Friday, 9 March 2012

La guerra italo-germanico-giapponese contro gli anglo-sassoni

(Pubblicato in « Gerarchia », febbraio 1942)

di Orlando Freri


SITUAZIONE GENERALE POLITICO-MILITARE

L'entrata in guerra del Giappone, mentre ha strappato il velo della guerra comoda fino ad ora condotta dagli Stati Uniti, ha esteso la guerra a tutti gli oceani ed a tutti i tenitori dei cinque continenti. Già nell'autunno 1940 taluni scrittori statunitensi, prevedendo il crollo inglese, avanzavano senza sottintesi la pretesa di raccogliere l'eredità inglese come diritto di primogenitura per affinità nella lingua, e noi (vedi Gerarchia 1° ottobre 1940) raccoglievamo tali voci chiedendoci quali tenitori sarebbero caduti sotto il dominio o l'influenza degli Stati Uniti. Escludevamo a priori — per motivi di ordine vario — l'Africa e l'Asia: non rimaneva che l'Australia. Concludevamo col dire che si profilava, sino da quell'epoca, la possibilità della divisione della Terra in due complessi geografico-politico-economici: l'uno euro-asiatico-africano (84 milioni di kmq., e 1500 milioni di abitanti) sotto l'influenza euro-giapponese; l'altro americano-australiano (50 milioni di chilometri quadrati e 275 milioni di abitanti) d'influenza anglo-sassone. In quell'epoca stessa — ricordiamo — vi erano degli inglesi che ventilavano l'idea di incorporare l'impero britannico negli Stati Uniti.

La forma spettacolosa con la quale i Giapponesi si sono precipitati nella guerra, e le idee del Giappone su una nuova Asia, rendono ancor più chiara e realizzabile tale ipotesi. Con una variante però; e la variante dipende dalle antiche aspirazioni del Giappone sullo spopolatissimo continente australiano. Se il Giappone perfezionasse, guerra durante, simili aspirazioni — quod est in votis — l'America costituirebbe il solo complesso politico-economico di fronte agli altri quattro continenti.

Vi sono però indubbi segni dell'intenzione di Roosevelt di mettere piede ed affermarsi in Africa, dove in parecchi punti, tecnici statunitensi, ed anche truppe varie, sono sbarcati. Ciò darà motivo alla opposizione europea, poichè è bene per la pace dell'Europa che gli anglosassoni se ne vadano fuori dall'Africa. L'Africa è, e deve essere, un territorio di sfogo europeo. Ad ogni modo si tratta di complicazioni di là da venire; solo le registriamo a titolo di promemoria. Le operazioni di guerra per ora sono orientate a smantellare la potenza plutocratica anglo-sassone-bolscevica; la sistemazione definitiva venà poi.

STATI UNITI

Salta agli occhi anche dei ciechi che nella attuale guerra Roosevelt ha assunto il bastone del comando. L'Inghilterra è stata da lui cacciata in secondo piano, tanto che Canadà ed Australia si sono ormai appoggiate agli Stati Uniti, abbandonando l'antica padrona incapace di aiutarli: ed anche il Sud-Africa sta orientandosi verso Roosevelt.

Gli Stati Uniti cosi si sostituiscono all'Inghilterra nel tentativo di quel blocco delle Potenze del Patto Tripartito che era sogno inglese, ahimè!, fallito. Di tale blocco noi abbiamo diffusamente parlato, in Gerarchia del 1° ottobre 1941, concludendo che esso non modifica la situazione di fatto esistente, poichè fallito il blocco non vi è altra soluzione che tentare la guerra terrestre. Occore cioè sbarcare in territorio europeo se Roosevelt vuole realizzare il dominio del mondo. Lo sbarco, dicevamo allora, non è cosa semplice, e Roosevelt lo ha probabilmente capito quando a mezzo radio Boston fece diffondere la notizia degli armamenti che egli aveva immaginati per superare ogni difficoltà. Roosevelt non si accontentò però di aver fatto conoscere il suo pensiero a mezzo radio perchè lo riconfermò il 7 gennaio al Congresso, dando le cifre degli armamenti immaginati. Si tratta solo di 180.000 aeroplani, 120.000 carri armati, 55.000 cannoni antiaerei, 8 milioni di tonnellate di navi da guerra e 10 milioni di tonnellate di piroscafi, oltre s'intende, l'esercito di 5 milioni di uomini che egli sta organizzando.

Dove impiegherà tali forze — quando si intende saranno completate — non si sa. Nella sua megalomania Roosevelt ha lasciato capire che esse sbarcheranno ovunque. In Europa no; forse in Irlanda, forse in Scozia ed Inghilterra, per impadronirsi di questi Paesi.

Più probabilmente in Africa — come già abbiamo accennato — per aggredire poi — molto poi — l'Europa. Effettivamente Roosevelt ha fatto recentemente impiantare due linee aeree servite da quadrimotori: una Nuova York-Lagos (Nigeria), ed una Nuova York-Bolama. Da Lagos la linea aerea si biforca: da una parte, per Leopoldsville, Luanda raggiunge Città del Capo; dall'altra attraverso la regione del Ciad, raggiunge l'alto Nilo, il Cairo e quindi l'Irak e Teheran nell'Iran.

Da Bolama anche la linea si biforca: da una parte risale sino a Lisbona; dall'altra scende verso sud a Freetown e Lagos.

Completa una tale organizzazione aerea l'occupazione di basi terrestri: la Liberia ove sono sbarcati tecnici statunitensi; Bathurst nella colonia inglese del Cambia a sud di Dakar; alcuuni porti dell'Africa equatoriale degaullista francese, fra i quali Duala ; Freetown nella Sierra Leona dove da molto tempo si sbarcano materiali da guerra e tecnici statunitensi. Coronano infine tntto questo lavorio le pressioni esercitate sul Portogallo a proposito delle isole del Capo Verde che completerebbe il sistema offensivo che Roosevelt vuole organizzare nell'Africa occidentale per partire in guerra contro l'Europa.

