Friday 9 March 2012

I più comuni errori dell'antifascismo europeo

(Pubblicato in « Gerarchia », settembre 1938)

di Guido Mastracchio

Molti individui in Europa sono convinti che il corporativismo mussoliniano non sia altro che un transitorio movimento politico, destinato a finire con la scomparsa della mente che lo dirige e lo sostiene.

Molti altri credono fermamente che si tratti di un semplice risveglio della parte più conservatrice della società che mira, d'accordo con la Chiesa, a far macchina indietro, per meglio combattere il pericolo comunista.

Altri infine vedono nel corporativismo un movimento esclusivamente economico; un insieme cioè di norme che servono solo a regolare la produzione e i rapporti tra i produttori e lo Stato.

Nell'interesse della pace europea, sarebbe necessario dimostrare — e se è stato dimostrato, ripetere — che tutti costoro sono in grandissimo errore!

Che il corporativismo mussoliniano sia un movimento politico della durata di pochi decenni, è una assurdità che può venire in mente solo a chi ha un'idea del tutto superficiale della rivoluzione italiana. Il corporativismo mussoliniano non è affatto un sistema ideologico destinato ad essere soppiantato col tempo, da un altro sistema ideologico, ma è una dottrina basata sulle eterne leggi della natura.

Infatti nell'articolo pubblicato nella Enciclopedia Italiana, Mussolini scrive: « Non si agisce spiritualmente nel mondo, come volontà umana dominatrice di volontà, senza un concetto della realtà transeunte e particolare in cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita ». « ... Per agire tra gli uomini come nella natura, bisogna entrare nel, processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto ».

Ora qual'è la realtà permanente e universale in cui vive la realtà transeunte e particolare, se non questa: che l'attuale nostro mondo si è venuto man mano sviluppando da una informe materia primitiva, e che la lenta evoluzione delle cose e degli uomini attraverso i secoli, è stata e sarà sempre regolata da leggi predisposte da Dio ad un fine, che la mente umana non è adatta a comprendere?

E quali sono le forze in atto nel processo della realtà, se non quelle che hanno sempre sottoposto e tuttora sottopongono il mondo organico ad un movimento evolutivo, che va dal semplice al complesso, dal meno perfetto al più perfetto, dall'incosciente all'intelligente?

In base a quella realtà e a queste forze, Mussolini ha visto quello che nessun uomo di Stato aveva visto prima di lui e cioè che la evoluzione del mondo organico, sia che si segua la teoria di S. Agostino, sia che si segua la teoria darviniana, ha un carattere evidentemente ascensionale e per conseguenza: come ha portato gli uomini dalla caverna, fino alla nazione concepita come una semplice organizzazione, così, lentamente ma sicuramente, li devo portare a quella forma più perfetta di vita che è la nazione concepita come un organismo biologico, dotato di una propria coscienza, di una propria volontà, di un proprio indirizzo.

E con la coscienza di operare per il bene della sua patria e del mondo, Egli, impadronitosi delle forze in atto, ha affrettato il lento processo della natura, trasformando lo Stato italiano, che passivamente e inconsciamente subiva l'azione delle forze sociali, e viveva, con grande spreco di energie, una vita confusa e senza mèta, in uno Stato consapevole dell'origine e della direzione delle forze della natura, e perciò capace di regolarne lo sviluppo così come, in piccolo, fa l'esperto agricoltore, quando vuol trasformare una foresta in un parco; o come fa il vigile urbano, quando trasforma il tumultuoso movimento delle vie di una metropoli in un ordinato movimento, utile a tutti.

Il corporativismo di Mussolini dunque è tutt'altro che una ideologia! È invece una dottrina che ha basi scientifiche positive. Dottrina che sorta da un sistema di forze storiche, vi è restata inserita e vi opera dal di dentro. Che è diventata anch'essa una forza: forza spirituale che tende a rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede.

Una tale dottrina che tende a utilizzare e polarizzare ad un preciso e nobile scopo, tutte le energie di un popolo, dandogli così la maggiore probabilità di vincere la lotta per la vita, è in completa armonia con le leggi della natura e non può durare decenni, ma secoli. Essa, contrariamente a ciò che pensano gli uomini politici delle grandi democrazie dovrà, per necessità di cose, essere abbracciata da tutte le Nazioni che vogliono essere veramente forti; e riempirà di sè tutto un nuovo periodo di civiltà assolutamente diverso da quelli che si sono fin qui succeduti in seimila anni di storia, giacchè non saranno più gli uomini o i gruppi di uomini ad agire, ma gli Stati e i gruppi di Stati.

Non meno grave è l'errore di quelli che credono che il Fascismo sia un movimento reazionario; un ritorno all'epoca della Santa Alleanza, col valido aiuto della Chiesa.

Mussolini a questo riguardo è stato sempre chiarissimo: « Se la borghesia » — ha detto nella prima adunanza costitutiva dei Fasci — « crede di trovare in noi dei parafulmini, s'inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro e combatteremo il retroguardismo tecnico e spirituale ».

Qualche anno dopo, nel suo articolo « Posizioni », apparso sul Popolo d'Italia, scriveva: « Se esistesse qualcuno capace di meditare un ritorno alle condizioni di mezzo secolo fa, prenderemo posizione, tenendo presenti non gli interessi più o meno discordanti dei singoli, ma gli interessi immediati e futuri della Nazione ».

