dei problemi dello spirito? No. Vi ricordo che il Fascismo ha esordito in Italia con una riforma dei nostri ordinamenti scolastici, riforma meditata, audace e feconda, riforma che torna a onore indiscutibile del filosofo Giovanni Gentìle e che è un titolo di merito per tutto il Regime, riforma che ha già dato risultati eccellenti e ne darà maggiori nel futuro se vi resteremo fedeli non solo nella lettera ma nello spirito.

Dopo la legge Casati, dopo i tentativi fatti nell'intervallo, i soliti odiosi « ritocchi » coi quali purtroppo si finisce per alterare la fisionomia delle leggi, dopo il periodo di incertezze e di negligenza spirituale, oggi la scuola ha i suoi statuti, e li ha promulgati il Regime fascista il quale, in questi sette anni, ha curato grandi edizioni, come la Leonardiana; 1ª Galileiana, i classici e i moderni; dai latini all'Opera Omnia di Gabriele d'Annunzio; ha riorganizzato il Consiglio nazionale delle ricerche, ha creato l'Accademia d'Italia, ha appoggiato l'Enciclopedia Italiana, documento monumentale che tornerà a onore di questo tempo « fascista », e oggi stesso, mentre noi siamo qui raccolti, si svolge in tutta Italia la « Festa del Libro n, tentativo niente affatto mercantile, ma molto suggestivo, per accostare il libro a sempre più vaste masse di popolo.

Questo è il consuntivo dell'opera del Regime fascista di fronte ai problemi della cultura italiana. Non v'è quindi da stupirsi se io, che non sono filosofo di professione, partecipo a questo vostro Congresso i cui temi profondamente mi interessano non solo dal punto di vista della mera curiosità, quantunque la curiosità sia la madre della filosofia, ma anche dal punto di vista della dottrina, che serve ad animare gli orientamenti pratici dell'azione quotidiana.

Una relazione come quella del professor Gentile sulla filosofia e lo Stato m'interessa per ragioni evidenti, e anche quella di Bernardino Varisco sulla filosofia e il Cristianesimo e di A. Guzzo sull'insegnamento filosofico nella scuola pubblica. co poi nell'elenco delle comunicazioni: G. Casazza, Religione e ragione; G. Ferretti, Religione e magia; R. Michels, I concetti filosofici dello Stato riguardo alla sua funzione economica nella storia delle dottrine; O. Muscato, Scuola laica o religiosa e suoi presupposti teorici; R. Pavesi, Empirismo e filosofia; U. Redano, Primi presupposti per le nuove dottrine del diritto pubblico italiano; U. Spirito, Scienza e filoso fta; e infine A. Volpicelli, Giurisprudenza e filosofia. Quando io sarò in possesso di queste relazioni, le leggerò con la più grande attenzione.

Signori e signore, ho finito. Mi auguro che i lavori del vostro Congresso siano fecondi per le sorti della filosofia e della cultura italiana.