Lasciamo pur maturare i progetti rooseveltiani in Africa, per ora noi vediamo invece maturare un solo pericolo: ed il pericolo è evidente per l'America latina centrale e meridionale. Le immense forze progettate da Roosevelt non passeranno gli oceani, ma potranno invece marciare agevolmente verso sud, poichè non vi sono oceani che si oppongano alla loro marcia. È evidente che Roosevelt non potendo sfogare oltre gli oceani la sua libidine ebraica di dominio, ad un certo momento farà una diversione ed impiegherà le sue forze contro le repubbliche latine per ridurle al suo dominio. La prima vittima sarà il Messico, poi ad una ad una tutte le altre repubbliche. Vedremo allora un solo grande Stato americano, ben isolato fra due oceani, starsene in quarantena nel suo isolamento. Questo sarà l'unico successo rooseveltiano.

INGHILTERRA

Avevamo già due mesi or sono, prima che il Giappone entrasse in guerra, detto che l'Inghilterra era già passata in secondo piano nella politica mondiale e che essa si lasciava ormai rimorchiare dagli Stati Uniti. Ora già assistiamo al crollo del potere imperiale inglese. Un principio di tale crollo era già segnalato dalla stupefacente cessione — sia pure sotto la forma gesuitica dell'affitto — di territori agli Stati Uniti. Una volta anche nei Paesi democratici un governo che avesse osato proporre al Parlamento la cessione di un qualsiasi territorio dello Stato, sarebbe stato accusato di tradimento od, al minimo, sarebbe stato spazzato via; oggi noi vediamo un Churchill che vende territori, e fa degli scambi, come se si trattasse di cosa propria, senza sentire i cosiddetti rappresentanti del popolo. È un abuso di autorità politica che troverà poi riscontro, come vedremo, in altri atti di insubordinazione politica.

Il primo a dare un simile esempio fu il Canadà. Nella certezza che l'Inghilterra non l'avrebbe aiutato nella guerra, il Canadà si è aggrappato al suo potente vicino e saltando ogni subordinazione di gerarchia politica come « Dominion » ha stipulato nel dicembre scorso una Convenzione con gli Stati Uniti. In seguito a tale Convenzione viene abolita la frontiera commerciale fra Canadà e Stati Uniti, ciò che, volere o no, rappresenta un passo assai significativo verso l'unione del Canadà agli Stati Uniti.

Il secondo esempio è stato dato dall'Australia. Il governo australiano preoccupato delle vittorie giapponesi del mese di dicembre, si è visto in pericolo. Pericolo reso più grave dalla disfatta navale, dell'8 dicembre, della flotta inglese nel golfo di Tailandia, e dalla vittoriosa avanzata giapponese nella penisola di Malacca verso Singapore. Il governo australiano ha chiesto urgenti misure difensive per Singapore e per le coste australiane contro eventuali sbarchi ed ha occupato l'isola di Timer. Ma le risposte inglesi agli aiuti richiesti non sono apparse soddisfacenti. Visto che l'Australia è a soli 7500 chilometri dagli Stati Uniti, mentre è ad una distanza quasi doppia dall'Inghilterra che fa orecchio da mercante alle richieste d'aiuto, il governo australiano ha fatto come il Canadà. Si è rivolto direttamente agli Stati Uniti con i quali ha stretto un patto di alleanza, senza chiedere il parere dell'Inghilterra dalla quale il « Dominion » dipende.

Ad alleanza conclusa ai primi di gennaio, l'Australia mette il porto di Darwin e tutti i suoi aerodromi ed idroporti a disposizione della flotta statunitense, e questa fa rotta per l'Australia. Non basta. Il governo australiano richiede anche la restituzione delle truppe australiane, che l'Inghilterra da oltre un anno spende allegramente sui campi d'Europa e d'Africa, per difendere Singapore, le isole della Sonda, l'Australia.

In conclusione l'Inghilterra è già stata estromessa dal Canadà e dall'Australia.

Nè qui si arrestano le conseguenze della pòlitica di Churchill. Anche la repubblica sudafricana sente il pericolo, come il ministro Sturrok ebbe a dichiarare il 4 gennaio, e poichè non può contare su aiuti inglesi, il governo volge, in modo assai significativo, Io sguardo implorante verso le premure statunitensi: non ci stupiremmo che il Sud Africa seguisse l'esempio del Canadà e dell'Australia.

Ma qualche cosa sta anche cuocendo sotto la cenere in India, dove il movimento panindiano si estende sotto la spinta dei centri propulsori del movimento che risiedono in Indocina, Giappone, Tailandia. L'India non è nuova a tali rivolte che potrebbero ripetersi. La guerra dell'Asse in Occidente e quella del Giappone in Oriente fanno sentire la loro formidabile ripercussione in India. L'esercito dell'India non è composto di inglesi ma da indiani che possono essere aiutati dai giapponesi. Non è dunque da escludere l'ipotesi che in caso di una rivolta armata indiana gli inglesi non riescano, come le altre volte, a reprimerla nel sangue.

Quanto abbiamo detto riguarda l'impero inglese, ma altri avvenimenti riflettono la difesa dell'Inghilterra stessa. È certo ed è provato, che agli inglesi ripugna di combattere non solo per gli altri, ma ripugna anche (forse è una scusa per sottrarsi al pericolo della battaglia) di combattere fuori della loro isola. Fino ad oggi la guerra terrestre l'hanno fatta combattere da altri popoli o da truppe coloniali; eppure con la popolazione che conta l'Inghilterra era possibile agli inglesi organizzare un esercito di un paio di milioni di uomini da inviare fuori della metropoli. Non l'hanno mai fatto. Hanno inviato solo qua e là una brigata, forse anche una divisione, la quale stava ben riparata dietro gli alleati combattenti, e raramente si sono battuti perchè scappavano prima o si costituivano prigionieri poichè reputavano superfluo combattere data la superiorità avversaria. Ed effettivamente dopo 30 mesi di guerra le perdite di inglesi in battaglie terrestri sono veramente scarse.