E infine nell'articolo scritto per l'Enciclopedia Italiana nel 1931, ha ribadito: « Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono far credere che il Fascismo voglia respingere il mondo a quello che era prima del 1789... Non si ritorna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L'assolutismo monarchico fu e così pure ogni ecclesiolatria ».

Ce n'è dunque abbastanza per rassicurare gli amici del progresso, tanto più che tutto ciò che Egli ha detto o scritto, non restato lettera morta, ma è stato praticamente tradotto in numerose leggi sociali e in colossali opere di rinnovamento e di ricostruzione, la cui importanza potrà crescere col tempo, ma non diminuire.

Quanto al timore che la Chiesa possa, con la sua influenza moderatrice, ritardare lo sviluppo della rivoluzione, o neutralizzarne addirittura il dinamismo, non bisogna esagerare. Non è la Chiesa che ostacola il trionfo delle buone idee, ma piuttosto l'infinito numero degli egoisti e degli interessati . Leone XIII, infatti, fin dal 1891 ha scritto l'Enciclica Rerum novarum, dando alla questione sociale una soluzione che in molti punti precorre quella corporativa di Mussolini, e più recentemente i modrni problemi culturali e sociali sono stati trattati con spirito veramente moderno e altamente umano da molti sacerdoti.

« Più di una volta » — scrive per es. padre Semeria — « noi abbiamo dato ragione ai nostri nemici che accusavano il Cristianesimo di essere un rudero. Più di una volta ci siamo chiusi gelosamente nel tempio a cantare inni sacri, mentre il popolo fuori moriva di estenuazione morale. ... Ma l'ora è venuta di smentire il biasimo di ieri, e mostrarci uomini del nostro tempo. Sacerdoti, noi sappiamo che il Cristianesimo, Dio non l'ha fatto per un tempo e per un luogo solo; sappiamo che esso è cattolico, appunto perchè nel grembo suo fecondo, possiede principii per illuminare e forza per reggere, ogni più complicata forma di civiltà ».

Senonchè, al punto in cui siamo, il problema di armonizzare lo sviluppo della cultura con la religione, e di dare al mondo le solide e sicure norme di una vita superiore, è diventato così difficile e complicato, che la Chiesa non può più, come ai tempi di S. Tommaso, bastare da sola a risolverlo. Oggi occorre anche l'opera dello Stato. Occorre soprattutto l'opera di un uomo che abbia la forza di ricostituire l'Impero, e di ricostruirlo in modo da realizzare non l'ideale di Bonifacio VIII, ma quello di Dante Alighieri, il quale — come scrive G. Papini — « è più intimamente e profondamente vivo, dal punto di vista politico, di quel che non sia mai stato dopo la sua età: più moderno di tanti moderni, più vivo di tanti morti che si credono vivi ».

Il corporativismo infine non è affatto un movimento semplicemente economico. Sotto questo riguardo, è falsa tanto l'affermazione di Lloyd George, che il Fascismo è un comodo paravento ideologico che nasconde scopi materialistici ed aggressivi, quanto l'asserzione del Fovel, che l'homo corporativus è in fondo un homo oeconomicus che si muove edonisticamente. La dottrina mussoliniana è caratterizzata dal principio che il mondo non si muove secondo le leggi dell'economia, come affermava Carlo Marx, ma si muove secondo le più elevate e complesse leggi della biologia. Ed è appunto col sostituire alla concezione materialista della storia, la concezione biologica, che Mussolini ha potuto risolvere il più formidabile problema che mente umana si possa porre: quello di dare finalmente alla vita dei popoli un significato e un indirizzo tali da poter essere riconosciuti giusti da tutti. Ciò che nè le meditazioni di tutti i filosofi nè le lotte di tutti gli uomini di Stato, erano riuscite mai a fare nel corso dei secoli. La verità dunque è che il corporativismo mussoliniano non è, nè un semplice movimento economico, nè un semplice movimento politico, ma è un totalitario movimento naturale delle classi sociali verso la collaborazione, verso la più completa solidarietà, verso cioè una costituzione simile a quella del corpo umano, che è la più perfetta che si conosca.

Si possono discutere le modalità, l'ordine da dare alla marcia, il passo da adoperare, ma non si può discutere il movimento stesso che è inevitabile, necessario, fatale. Esso può essere più lento o più celere a seconda della natura dei popoli, e può avere anche delle pause più o meno lunghe; ma non può essere fermato. Credere che possa fermarsi, è lo stesso che mettersi, come ha scritto Mussolini, fuori della storia e della vita, che è un continuo fluire e divenire. A questo proposito, allo scrittore francese M. Zachin, che nel suo studio sul Fascismo domanda, non senza una certa ironia, se riusciranno i corporativisti di sinistra a regolare praticamente la vita sociale, secondo gli ideali corporativi, fino alle loro ultime e logiche conseguenze, oppure se riusciranno i corporativisti di destra a ridurre la dottrina mussoliniana ad una semplice aspirazione ideale, mentre il mondo continuerà ad andare per il suo verso; risponderemo che al di sopra degli uomini e delle Nazioni vi sono le grandi verità, e che queste verità una volta messe in luce dal genio, sono destinate a trionfare fatalmente nel mondo.

Vi potranno ben essere Nazioni che arretrano — cantava Lucrezio — ma ve ne sono altre che vanno avanti. Una continua vicenda è il mondo e a guisa di corridori, i popoli si trasmettono di mano in mano, la fiaccola della vita e della civiltà.