Friday, 9 March 2012

Il concetto di razza nell'etica fascista

(Estratto dalla Rivista mensile « Razza e civiltà », Anno I, n. 2, 1940)

di Arturo Sabatini

In uno Stato ben ordinato la cura della salute
fisica del popolo deve essere al primo posto.

MUSSOLINI

(Parlamento, 26 maggio 1927-V)

II concetto di razza, nell'Italia Fascista, ha una fisionomia tutta propria nel suo profondo significato, biologico, morale e politico, sia per l'origine che per l'evoluzione subita. Dobbiamo affermare questo aspetto assolutamente italico di un così profondo problema; poiché esso involge la vita e il divenire di un popolo millenario che, per un complesso di caratteri fondamentali comuni e per altri acquisti nel tempo, forma una entità etnica di 45 milioni nettamente individuabile, anche per la sua speciale posizione geografica, forse unica fra gli agglomerati umani dei continenti, che noi antropologi variamente suddividiamo e classifichiamo « ... L’Italia ha il privilegio di essere la nazione più nettamente individuata dal punto di vista geografico, la più compattamente omogenea dal punto di vista etnico, linguistico, morale ».

Il sorgere del concetto di razza, nel clima fascista, non ha avuto origine da presupposti dottrinari; esso è dovuto ad un Uomo che, solo forse nel mondo, poteva sentire l’audacia non soltanto di creare, ma di attuare un così formidabile problema, inteso come difesa, potenziamento, conservazione ed integrazione del nostro patrimonio biologico, « dire che il Fascismo ha imitato qualcuno o qualche cosa è semplicemente assurdo ». La prova migliore di questa sicura affermazione sta nel fatto che la letteratura sulla razza, intesa nel senso moderno, è recentissima da noi. Ma di fronte alla scarsezza di una tale letteratura sta la mole superba dell’opera creata dal Duce, sin dal suo avvento al potere, e che è tutta una valorizzazione della razza di cui Egli cominciò col suscitarne l’orgoglio nel periodo direi quasi formativo della storica missione a cui doveva essere chiamato « qui si rivela la nobiltà della nostra stirpe.... tutto si riduce, alla nostra qualità fondamentale e gloriosa di italiani! » È necessario ricordare qualche data: 1917.

L’orgoglio della propria razza rappresenta lo stadio iniziale del successivo sviluppo del formidabile piano sistematicamente attuato; e nel 1920 esso esplode in una forma ancora più precisa e definita: «... primo pilastro fondamentale dell’azione fascista è l'italianità... Rivendichiamo l'onore di essere italiani perchè nella nostra penisola, meravigliosa e adorabile, si è svolta la storia più grandiosa del genere umano ». Egli fissa già uno dei postulati della sua opera, e nei discorsi e negli scritti, in un triste periodo della nostra stona, afferma e proclama sempre più « ... a quelli di Corsica, a quelli che sono al di là dell'Oceano, a questa grande famiglia di 50 milioni di uomini, che noi Vogliamo unificare in uno stesso orgoglio di razza » (1921); e nello stesso anno già imposta il problema della razza, fra i compiti che si prefigge di assolvere, con la certezza del suo divenire, che già sente nelle file delle proprie schiere: « intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza; i fascisti devono preoccuparsi della salute della razza con la quale si fa la storia ». Tale monito, che divenne un comandamento, impostava in modo netto e preciso e sotto un aspetto tutto proprio un così formidabile problema. Nel 1922 già Duce del Fascismo, ma non ancora Capo del Governo afferma il nesso fra razza, civiltà e storia: « Celebrare il Natale di Roma significa celebrare il nostro tipo di civiltà, significa esaltare la nostra storia, la nostra razza ».

Con il sorgere di una nuova era, eminentemente costruttiva « ... L'Italia dice ancora la sua parola di civiltà a tutte le razze, a tutti i popoli... Roma è sempre e nei millenni il cuore potente della nostra razza. È il simbolo imperituro della nostra vitalità di popolo... il Fascismo rappresenta il prodigio della razza italiana che si ritrova, si riscatta, vuole essere grande ». (1923).