A malgrado di questa constatazione essi non si muovono dal loro territorio, e si fanno anche vergognosamente piccoli per poter implorare (è la verità) l'aiuto altrui per la continuazione della lotta e per la difesa del territorio dell'isola.

Abbiamo già segnalato, in dicembre, a proposito del teatro di guerra britannico, che l'Inghilterra aveva ceduto agli Stati Uniti la base di Londonderry nelI'Ulster, ed abbiamo segnalato le pressioni fatte sull'Irlanda affinchè lo Stato irlandese cedesse alcuni porti agli Stati Uniti.

Si è saputo ai primi di gennaio che già truppe statunitensi erano nell'Ulster, e già si parlava che Roosevelt aveva disposto perchè altre venissero sbarcate in Iscozia. Così, e solo così, l'Inghilterra intende fare la guerra che essa stessa ha provocata. Prima ha garantito, non sappiamo quante Potenze; poi ha assillato i neutri ed entrare in guerra al suo fianco (per modo di dire); poi ancora ha promesso aiuti a tutto il mondo ben sapendo, come un qualsiasi imbroglione, che non avrebbe mantenuto la promessa; infine ha deciso, non volendosi arrischiare da sola, a chiamare truppe dagli Stati Uniti alla difesa del suo proprio territorio.

Da che mondo è mondo nessun governo ha guidato le sorti del proprio Paese in un modo cosi vergognosamente umiliante come lo guida il famoso uomo dei salti nel buio. Alla vigilia di Natale Churchill, il saltatore, è a Washington per ottenere gli aiuti di Roosevelt, vendendo territori, e favorendo l'esodo dei dominions dall'impero.

Contemporaneamente i] suo « alter ergo » Eden, il bellimbusto gagà dalle unghie smaltate, si reca da Stalin concedendogli l'Europa intera in feudo, naturalmente alla condizione che se lo guadagnasse sacrificando i suoi bolscevichi.

In questo modo il binomio Churchill-Eden intende di continuare la lotta. Con tutte queste furberie, l'Impero britannico crollerà, e l'Inghilterra perduta la guerra, che con tanta pompa aveva da lungo tempo preparata, avrà finalmente cessato di considerare l'Europa una colonia.

AUSTRALIA

Già da qualche tempo data l'incombente minaccia giapponese, il governo australiano si era rivolto all'Inghilterra affinchè questa prendesse in seria considerazione la situazione dell'Australia. L'azione energica del Giappone nelle isole dell'Australia e nella penisola di Malacca aumentò i timori australiani. Il governo australiano richiamò in Australia vari alti ufficiali comandanti di truppe australiane in Egitto, e forse richiamò truppe; il pericolo induceva gli australiani a pensare un poco a se stessi. Non sembra che l'Inghilterra abbia risposto in senso concludente alle richieste australiane d'aiuto; certo si è che senza por tempo in mezzo, gli australiani si misero in relazione diretta eoi signor presidente degli Stati Uniti che non chiedeva altro. Rotta la disciplina politica di dipendenza del Dominion, gli australiani chiedevano aiuti agli Stati Uniti, e questi aderivano.

Sembra anche che l'Australia abbia stretto una alleanza militare offensiva e difensiva con gli Stati Uniti (8 gennaio). Con questa decisione l'Australia si è sottratta al dominio inglese e non sappiamo quali conseguenze politiche ne deriveranno. È notorio intanto che per difendere l'Australia gli australo-zelandesi, col consenso anglo-sassone hanno occupato di prepotenza sino dal 18 dicembre il possedimento portoghese dell'isola di Timor di fronte a Darwin al di là dello stretto di Torres.

Bisogna convenire che Roosevelt ha subito assolto il suo compito inviando una squadra navale nelle acque dell'Australia, sembra anzi che proprio questa squadra si sia scontrata il 6 gennaio a 600 miglia ad oriente dell'isola di Mindanao con una squadra giapponese e due corazzate (Missisipì e New Mexico) siano state assai maltrattate.

CANADA

II Canadà ha sostenuto l'Inghilterra con tutti i mezzi di cui poteva disporre. Truppe terrestri ed aviazione si sono immolati per la grandezza dell'Inghilterra abituata a farsi difendere. Ma il Canadà ha avuto modo di sottrarsi definitivamente all'egemonia inglese.

Nel dicembre scorso il Canadà ha stipulato una Convenzione con gli Stati Uniti, in seguito alla quale è abbattuta la frontiera commerciale e doganale fra Canadà e Stati Uniti. Evidentemente essa non sarà più ristabilita dopo la guerra. La Convenzione segna dunque un passo deciso e significativo verso la unione del Canadà agli Stati Uniti. Così, dopo le isole, Churchill ci rimette i dominions.

SUD-AFRICA

Anche il Sud-Africa è in fermento vedendosi io pericolo poichè l'Inghilterra impegna i soldati sud-africani a propria difesa, ma non appare propensa a difendere quelli sud-africani. La politica inglese del traditore boero presidente Smuts è ormai disapprovata. Risorgono i sentimenti africanders già propugnati da Krugers, le cui spoglie mortali attendono di tornare, dalla Svizzera, in Patria.

Egli voleva libertà ed indipendenza. E quanta stradaabbia fatta l'idea degli Africanders la si può dedurre dalla votazione del parlamento sud-africano del 17 gennaio. La proposta di sciogliersi dal vincolo inglese e proclamare la indipendenza è stata è vero respinta, ma con voti 90 contro 48. Il 24 gennaio sembra siasi scoperta una congiura nazionalista fra agenti della stessa polizia.

È un avviso di allarme; ma anche il Sud-Africa si avvia a staccarsi — a malgrado di Sanità — dall'Inghilterra.

