Friday 9 March 2012

Appello agli studenti di tutta Europa

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 1 febbraio 1936)

di Scrittore fascista

L'Europa sta scivolando sul piano sempre più inclinato delle sanzioni, in fondo al quale è fatalmente la guerra.

È tempo di inchiodare al muro della loro responsabilità i politicanti assetati di sangue. Essi preparano la più spaventosa delle conflagrazioni. Se le sanzioni saranno estese, se si darà partita vinta alla satanica pressione degli imperialisti e delle sètte sanguinarie, l'Europa marcerà fatalmente verso la più terribile e la più ingiustificata delle guerre che l'umanità abbia mai visto. Ma non saranno precisamente 1 politicanti a battersi. La mobilitazione chiamerà la gioventù e innanzi tutto la giovinezza universitaria. Saranno gli studenti di Parigi, di Bruxelles e delle altre grandi città europee che, insieme alla gente dei campi, dovranno, sin dalla prima giornata, sin dal primo segnale di guerra, marciare verso la fornace. I vari Blum preferiranno predicare la crociata settaria dai soliti seggi della solita estrema sinistra, dai soliti parlamenti, protetti ancor una volta dalle mitragliatrici.

Sono dunque i politicanti che varino sin da ora denunciati, per la carneficina che essi pretendono di imporre all'Europa.

Non è l'Italia che vuole la guerra. Ciò è nettamente stabilito. Mussolini, sin dalla memorabile dichiarazione di Bolzano, precisò che l'Italia non intendeva avere alcuna ragione di conflitto europeo. La vertenza etiopica era questione coloniale, lontana e circoscritta. Tale doveva rimanere. Roma si impegnava a rispettare gli interessi imperiali britannici e si dichiarava disposta a concludere accordi con Londra, in una atmosfera di lealtà e di armonia. Nella storica adunata del 2 ottobre, il capo del Governo italiano assunse l'« impegno sacro » di evitare ogni atto per cui il conflitto coloniale potesse assumere i caratteri e l'estensione di un conflitto europeo.

Nessuna persona d'onore può dunque in buona fede accusare l'Italia di responsabilità nella guerra che si minaccia.

L'Italia vuole sicurezza in Africa, pace in Europa.

Se le sanzioni saranno estese, se si marcerà verso la guerra, la gioventù d'Europa deve sapere sin da ora da qual parte è la terribile responsabilità.

Perciò intendiamo lanciare un allarme e un appello alla gioventù universitaria di Europa. Sono gli studenti che .dovrebbero marciare all'avanguardia dei battaglioni nelle primissime ore del conflitto, e ciò per la difesa di un capo di schiavisti africani. Sono gli studenti che dovrebbero per primi, e non i politicanti sanguinari, sfidare la mitraglia e i gas, per la sublime, nobilissima, umanitaria nonché ginevrina idealità di impedire che i ceppi dell'ultima schiavitù africana siano spezzati e che due milioni di schiavi angariati dai negrieri amhara siano emancipati.

È menzogna che le sanzioni contro una nobile e generosa nazione europea siano destinate ad abbreviare il conflitto coloniale. Esse lo rendono più aspro. Le vili forniture di proiettili dum-dum ai selvaggi amhara lo rendono più crudele.

Che le sanzioni significhino la pace in Europa è mistificazione di criminali. È mefistofelico inganno dì settari, che si ripromettono di bolscevizzare il continente.

L'embargo terminerà a un certo momento nel blocco e il blocco sarà la guerra. Non più una limitata operazione di sicurezza coloniale, ma la guerra dì sterminio in Europa. La guerra sulle Alpi, e sui vari fiumi europei, la guerra che sarà di vendetta per le sètte e di ultima rovina per il vecchio continente.

Taluni pensano che una guerra di molti contro l'Italia possa esser facile. Si ingannano. L'Italia si difenderà con le unghie e coi denti e già da tempo si è preparata a fronteggiare ogni eventualità.

Si dice che non si può premiare l'aggressore. Ma chi è l'aggressore?

Sta di fatto che i sanzionisti premiano con i proiettili dum-dum i selvaggi razziatori abissini, responsabili di decine e decine di aggressioni contro le colonie italiane, francesi e britanniche dell'Africa Orientale, responsabili del massacro del funzionario francese Bernard e della sua scorta, nell'anno di grazia 1935, anno ginevrino, societano e filoetiopico!