E nello stesso anno già Duce del Fascismo, ma all’inizio della sua opera di Capo di Governo, proclama ovunque e sempre più l’orgoglio di razza, perchè gli italiani ne comprendano la profonda portata; a Piacenza, a Venezia, a Milano alle schiere dell’aristocrazia azzurra, ovunque, con quella forma incisiva di un lapidario linguaggio, sintesi ed espressione notoria di un formidabile pensiero e di lungimiranti concezioni, che Gli consente sovente, con poche parole, di fissare un programma, di affermare un principio, di lanciare un monito: « ... l'eclisse della nostra stirpe si squarciò nel 1915 e tutte le virtù sopite, ma non spente, della razza balzano al primo piano e ci dònno la vittoria immortale... Questa piccola e divina penisola diveniva troppo angusta per la nostra razza... Questa vecchia e gloriosa razza italica conosce le ore tristi, ma non conobbe mai le tenebre della oscurità... Vorrei richiamare la vostra attenzione sul prodigio di questo rinnovarsi della nostra razza, che balza in piedi all'annuncio del cimento, combatte e vince ». Egli mira a forgiare nel suo popolo una vera e propria coscienza di razza, perchè senta e comprenda la necessità di rinnovare il suo ciclo vitale, per il sorgere di una nuova epoca della civiltà italica, che si accinge, in clima fascista, ad una missione civilizzatrice nel mondo, già altre volte compiuta dalle nostre genti: « una razza che ha fatto la sua fortuna in condizioni difficilissime, che ha osato, che ha varcato i mari e gli oceani, che ha dato eroismi sublimi in tutte le età ».

La razza in quel tempo e non soltanto in Italia, è bene precisarlo, era materia da antropologi e da dilettanti, relegata nei relativi Istituti scientifici, limitatamente al campo dottrinario e didattico, con preziosa raccolta di crani di tutti i tempi e di resti fossili, ma da dove esulava la vita. Essa non entrava nella politica, era ignorata da Governanti e da popoli nel suo vasto, profondo e temibile significato. È Mussolini che primo fra i Governanti porta il concetto di razza alla ribalta della vita; poiché essa racchiude e rappresenta la vita stessa dei popoli e il loro divenire; è la razza che caratterizza la personalità collettiva di un popolo e le sue manifestazioni nell’arte e nel pensiero, ed è pur sempre una entità biologica, che occorre valutare e considerare nel suo aspetto morfologico, fisiologico e psichico.

Il concetto di razza nell’etica fascista, inteso nel senso di difesa, potenziamento, selezione, porta un nome solo, un Costruttore per noi, un Precursore per gli altri. Gli antropologi, i biologi, i cultori di scienze le più varie, i Governanti se ne sono accorti un pò più tardi, quando da noi il formidabile problema era già nettamente impostato e la sua marcia era in atto sin dall’inizio della Era Fascista. Nei successivi sviluppi noi conservammo l’originalità tutta propria del nostro movimento.

È ormai lapidariamente dimostrato, attraverso quasi un ventennio, che il Duce nel prospettare e successivamente affrontare una così vasta opera, in un’armonica e completa visione, ne sentì tutto il profondo significato non soltanto storico e politico, ma anche biologico. Argomento questo che deve rendere pensosi gli studiosi di ogni Nazione, per la massa di insegnamenti che ne derivano. Forse mai sino ad oggi, nei secoli e nei popoli furono totalitariamente affrontati problemi di così vasto significato, che interessano la vita stessa di una razza, di un popolo, di una Nazione. L’affermazione fatta a Torino « noi creeremo il tipo fisico e morale dell'italiano nuovo » non è una frase astratta, perchè in quel futuro vi è già un presente, documentabile attraverso i risultati ottenuti nelle generazioni che si affacciano alla vita e su cui ha già profondamente inciso questa azione fortemente costruttiva e modificatrice. Risultati che io ho potuto solo limitatamente, constatare nella osservazione di molte centurie di giovani chiamati e selezionati per un importante funzione al servizio della Nazione. Essi presentavano un vero e proprio sbalzo somatico per determinati valori morfometrici, come quelli fondamentali del perimetro toracico e della statura, di fronte a quelli solo di qualche anno precedente. Prova evidente che la formazione dell’italiano nuovo è già in atto, anche dal punto di vista somatico.

Il potenziamento della nostra stirpe deve essere la diana che spinge i giovani e renderli consapevoli della nostra millenaria missione, per le qualità insite della nostra gente che, sopite, risorgono a nuovi splendori, attraverso i cicli della storia con la emanazione del Genio. Le nuove generazioni devono essere gelose custodi di questo patrimonio avito, poiché Roma non ha mai ceduto il suo posto ed essa illumina nuovamente il mondo con la luce della sua alta missione civilizzatrice « il Governo Fascista vuole che si risalga nei secoli a trovare le tracce inconfondibili del genio italiano; è questo il monumento più grandioso di riconoscenza e di orgoglio, che una generazione cosciente dei rinnovati destini della Patria può erigere alla gloria della stirpe ».