INDIA

Anche in India non vi è molta tranquillità per gli inglesi poichè da due anni vi soffia un Tento di fronda inquietante. Ed il Giappone incoraggia la fronda.

Il 12 settembre 1940 il presidente dei nana-nalesti indiani Mahendra Pratap ha rivolto, da Tokio, un messaggio agli italiani sperando nel loro aiuto. Quando il potere inglese sull'India cadrà — egli ha detto — l'impero britannico crollerà.

Il 17 settembre il Congresso Panindiano ha ritirato l'offerta di collaborazione con l'Inghilterra, ribadendo la volontà del popolo indiano di conseguire la completa libertà.

Il 16 ottobre il Congresso Panindiano ordinò l'inizio della disubbidienza civile dalle ore 8 del 17. La inaugurò il segretario di Candhi, Vinova Bhave, con un discorso tenuto a Pannar: naturalmente Vinova venne poi arrestato e condannato a tre mesi di prigione.

Nel febbraio, marzo, aprile 1941 disordini di una certa gravità avvenivano a Calcutta; nella provincia del Bengala, a Bombai, nel Waziristan, ad Indore, a Labore, alla frontiera nord occidentale dell'India, dove i rivoltosi erano al comando del fachiro Ipi.

Il 13 marzo 1941 l'indiano Mohamed Singh Arad commetteva a Londra un attentato, indubbia espressione politica, nel quale il ministro delle Indie Lord Letland rimaneva ferito ed il governatore del Pengiab Michael O' Dwyer ucciso.

Il 12 maggio Gandhi pubblica su tutti i giornali indiani un violento articolo contro il ministro Amery.

Il 20 maggio il fachiro Ipi rivolge alla radio un appello ai soldati indiani perchè non combattano per gli inglesi contro le forze dell'Irak, dicendo che l'Inghilterra da due secoli opprime l'India, e gli indiani non devono combattere per l'Inghilterra.

Ai primi di ottobre lo stato d'assedio è proclamato nel Bengala

Il 16 dicembre Pandit Nehru capo nazionalista indiano dichiara di non essere d'accordo con Gandhi che è contrario alla violenza contro gli inglesi, e predica solo la disubbidienza civile.

Il 26 dicembre i membri del partito Panindiano di Tokio dichiarano la loro ostilità contro il dominio britannico. La dichiarazione conclude che Indù e Maomettani si porgono oggi la mano lanciando unanimi il grido di «abbasso l'Inghilterra».

Il 30 dicembre Gandhi si ritira da capo del Congresso nazionale Panindiano designando come successore Pandit Nehru il quale dichiara che il primo scopo da raggiungere è la liberazione dell'India dal giogo britannico. Il 7 gennaio 1942 Achmed Tapaba membro del Congresso ha dichiarato: «Tutta l'India si propone di insorgere contro la prepotenza britannica: oggi una Legione indiana combatterà contro gli anglo-sassoni. La parola decisiva del problema indiano sarà detta dalle Potenze del Patto Tripartito vittoriose».

Su questa situazione, che vogliamo ammettere possa essere ottimista, ma che certamente è indice di un movimento, agiscono formidabilmente le vittorie giapponesi: non è possibile che il cannone giapponese nella penisola di Malacca non scuota il sonno indiano.

Ora l'India è stata più volte in rivolta contro gli inglesi: ricordiamo quella di Tippo Saib del 1799 della quale Bonaparte in Egitto voleva trarre profitto per abbattere la potenza inglese in India; e ricordiamo quella di Cipay del 1857-58. Furono represse dagli inglesi poichè nessuno potè porgere la mano ai rivoltosi ma nella situazione odierna le cose si presentano sotto un diverso aspetto. Il Giappone favorisce la rivolta, e può anche aiutarla con le armi; e dietro il Giappone vi è l'Asse. Già reparti indiani cedono le armi senza combattere ed altri si rivoltano ed altri ancora si uniscono ai Giapponesi contro gli inglesi.

Forse siamo vicini più che non si creda ad un movimento indiano di proporzioni grandiose.

BIRMANIA

In Birmania dove gli inglesi, aiutati da Chang Kai Scek, vorrebbero fermare i giapponesi-thailandesi vi è anche un movimento antiinglese tendente all'indipendenza. Già un ministro birmano era stato esiliato per aver manifestato simili idee. Oggi è la volta di un altro. Il ministro W. Saw si era recato a Londra alcuni mesi or sono per perorare la causa birmana, nel senso di ottenere almeno lo statuto dei Dominions. Ebbe una ripulsa. Il 5 novembre parti da Londra per tornare in Patria, via Nuova York. Il 7 dicembre giunse ad Honolulu all'inizio della guerra col Giappone. Il suo viaggio non proseguì. Il 17 gennaio si ebbe la notizia del suo arresto. Con le sue idee gli inglesi non potevano lasciarlo rientrare in Birmania. Pare che a Ranguun siano indignati. Con molta probabilità la propaganda giapponese trarrà profitto dell'atto odioso. In Birmania il terreno trema sotto i piedi degli inglesi.

L'INVENZIONE DEL PATTO DI SOLIDARIETÀ

Segnaliamo il « Patto di solidarietà » concluso a Washington il 2 gennaio, non per la sua serietà, ma per la sua pomposa stupidità, resa ancor più ridicola da un grande apparato pubblicitario proprio all'americana.

Al Patto apposero la firma 26 ottime persone rappresentanti di Stati diversi vivi o defunti.

E cioè:

– gli ideatori: Roosevelt, Churchill, Litvinof, Cian Kai Scek;

– i dominions: Australia, Canadà, India, Nuova Zelanda;

– i fuorusciti: Belgio, Olanda, Grecia, Jugoslavia, Norvegia, Polonia, Cecoslovacchia, Lussemburgo;

– i satelliti: Costarica, Cuba, San Domingo, San Salvador, Guatemala, Nicaragua, Panama, Honduras.

