Saturday, 3 March 2012

Discorso di Roma, 21 aprile 1923

Per la consegna dell'orifiamma all'Istituto Nazionale del Nastro Azzurro

di Benito Mussolini

Signori!

L'Istituto del Nastro Azzurro è la nuova, potente aristocrazia italiana, un'aristocrazia, che è sorta da un travaglio così duro, che potrebbe giustamente essere definito un calvario. Coloro che lo compongono sono i valorosi fra i valorosi; gli ufficiali e i soldati che hanno compiuto gesta memorabili. Vorrei o signori, richiamare la vostra attenzione sul prodigio di questo rinnovarsi della nostra razza, che balza in piedi, all'annunzio del cimento, si batte e vince!

Se parlassi soltanto a commilitoni e non già a un pubblico più vasto, io vorrei guardare questi prodi, miei compagni di trincea, nel bianco degli occhi: sono sicuro che vi leggerei non solo l'orgoglio dell'opera compiuta, ma un senso di nostalgia. Chi è stato in trincea, vi torna spesso col pensiero e non dimentica: chi h afatto la guerra ricorda il periodo glorioso!

Ecco che questo popolo è tutto guerriero! Avete visto sfilare oggi legioni, battaglioni!
Era popolo, erano contadini: era tutto un esercito; era la garanzia della rivoluzione fascista!

Passando essi volevano dire che chi si opporrà a questo travaglio del popolo italiano sarà travolto e schiantato! Da qualunque parte venga, sotto qualunque bandiera si presenti! Noi siamo duri e inflessibili! Abbiamo da salvare l’eredità dei nostri seicentomila morti, che si immolarono nel nome della Patria. E accanto a questi morti ci sono i nostri cento e cento giovanetti che si offrirono in olocausto e caddero perché l’Italia si rinnovellasse, perché lo sforzo della guerra non andasse perduto!

Dove sono le piccole canaglie, che prima della guerra ci sputavano addosso per dire che il popolo italiano non si sarebbe battuto?

In quale antro si sono nascosti con la loro vergogna questi sordidi servi dello straniero?

Il prodigio della guerra è questo: che tutto il popolo si è raccolto in uno spirito solo, in una volontà sola!