Sunday, 4 March 2012

Discorso di Vicenza, 25 settembre 1938


di Benito Mussolini

Camicie Nere!

Se i miei fossero discorsi nel significato tradizionale della parola, io mi guarderei dall'aggiungerne un altro alla serie, in questa vostra città splendente nei campi, dell'arte e in quelli dell'eroismo.

Ma i miei, almeno dal punto di vista della loro brevità, non sono discorsi, sono piuttosto prese di contatto immediato coll'anima del popolo.

Si può dire che è cominciata da ieri quella che si potrebbe chiamare la settimana di attesa e di passione dell'Europa.

È universalmente riconosciuto oramai che nei trattati di pace del 1919 furono commessi degli errori. Io l'ho riconosciuto fin dal 1921. Vi prego tuttavia di non attribuirmi delle qualità profetiche, perché i profeti non appartengono alla nostra razza.

Era facile fin da allora prevedere quello che sta accadendo in questi giorni. Ora, dinanzi ad un errore, che rosa si deve fare? Ripararlo. Perché, secondo la nostra sapienza antica, errare è umano, ma perseverare nell'errore è diabolico.

Ora non solo non si vuol riparare quell'errore che si commise gonfiando smisuratamente la Cecoslovacchia, ma si vuol mantenere quest'errore. E per questo i popoli d'Europa dovrebbero precipitarsi gli uni contro gli altri.

Ora, fino a prova contraria, io non credo che si possa verificare questo che sarebbe uno dei più tragici paradossi della storia umana. (Grida di: « Duce!, Duce! »).

Tuttavia gli uomini coscienti della loro responsabilità non possono respingere nemmeno quelle che potrebbero apparire le ipotesi più assurde. Fino ad oggi l'Italia non ha preso alcuna misura di carattere militare, ma se gli altri continuano a richiamare dei riservisti, ad ammassarli alle frontiere, se ci sono dei concentramenti di flotte, nessuno di voi, è chiaro, si stupirà se anche l'Italia prenderà le sue misure.

Il mondo ha già avuto la prova della nostra risoluzione e della nostra volontà. Noi ci siamo conquistati l'Impero non solo lottando contro gli eserciti abissini preparati e guidati dagli Europei, ma resistendo all'assedio economico che era stato decretato da 52 Stati.

Più si ammucchiavano le carte sui tavoli di Ginevra e più io ero sicuro che il popolo italiano non avrebbe mai minimamente vacillato. (« No! No! », urla la folla).

Oggi tutti coloro che furono i protagonisti delle sanzioni sono scomparsi dall'orizzonte. Molti di essi sono caduti nell'oblio o si sono umiliati nella vergogna.

Il popolo italiano, dopo quattro anni di severissime prove, è pronto come non mai ad affrontare quelle successive.

Il popolo italiano in questi giorni, o camerati, ha un volto solo: il volto della calma e della decisione. Questo è il volto di un forte popolo.