È evidente la carnevalata americana: se avessero aggiunte le firme di Zogù ed Hailè Selassiè, sarebbero stati in 28.

FRANCIA

La Francia è sempre maltrattata dai suoi antichi amici ed alleati anglo-sassoni. Dopo le note aggressioni inglesi, dopo le minacce all'isola Martinica e quelle a proposito dell'Indocina; dopo l'affamamento di Gibuti; dopo la incoraggiata rivolta di De Gaulle contro la propria patria, la Francia ha subito un nuovo colpo per l'affamamento di Gibuti; dopo la incoraggiata rivolta di De Gaulle contro la propria patria, la Francia ha subito un nuovo colpo per opera dei traditori francesi. L'ammiraglio Muselier con una banda di degaullisti ha occupato le isole di S. Pierre e Miquelon allo sbocco del fiume S. Lorenzo nell'America settentrionale. L'occupazione è stata effettuata il 25 dicembre e sulle isole stesse è stata innalzata la bandiera degaullista al servizio della plutocrazia anglosassone. Vichy ha protestato a Washington che ha favorito l'occupazione, ma Roosevelt si è stretto nelle spalle.

Cade così, in mano anglo-sassone, l'ultima terra ricordo delle antiche fiorenti colonie francesi nell'America settentrionale.

SPAGNA

Anche la Spagna che, pur simpatizzando per l'Asse, si attiene ad una stretta neutralità, non va immune dalle prepotenze anglo-sassoni. Già essi le misurano i viveri che essa riceve dall'America meridionale, con un controllo marittimo crudelmente fiscale al quale essa deve sottomettersi, a malgrado del suo orgoglio nazionale, per necessità di cose; ma da qualche tempo neppure è rispettata la sua neutralità.

Il 25 dicembre tre aeroplani inglesi hanno assalito il piroscafo germanico Benno nelle acque spagnuole di Capo Ortegal. Il piroscafo è riuscito a sfuggire ed a ripararsi a Puerto Tarino, ed allora i tre l'hanno attaccato ed affondato nel porto mitragliando l'equipaggio che tentava salvarsi.

Il 6 gennaio è stata la volta del piroscafo spagnuolo Yaione Girona che è stato attaccato, alle quattro del mattino, nelle acque territoriali di Santander sebbene i colori nazionali apparissero e la nave fosse debitamente illuminata. Naturalmente il governo spagnuolo avrà protestato. Ma l'Inghilterra non ascolta proteste: essa ha il coltello pel manico e risponde agli spagnuoli: state zitti o vi taglio i viveri. E gli spagnuoli devono star zitti.

Quasi che ciò non fosse sufficiente il 16 gennaio alcuni aerei bombardarono le boe d'ancoraggio di tre piroscafi italo-germanici che erano alla fonda da mesi nella baia di Santa Isabella nell'isola spaglinola di Fernando Po (golfo di Guinea). Poi navi da guerra degauliste inglesi preaero a rimorchio i piroscafi portandoli al largo. Nessun riguardo per la sovranità spagnuola.

Il governo spagnuolo ha protestato: ma fino i quando la Spagna sopporterà tali angherie?

IRLANDA

In una posizione difficile è l'Irlanda. Abbiamo già data notizia nel mese di dicembre della cessione della baia e porto di Londonderry agli Stati Uniti, accennando al fatto che la stampa anglo-sassone affermava essere l'Irlanda in imbarazzo politico. Ai primi di gennaio si è saputo che truppe statunitensi erano sbarcate nell'Ulster ed in Inghilterra. Tali truppe sarebbero, come dicono gli inglesi, destinate a difendere l'Irlanda contro una ipotetica aggressione delle Potenze dell'Asse. È la stessa favoletta raccontata dagli inglesi in varie occasioni. Effettivamente gli anglo-sassoni sono sulla strada per eliminare l'imbarazzo politico irlandese; e se non riescono a far uscire l'Irlanda dalla sua neutralità, tutto induce a ritenere che essi tenteranno il colpo per costringere l'Irlanda a mettere i suoi porti a disposizione loro come ottime basi aeronavali contro l'Europa.

La stampa guerrafondaia soffia sul fuoco. Il 13 gennaio il Sunday Express incitava gli Stati Uniti a fare dell'Irlanda una base per le proprie forze, minacciando l'Irlanda di un attacco anglo-americano. Data la censura esistente, l'articolo del Sunday va inteso come ispirato dal governo inglese. Servirebbe di scusa la voce, sparsa ad arte dagli inglesi, di trattative segrete dell'Irlanda con altri Paesi. De Valera ha dichiarato menzognera tale voce affermando che l'Irlanda vuole mantenere la propria neutralità e difenderà il proprio territorio – che non è in vendita – contro qualsiasi aggressione.

Noi ormai conosciamo gli inglesi, che fanno solo ciò che torna comodo ai loro interessi. Quando avranno, assieme al loro alleato, riunito imponenti forze, sufficienti a subissare le forze irlandesi, porranno all'Irlanda un dilemma. Ed allora suonerà l'ora dell'Irlanda.

PORTOGALLO

La prepotenza anglo-sassone non ha risparmiato il Portogallo. Dopo le minacele, alle sue isole atlantiche ed alle sue colonie africane, che da un anno gli Stati Uniti — col signor presidente in testa — non mancano di reiterare, il sopruso si è perfezionato nell'Oceano Pacifico.

Già il 1° dicembre il giornale Daily Telegraph in un articolo da letteratura piratesca annunziava che l'Inghilterra non avrebbe mai permesso che l'isola di Timor diventasse una nuova Indocina. Era un preavviso, da filibustieri, che nulla motivava. Il 17 dicembre truppe australiane e neozeelandesi sbarcavano nell'isola e se ne impadronivano. Non si può dire che l'Inghilterra fosse estranea a tale aggressione. Il presidente Salazar protestò chiedendo il ritiro delle truppe sbarcate. Queste sono ancora là, poichè cosi usa l'Inghilterra con i più deboli: a Candia invece le truppe australiane e zeelandesi erano scappate. Ad ogni buon conto il Portogallo ha inviato, l'8 gennaio, nuovi rinforzi di truppa nelle isole Madera a Capo Verde, per prevenire ed opporsi agli eventuali sbarchi che facessero seguito alle antiche minacce anglo-sassoni.