La sentenza di Ginevra è una frode. I giudici furono sottoposti a pressioni e minacce. L'Assemblea e il Consiglio, organi costituzionali, non furono richiesti di un giudizio, perché si temeva la non unanimità. I vari Comitati cui si ricorse sono organismi non contemplati nel Covenant e perciò incostituzionali.

Lo Stato aggressore, costituzionalmente dedito alle aggressioni, è l'Abissinia, soltanto l'Abissinia, e nessun altro all'infuori dell'Abissinia.

Essa aggredì nel 1886 le popolazioni del Limmu, del Gimma e del Ghera, nel 1887 ìl Guraghiè e l'emirato di Harrar, nel 1889 il Combatta, nel 1890 il Giangere e il paese dei Leca-Galla, nel 1893 il regno di Uolamo, i Galla Tulama e il Sidamo, nel 1894 l'Imi e l'Ogaden, nel 1897 il regno del Caffa, il Conso, il Burgi, il Jambo e il Ghimirà, nel 1899 i Galla Borana, i Beni Sciangul, il paese dei Gunza e dei Gubba, nel 1900 le popolazioni nilotiche del sud-ovest verso i laghi equatoriali, nel 1909 il sultanato del Teru, il sultanato del Biru e il sultanato degli Aussa, e infine, precisamente nell'anno ginevrino 1935, il sultanato del Gimma.

Queste popolazioni sono tuttora depredate, ang.ariate, e, a gloria di Ginevra, ancor oggi forniscono carne umana per i mercati di schiavi nell'interno dell'Etiopia e al di là del Mar Rosso.

Vi è un « premio all'aggressore » e questo è dato da Ginevra ai selvaggi abissini. Essa fornisce loro armi. La ditta londinese Eley Brothers per essi fabbrica proiettili dum-dum, violando le più sacre leggi internazionali. Per essi la Croce Rossa Svedese trasporta casse di munizioni, sotto l'inganno dei segni ospitalieri. E. l'Italia che intende liberare gli schiavi nelle zone asservite al barbarico giogo scioano ed è Ginevra che difende i negrieri.

L'opinione pubblica europea può legittimamente domandare se è Stato « aggressore » l'Italia, che libera sedicimila schiavi nel Tigrai, che è attesa e invocata dalle popolazioni martoriate e a fianco della quale i liberati prendono le armi.

Può domandare per quali imposizioni imperialiste l'Etiopia negriera è difesa a Ginevra e l'Egitto, paese di antichissima civiltà, escluso dalla Lega.

Può domandare perché si riforniscono di armi gli abissini tagliatori di teste e si usi la mitraglia contro gli studenti egiziani, nella capitale stessa del loro Stato libero, sovrano e indipendente.

Si dice che occorre salvare l'indipendenza di uno Stato. Menzogna! Ginevra ha già riconosciuto la necessità di sottoporre la barbara Etiopia ad un controllo civile. La terra del Negus e dei ras, dei ceppi, delle catene e dei mercati di schiavi è già virtualmente sotto mandato. L'unica controversia è di stabilire se questo debba essere affidato all'Italia, che ha diritti ·di priorità e di sangue, e a favore della quale Inghilterra e Francia sottoscrissero « impegno d'onore » o se l'accaparramento totalitario, esoso e illegittimo di tutti i mandati, già praticato a Versailles, debba avere un codicillo finale sulle terre del Negus, con la complicità di Ginevra e con la violazione di tutti gli impegni di sangue e d'onore!

Tale è la controversia, tali i nobilissimi ideali di giustizia, per cui l'Europa dovrebbe essere messa a fuoco e fiamme.

È per evitare questa mostruosità che gli studenti d'Europa devono stringersi in unità spirituale, al di sopra dei politicanti.

Per la solidarietà europea, contro gli incendiari, contro i petrolieri, contro gli imperialisti insaziabili, contro i bolscevichi sovvertitori, che per la prima volta entrati a Ginevra, vi preparano la catastrofe.

La giovinezza d'Europa deve coprire d'ignominia i propagandisti sanguinati che vorrebbero condannare altri milioni di giovani, di studenti, di contadini, di operai, di artigiani a non rivedere più il sole.

Le diplomazie preannunciano il supersanzionismo. I politicanti agitano le torce incendiarie. Al di sopra dei diabolici intrighi, la gioventù d'Europa puè gettare il ponte della comprensione e della salvezza. I giovani diranno la parola definitiva di condanna contro l'ignominia delle sanzioni, che minacciano di scatenare in puropa la più stupida, fratricida e catastrofica delle conflagrazioni.