Al popolo di Vicenza
di Benito Mussolini
Cittadini!
Voi mi avete reso un alto onore chiamandomi ad inaugurare questo che, non a torto, fu già definito il miglior monumento consacrato alla Vittoria italiana.
Sono lieto di essere venuto tra voi, sono lieto di poter rendere omaggio a Vicenza, a questa nobilissima fra le città italiane che fu sempre il baluardo della Venezia e dell'Italia nella lotta contro l'Impero degli Absburgo e che ha conosciuto, dal 1848 alla guerra mondiale, tutti gli strazi, tutte le glorie. E anche quando gli aeroplani passeggiavano nel suo cielo, anche quando si sentiva vicina la minaccia straniera e si udiva chiaro il rombo del cannone nemico, Vicenza non piegò il suo spirito! Voglio rendere omaggio alle madri e alle vedove dei Caduti, dei nostri Morti ai quali si fa maggiore onore non ricordandoli troppo, ma portandone invece la memoria e l'insegnamento nel cuore; voglio anche portare il saluto ai mutilati dei quali mi onoro di essere commilitone, ed ai combattenti della grande guerra che conobbero il travaglio fangoso, sanguinoso e terribile delle trincee. Rivolgo un saluto di gratitudine infinita ai rappresentanti dell'Esercito italiano.
È l'Esercito che, dopo secoli e secoli di divisioni, di servitù, di decadenza ha saputo raccogliere tutta la gioventù migliore d'Italia, fonderla in un grande potente e complesso organismo ed ha saputo, attraverso molte battaglie e sacrifici enormi di sangue, abbattere e demolire per sempre uno dei più potenti Imperi che annoverasse la storia!
Non si può essere qui senza sentirsi invasi da una commozione profonda né si può sostare in questo luogo senza riandare col pensiero a tutta l'epoca della nostra lunga, sanguinosa e gloriosa guerra. Voi, o cittadini di Vicenza, avete vissuto questa guerra; l'avete vissuta veramente da vicino, avete visto quanti sforzi sia costata al popolo italiano, avete visto come questa guerra sia stata veramente combattuta da tutto il popolo. Ed oggi, qui, io voglio ricordare tutti i soldati d'Italia: da quelli nati sulle alte montagne, dalle quali uscirono i grandi, eroici, formidabili battaglioni alpini, ai gloriosi fanti di Romagna e di Abruzzo, di Puglia, di Calabria, della eroica Sicilia, della eroicissima Sardegna. Tutta questa gioventù magnifica, ad un dato momento, ha abbandonato casa, famiglia, non ha chiesto il perché, perché non si doveva domandare, ed è andata incontro al sacrificio ed alla morte!
Come dobbiamo onorare, veramente onorare questi umili che si sono sacrificati, come dobbiamo rendere sempre più alto il culto della Vittoria? Certo questo culto si esprime anche attraverso alle opere materiali, certo questo piazzale è destinato a parlare con la grande eloquenza delle nobili cose alle presenti ed alle future generazioni! Ma le vittorie si onorano anche e soprattutto in altro modo: bisogna diventare migliori, bisogna che tutti gli italiani si considerino soldati fedeli al loro posto, alla loro consegna. Il lavoro tranquillo, ordinato, intelligente, deve diventare la norma fondamentale di vita di tutti i buoni cittadini italiani. Bisogna rispettare leggi e tradizioni, tutto ciò che rappresenta l'elemento spirituale e fondamentale della vita di un popolo. Se poco fa sono entrato nel Tempio e mi sono inchinato dinanzi all'Altare, ciò non ho fatto per rendere un omaggio superficiale alla religione dello Stato, lo ho fatto per un intimo convincimento perché penso che un popolo non può divenire grande e potente, conscio dei suoi destini, se non si accosta alla religione e non la considera come un elemento essenziale della sua vita privata e pubblica. Se voi che mi ascoltate adeguerete i vostri atti a queste parole, vi convincerete che la Patria si serve soprattutto in silenzio, in umiltà e in disciplina, senza grandi frasi ma col lavoro assiduo e quotidiano.
Cittadini di Vicenza!
Ancora una volta voglio ringraziarvi delle accoglienze tributatemi e voglio ringraziarvi per l'attenzione significativa e meditativa con cui avete accolto le mie parole. Ciò significa che il terreno era già preparato a riceverle. Sgombriamo in questo momento dal nostro animo tutto ciò che può dividere gli italiani dagli italiani e leviamo soltanto un pensiero di purezza e di gloria. Salutiamo, con animo devoto e reverente, il Re. Salutiamo i combattenti vivi e morti che difesero le frontiere sacre d'Italia nel chiuso arco di monti dallo Stelvio al mare e promettiamo per queste memorie di volere, oggi, domani e sempre vivere per fare l'Italia sempre più grande, degna del suo passato e ancora più degna del suo avvenire.