Situazione generale strategica. — L'Inghilterra cacciata dall'Europa dalla porta vorrebbe entrarvi dalla finestra. Vorrebbe cioè, con l'aiuto degli Stati Uniti, che farebbero la guerra all'Europa, riportare la guerra sul territorio europeo per vincere con l'aiuto di quei popoli europei che eventualmente volessero, e potessero, prendere ancora le armi in suo favore. L'Inghilterra non si è ancora persuasa che tale sogno è svanito, e che nessun esercito europeo mai più l'aiuterà. L'entrata in guerra del Giappone ha poi complicato le cose, poichè ha esteso la guerra terrestre ai tre antichi continenti dei quali le tre Potenze del Patto Tripartito sono ormai la salvaguardia. Ed infatti l'entrata in guerra del Giappone ha provocato lo schieramento delle forze del Patto Tripartito a protezione dei tre antichi continenti contro le forze anglo-sassoni, che ne devono essere espulse per ottenere una pace duratura. Lo schieramento è segnalato da cinque fronti immense, che per la prima volta nella storia interessano attivamente tutti i popoli della terra.

a) Una fronte atlantica. – Non pare che su questa fronte le operazioni abbiano da mutare aspetto. Le Potenze dell'Asse se hanno interesse a battere l'Inghilterra, non ne hanno alcuno per disperdere forze contro gli Stati Uniti: una volta schiacciata l'Inghilterra, gli Stati Uniti possono, finchè vogliono, vivere nel loro brodo.

Non così la pensa Roosevelt impegnato da due anni in un'aspra guerra di parole contro l'Asse. Pare infatti che negli ultimi colloqui di Washington (colloqui Roosevelt-Churchill) Roosevelt soddisfatto delle batoste del Pacifico, e poco disposto ad incassarne delle altre, abbia deciso di unire le forze armate degli Stati Uniti a quelle inglesi, nel pio desiderio di sbarcare in Europa per fare guerra – come in passato – su territori europei.

Per quante supposizioni si possano fare non vediamo come imponenti forze statunitensi potrebbero passare il mare e dove gli anglo-americani potrebbero sbarcare per fare la guerra su territori europei. Lasciamo a Roosevelt la soluzione dell'arduo problema, poichè il progetto è certamente suo. Una sola cosa noi vediamo per ora: il prolungamento della guerra, ciò che non vuoi dire che abbia un esito diverso.

b) Una fronte del Pacifico. – Su questa fronte il Giappone ha preso un deciso vantaggio che aumenterà certamente qualora la voce che gli Stati Uniti per ora abbandonino il campo sia esatta. Effettivamente le forze navali degli Stati Uniti brillano per la loro assenza; ed il generale Archibaldo Wavel si è dimesso dal comando supremo delle truppe dell'Asia orientale, ciò che vorrebbe dire che egli non ha fiducia nell'esito delle operazioni che avrebbe dovuto dirigere. Vedremo se il suo successore Roberto Pophan saprà fare meglio di lui.

Fra queste due fronti insistono le due fronti terrestri: cinese contro i giapponesi; russa contro l'Asse.

c) Fronte cinese. – Anima di questa fronte è Ciang Kai Scech dittatore dello Stato di Ciung King che da anni guerreggia col Giappone. Sembra che la sua fronte si debba estendere in Thailandia ed in Birmania, a motivo delle esigenze inglesi della difesa dell'India. Una sola difficoltà egli incontra, il rifornimento delle armi e delle munizioni.

d) Fronte russa. – Si può dire che questa fronte si è stabilizzata, là dove il Führer ha voluto assumere lo schieramento invernale.

e) La quinta fronte è quella Africa-vicino Oriente. – È l'unica fronte terrestre sulla quale l'Inghilterra, od almeno le truppe multicolori da essa organizzate, può agire contro le forze dell'Asse. L'Inghilterra vi ha concentrate tutte le sue migliori forze, sguarnendo pensino la fronte del Pacifico: ciò perchè su questa fronte essa difende l'impero coloniale asiatico-africano. Aveva ragione la Reuter quando (il 20 ottobre 1940) affermava che la guerra in Africa sarà una delle più decisive del mondo. Decisiva certo per l'Inghilterra che crollerà.

Sulle cinque fronti gli avvenimenti guerreschi, presi nel loro complesso, sono decisamente favorevoli alle Potenze del Patto Tripartito. Siamo però solo all'inizio della lotta mondiale; ma nel suo favorevole inizio è la premessa del suo felice esito finale. L'intervento degli Stati Uniti non può salvare in nessun modo l'Inghilterra, anzi ne renderà più clamoroso il crollo finale.

Interessante è il sistema adottato da Stati Uniti ed Inghilterra nel dividere i compiti ed il comando. Abbandonata l'idea del comando unico sono stati creati vari comandi supremi terrestri e marittimi:

– nell'Atlantico e nel Mediterraneo la direzione delle operazioni è stata affidata all'Inghilterra;

– nel Pacifico agli Stati Uniti che vi hanno destinato l'ammiraglio Ilari con sede nell'isola di Giava;

– il generale Archibaldo Wavel è stato nominato comandante dell'Asia orientale con sede a Soerabaia nell'isola di Giava: al suo fianco è stato posto il generale statunitense Brett, ed a suo capo di S. M. è stato nominato il generale Pownal già comandante a Singapore. Nessuna ingerenza in India ed Australia. Come noto il generale Wavel il 18 gennaio ha dato le dimissioni ed è stato sostituito dal generale Robert Pophan;

– il generale Ciang Kai Scech è stato nominato comandante delle truppe terrestri per la Cina, l'Indocina, Thailandia, Birmania;

– il generale Hartley è stato nominato comandante in India al posto di Wavell;

– in Australia la difesa spetta allo S. M. australiano.