In Italia i creatori, i maestri, gli artefici, i condottieri sono stati sempre e in ogni tempo di pura marca italiana; dalla terra ove nacque Cesare, Dante, Michelangelo, Napoleone sortì l’Uomo destinato a costruire il nuovo Impero di Roma, non solo geograficamente, ma più ancora spiritualmente e biologicamente, conscio del valore della sua gente, suscettibile e meritevole di essere plasmata per nuovi destini dalle Sue mani di Artefice e di Costruttore. « Capace di miracoli è stata in ogni tempo questa nostra razza italiana... Abbiamo l'orgoglio, o cittadini, di essere italiani e di appartenere a questo popolo che ha 30 secoli di civiltà... questo popolo che ha dato per ben tre volte al mondo attonito il sigillo della sua potente civiltà ». Con l’orgoglio della propria stirpe Egli sente la necessità di tutelarne e difendere il patrimonio biologico, e segue, anche nella politica della razza, quel sistematico metodo costruttivo che si sviluppa nel tempo, e come è Suo stile fa seguire al pensiero immediatamente l’azione; così viene gradatamente attuato nel campo pratico, ancora prima di fissarne i postulati in norme legislative, la difesa della stirpe, precisando per le genti italiche e per gli altri il concetto di razza: costruttivo e morale, difensivo e selettivo: un ordine nuovo.

I capisaldi, i punti cruciali di partenza per questa impresa ciclopica sono rappresentati: dall’Opera Maternità ed Infanzia... « bisogna vigilare quindi seriamente sul destino della razza, bisogna curare la razza a cominciare dalla maternità e dall’infanzia ». Dalla bonifica agraria col trapianto di nuclei familiari, a quella rurale, poiché « ... siete voi che rappresentate la razza nel significato più profondo ed immutabile.... la terra e la razza sono inscindibili; attraverso la terra si fa la storia della razza e la terra domina e sviluppa la razza ». Con la campagna demografica, quando lo spettro della denatalità fa intravedere il graduale esaurirsi del ciclo biologico e quindi storico di alcuni popoli europei, i quali già prevedono o non vedono il pauroso domani, non ancora consci dell’assurdo antitetico di numero e qualità « ... Hanno diritto all'Impero i popoli fecondi, quelli che hanno l'orgoglio e la volontà di propagare la loro razza sulla faccia della terra ». Con le precise norme che tutelano ed impongono la educazione fisica alle nuove generazioni « chi vi ha visto sfilare ha avuto la profonda e quasi plastica impressione della nuova razza che il Fascismo stà virtualmente forgiando ». E con la conquista dell’Impero le leggi sulla razza, salvaguardia e difesa del nostro patrimonio biologico, ad evitarne e stroncarne inquinamenti ed infiltrazioni, compresa quella necessaria epurazione dalle contaminazioni, dalle deformazioni nel campo culturale e spirituale, allo scopo di provocare una soluzione integrale delle correnti del pensiero degne delle generazioni di Mussolini: « La storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si mantengono col prestigio. E per il prestigio occorre ma chiara severa coscienza razziale, che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità nettissime ».

In nessuno agglomerato umano si assommano e sono oggi unificati in un’armonica visione i concetti di razza, di popolo, di Nazione, come nella nostra penisola, attraversata dai meridiani tra i piu vitali, circondata dal mare e da un'alta, inaccessibile catena montana, che come il mare la isola dai continenti, anche dal punto di vista biologico. Sono questi fattori che hanno determinato la graduale formazione di un gruppo etnico che, per caratteri ancestrali, come per quelli acquisiti nei secoli, possiede una somma di requisiti comuni; unità razziale, in cui si inserisce per noi anche il concetto di popolo e di Nazione. Su questo complesso biologico, politico, morale, profondamente incide l’azione rigenerale voluta dal Duce che è difesa, potenziamento, selezione per una sempre maggiore valorizzazione delle energie fisiche e psichiche della nostra gente, unita in un fascio solo: gli Italici: « Sappiate ed ognuno sappia che anche nella questione della razza noi tireremo diritto ».