La ripartizione dei comandi nemici, e le voci correnti sulle intenzioni anglo-sassoni hanno avuto la loro ripercussione negli ambienti politico-militari delle Potenze del Patto Tripartito. Il 14 e 15 gennaio il grande ammiraglio Raeder, ed il Capo di S. M. della R. Marina Riccardi incontratisi a Garmisch hanno constatato il completo accordo delle loro idee sull'impiego concorde delle due marine; il 18 gennaio è stato firmato a Berlino una Convenzione Militare fra Germania, Italia, Giappone che stabilisce le direttive per le operazioni comuni contro i comuni nemici.

Teatri di guerra atlantico e britannico. — Le operazioni contro il naviglio inglese continuano per quanto le proporzioni del naviglio distrutto siano ridotte, sia in seguito al ridotto numero dei convogli che dalle difficoltà stagionali. Ad ogni modo alcuni affondamenti di navi nemiche nell'Oceano Glaciale Artico e nello stesso Mar Bianco denotano che la vigilanza è sempre continua ed attiva. L'azione dei sottomarini si spinge però anche sulle coste degli Stati Uniti, ed il bollettino germanico del 24 gennaio ha segnalato l'affondamento di 18 piroscafi per 125.000 tonnellate quasi nelle acque stesse di Nuova York. Nello stesso modo continuano i bombardamenti di opere portuali e di stabilimenti dell'industria bellica inglese.

Teatro di guerra Mediterraneo. — Mentre si combatte in Cirenaica seguita attiva la lotta contro la flotta inglese nel Mediterraneo; fra gli ultimi giorni di dicembre e la prima quindicina di gennaio agli inglesi vennero affondate una portaerei, tre incrociatori, un cacciatorpediniere, e, nel porto stesso di Alessandria, vennero gravemente danneggiate due corazzate. Quest'ultima operazione venne felicemente ed arditamente portata a compimento da mezzi d'assalto della R. Marina (v. Boll. 585) penetrati nel porto. È continuato con ritmo crescente il bombardamento delle opere militari di Malta allo scopo di paralizzare ogni attività del porto e della piazza. Dal 28 dicembre il bombardamento è ininterrotto, giorno e notte.

Teatro di guerra libico-egiziano. — La battaglia è continuata con estremo ardimento accoppiato ad una ammirevole abilità di manovra intesa a frustrare ogni tentativo di aggiramento che la superiorità di forze permetteva al nemico di continuamente ripetere. Il 22-23 dicembre si combatteva ad oriente di Bengasi. Il 25 si rinnovavano attacchi per impedire la manovra di ripiegamento degli italo-germanici verso posizioni già preventivamente scelte più a sud. Il 26 e 27 gli attacchi alle nuove posizioni vennero respinti. Il 28 la battaglia ha assunto proporzioni assai maggiori poichè un potente attacco frontale è stato accompagnato da un tentativo di aggiramento eseguito da importanti forze corazzate. L'azione di avvolgimento è stata stroncata da una felice immediata contromanovra delle unità corazzate italo-germaniche che hanno attaccato sul fianco le truppe nemiche che operavano l'avvolgimento. Gli inglesi ebbero gravissime perdite e furono costretti a ripiegare lasciando sul campo 74 carri armati distrutti assieme ad un rilevante numero di autoblindo ed automezzi ed a parecchie centinaia di prigionieri. Ulteriori scontri si svolsero il 30 e 31 dicembre nei quali altri 48 carri armati risultavano distrutti mentre numerose autoblindo vennero catturate.

Da quei giorni la furia offensiva delle superiori forze del generale Auchinlek calò assai di tono, e le sue truppe segnarono il passo nella zona di Agedabia.

Intanto continuava eroica la difesa dei presidi di Porto Bardia e di Sollum-Halfaya. Interamente circondati e soggetti a continui attacchi terrestri ed a bombardamenti da terra, dall'aria e dal mare nessuno si faceva illusioni sulla loro sorte. Eppure fierissimo era il loro contegno che si manifestava anche in frequenti contrattacchi. Ma a poco a poco anche i rifornimenti di munizioni, medicinali, acqua che si effettuavano per via aerea vennero a mancare. La difesa di Porto Bardia dopo formidabili bombardamenti ed attacchi terrestri durati più giorni veniva soprafatta il 2 gennaio. Sollum ed Halfaya resistettero ancora sino al 17 gennaio quando capitolarono per mancanza di ogni mezzo di sussistenza e difesa. Ma fino a quel giorno essi impedirono agli inglesi l'uso della via Balbia. Gli eroici difensori italo-germanici hanno ben meritato la riconoscenza della loro Patria. Ma è ben deciso che noi là ritorneremo.

Il 21 gennaio intanto scattava improvvisa ed impetuosa l'offensiva italo-germanica su Aghedia che sorprendeva il nemico. Il 25 già esso era respinto nella zona di Antelat a nord-est di Agedabia, e le sue perdite in cannoni, carri armati ed autoblinde, in aeroplani, in autocarri, munizioni, e prigionieri era ragguardevole.

Teatro di guerra russo. — Le operazioni in Russia sono quelle imposte dalla decisione del Führer di passare durante l'inverno alla guerra di posizione assumendo così uno schieramento offensivo il cui andamento è delineato sommariamente dalle seguenti località: Taganrog-F. Donez-Carkow-Kursk-Orel-Baluga-Mojask-falde orientali dei M. Waldai-Pietroburgo. Contro questa solida fronte dalla quale i germanici sanno ben artigliare, i bolscevichi si accaniscono in continui attacchi parziali, che vengono regolarmente infranti.

Pare che Stalin, sollecitato dai suoi amici anglo-sassoni, voglia a tutti i costi ottenere un successo clamoroso ma è impossibile che egli l'ottenga: per ora egli non totalizza che perdite gravi in uomini e materiali.

Un attacco i bolscevichi hanno tentato in Crimea allo scopo di liberare Sebastopoli dall'assedio che dal 17 dicembre era più che mai in pericolo per gli attacchi germanico-romeni. Ma l'attacco aveva in sè gli elementi dell'insuccesso, poichè basato solo su truppe da sbarco che in definitiva rimanevano isolate là dove erano sbarcate.

Il 30 dicembre truppe bolsceviche sbarcavano nella penisola di Kerc e nel porto di Feodosia respingendo le truppe costiere germanico-romene che ripiegavano verso occidente resistendo ad ogni avanzata delle truppe sbarcate.

Il 7 gennaio vedendo di non poter progredire i bolscevichi tentarono una diversione mediante un nuovo sbarco ad Eupatoria (70 km. a nord di Sebastopoli). Le truppe sbarcate vennero assalite dai germanici e romeni e distrutte.

Il 14 e 15 è incominciata una violenta reazione germanica per parte dell'arma aerea al comando del generale von Greim, indizio sicuro di attacchi terrestri cooperanti.

Il 18 le truppe germaniche e romene, dopo vari giorni di aspri combattimenti, respingevano i bolscevichi nella penisola di Kerc e si impadronivano di Feodosia. Il 19 continuavano le operazioni per la cacciata dei bolscevichi dalla penisola.

L'avventura bolscevica in Crimea è finita: potrà essere ritentata, ma finirà nello stesso modo.

LA GUERRA GIAPPONESE

Le vittorie navali di Pearl Harbour e del golfo del Siam hanno sgombrato le vie marittime alle forze armate del Giappone. Le flotte inglesi e statunitensi sono scomparse ed il Giappone ha avuto buon gioco per operare tutti gli sbarchi che gli avrebbero permesso di stabilire solide basi per conquistare il dominio dei mari dell'Australasia.

Dopo la presa di Hong-Kong, si impadronivano di Manilla ed ora attendono a ripulire l'isola di Luzon dalle ultime truppe statunitensi. Effettuati altri sbarchi nelle isole di Mindanao, Sulu, Borneo, Nuova Guinea, Somatra, Celebes essi si sono conquistati il dominio assoluto del mare della Cina, del mare di Siilo, del mar di Celebes assicurandosi nna posizione strategico-marittima di una importanza formidabile. Il dominio su i mari stessi divide le forze navali inglesi da quelle degli Stati Uniti, e pone la premessa di minacciose operazioni contro la Nuova Zelanda, l'Australia, le Indie Olandesi, la navigazione inglese nell'Oceano Indiano.

Ma la forzata assenza della flotta inglese ha permesso ai giapponesi di condurre con celerità ed ardimento le operazioni per la conquieta della penisola di Malacca e minacciare seriamente la grande base inglese di Singapore.

Come è noto il 19 dicembre avevano occupato la città di Georgetown nell'isola di Penang sulla costa occidentale della penisola di Malacca. Da quel giorno incominciò la marcia giapponese verso sud lungo la costa occidentale ed orientale della penisola. Dalla parte orientale erano le truppe scese dalla Tailandia, o sbarcate presso Kota Bahru e Sabak. Da quella occidentale erano le truppe pure scese dalla Tailandia che avevano attraversato l'istmo. La marcia lungo la costa occidentale fu poi facilitata da truppe, imbarcate a Georgetown su le innumeri piccole navi di quel porto, che sbarcavano lungo la costa man mano che procedeva la marcia delle truppe terrestri delle quali facilitavano così l'avanzata.

Il 30 dicembre i giapponesi si impadronivano di Ipoh ed il 31 di Kuantan (costa orientale); il 5 gennaio di Kuala Bulu; il 7 gennaio Kuala Lumpur.

Il 17 gennaio le truppe giapponesi che scendevano lungo la costa orientale prendevano il contatto, nel sultanato di Johore, con quelle che scendevano lungo la costa occidentale e potevano così procedere su larga fronte, in tre colonne, verso Singapore. Il terreno pianeggiante favoriva la marcia d'assieme. Il 20 le truppe giapponesi erano in vista della città di Johore Bahru posta sul braccio di mare che separa l'isola di Singapore dal continente.

In questa marcia di oltre 700 chilometri attraverso terreni difficili le truppe inglesi non hanno fatto una gran bella figura, anche se la stampa inglese ha affermato che la ritirata da Kuala Lumpur è stata una gloriosa ritirata: certo hanno abbandonato una quantità immensa di armi, materiali ed automezzi.

Resisterà l'isola di Singapore? Se si deve partire dal presupposto delle somme enormi spese per fortificarla (circa 16 milioni di sterline), l'isola dovrebbe resistere a lungo specialmente se le truppe destinate alla sua difesa sono animate da spirito guerriero, ma se essa non resiste a lungo vuoi dire che i giapponesi sono infinitamente più valorosi dei loro nemici.

Ma l'azione giapponese si è sviluppata anche contro Chang Kai Scek, e contro la Birmania. Chang Kai Scek venne infatti sconfitto a Ciangscia il 1° gennaio. In Birmania i giapponesi marciando da sud a nord lungo la costa occidentale della penisola di Malacca erano giunti il 14 dicembre presso Tenasserim il 17 gennaio combattevano a Myitta e Tavoy, 200 chilometri più a nord in direzione di Rangoon; il 24 combattevano nella zona di Moulmein.

È difficile che gli inglesi ed i loro alleati sia per mare che per terra, che per aria, riescano a fermare i successi del Giappone: per molto tempo ancora i giapponesi passeranno di vittoria in vittoria; e non è da escludere che tali vittorie provochino complicazioni di carattere politico, in tutta l'Asia meridionale.